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Autore: Aagainst    31/08/2021    4 recensioni
Dal sesto capitolo:
“I miei vecchi quaderni sono ancora riposti negli scaffali, come se il tempo non fosse mai passato. Ne prendo uno a caso e lo apro. Lo sfoglio, il cuore in gola. I testi di vecchie canzoni che nemmeno ricordavo di aver scritto mi travolgono, senza alcuna pietà. Ripenso a ciò che mi ha detto Bellamy qualche giorno fa. Ho perso la mia musica. Ho perso la mia casa. E, anche se mi sembrano così vicine, non sono mai state più lontane. “
Sono passati sei anni da quando Clarke ha lasciato Polis per inseguire il suo sogno e diventare cantante e quattro da quando ha tagliato definitivamente i rapporti con chiunque appartenesse al suo passato. Costretta dal suo manager a tornare a casa dopo l’ennesima bravata, ritroverà la sua vecchia vita ad attenderla, tra cui due occhi verdi carichi di domande.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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25.

Maybe I'm running
From what I know
Something is different
I need a new place to wander
(The Dangerous Summer-I Should Leave Right Now)

 

 

 

Apro gli occhi piano, cercando di abituarmi a poco a poco alla luce che penetra dalle tende. Accanto a me, Lexa sta ancora dormendo. La osservo, tracciando con il dito il bellissimo tatuaggio che le decora la schiena. Si tratta di un intricato disegno formato da linee e pianeti che si si sviluppa lungo tutta la spina dorsale fino alla base del collo. Ricordo quando me lo mostrò la prima volta, il giorno del diploma. Mia madre non poteva credere ai suoi occhi. Mi perdo fra i mille dettagli di quel capolavoro e ammiro il segno dell’infinito sul suo collo, che noto solo ora. Deve essere piuttosto recente, probabilmente è legato a Costia. La sento muoversi sotto il mio tocco e cominciare a stiracchiarsi. Si gira, gli occhi ancora semichiusi. 

“Ehi.” mormora, mezza addormentata. Sorrido e le bacio la punta del naso, per poi stringerla fra le mie braccia. 

“Buongiorno.” le dico, infine. 

“Clarke, penso sia ora di alzarsi.” dichiara lei, cercando di liberarsi dalla mia stretta. 

“Altri cinque minuti.” protesto, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. Lexa scoppia a ridere e mi bacia il capo, con dolcezza. 

“Mi piacerebbe stare così tutto il giorno, ma oggi è domenica e tua madre ci aspetta per pranzo. Inoltre, fra un po’ Aden si sveglierà e non vorrei che ci trovasse così. Sarebbe un po’ imbarazzante.”. Annuisco, pensando a tutte le volte che mi sono ritrovata quel marmocchio nel letto ad orari improponibili. In effetti, è piuttosto mattiniero il ragazzo. 

“E va bene, hai vinto.” cedo, lasciandola andare. La guardo alzarsi dal letto e rivestirsi, per poi avvicinarsi a me e carezzarmi la guancia. La lascio fare, ma quando mi ritrovo sul pavimento non riesco a trattenere lo sconcerto.

“Ehi!” mi lamento. “Non si spingono le persone per terra.”

“Non se sono in ritardo.” mi risponde lei, un sorrisetto sghembo dipinto sul viso. 

“Ah sì?” faccio, prendendola per i polsi e trascinandola contro di me. Faccio scontrare le nostre labbra e la bacio, senza avere alcuna intenzione di permetterle di allontanarsi da me. E, a quanto pare, anche lei sembra non avere voglia di farlo. Il rumore della porta che si apre, però, ci costringe a separarci. Mi precipito sul letto e mi copro con il lenzuolo, mentre Lexa indossa una maglietta in fretta e furia. Aden entra piano, ciondolando per il sonno, in modo decisamente buffo. 

“Bagno.” annuncia e Lexa spalanca gli occhi. Si volta verso di me, rossa come un peperone e io le faccio segno di andare, trattenendomi dallo scoppiare a ridere. E, mentre li osservo lasciare la camera, penso che farei carte false per poter vivere ogni giorno questa vita.

 

________________

 

“Sei sicura di volerlo fare?” chiedo, mentre Lexa parcheggia la macchina. 

“Clarke, non è di certo la prima volta che mangiamo da Abby e Marcus.”

“Sì, ma è la prima volta che pranziamo da loro come una… Una…”

“Una coppia?” conclude lei la frase. “Non devi preoccuparti, sai che non si formalizzano.” mi rassicura lei, scendendo dall’auto.

“E se non dovessi… Insomma, io non…” balbetto, senza riuscire a costruire una frase di senso compiuto. Lexa è intenta a slacciare il seggiolino di Aden e scuote la testa, ridendo. Si gira verso di me e mi guarda, i suoi occhi verdi sempre lì, pronti a calmarmi. Sa che ho paura di deludere nuovamente le aspettative di tutti, soprattutto le sue. Sa che ho paura di sbagliare di nuovo, di ferirla per l’ennesima volta. Avanza verso di me e mi carezza la guancia, con una tenerezza quasi disumana. Posa le sue labbra sulle mie e mi bacia, lentamente. Vuole farmi capire che lei è qui con me, che non succederà nulla di male. E io voglio crederle, voglio fidarmi di questa promessa. 

“Dobbiamo andare.” sussurra, staccandosi da me. Annuisco e mi dirigo alla porta, tenendo Aden per mano. Mi guardo intorno, un po’ nervosa. 

“È nuova quella?” chiedo, indicando un’auto mai vista. Lexa fa spallucce, segno che non lo sa nemmeno lei.

“Non l’ho mai vista. Sarà di qualcuno di passaggio, non ce la vedo tua madre con una macchina del genere.” asserisce. Le do ragione scuotendo il capo e suono il campanello. Non so perché, ma ho un brutto presentimento e non riesco a tranquillizzarmi. 

“Ehi, andrà bene.” mi rassicura Lexa, posandomi una mano sulla spalla. Le sorrido e mi concentro sulla porta. Non capisco perché ci stiano mettendo così tanto ad aprire. Finalmente, sento qualcuno armeggiare con la serratura. 

“Alla buon’ora Rae.” saluto la mia amica. “Perché quella faccia da funerale?” le chiedo poi, notando l’espressione carica di angoscia che ha dipinta in volto.

“Clarke, io…” mormora, cercando di fermarmi dal varcare la soglia. 

“Raven, non è divertente.” le dico, spingendola via. “Mamma, siamo arrivat-…”. Le parole mi muoiono in bocca. Finn è seduto sul divano in soggiorno e sta chiacchierando amorevolmente con mia madre e Marcus. Quando mi vede, mi lancia un’occhiata viscida, come se fosse compiaciuto di vedermi in quello stato di evidente difficoltà. 

“Ciao Clarke.” mi saluta. Sento il mio respiro farsi sempre più affannoso. Mi giro verso Raven, che mi guarda con aria colpevole. 

“Mi dispiace, non sono riuscita a mandarlo via.” mi spiega. 

“Che cosa significa? Clarke, pensavo che non steste più insieme.” dice Lexa, confusa quanto me. 

“Ed è così, infatti.” le assicuro, prendendole le mani fra le mie. “Che cosa ci fai qui, Finn?” domando, infine. Lui sogghigna e, alzatosi in piedi, avanza verso di me. Dietro di lui, Marcus e mia madre sono paralizzati.

“Fortuna che non c’era nessun altro.” esordisce, lanciando un’occhiataccia a Lexa. 

“Non c’era quando ti ho telefonato, te lo posso giurare.” mi difendo. “Finn, lo so che ti ho ferito, ma non potevamo andare avanti così.”

“No, hai ragione. Stupido io che sono venuto fin qua per dimostrarti che voglio cambiare e che mi dispiace per come ti ho trattata mentre ero in Francia.”

“Finn, penso sia ora che tu te ne vada.” lo ammonisce Raven, prendendolo per la manica della giacca. Lui si divincola e scuote il capo. Mi fissa, forse in attesa di una mia reazione o un mio ripensamento. Chino il capo, incapace di sostenere il suo sguardo. Accanto a me, Lexa sta aspettando che dica o faccia qualcosa, ma in questo momento vorrei solo voltarmi e scappare via il più lontano possibile. No, non posso, lo so bene. Rialzo lo sguardo, incrociando quello duro di Finn.

“Dobbiamo parlare.”.

 

________________

 

“Finn, ma che ti salta in testa? Non puoi presentarti qui a casa di mia madre, così all’improvviso poi.” esordisco. Siamo in cucina da soli e la cosa non mi lascia del tutto tranquilla.

“Volevo solo capire perché, Clarke. Stavamo alla grande insieme, o almeno così pensavo. Mi hai lasciato senza darmi chissà quali spiegazioni e assicurandomi che non lo stavi facendo per qualcun altro. Eppure, mi sembra che tu e quella Lexa siate piuttosto, come dire, intime.” 

“Lascia fuori Lexa da questa storia, Finn.” mi innervosisco. “Te l’ho detto, avevo bisogno di altro. Non stavamo bene insieme, non ci facevamo altro che male. Ti stavo usando per anestetizzare il dolore, non per costruire qualcosa.”

“Costruire? Clarke, ma di che diamine stai parlando? Ci divertivamo, cosa vuoi di più?” mi chiede lui, senza capire. Non è colpa sua, è che non ha la capacità di guardare più in là del proprio naso. Finn è semplicemente una persona vuota, senza esigenze, senza futuro. Ed è esattamente questo il motivo per cui stavo con lui. Avevo bisogno di annullarmi, di non provare più niente. O, almeno, questo è quello che credevo. Ultimamente, ho realizzato che quello di cui avevo davvero bisogno era tutt’altro. Era ritrovare me stessa, rendermi conto che anche io, come tutti, merito la felicità. 

“Finn, ci conosciamo da quanto, cinque anni?”

“Sì, esatto. E stiamo insieme da uno e mezzo, anche se ci frequentiamo da tre.”. Scuoto il capo. Non so come esprimere a parole quello che sento senza ferirlo. 

“So che non riesci a capire, ma… Arriva un momento nella vita in cui scopri di voler andare oltre alla vita piatta e senza scopo che stai facendo. Sei un bravo ragazzo, Finn. Meriti più di me.” gli dico, accarezzandogli una guancia. “Mi dispiace.”. Annuisce. Sta accettando la sconfitta. Sospira e si massaggia il collo. Fa per uscire dalla cucina, quando lo vedo fermarsi e osservare alcune foto poste sul mobile accanto al frigo. Ne prende una in mano e la guarda, incredulo. Deglutisco a vuoto quando realizzo di che foto si tratta. Sto sudando freddo.

“Clarke, perché c’è una foto di Costia a casa di tua madre? Non pensavo si conoscessero.” chiede.

“Oh, beh, lei…”

“Aspetta, tu conoscevi Costia?” domanda Lexa, entrando in cucina all’improvviso. Vorrei sparire. Sono nel panico totale, non so cosa fare. 

“No, io…” provo a mentire, ma Finn mi interrompe.

“Certo che si conoscevano, uscivano insieme quattro anni fa. Nulla di troppo serio credo, giusto Clarke? Era simpatica però, peccato che vi siate lasciate così male.”. Di fronte a me, Lexa mi scruta, la bocca spalancata. “Ho detto qualcosa che non va?”

“Finn, stai zitto.” gli intimo, ma ormai è troppo tardi. “Lex…”

“No, Clarke. Ti prego, dimmi che non è quello che penso.” mi supplica Lexa, in lacrime. Sento la nausea farsi largo in me. Vorrei vomitare qui, seduta stante. Mi guardo intorno, in cerca di una via di fuga che, però, non esiste. Raven e mia madre mi fissano, senza parole. E, alla fine, nonostante tutti i miei sforzi, la verità sta venendo a galla. Ho passato quattro anni ad annullarmi per permettere a Lexa di vivere una vita felice, ma alla fine non è servito a nulla. Fino ad oggi, non ho avuto altro scopo. Forse Raven ha ragione, forse per Lexa ho sempre provato qualcosa di particolare, ma la verità è che ora non importa più. Sto per distruggerla, per annientarla completamente. Sto per rivelarle che la vita ha trascorso in questi ultimi quattro anni è stata solo un’accozzaglia di bugie. Non credo esista nulla di più terribile. E la cosa peggiore è che sono io la responsabile di tutto questo.

“Clarke, dì qualcosa, ti prego.” mi supplica e io mi sento mancare. Alzo il capo e il mio sguardo si scontra con i suoi occhi verdi, che tradiscono la confusione di chi desidera solo che le risposte alle proprie domande non siano quelle che sta per ricevere.

“Lex, io non lo sapevo…” 

“Cosa non sapevi, Clarke?”. Prendo un respiro profondo e indietreggio, fino ad addossarmi contro il muro. 

“Io… L’ho conosciuta ad una festa. Non ricordo bene nemmeno da chi fossimo, fatto sta che la vidi seduta tutta sola, palesemente a disagio. Da cosa nasce cosa e… Non sapevo fosse lei, Lex. Non me l’avevi mai presentata e…”

“Quindi ora sarebbe colpa mia? Ti ricordo che non tornavi mai a casa e di mandarti una foto solo per farti sapere che faccia aveva beh, non ne avevo voglia. Col senno di poi, avrei dovuto farlo, però.”

“No, aspetta.” provo a calmare la sua rabbia. “Non intendevo questo. Semplicemente, non avevo idea di chi fosse. Si è presentata come una studentessa di letteratura che aveva in ballo un progetto grosso che le avrebbe cambiato la vita, nulla di più. Sapevo che era originaria di Boston, ma non potevo immaginare che fosse la tua… Lex, mi dispiace!”. Lexa scuote di continuo il capo, in lacrime. Mia madre la stringe a sé, cercando di darle del conforto che, in questo momento, è impossibile per lei trovare. Raven mi fissa, nei suoi occhi un mix di incredulità e profonda delusione. 

“Per quanto… Per quanto è andata avanti?” Lexa trova la forza di chiedermi. 

“Un mese e mezzo. Era mattina e lei era appena andata a farsi la doccia. Ho sentito il suo telefono squillare, l’ho preso per rispondere e ho letto il tuo nome sullo schermo. Quando ho realizzato il tutto, mi sono sentita un verme. Ho provato ad affrontarla, ma non ce l’ho fatta. Sono scappata dall’albergo e non l’ho mai più vista. Quando poi qualche mese dopo mi hai chiesto di essere la testimone di nozze, mi sono ripromessa di dirti la verità, ma non ne sono stata in grado. Mi sentivo uno schifo, un essere ignobile.”

“Per questo sei sparita.” realizza mia madre. Annuisco. Non riesco nemmeno a piangere. 

“Hai lasciato che io la sposassi, nonostante ciò che mi aveva fatto!” mi urla contro Lexa. 

“Io non… Io ci ho provato!” ribatto. “Io ci ho provato.” ripeto, la voce rotta dai singhiozzi. Affondo il volto tra le mani, lasciandomi andare, finalmente, ad un pianto disperato. Di fronte a me, Lexa mi fissa con sguardo vacuo, senza più parole. Raven fa un passo verso di me e mi carezza la schiena, titubante. Non so come sia possibile per lei un gesto simile in questo momento, non lo merito. Non merito nulla.

“Il giorno del tuo matrimonio sono venuta a Polis. Ero pronta a confessare la verità, ma poi…”

“Poi?” mi esorta a proseguire Lexa, la voce ormai priva di qualsiasi emozione. 

“Poi ti ho vista, Lex. Eri così felice, io non… Io sono stata una codarda. Mi dispiace.”. Lexa scuote il capo. Si divincola dalla stretta di Abby e avanza verso di me. Mi alza il mento con le dita, costringendomi a guardarla in faccia. 

“Sei rientrata nella mia vita, facendo finta di nulla. Sei stata con mio figlio, permettendogli di affezionarsi a te.” esordisce.

“Lex…”

“No, Clarke, lasciami finire. Mi hai nascosto la verità per quattro anni, da vera vigliacca quale sei. Mi fai schifo.”. Chino il capo, incapace di sostenere il suo sguardo. Con la coda dell’occhio, la vedo prendere Aden per mano e scappare via. La verità rende liberi, dicono. Liberi di affogare fra i propri peccati.

 

________________

 

“E così scappi di nuovo, eh?” mi rimprovera Bellamy. Sto finendo di caricare i bagagli in macchina e, in tutta onestà, non vedo proprio l’ora di andarmene.

“Non posso fare altrimenti. Mi dispiace, Bell.”. Mi sorride, con una tenerezza che non pensavo potesse appartenergli. “Abbi cura di lei. Non sono stata in grado di proteggerla e, alla fine, nel tentativo di evitare di farle del male, l’ho ferita a morte. Ho bisogno di sapere che starà bene e che avrà te e gli altri su cui contare.” gli affido Lexa. Bellamy annuisce e mi abbraccia. Mi lascio cullare, cercando inutilmente di trattenere le lacrime.

“Toglimi solo una curiosità. Perché Jasper? Perché lui sapeva?” mi chiede. 

“Quando tornai di nascosto per poter confessare la verità a Lexa, Jasper mi vide. In quel momento, avevo bisogno di aprirmi con qualcuno e lui era lì, per me. Avevo già deciso di sparire e sapevo che avrebbe capito senza giudicarmi. Sapevo che mi avrebbe lasciata libera pur non essendo d’accordo con me.” spiego. Bellamy annuisce in silenzio. Sospira. Mi carezza una guancia e mi schiocca un bacio in fronte. Fa per dirmi qualcos’altro, ma viene interrotto dall’arrivo di mia madre. Mi saluta e mi lascia a lei, mentre dietro di me Raven finisce di caricare l’auto. 

“So che sono una delusione, non serve che tu me lo dica.”. Mia madre mi stringe a sé e mi bacia il capo.

“Non lo sei, Clarke. Solo, mi piange il cuore sapere che hai portato questo peso da sola per tutto questo tempo.”. Mi sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi guarda con dolcezza. “So che tornerai a Los Angeles, ma voglio che tu sappia che qui la porta è sempre aperta. Ti voglio bene, Clarke. Sei mia figlia e ti amerò sempre.”. Non resisto oltre e scoppio a piangere. Rimaniamo così, l’una fra le braccia dell’altra, per non so quanto, fino a quando non mi stacco. 

“Ora devo andare.” mormoro. 

“Lo so. Ti voglio bene.” mi dice lei. La saluto un’ultima volta e salgo in auto. Mi allaccio la cintura e mi volto verso Raven. 

“Mi odi?” le domando.

“Clarke, no. Solo, mi servirà tempo per digerire la cosa. So che le tue intenzioni erano buone, so che volevi solo proteggerla, ma non posso e non voglio giustificarti. E, tuttavia, continuerò a volerti bene. Sei la mia migliore amica, Clarke e non ti libererai di me così facilmente.” dichiara lei, mettendo in moto. Siamo partiti da poco quando Jasper ci si para davanti, costringendo Raven ad inchiodare.

“Ma sei pazzo?” gli urla contro.

“Sì. Cioè, no, non lo sono. Clarke, aspetta, devo darti una cosa!”. Apro la portiera della macchina e lo guardo confusa. Si avvicina a me e mi allunga un dischetto. 

“Cos’è?” gli chiedo.

“È l’EP, Clarke. So che anche se ti dicessi di non partire, lo faresti comunque. Non posso fermarti, ma posso provare a ricordarti che anche tu meriti di essere felice. Questo EP ne è la prova. Non scordartelo mai.”. Sospiro. Mi rigiro il dischetto fra le mani, di nuovo sull’orlo del pianto. Abbraccio Jasper, stringendolo forte a me.

“Ti voglio bene, Jas.” mormoro.

“Anche io, Clarke. Anche io.”. E, mentre mi perdo in quell’abbraccio, mi chiedo se Jasper abbia o meno ragione. Ripenso a Lexa. Lei merita di essere felice, mentre io, beh… Io non ne sono sicura. So solo che, in questo momento, nessuna delle due lo è. E io darei la mia vita affinché lei lo sia. Risalgo in macchina e osservo Polis farsi via via sempre più piccola. Raven guida in silenzio e io mi appoggio con la testa al finestrino, incapace di fare qualsiasi cosa. Mi ero illusa di poter ritrovare me stessa e riscoprire il mio valore. Eppure, mentre lascio Polis alle mie spalle, la verità si fa largo in me. Sei anni fa, scappai in preda ai rimorsi e alla disperazione, facendo terra bruciata intorno a me. Oggi, a distanza di così tanto tempo, accade esattamente lo stesso. Che sia questo il mio destino? Non ne ho idea, purtroppo. So solo che andarmene è l’unico modo perché Lexa sia felice. E, per me, non esiste cosa più importante al mondo.






Angolo dell'autrice

Ho dovuto fare davvero uno sforzo immane per non aggiornare prima. 
Dunque, finalmente si scopre la verità. Non so quanti di voi avevano pensato a una eventualità simile, di sicuro non Lexa che ora vede tutto il suo mondo crollare inesorabilmente. Clarke in realtà ha solo provato a proteggerla per tutto questo tempo, ma si sa, la verità viene sempre a galla prima o poi.
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate di questo capitolo, fatemelo sapere se vi va. 
Grazie mille a chi ha recensito e a chi legge e segue questa storia. 
A martedì!
   
 
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