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Autore: Dhialya    30/08/2021    1 recensioni
Il legame profondo tra una ragazza divenuta Regina e una guerriera dallo sguardo dolce e le frecce dalle piume bianche.
Un passato di cui pochissimi sono a conoscenza, risalente a prima dell'arrivo di Jadis e dei cento anni d'inverno.
Il compito di una lupa dagli occhi di ghiaccio ed un destriero dal manto nero come la notte.
Cosa si cela realmente dietro la Grande Magia e il cui potere è conosciuto solo dal grande Aslan?
C'erano regole che erano state rotte, accordi strappati e segreti che non potevano più essere taciuti, legami che andavano ripristinati e compiti da svolgere. E tutto ciò sarebbe venuto a galla, presto. E non osava - o non voleva - immaginare le conseguenze che tutto ciò avrebbe comportato.
Sulle persone coinvolte e sull'equilibrio di Narnia stessa.

Sullo sfondo della guerra contro Telmar un segreto, tenuto nascosto per più di milletrecento anni, sta per essere rivelato.
[Revisione totale programmata alla sua conclusione.]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Edmund Pevensie, Famiglia Pevensie
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Spirits Within - The Just and the Sly special moments.'
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Narnia's Spirits
Cuori a confronto.













Edmund sospirò, torturandosi le dita delle mani e percependo gli occhi pizzicare per la secchezza ogni qualvolta sbattesse le palpebre. Le rare correnti d'aria serale che puntualmente si alzavano per la pianura Narniana erano abbastanza fredde da graffiargli le guance pallide e le occhiaie profonde sopra di esse.

Ad uno sguardo esterno, sembrava un cadavere da poco tornato alla vita a causa di qualche maledizione.

Non aveva chiuso occhio da quando Evelyn era scappata e il mal di testa che gli pulsava sotto le tempie stava diventando sempre più insopportabile. Avrebbe potuto chiedere a Lucy di dargli una goccia della pozione regalatale da Babbo Natale – sicuramente lo avrebbe rimesso a nuovo, almeno fisicamente – ma una parte di sé era convinta che quella sofferenza se la fosse meritata – e non aveva nessuna intenzione di evitarla.

Il Pevensie sospirò pesantemente, sentendo il macigno che da ormai più di ventiquattr'ore aveva preso posto nel suo petto mandargli una fitta di sofferenza. Istintivamente si portò una mano al cuore, percependo vagamente il profilo di qualche costola attraverso la casacca, lì poco sotto a dove aveva iniziato a sentire quello strano fastidio. Forse erano i segni di un infarto? Che Aslan o chi per lui glielo mandasse in fretta, allora, così poneva fine a quel dolore e toglieva il disturbo dopo il casino che aveva combinato e a cui non aveva idea di come porvi rimedio.

Scosse impercettibilmente la testa, grattandosi i capelli e voltando lo sguardo in alto, cercando in qualche modo di trovare un conforto in quella distesa scura che non sembrava intenzionata a rilasciare non più che una manciata di stelle sul tappeto nero che era diventato il cielo.

Edmund molte volte vi aveva trovato consolazione, specialmente quando aveva bisogno di pensare a dei piani mentre era in guerra e c'era bisogno di qualche mossa inaspettata per vincere o era lontano da casa con Peter per qualche visita. Pensare che anche Eve osservasse lo stesso cielo che vedeva lui rendeva la mancanza da Cair Paravel e dalla sorella un po' più agrodolce e sopportabile.

Evelyn... vedeva anche lei ciò che vedeva lui in quel momento?

Edmund si torturò nuovamente le pellicine delle dita, mordendosi il labbro inferiore senza staccare lo sguardo dal nero. Se ne sentiva sempre più inglobato e avrebbe desiderato perdervisi dentro per non tornare più, intrappolato in quel buco oscuro senza dover più pensare a nulla.

-Posso?-

Il Pevensie trasalì all'istante senza preoccuparsi minimamente di nascondere il tremito che gli aveva percorso l'intero corpo per quell'interruzione, percependo il seme dell'imbarazzo fargli formicolare la pelle come se fosse stato colto a fare qualcosa che non doveva. Voltò il busto quel tanto che bastava per osservare in faccia la presenza che si era intrufolata nella sua bolla di solitaria autocommiserazione.

-Caspian?- domandò retoricamente, sbattendo le palpebre ancora in stato confusionale. Notò in quell'istante che, effettivamente, era da un po' di tempo che non parlava con il Principe – più precisamente, dalla serata dei biscotti.

-Scusami, non volevo spaventarti, ma non pensavo che davvero non mi avessi sentito arrivare.- mormorò il Telmarino, avvicinandoglisi maggiormente ed osservando il posto vuoto sul sasso accanto al Pevensie. Sapeva che il moro era perso nei propri pensieri, ma credeva che i sensi di guerriero lo avrebbero avvisato che non era più da solo.

A quanto pareva, invece, si sbagliava...

Caspian sospirò mentre ripensava anche al modo in cui Susan non l'aveva visto arrivare al fiume. Era una fortuna che non fossero in giro per la foresta da soli in quelle condizioni, altrimenti non immaginava in che guai sarebbero potuti finire, persi in loro stessi da rischiare di incappare in qualche nemico senza accorgersene.

-Oh...- Edmund osservò il punto in cui il Principe stava guardando e in quell'istante si rese conto che stava pazientemente aspettando una risposta alla sua domanda.

-Siediti pure.- mormorò, picchiettando la pietra e studiando le mosse del ragazzo. Si umettò le labbra, non capendo il motivo per cui il Principe avrebbe dovuto cercare la sua presenza. Sperò non fosse per fargli qualche discorso, ma aveva la sensazione che, da come si era posto nei suoi riguardi, dal silenzio protratto che li stava circondando e la poca capacità di guardarlo in faccia per più di qualche istante, Caspian sapesse.

Caspian sapeva, ed Edmund non fu del tutto sorpreso da quella constatazione: dopotutto, l'aveva visto stare appiccicato a Susan tutto il giorno, andandole dietro con quello sguardo apprensivo e il volto impensierito non appena ne aveva occasione. Era facile giungere alle conclusioni.

Edmund distolse lo sguardo dalla sua figura, tornando ad osservare i propri piedi giocare con il terreno e sentendo l'angoscia risalirgli lo stomaco, stringendoglielo in una morsa che diede nuovamente vita a una fitta allo sterno. Forse avrebbe dovuto prendere qualche erba per fare una tisana per cercare di rilassarsi...

-Allora... cosa c'è?- ruppe il silenzio, cercando di concentrarsi su un eventuale discorso, non sapendo bene come porsi nei confronti del ragazzo. Il Principe al suo fianco sospirò, dondolando ritmicamente una gamba e portando le mani poco dietro di sé, in modo da fare leva sui palmi e sulle braccia per osservare quello stesso cielo che fino a pochi minuti prima aveva catturato così tanto la sua attenzione.

-Ho saputo quello che è successo.- mormorò con tono basso, senza guardarlo in faccia direttamente ma lanciandogli delle continue occhiate con la coda dell'occhio. Contrariamente a quanto aveva pensato, Edmund si limitò ad annuire senza dimostrare nessuna emozione particolare e il maggiore si ritrovò a soffocare il dispiacere che vederlo in quelle condizioni gli stava portando a galla. Però, doveva ricordarsi il motivo per cui gli era andato a parlare.

-Immaginavo...- gli rispose quello, tirando le labbra senza tuttavia cambiare espressione. Si grattò gli occhi per scacciare la pesantezza che percepiva sulle palpebre, consapevole che tanto non sarebbe riuscito a riposare nemmeno se il suo corpo avesse implorato pietà.

-Cosa... ? Come... ?- biascicò Caspian, tendendosi lievemente senza preoccuparsi di nascondere lo stupore. La lungimiranza del re Giusto lo colse sul vivo.

Edmund alzò semplicemente le spalle, indicando con un cenno del capo la casa di Aslan poco dietro di loro prima di osservarlo palesemente in volto senza alcun segno di imbarazzo.

-Ti ho visto con Susan.- a quella constatazione il Principe si chiuse nel mutismo per quelli che gli sembrarono minuti interi. Guardò il volto scavato di Ed, come nel suo sguardo spento e stanco non vi fosse nessun segno di accusa di fronte a quella verità che non riusciva più a celare. Si era innamorato di Susan, e non riusciva a starle lontano – specialmente se aveva bisogno di aiuto per non stare sola, o una persona amica con cui sfogarsi.

Caspian avrebbe fatto tutto il possibile per starle vicino ed Edmund non era così ottuso da non avere capito la sincerità dietro le azioni del Principe.

A dire la verità, era grato della sua presenza, sicuramente più stabile di lui o Peter in quel momento, a cui era sicuro avrebbero potuto rivolgersi le sue sorelle per qualsiasi evenienza.

-Beh si, ecco, io...- mormorò il Telmarino, cercando di riprendersi e cacciare fuori qualche frase che avesse un senso. S'imbarazzò al ricordo di come l'aveva seguita nel bosco e decise che, forse, quel dettaglio fosse meglio tenerlo per sé, prima che il Pevensie pensasse che aveva qualche inclinazione ossessiva.

 -Vi ho sentiti litigare, poi non siete più stati, come dire... voi stessi.- si giustificò, non sapendo bene quanto esporsi. Era vero che voleva mettere una buona parola con tutti per cercare di appianare le cose, ma allo stesso tempo si rendeva conto di quanto fosse delicata la situazione e di come, in realtà, lui non avesse effettivamente nessun diritto d'immischiarsi. Aveva anche voglia di chiedere dove fosse Evelyn, ma dubitava che sarebbe stato proprio con Edmund di riuscire a parlare della ragazza.

-Susan mi ha raccontato cosa è successo. Sappi che non è mia intenzione giudicarvi.- tagliò corto alla fine, tornando a guardare il Pevensie dritto negli occhi per riprendere il discorso lasciato in sospeso. Quello annuì leggermente, infossandosi nelle spalle e tirando leggermente le labbra in un'espressione rassegnata. Spostò lo sguardo nuovamente verso il terreno e sospirò, sentendo la gola seccarsi per il disagio.

-Capisco. Ti ringrazio per esserle stato vicino.- Ed gli mise una mano sulla spalla, stringendogliela e inchiodandolo con quegli occhi spiritati che luccicavano tra le ombre notturne. Ci volle qualche attimo, a Caspian, per rendersi conto del gesto del Re Giusto nei suoi confronti e della tacita richiesta impressa nel fondo di quello sguardo fino a pochi attimi prima completamente vacuo.

Un messaggio che solo due persone che tengono particolarmente a qualcuno potevano scambiarsi senza bisogno di parole.

Non lasciarla sola.


Caspian strinse la mascella, posando la propria mano su quella del moro al suo fianco per cercare di infondergli un po' di sostegno.

Capiva perché Peter e Susan fossero rimasti così sconvolti, ma lui veniva da un'epoca diversa... lui era abituato ai matrimoni tra parenti stretti per evitare di disperdere il sangue reale e preservare il potere. Era quasi abitudine. Gli ci era voluto qualche attimo per processare quello che gli aveva raccontato la Pevensie, ma in cuor suo aveva dovuto ammettere che non lo trovava poi così strano, una volta abituatosi all'idea. E poi, non erano parenti di sangue...

-Spero che le cose si risolvano in fretta tra voi, e che Evelyn ritorni presto.- mormorò, più a stesso che al Pevensie che aveva accanto. Saperla dispersa per la foresta da sola gli stringeva il cuore. Li conosceva solo da un paio di mesi, ma non aveva potuto fare a meno di affezionarsi a quella bizzarra famiglia, complice forse l'ammirazione che da sempre provava nei loro confronti quando Cornelius gli raccontava le leggende.

-Non so se deciderà mai di perdonarci.-

Di perdonarmi.

Edmund si massaggiò le tempie, sentendo una fitta alla testa particolarmente pesante dagli un senso di vertigine e nausea nel ricordare di come lo avesse guardato, completamente indignata e angosciata, prima di cacciarlo via.

Ripensarsi gli faceva male, terribilmente. Aveva bisogno di stendersi, ma la spossatezza era più forte di qualsiasi motivazione ad alzarsi per camminare fino alla Casa di Aslan per riposare. Inoltre, non era ancora pronto all'ipotesi di incontrare Peter... Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto intavolare nuovamente un discorso con il fratello, eppure... eppure non aveva il coraggio di andare a cercarlo e il fatto che Peter stesso si fosse isolato lo aveva, in qualche modo, tranquillizzato.

Non aveva avuto nemmeno il coraggio di provare a parlare con Susan, solitamente molto più pacata e riflessiva del maggiore e incline al dialogo. Ricordava troppo vividamente il modo sconvolto con cui lo avevano guardato quando aveva confessato apertamente di essersi innamorato di Evelyn – la malcelata accusa nascosta dietro l'espressione sconvolta gli si era incisa a sangue dietro le palpebre.

Sapere di averli delusi pesava come un macigno che gli faceva affondare il cuore nell'oblio più profondo e la consapevolezza che sarebbe andato a mettere il dito nella piaga riprendendo in mano quel discorso lasciato a metà lo congelava sul posto prima che potesse anche solo provare a fare un passo in direzione dei fratelli.

-Sono sicura che prima o poi lo farà...-

Caspian ed Edmund si girarono all'unisono, non nascondendo la sorpresa di trovarsi a incrociare lo sguardo con la più piccola di casa Pevensie.

-Lu...- mormorò Ed, sbattendo le palpebre per scacciare la sensazione di secchezza agli occhi e i ricordi dei visi dei fratelli che puntualmente gli davano il tormento.

Lucy li raggiunse in poche falcate, girando intorno alle rocce e andando a sedersi tra i due ragazzi, lì dove Caspian aveva avuto l'accortezza di farle spazio in modo che potesse mettersi vicino al fratello. La Pevensie sospirò pesantemente, prima di tornare a guardare Edmund direttamente negli occhi.

-Eve è testona, ma non stupida. Sono sicura che capirà e tornerà da noi.- disse, inchiodandolo con lo sguardo. Gli prese una mano tra le proprie, stringendogliela per dargli un tacito conforto, e si voltò verso Caspian.

-Tu non credi?- domandò retoricamente, ma il Principe capì che Lucy non aspettava una vera risposta, quanto più un supporto per cercare di calmare l'animo del Re Giusto. Tuttavia, non fu difficile per lui annuire in modo abbastanza vigoroso: era sicuro anche lui, come aveva detto a Susan, che le cose si sarebbero sistemate – sperava nel modo più indolore per tutti.

-Sono convinto che troverete il modo per chiarirvi.-

Edmund sospirò, stropicciandosi gli occhi con la mano libera ed infossandosi nelle spalle, sentendosi in difetto: Lu era sempre buona con tutti, quindi ragionando a mente fredda non si sarebbe dovuto sorprendere del suo discorso di quella mattina e di come non l'avesse giudicato, ma non si aspettava la stessa comprensione da Caspian e quella consapevolezza fu come un balsamo per il suo animo tormentato. Gli lanciò un'occhiata, sforzandosi di fare un mezzo sorriso per mostrargli la propria gratitudine.

-Quello che sto per dire non ti piacerà, Edmund.- interruppe quel momento Lucy, e i due ragazzi tornarono a fissarla. La Pevensie osservò il paesaggio che li circondava per qualche secondo, mordendosi il labbro inferiore prima di alzarsi in piedi per sciogliere la tensione che le aveva attanagliato le viscere. Respirò profondamente, facendo qualche passo.

-Cosa?- ebbe il coraggio di domandare Caspian, dopo aver lanciato uno sguardo ad Edmund e averlo trovato teso come una corda di violino. Il Pevensie sembrava come congelato sul posto e per un attimo gli venne il dubbio che non stesse respirando, lo sguardo nuovamente spiritato fisso sulla sorella che si muoveva di fronte a loro.

Lu si grattò la nuca, sbattendo le palpebre sui grandi occhioni e senza preoccuparsi di mostrarsi meno apprensiva di quello che era. No, ad Edmund non sarebbe piaciuto quello che stava per dire... ma era una cosa che andava fatta e se nessuno di loro aveva il coraggio di mettere da parte l'orgoglio, la rabbia ed il dispiacere allora li avrebbe costretti a farlo.

Odiava vedere i suoi fratelli in quello stato e voleva che Evelyn tornasse da loro il prima possibile, e la cosa non sarebbe stata possibile se non iniziavano a risolvere le cose in qualche modo: solo una volta che sarebbero stati di nuovo tutti insieme avrebbero potuto discutere e capirsi – e cercare di far capire ad Eve che non avevano mai avuto cattive intenzioni nel tenerle nascosta la verità.

A costo di passare per egoista, per una persona che non rispetta le tempistiche o i sentimenti altrui, in quel momento non le importava. Rivoleva indietro la sua famiglia e niente le avrebbe potuto far cambiare idea.

-Bisogna parlare con Peter.-


***


-Non ho intenzione di parlare con te.-

Edmund sospirò pesantemente, sedendosi su una roccia che stava ai piedi dei resti della tavola di pietra e lanciando uno sguardo sconsolato alla sagoma del leone scolpita nella roccia. Non era sorpreso per nulla della cosa, quindi si limitò a stare in silenzio raggomitolandosi in se stesso più che poteva, consapevole che non avrebbe potuto dire niente per far cambiare idea al fratello.

Lucy era stata troppo convincente, con quel suo sguardo da cucciolo abbandonato pieno di speranza e la convinzione che alla fine Peter avrebbe ceduto vinto dall'affetto che provava per loro. Forse, quella volta, si era sbagliata...

-Peter... ti prego.- provò la più piccola, avvicinandoglisi di qualche passo e mettendogli una mano sul braccio in modo da farsi guardare e cercando di implorarlo con quello sguardo che, era sicura, sarebbe riuscito a fare breccia nella corazza che si era costruito addosso.

Ma l'attenzione del Pevensie era tutta per Edmund, chino su se stesso con Caspian a qualche passo di distanza. Peter non aveva nemmeno la voglia di domandare cosa ci facesse lì o ribadire il concetto che non c'entrava nulla con quella storia, quindi si limitò a scoccargli un'occhiata ammonitrice a cui il Telmarino non rispose per quieto vivere

Se gli sguardi avessero avuto potere di uccidere, chiunque lo conoscesse era sicuro che il Re Supremo avrebbe combinato un casino, in quelle ore. Per fortuna aveva trovato un mezzo di sfogo nei manichini con cui si allenavano, unico metodo che aveva trovato utile per tenere a freno i propri istinti.

Caspian si umettò le labbra, faticando a trovare negli occhi del Pevensie traccia di quel ragazzo che con determinazione aveva organizzato le truppe degli ultimi Narniani e gli aveva tenuto testa nei primi giorni della loro conoscenza: colui che si trovava davanti era la figura sconvolta e pregna di rabbia e sdegno di una persona che non avrebbe accettato nessun'altra opinione al di fuori della propria, qualcuno che difficilmente avrebbe lasciato andare le proprie ragioni per amor del prossimo.

Peter era arrabbiato. Molto arrabbiato. Furibondo.

Caspian si domandò se cercare un dialogo dopo così poco tempo fosse stata una mossa saggia e fu in qualche modo sollevato di non avere provato a fare quel passo da solo, perché non avrebbe saputo come comportarsi. Forse il Pevensie avrebbe avuto bisogno di più tempo per sbollire.

Però...

Lucy lo conosceva sicuramente più di lui, e lei stessa la sera prima aveva proposto di provare a intavolare un discorso, quindi l'unica cosa che poteva fare era stare a guardare come si mettevano le cose e sperare che la più piccola dei Sovrani fosse una motivazione abbastanza forte affinché Peter non perdesse completamente la pazienza nei loro confronti. In ogni caso, lui sarebbe stato pronto ad intervenire in caso di problemi... anche se sperava non ci fossero.

Caspian si osservò intorno, sentendo la tensione che aleggiava nella stanza appiccicarglisi addosso come una seconda pelle facendolo rabbrividire internamente.

Immaginò Susan ancora a letto, ignara di ciò che stava succedendo a pochi metri di distanza e si sentì in difetto nei suoi confronti. Era convinto che avrebbe voluto partecipare anche lei a quella discussione, ma tacitamente avevano tutti deciso che non fosse il caso di coinvolgerla.

Era ancora troppo sconvolta, e già Peter da solo era un avversario ostico con cui avere a che fare. Di Susan, che sicuramente gli avrebbe dato ragione e ne avrebbe condiviso i pensieri, in quel momento non c'era bisogno.

Così Edmund quella mattina si era convinto a seguire Lucy nel cercare Peter all'interno del rifugio, nonostante la controvoglia che provava. Non era riuscito a dirle di no, forse perché involontariamente la presenza della sorella fungeva da appiglio di salvataggio da cui trarre la forza necessaria per provare a fare qualche passo avanti e durante la notte aveva cercato di raccogliere quel poco di coraggio che aveva trovato per compiere quel gesto.

Ed si era vergognato profondamente di se stesso, una volta resosi conto che stava provando a nascondersi dietro la figura della piccola Pevensie per sentirsi meno solo.

-Peter...- riprovò Lucy, stringendo maggiormente il braccio del fratello maggiore. Il biondo strinse la mascella, spostando finalmente lo sguardo dalla figura del moro alla ragazzina che gli stava di fronte. Suo malgrado, sospirò, cercando di calmarsi per non essere troppo brusco nei suoi confronti quando vide l'apprensione con cui lo stava guardando. Fu una questione di attimi, però, appena il tempo di rendersi conto di ciò che celava il gesto di Lu. L'espressione del Pevensie divenne nuovamente imperscrutabile.

-No, Lucy.- fu la lapidaria risposta che le diede, allontanandosi di qualche passo e costringendola in quel modo a mollare la presa sulla sua casacca. Peter incrociò le braccia al petto, incapace di trovare un angolo in cui rilassarsi e sentendosi braccato come un animale in trappola, mentre lanciava occhiate ai tre che non si erano mossi dai loro posti e che lo scrutavano con i volti angosciati.

Sapeva cosa stavano cercando di fare.

L'idea lo indispettì e sentì la rabbia pervaderlo.

-Mi credete stupido forse?- domandò retoricamente, sentendo la gola raschiare per cercare di mantenere un tono di voce pacato. Per quanto si sentisse implodere, non aveva voglia di allarmare il resto dei Narniani. La situazione era già abbastanza disastrata da sé.

-Cosa... no, perché?- domandò in un sussurro Lucy, corrugando le sopracciglia e sbattendo le palpebre perplessa. Ciò che ottenne da Peter fu solo uno stiramento di labbra e sentì una punta di disagio pizzicarle la nuca, tuttavia non si mosse dal proprio posto e continuò a fissare il fratello dritto negli occhi.

-Lo so cosa state cercando di fare.- disse, e fu chiaro il veleno dell'accusa intriso in quelle parole.

Edmund sollevò il viso, racimolando il coraggio necessario per osservare il fratello in viso. Ciò che vi trovò fu la stessa maschera di disprezzo e freddezza con cui l'aveva guardato fin da quando l'aveva visto nel bosco con Evelyn. Difficile sapere quale fosse l'emozione principale che stesse provando il Pevensie. Conoscendolo, il suo animo era un maremoto di sentimenti e si meravigliò di come non lo avesse ancora preso a pugni.

-Vogliamo solo parlare.- riprovò Lucy, catalizzando l'attenzione del biondo su di sé, ma ottenne solo uno sguardo indignato. Peter dilatò visibilmente le narici, aggrottando la fronte ed espirando pesantemente per il nervoso. Strinse le mani in pugni talmente stretti che le nocche gli sbiancarono e tutti pensarono che avrebbe finito per rompersele, talmente tanta era la forza che stava imprimendo in quel gesto.

-Non c'è niente di cui parlare.- tagliò corto, ostico, voltando le spalle ai tre interlocutori con cui stava condividendo lo spazio in quella sala che, improvvisamente, gli sembrò troppo piccola e soffocante. Si morse l'interno di una guancia, socchiudendo gli occhi e percependo la tensione attanagliargli le viscere facendolo tremare da capo a piedi.

Aveva cercato di sfogarsi tutto il giorno... per tutto il santo giorno aveva accuratamente evitato di entrare in contatto con qualsiasi persona che potesse fargli perdere la pazienza, si era impegnato a fare forza su se stesso per restarsene da solo a smaltire la rabbia e l'indignazione che sentiva ribollirgli nel sangue e a darsi dell'idiota per aver permesso che Evelyn venisse a conoscenza di quella maledetta storia di cui ci capiva ancora poco.

Ci aveva provato davvero, Peter, a fare ordine nella confusione che gli appannava i pensieri per cercare di trovare un modo che potesse calmarlo riportando la pace nel suo animo sempre pronto a scattare per qualsiasi evenienza e che continuava a dargli il tormento perché non c'era più niente al proprio posto.

Susan era un fantasma, Lucy aveva girato tra loro come una trottola apprensiva, di Eve non c'era traccia... ed Edmund, la causa di tutta quella situazione, era venuto a cercarlo, buttandosi direttamente nella fossa dei leoni.

Peter s'infossò nelle spalle, digrignando i denti e restando impalato nel punto in cui era come un chiodo battuto nel legno.

A malapena riusciva a guardarlo in faccia, in quel momento: ogni volta che ne incrociava lo sguardo, in ogni frangente in cui ne scorgeva l'espressione addolorata, non riusciva a fare a meno di sovrapporre quell'immagine a quella di quel ragazzo che solo diverse ore prima l'aveva guardato dritto negli occhi dicendogli chiaramente che... che... Non riusciva nemmeno a pensarlo, Peter.

Non ci riusciva.

L'unica cosa di cui si preoccupava era il non sapere dove fosse scappata Evelyn, ma la parte di lui prepotentemente offesa per quello che considerava un tradimento verso la sua persona faceva si che anche quel pensiero si assopisse, soffocato dal risentimento. Glielo avevano tenuto nascosto. Una cosa così importante.

Come avevano potuto?


-So che non c'entro nulla, ma... forse dovresti ascoltarli.-

Peter si girò con uno scatto così fulmineo che gli diede le vertigini, tuttavia non gli sfuggì la mano di Caspian posata sulla spalla del fratello in segno di conforto. I suoi occhi mandarono scintille per quell'intromissione, tuttavia s'impose un autocontrollo che non possedeva per non retrocedere di un passo dalla propria posizione.

Era sicuro che se avesse iniziato a parlare o a muoversi si sarebbe lasciato trasportare dai sentimenti, e non voleva. Era arrabbiato, e tanto doveva bastare ai suoi fratelli come spiegazione per non testare troppo i suoi nervi scoperti.

Tuttavia, incrociò lo sguardo di Lucy, e tanto bastò per farlo sospirare di rassegnazione nello scorgere la punta di determinazione che le luccicava in fondo agli occhi. La osservò per una manciata di attimi, studiandone il viso scavato e stanco per la mancanza di sonno. Non era ai livelli di quello di Edmund, che sembrava molto l'ombra di se stesso, ma era chiaro che anche lei stesse passando delle brutte nottate.

Spinto da un moto di pietà nei suoi confronti, con un cenno del capo le fece intendere che l'avrebbe ascoltata.

Lu socchiuse gli occhi, trattenendosi dal sorridere e sentendosi immediatamente sollevata per quella piccola vittoria – se non altro, era un inizio. Capiva perché Peter fosse così restio all'idea di avere a che fare con Edmund, in fondo al cuore lo capiva davvero e non riusciva a fargliene una colpa, ma il suo obbiettivo in quel momento era solo quello che facessero pace con Evelyn.

-Avanti, parla.- esortò Peter, stanco di quel silenzio e senza nascondere una punta di stizza per quell'imboscata in cui si era, suo malgrado, ritrovato.

-Dobbiamo trovare Eve.- mormorò, guardandolo dal basso della sua altezza, tuttavia alzò il mento quanto bastava per fargli intuire quanto fosse seria. Peter emise un piccolo ghigno, lanciando un'occhiata verso i due ragazzi e leccandosi le labbra come un predatore di fronte alla preda.

-Mi pare di aver capito che voglia essere lasciata in pace. Giusto, Ed?- sputò, lapidario e più velenoso di quanto in realtà avrebbe voluto essere. Per quanto quella consapevolezza lo ferisse, dimostrando quanta distanza avesse messo la Pevensie tra loro, sapere che aveva rifiutato anche la presenza del fratello preferito in qualche modo lo ammansiva.

Lo considerava il prezzo che i due dovevano pagare per averlo tenuto all'oscuro di ciò che stava accadendo sotto il suo tetto.

Edmund strabuzzò gli occhi, sorpreso, sentendo il cuore fare una capriola. Quindi sapeva che aveva provato a cercarla? Lo aveva sentito confidarsi con Lucy quando era tornato?

-Peter!- lo riprese la più piccola, portandosi le mani alla bocca e sentendosi offesa lei stessa per la cattiveria con cui il maggiore stava parlando. Si voltò giusto in tempo per vedere Caspian sussurrare qualcosa all'orecchio del Giusto, riservando al biondo uno sguardo palesemente ostile.

-No, ha ragione, Lu.- parlare costò un grande sforzo, ad Edmund. La voce gli uscì raschiante e gli mancò il fiato per qualche attimo. Si concentrò a contare le crepe nel terreno ai suoi piedi.

-Mi ha cacciato via, te l'ho detto.- mormorò, mordendosi l'interno di una guancia senza il coraggio di guardare in faccia suoi fratelli.

-È normale, è arrabbiata.- la giustificò Caspian, allontanandosi dal moro di qualche passo e cercando di indorare la pillola. Peter li osservò, trincerato dietro il suo muro di mutismo, cercando di ignorare la fitta di dispiacere che sentiva prendere vita mano a mano che osservava i volti dei due fratelli.

-Quindi bisogna andare da lei e spiegarle!- riprovò Lucy, avvicinandosi alla tavola spezzata e carezzandola con la mano per cercarvi conforto. Se solo ci fosse stato Aslan... come avrebbe agito? Cosa avrebbe detto?

-Non è così facile, Lu. Non credo cambierà idea in tempi brevi.- osservò Peter. Ci aveva pensato a lungo, in quel paio di giorni. Evelyn era testarda ed orgogliosa quasi quanto lui, sotto quell'aspetto gli somigliava terribilmente. Non avrebbe lasciato scorrere quello sgarbo – quell'immensa bugia – molto facilmente.

Lucy iniziò a girare in tondo, sentendo l'ansia crescerle dentro come le onde sul mare e un brutto presentimento spazzare via tutta la speranza che fino a quel momento aveva cercato di mantenere viva. Nel giro di pochi secondi gli occhi le si riempirono di lacrime.

-Però dobbiamo fare qualcosa. Noi dobbiamo spiegarle, e... e non può rimanere da sola nella fo__foresta, noi siamo la sua famiglia! E ci sono i Telmarini, ci sarà una gue___-

-Lucy, calmati, per l'amor di Aslan!- suo malgrado, Peter le fu accanto in poche falcate e l'avvolse in un abbraccio, abbandonando repentinamente tutta la facciata di freddezza che aveva continuato a mantenere in quei minuti e sentendo una coltellata nel petto mano a mano che la vedeva dare sfogo ai propri pensieri.

Non ce la faceva a vederla in quello stato.

La sorella gli si aggrappò alla casacca in modo febbrile, piangendo silenziosamente la frustrazione che aveva sentito fino a quel momento e provando a calmarsi concentrandosi sulla mano con aveva iniziato ad accarezzarle la nuca. Il biondo sentì una nota di senso di colpa attanagliargli il petto per non aver pensato ai sentimenti delle sorelle, a come quella situazione doveva aver sconvolto anche loro. Era sicuro che anche Susan non se la stesse passando bene – e lui, per loro, non c'era stato.

Che razza di fratello era?


Lanciò uno sguardo ad Edmund, il quale osservava ansiosamente la figura della Pevensie che ancora stringeva tra le braccia. Peter tirò le labbra, sentendo la bile rimestarsi nello stomaco per la collera che ancora provava nei suoi confronti, ma riuscì a trattenersi dal dire qualsiasi cosa per non turbare nuovamente la sorella minore.

-Scusate, mi sono fatta prendere dalle emozioni.- disse Lucy, dopo qualche minuto. Si voltò verso Caspian ed Edmund, non rinunciando tuttavia al calore ed al senso di sicurezza che stare attaccata al petto di Peter le dava. Aveva gli occhi e le guance arrossate, ma l'ansia che l'aveva sconvolta poco prima era completamente svanita, mentre sentiva le mani del Pevensie stringerle le spalle, in un gesto che sapeva di casa e quotidianità.

-Mi spiace Lu, è colpa mia. Tutto è partito per causa mia.- mormorò Edmund, guardandola con imbarazzo da sotto le palpebre pesanti e cercando di scacciare il senso di colpa che vederla in quello stato gli aveva provocato. Vide Peter lanciargli un'occhiata palese e Caspian tossì per dissimulare la tensione che sentì scaturire da quello scambio di sguardi.

-Non è vero. Avremmo dovuto essere sinceri anni fa.- obbiettò quella, e sentì il biondo dietro di lei trattenere il respiro. Gli strinse una mano per cercare di farlo rilassare.

-In ogni caso, ormai è andata così. Bisogna pensare a un modo per risolvere le cose.- prese parola Caspian, prendendo posto su uno dei massi vicino ad Edmund e lanciando uno sguardo a Peter in cerca di approvazione. Lucy, contro il suo petto, mosse la testa vigorosamente in segno affermativo. Tra i quattro calò il silenzio per una manciata di attimi.

-Prima di andare avanti con questa conversazione, devo dire una cosa.- disse il Re Supremo, distaccandosi leggermente da Lucy in modo che anche lei potesse guardarlo in faccia. Le mise una mano sulla testa e si sforzò di sorriderle per quanto riuscisse a fare, tuttavia percepì che la sua espressione era parecchio rigida ed era sicuro di non essere in grado di mascherare ciò che provava sul serio.

-Per quanto mi scocci ammetterlo, sono d'accordo sul fatto che dobbiamo convincere Eve a tornare all'accampamento.- le espressioni di stupore che gli riservarono i tre dopo quella frase lo indispettirono nel profondo: diavolo, era sua sorella, parte della sua famiglia. Era ovvio che fosse preoccupato anche lui su dove fosse e cosa diavolo stesse combinando – e soprattutto cosa pensasse.

Non sopportava l'idea che li odiasse solo perché avevano tentato di non far caso a ciò che aveva detto loro Aslan, provando a continuare la loro vita come se non fosse mai successo nulla, come una famiglia normale.

-Questo non vuol dire che vi ho perdonato per... per...- Peter faticava a trovare le parole adatte per riuscire a esprimere quel concetto che ancora rifiutava di esporre palesemente. Istintivamente fulminò Edmund con un'occhiataccia, così come tutte le volte in cui gli occhi avevano mandato lampi ogni volta che ne aveva scorto la sua figura sfuggente, e fu chiaro a cosa si stesse riferendo.

-Non l'ho mai pensato.- disse il fratello cogliendo l'occasione per parlare, alzandosi in piedi per poter guardare Peter in modo più ravvicinato.

-Non lo accetterò mai. Non posso  e non lo farò, lo capisci?- continuò il biondo, incisivo, portandosi le mani al petto per cercare di allontanare quell'immagine che lo tormentava e tutti i sentimenti che si portava dietro, un modo ormai spontaneo con il quale cercava di creare una barriera invisibile che mettesse distanza tra sé e ciò che gli creava un disturbo.

Il modo in cui lo stava guardando Edmund lo spezzava dentro, perché si rendeva conto di quanto quella situazione lo stesse facendo soffrire. Ma non poteva, non riusciva davvero a provare a conciliare l'idea di loro due insieme. La sola ipotesi gli faceva mancare il respiro.

-Lo capisco Peter, davvero. Non preoccuparti.- Edmund si sforzò di sorridere per quanto riuscisse, sentendo la pelle tirare per lo sforzo e la secchezza e mettendo a tacere le voci che nella testa e nel cuore gli urlavano contro per farsi dare ragione, per far sì che Peter ascoltasse ciò che aveva da dire. Anche se Lucy era convinta che ci voleva solo un po' di tempo ai fratelli maggiori per accettare l'idea, il solo aver potuto scambiare delle parole con lui e il pensiero che, forse, insieme sarebbero riusciti a convincere Eve a tornare gli bastava per distogliere l'attenzione per qualche momento da tutto ciò che lo aveva tormentato fino a quel momento.

Non gli importava se Peter non avrebbe mai compreso. Non importava. La cosa a cui teneva di più era trovare il modo per farsi perdonare da Evelyn e saperla in salvo in mezzo a loro.

-Bene, sono felice.- mormorò Lucy, abbracciando prima l'uno e poi l'altro, sollevata per quella tregua momentanea.

-Dove si trova?- domandò poi al secondo. Edmund deglutì, ripensando al percorso che aveva fatto nel fitto della foresta e cercando di essere il più chiaro possibile nella spiegazione. Non era complicato arrivarci e la luce del giorno sicuramente avrebbe aiutato nell'orientamento.

-Non credo sia una buona idea che io vada, comunque. Sicuramente ascolterà di più te.- ragionò il moro, pensieroso. Per quanto l'idea lo ferisse, dovette ammettere a se stesso che Lucy avrebbe avuto più possibilità. Eve aveva sempre avuto un debole per la sorella minore.

-Non può andare da sola nella foresta. Vado con lei.- obbiettò subito Peter, avvicinandosi, come se in quel modo potesse proteggerla da eventuali pericoli. Edmund negò con la testa.

-Come non vuole vedere me... credo non voglia vedere nemmeno te...- provò a spiegargli, lanciandogli uno sguardo di scuse ed ottenendo dal maggiore un'espressione improvvisamente ostile. Peter tirò le labbra, pronto a rispondere e per nulla intenzionato a lasciare cadere l'argomento o farsi mettere da parte.

-Ha ragione, non possiamo rischiare di farla arrabbiare di più.- catalizzò la sua attenzione Lucy, aggrappandosi nuovamente a una manica per farsi guardare. Il biondo si passò la mano libera tra i capelli, sospirando pesantemente per niente concorde all'idea di lasciarla andare da sola nel bosco con il rischio che incontrasse i Telmarini.

-Posso accompagnarla io.-

-Caspian? Sei sicuro?-

Il Principe di Telmar si fece più vicino al gruppo per la prima volta da quando si trovava in quella stanza, intromettendosi attivamente nella conversazione. Sorrise a Lucy e le scompigliò i capelli per cercare di sollevarle il morale.

-Sarebbe perfetto. Con Caspian non può arrabbiarsi, non ne ha motivo.- ragionò la Pevensie, indicandolo ai fratelli. Edmund e Peter si scambiarono uno sguardo e il moro annuì.

-Per quanto mi scocci ammetterlo, credo sia l'unica soluzione.- ammise il più grande, arricciando le labbra e distogliendo lo sguardo più volte per accettare l'idea di doversi mettere da parte. Fissò lo sguardo su Caspian, in una muta ammonizione.

-Se le succede qualcosa, io...- iniziò, stringendo la mascella e guardandolo male, non riuscendo a trattenere la parole per sé.

-Non succederà nulla, tranquillo.- tentò di rassicurarlo il Telmarino, costringendosi a non roteare gli occhi al cielo per la scocciatura. Peter non sarebbe mai cambiato. Quanto ci voleva perché si fidasse completamente di lui?

-Cosa sta succedendo?-

All'unisono, i quattro si bloccarono, scambiandosi delle occhiate stralunate e sentendosi punti sul vivo come se stessero commettendo un reato. Con fatica, Edmund si sforzò di non cedere all'impulso di abbassare lo sguardo, puntandolo verso l'entrata della stanza come fecero gli altri.

-Susan!- esclamò Lucy, ma aggrottò la fronte quando notò che la sorella era in compagnia di due fauni e Trumpkin. Sembrava ansiosa. Il cuore della piccola Pevensie ebbe uno spasmo per l'agitazione che le saettò nelle viscere in modo improvviso. Fu come se la presenza improvvisa di Sue le avesse fatto accendere un campanello d'allarme impossibile da spegnere.

Peter e Caspian si avvicinarono ai nuovi arrivati in poche falcate, intuendo fosse successo qualcosa e cercando di non fare caso alla muta domanda che aleggiava silenziosamente nelle occhiate che la Pevensie stava riservando al biondo e al fratello minore ancora in disparte.

Decisamente, non si aspettava di trovarli tutti insieme... soprattutto non si aspettava che Peter si sarebbe messo a conversare con Edmund nella stessa stanza senza rischiare di commettere un omicidio. Ricordava troppo bene la rabbia che aveva sprigionato quando Evelyn era scappata e lo conosceva troppo bene per credere che gli fosse passata.

Susan sospirò, scuotendo la testa prima che i pensieri la tartassassero nuovamente e tornando a concentrarsi. Non c'era tempo da perdere.

-È successo qualcosa?- domandò il Re, rivolto a quelle che riconobbe come le sentinelle del turno mattutino. Era la prima volta che venivano a cercarlo da quando stava lì, solitamente erano sempre lui o Caspian ad interessarsi su come procedevano le cose perché non c'era mai stato nulla da segnalare.

L'istinto gli diceva che si, doveva essere successo qualcosa, e parte di lui corse con il pensiero ad Eve. Peter strinse i pugni e trattenne il fiato, teso come una coda di violino e percependo Lucy ed Edmund avvicinarsi alle sue spalle per poter ascoltare meglio.

I due Narniani si scambiarono uno sguardo carico di agitazione che mise i cinque in allerta, tuttavia fu Trumpkin a parlare, riportandoli alla realtà che stavano vivendo e di cui sembrava si fossero scordati fino a quel momento. Per tutti fu come ricevere una doccia gelata in pieno inverno.

-Vostre Maestà... l'esercito di Telmar ha concluso il ponte.-


***


-Non hai dormito stanotte?-

Eve si rigirò nella coperta che le aveva portato Dhemetrya, sbuffando e finendo con il guardare il soffitto della piccola caverna in cui si erano rifugiati quando aveva finalmente deciso di rimettersi in piedi e cercare un luogo dove potersi riprendere e restare riparata dal maltempo. Lo scoppiettare delle braci le aveva fatto compagnia tutta la notte, tuttavia non era stato abbastanza perché la cullasse trasportandola nel mondo dei sogni.

-Non prendevo sonno. Si è notato?- domandò in un mormorio sommesso, posando un braccio sugli occhi e sentendo le palpebre pesanti. C'era qualcosa che l'aveva resa inquieta per tutta la notte, facendola risvegliare più volte appena iniziava ad addormentarsi.

-Un pochino.- ridacchiò Dhem, lanciandole uno sguardo veloce e ritrovandosi suo malgrado vagamente intenerita. Anche se aveva cercato di non farsi sentire, aveva percepito la tensione ansiosa provenire dalla ragazza per tutte le ore in cui l'aveva vegliata in rigoroso silenzio.

-Mi dispiace.- fu la risposta rassegnata che le diede la Pevensie.

-Non fa niente. Cosa ti ha turbato?- domandò la mora, sedendosi a un paio di metri di distanza e controllando la punta delle frecce per passare il tempo mentre aspettava il momento buono per ravvivare il fuoco. Di notte, ormai, iniziava a fare parecchio freddo. Senza contare la pioggia dei giorni precedenti che aveva abbassato di parecchio la temperatura. Erano le prime ore del mattino e il sole iniziava a rischiarare il cielo, ma preferiva tenere il falò acceso fino a mattina inoltrata per evitare fregature che il tempo ballerino di quei giorni avrebbe potuto portare.

-Tutto, io... non ci capisco più niente. La storia delle Guardiane, chi sono... la situazione con i miei fratelli. È tutto un casino e mi sento una trottola che gira senza meta.-

Dhem rischiò di pungersi e per poco non le scappò il dardo che stava osservando con cura quasi maniacale. Era la prima volta che Evelyn parlava così apertamente, e suo malgrado fu contenta che si stesse confidando proprio con lei. Non si aspettava che avrebbe dato realmente una risposta alla sua domanda. Si umettò le labbra, prendendosi del tempo per cercare le parole adatte.

-Non mi sorprende, non è una situazione facile quella in cui vi siete cacciati.- osservò, voltandosi suo malgrado verso la Pevensie senza tuttavia volerla accusare di qualcosa. Eve non la stava guardando, continuando a stare a pancia in su con un braccio a schermare gli occhi e parte del viso. La mora poteva solo immaginare che espressione potesse avere, ma a giudicare da come era stata in quei giorni intuì che non fosse molto diversa da quella apatica che aveva mostrato fino a poco prima.

Sospirò, ripensando alle questioni in sospeso che gravavano tra i Sovrani dell'Età d'Oro, e fu con sconsolazione che riprese ad affilare la punta di una freccia secondo lei poco appuntita. Socchiuse gli occhi lasciandosi cullare dal calore sprigionato dal fuoco, percependo il tepore delle fiamme riscaldarle la pelle sotto i vestiti e annidarle una sensazione di pacifica sonnolenza nello stomaco.

Evitò di domandarsi, per l'ennesima volta, il motivo per il quale quel discorso non avesse potuto farglielo direttamente Aslan ai tempi dell'incoronazione, allo stesso modo con cui aveva preso da parte Peter per parlargliene. Era più importante che lo sapesse la diretta interessata, no?

-Secondo te cosa dovrei fare?- Eve si puntellò su un gomito e si ritrovò ad osservarla. Si sistemò su un fianco, incuriosita. Anche senza guardarla alla Narniana arrivò limpida la nota di interesse intrisa in quel movimento e come fosse un modo per iniziare a cercare di fare chiarezza in tutto quel casino.

Forse ci sarebbe voluto molto più tempo, ma era un inizio.

Tuttavia, per quanto fosse concorde con Antares sul fatto che avrebbe dovuto provare a riavvicinarsi ai suoi fratelli, se non altro in vista di quella battaglia maledetta ormai alle porte, decise di tenere quel pensiero per sé per evitare di indispettirla ulteriormente.

-Non posso darti una risposta precisa... devi fare quello che ti senti.- mormorò, tornando concentrata sul proprio lavoro e restando volutamente vaga e disinteressata. Le fu chiaro che Eve non fu soddisfatta della sua risposta da come esalò un sospiro, ma Dhemetrya non si fece toccare da quel sentimento: era una cosa che doveva fare da sola. Accettare la storia delle Guardiane, accettare che i suoi fratelli le avessero mentito, accettare che ora la sua famiglia era a conoscenza di un sentimento che per anni aveva conservato gelosamente... era un percorso che doveva fare da sola.

Nessuno di loro avrebbe potuto aiutarla, nemmeno le Guide, nonostante l'istinto di protezione che provavano nei suoi confronti.

-Hai ragione...- mormorò dopo qualche minuto di silenzio Evelyn, come se solo in quel momento avesse davvero processato le parole della Narniana. Si mise seduta, portandosi una mano alle tempie per massaggiarle e pregando non le venisse un mal di testa a causa del poco riposo. Stanca di aver perso tempo, si scostò la coperta con un gesto deciso e si mise in piedi.

Aveva bisogno di prendere aria per cercare di fare chiarezza nella sua mente. Non le piaceva l'idea di dover andare a incontrare i suoi fratelli, ma una parte di sé sapeva che prima o poi sarebbe dovuto succedere per avere le risposte alle domande che da giorni la tormentavano.

Eve non capiva se si sentisse più terrorizzata dagli eventuali giudizi che avrebbero potuto darle per la storia con Edmund o arrabbiata all'idea di tutto ciò che le avevano tenuto nascosto.

-Dove vai?- le domandò Dhemetrya, improvvisamente in allerta. La vide incamminarsi verso l'ingresso della caverna zoppicando leggermente e ne seguì la figura finché le fu possibile.

-Fuori.-


***


La prima cosa che percepì Evelyn non appena mise piede fuori dalla piccola grotta fu l'aria settembrina stuzzicarle la pelle del viso, dandole una serie di brividi da pelle d'oca lungo le braccia ed il collo. Socchiuse gli occhi, infastidita dalla luce improvvisa che li investì e che segnava quella che sicuramente sarebbe stata una giornata particolarmente serena.

Osservandosi intorno, notò che in alcuni punti la vegetazione iniziava ad appassire su se stessa, preparandosi all'arrivo dell'autunno: l'erba non era più brillante e rigogliosa e alcune foglie sulle fronde degli alberi che la circondavano iniziavano a mostrare la tipica sfumatura giallastra che segnava l'arrivo di quella stagione per lei particolarmente malinconica – ma che sentiva così tanto, adatta alla sua anima, che non poteva fare a meno di adorarla.

Evelyn sospirò, provando a stiracchiarsi leggermente per godersi il sole sulla pelle ma percependo subito una fitta al fianco che la fece immediatamente pentire per quell'idea. Si portò una mano alla parte dolente, aggrottando le sopracciglia ed osservandosi le dita attorno al vestito ancora escoriate per la caduta.

Sperò di non avere un aspetto troppo trasandato, ma era consapevole che fosse una speranza vana.

Si portò una mano alla fronte, rialzando lo sguardo appena in tempo per scorgere qualcosa muoversi tra i cespugli. Eve aggrottò le sopracciglia, paralizzandosi sul posto e seguendo febbrilmente il frusciare degli arbusti.

-Buongiorno, Evelyn.- anticipò la sua presenza Lia, uscendo alo scoperto una manciata di attimi dopo. La Pevensie sospirò pesantemente, percependo la tensione che le aveva irrigidito il corpo andarsene e guardando la figura della lupa avvicinarsi seguita da Antares. Aprì la bocca per lo stupore.

-Siete... tornati animali.- mormorò, prima ancora di ricambiare il saluto, scorrendo con lo sguardo sulle loro figure. I due si scambiarono un'occhiata, poi Lia fece un lieve cenno di assenso.

-Si. Sapevamo che era una transizione temporanea.- le spiegò, andandosi a sedere accanto al grande albero. Lo avevano sempre saputo, che non sarebbe durata. Era stata una bella bolla in cui crogiolarsi per qualche ora destinata fin da subito, però, a scoppiare. Ciò significava che Narnia e la magia che ancora l'animava si erano assopite nuovamente, riflettendo l'animo, in quella giornata decisamente più sotto controllo, della Pevensie.

-Mi dispiace.- mormorò la ragazza, senza saperne bene il motivo ma sentendosi, per qualche strana ragione che andava oltre la sua logica, responsabile per quella situazione. Antares nitrì leggermente, come a simulare una risata.

-Non fartene un cruccio, non è colpa tua.- disse, ricordandosi di come, in realtà, la sera prima le avesse detto il contrario. Era vero che in qualche modo la causa era stata la Pevensie, ma non intendeva davvero accusarla. Il legame tra Narnia e le Guardiane era particolare, bastava un niente perché venisse sollecitato e, probabilmente, tutto ciò che era successo aveva fatto si che inconsciamente gli spiriti che si portava dietro rispondessero al dolore che stava provando, cercando conforto nel mondo che aveva dato loro vita.

Improvvisamente, gli occhi di Lia saettarono verso il sentiero che s'inoltrava nel bosco. Antares pestò uno zoccolo a terra, tendendo le orecchie.

-Cosa c'è?- domandò Eve, percependo la tensione che li aveva avvolti attanagliarle le viscere.

-Arriva qualcuno.- le mormorò la lupa, alzandosi e raggiungendola istintivamente. Inconsciamente, Evelyn le si fece più vicina mentre Antares si mise loro davanti, schermandole parzialmente. Eve cercò di distinguere qualcosa, ma i rami e gli arbusti che s'intricavano tra loro non le permettevano di vedere oltre una certa distanza.

La lupa tese nuovamente le orecchie, annusando l'aria, poi si rivolse verso la Pevensie. Si prese qualche attimo per riflettere.

-È qualcuno di pericoloso?- le domandò la ragazza, intercettando la sua occhiata e alzando le sopracciglia, perplessa.

-No.- le disse, sospirando, e la osservò dritta negli occhi per qualche secondo come se volesse comunicarle qualcosa solo con lo sguardo. Eve aggrottò la fronte, cristallizzata nell'agitazione che quella risposta le aveva provocato e l'espressione di rassegnazione che vi leggeva in fondo a quel ghiaccio che la Narniana aveva per occhi.

Se non era un nemico... Istintivamente, tutto il suo corpo si tese, preparandosi a dare battaglia e non volendo ancora accettare l'eventualità di quell'incontro.

-Evelyn! Evelyn! Sei qui?-

La Pevensie strabuzzò gli occhi, rilassando le spalle quando la voce della sorella proveniente dal fitto degli alberi le colpì i timpani come un tuono. Sembrava... preoccupata? A Eve nacque un groppo in gola che si costrinse a soffocare prima che le offuscasse i pensieri che fino a quel momento aveva portato avanti.

-Lucy? Lu!- rispose istintivamente, senza il coraggio di muovere un passo. Si sporse quel tanto che bastava per avere la visuale completamente libera sullo spiazzo di erba, sentendo l'aspettativa montarle dentro senza che potesse fare nulla per fermarla.

-Finalmente ti ho trovato!- rimarcò Lucy, uscendo finalmente dal bosco Narniano seguita da Caspian. Eve fissò la figura del Principe rimanendo interdetta per qualche secondo, faticando a capire la motivazione dietro la sua presenza – si sarebbe aspettata Peter, se doveva essere del tutto onesta.

-Ciao.- salutò il Telmarino, facendo un cenno del capo verso i due Narniani al suo fianco e seguendo Lucy come un'ombra. La più piccola di casa Pevensie si osservò intorno, rivolgendo un sorriso verso Lia ed Antares prima di tornare a guardarla con uno sguardo febbricitante. La studiò qualche attimo, corrugando le sopracciglia e sentendo il dispiacere darle una fitta al cuore nel notare le condizioni pietose in cui riversava il suo viso ancora tumefatto sullo zigomo e le occhiaie nate dal poco riposo.

La Scaltra storse il naso, non riuscendo a capire cosa provasse in quel momento la sorella. Le sembrava sollevata, ma c'era una punta di qualcosa che non riusciva a definire. In ogni caso, non poté fare a meno di accigliarsi, tornando sulla difensiva una volta appurata che entrambi stavano bene e non sembravano essere in pericolo o seguiti da qualcuno.

-Cosa ci fate qui?- sibilò, e percepì una corrente d'aria dietro la schiena che le anticipò l'arrivo di Dhemetrya, attirata dalla tensione che aveva sentito permeare l'atmosfera come una nebbia soffocante.

-Devi tornare al campo.- disse Lucy, senza il coraggio di avvicinarsi. Aveva notato il cambiamento di espressione di Eve e non voleva fare nulla che la mettesse a disagio. Come immaginava, la Pevensie la fulminò con lo sguardo senza troppe cerimonie.

-No.- fu la lapidaria risposta che le riservò, e a Lu parve di percepire l'offesa ed il risentimento che provava pugnalarla come tanti spilli. Sentì Caspian posarle una mano sulla spalla, lì come Peter aveva sempre fatto per darle conforto.

-È davvero importante, Eve. Dovresti tornare.- il ragazzo si sentì trapassare dall'occhiata furibonda con cui Evelyn lo guardò come se gli avesse messo a nudo direttamente l'anima. La vide irrigidirsi, la vena del collo che iniziava a essere visibile sotto la pelle per la tensione che stava provando a tenere sotto controllo e che gli ricordò quella di Peter.

Evelyn sospirò visibilmente, scuotendo la testa e mordendo a forza un labbro. Come osavano? Come potevano anche solo pensare di presentarsi lì come se nulla fosse e chiederle di tornare?

-Quasi quanto era importante non mentirmi, mh?- sputò fuori, rancorosa. Strinse le mani a pugno varie volte, percependo le dita tremare per la necessità di sfogarsi con qualcosa. Non avrebbe ceduto. Inoltre, non aveva ancora fatto pace con se stessa per poter essere in grado di provare ad ascoltare ciò che i sui fratelli avevano da dirle.

Prima Edmund, ora Lucy... non potevano imporle la loro presenza in quel modo. Dovevano piantarla di decidere per lei.


-Hai ragione ad essere arrabbiata. Ci dispiace moltissimo, noi... noi credevamo di fare del bene.- sussurrò Lu, facendo dardeggiare lo sguardo da ogni parte meno che sul suo viso.

-È tardi per chiedere scusa.- mormorò Eve, guardandola di sottecchi. La vide mordersi un labbro a sua volta, sbattendo le palpebre sui grandi occhi lucidi.

-Però è davvero importante che tu torni.- rimarcò, ed Evelyn sentì il nervoso pervaderla nuovamente senza che potesse fare qualcosa per fermarlo. Fu come se fosse stata buttata benzina sulle ceneri di un fuoco non ancora assopito.

-Perché? Perché ora?! Non vi è mai importato cosa penso, altrimenti mi avreste raccontato subito tutta la verità, quindi non venirmi a dire che ora per voi è importante la mia presenza!- sbottò, totalmente in preda alla collera, e Lucy sussultò per quell'accesso di rabbia che non si aspettava le avrebbe riversato contro.

La più piccola si strinse nelle spalle, sentendosi ferita e guadagnandosi le occhiate compassionevoli dei tre Narniani che stavano assistendo alla scena.

-Eve!- la riprese Caspian, parandosi di fronte alla Regina in un moto di protezione. Trovava ingiusto che Evelyn si stesse sfogando con Lucy, quando probabilmente quel discorso avrebbe dovuto farlo a Peter, il primo ad aver saputo di quella storia e il primo ad aver deciso di tenergliela nascosta per paura delle conseguenze, e con cui sicuramente avrebbe avuto una discussione più produttiva.

Evelyn socchiuse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime che sentiva iniziare a farle pizzicare gli occhi e il groppo in gola che le spezzava il fiato.

-Perché è così importante che torni? Non potete aspettare i suoi tempi?- s'intromise Lia, pacata, cercando di capire come mai fossero tanto ostinati ed intuendo ci fosse qualche ragione dietro quel comportamento.

Lucy spuntò da dietro la schiena del Telmarino che l'aveva accompagnata in quella missione che si era rivelata particolarmente dolorosa, delle lacrime che le rigavano il volto divenuto improvvisamente pallido: quella visione s'inchiodò nella mente di Eve come incisa a fuoco e si vergognò di aver perso la pazienza in quel modo, ma non ebbe modo di rifletterci troppo perché Caspian attirò nuovamente la sua attenzione. Era teso e serio come poche volte lo aveva visto e intuì che dovesse essere successo qualcosa di grave.

-Perché sono arrivati i Telmarini.-




































































































Buongiorno a tutti :)
Allora, che dire... sono contenta di essere riuscita a portarvi questo capitolo in tempi decenti. Rispetto al precedente, è stato decisamente più facile da scrivere ed è anche abbastanza corposo. In ogni caso, sono in degenza perché due settimane fa sono stata operata d'urgenza di peritonite, quindi spero che queste settimane di riposo mi portino abbastanza ispirazione per continuare questa storia e non farvi aspettare troppo.
Spero anche che le reazioni di Peter, Lucy e Edmund siano capibili: non hanno fatto pace, semplicemente è un quieto vivere perché ci sono cose più importanti da affrontare al momento. Peter è un testone, non abbandonerà facilmente le proprie posizioni, mentre Lu poverina si è ritrovata in mezzo a una cosa forse più grande di lei. Come vi avevo avvisato, le cose da sviscerare erano molte e non sono ancora del tutto finite, quindi sono stati capitoli con momenti di transizione che hanno preso molto spazio e che stanno per avere una prima conclusione in vista della battaglia.
In ogni caso, ringrazio chi continua a leggere e seguire questa storia, spero di non deludere le vostre aspettative!
Baci
D <3
   
 
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