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Autore: Red_Coat    31/08/2021    1 recensioni
"Per tutto questo tempo ho passato ogni singolo giorno della mia vita cercando un modo per riunirmi alla mia famiglia. Per riavere mia madre e mio padre, e dire loro quanto mi siano mancati. Ho speso tutto quello che avevo ... pur di poterli salutare un'ultima volta.
Se sono arrabbiata?? Si. Decisamente. Mi fa rabbia che anche il più grande potere del mondo non sia in grado di far nulla per aiutarmi!"
Emilie Gold è l'unica figlia femmina del Signore Oscuro e della sua amata Belle. Cresciuta nell'amore, curiosa come sua madre e abile nella magia come suo padre, ben presto si renderà conto di quanto il tempo possa essere paziente medico e al contempo spietato nemico. E nel tentativo di rendere possibile l'impossibile, scoprirà quanto il prezzo della magia possa essere alto, e quanto il Maestro tempo possa realmente cambiare anche il più oscuro dei cuori.
(coppie: SwanFire; RumBelle. Questa storia è una rivisitazione degli eventi della serie, potrebbero esserci spoiler così come potrebbero esserci coppie canon mai nate o fatti importanti della trama mai accaduti. Il punto di partenza dalla fine della terza stagione.)
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Passato

Durante la sua infanzia, tante volte Emilie aveva immaginato il resto del regno magico e delle creature che lo abitavano, ascoltando i racconti di suo padre e sua madre e leggendo e rileggendo i libri illustrati che ne parlavano.
E tante volte aveva sognato, ad occhi aperti ma non solo, di poter vivere simili avventure in quei luoghi assieme a sua madre, suo padre e suo fratello Gideon.
Proprio per questo quel viaggio fu un duplice sogno che si avverava, nonostante le circostanze fossero tristi.
Non aveva mai visto suo padre veramente all'opera, ed avere l'occasione di farlo era qualcosa che la elettrizzava.
Di giorno in giorno, camminando attraverso la foresta e destreggiandosi per sopravvivere, lei viveva finalmente le mille avventure che aveva sempre solo sognato, e Tremotino la vedeva crescere, assomigliando sempre di più alla donna che per sempre avrebbe amato.
Era felice. Veramente felice.
E lui era stupito e appagato nel vederla fiorire in un modo che non avrebbe mai immaginato. Cementato dal tempo e dalle loro affinità, il loro legame filiale si stringeva sempre di più.
Tuttavia, c'erano ombre che si stagliavano minacciose all'orizzonte, e la più grande ed inquietante di esse aveva zanne e squame da coccodrillo, e continuava ad avanzare rapida verso il suo cuore piegato dal dolore.
Belle, la sua via di fuga dall'oscurità, se n'era andata. Lo aveva sempre saputo, ed era solo questione di tempo prima che il mostro tornasse ad impossessarsi del suo cuore umano. Settimane ormai, forse giorni.
Non voleva che sua figlia lo vedesse. Per lei non sarebbe stato un problema, ma l'oscurità non avrebbe fatto che approfittare di questa debolezza, e prima o poi avrebbe finito per trascinarla con sé nel baratro.
Almeno, questo era ciò che temeva, il motivo per cui non avrebbe mai voluto che lo seguisse.
E mentre cercava un modo per salvarla, si ritrovò a pensare a Bae, alle sue ultime parole. Non voleva farlo ... non avrebbe mai voluto abbandonare sua figlia e commettere quel fatale errore un'altra volta.
Ma più ci pensava, più capiva che forse quello era l'unico modo. Perché da sola lei non avrebbe mai trovato la forza di lasciarlo andare, quindi sarebbe stato lui a doverla avere.
Se solo Belle non li avesse legati con quella promessa!
 
\\\
 
Una sera, seduti attorno ad un falò improvvisato, padre e figlia si ritrovarono vicini ad osservare il cielo nero sopra di loro. Le stelle erano brillanti e vivide come diamanti, la luna era un globo perfetto che spandeva la sua luce pallida sulle chiome alte dei pini, ma per quanti sforzi facessero, nessuno dei due riusciva a godersi quello spettacolo.
Il giorno appena trascorso era stato impegnativo, soprattutto per Tremotino.
Finalmente, dopo mesi di ricerche, era riuscito a trovare il Custode, ma non se l'era sentita di passargli il fardello che gravava sulle sue spalle.
Era una ragazza, Alice, sorridente e bella come sua figlia. Come se non bastasse, il fato le aveva fatte incontrare a sua insaputa, e la cosa peggiore era stata vedere come andassero d'accordo. Per la prima volta nella sua vita, aveva fatto la cosa giusta, ma non era stato facile, e adesso gli sembrava di essersi allontanato per sempre dalla sua unica fonte di salvezza.
Aveva detto che avrebbe trovato un modo alternativo, ma la verità era che non ne aveva altri e non sapeva dove cercare.
Nel frattempo, l'oscurità stava iniziando a riappropriarsi del suo corpo.
Sentiva il suo cuore farsi sempre più grave e i pensieri fare sempre più fatica a resistere al richiamo del pugnale. La punta delle sue dita era tornata a tramutarsi in un ammasso squamoso, e per ora bastavano i guanti a mascherarla, ma ben presto non avrebbe potuto fare più nulla per renderlo meno evidente.
Mentre lo osservava struggersi in silenzio, Emilie pensò alla promessa fatta, e a tutte quelle volte che lo aveva visto usare la magia e aveva tanto desiderato poter conoscere il vero Tremotino, l'uomo che aveva rubato il cuore di sua madre e per lei aveva fatto di tutto pur di redimere il proprio.
Così, dopo aver preso un profondo respiro e aver radunato le parole più dolci a sua disposizione, distolse lo sguardo dalle stelle e prese tra le sue le mani di suo padre, guardandolo negli occhi.
Sorpreso, il Signore Oscuro la scrutò sgranando i suoi.
Lentamente, la giovane iniziò a sfilare uno dei due guanti, ma l'altra mano di suo padre la bloccò.
Si fissarono in silenzio, Emilie lo vide scuotere il capo, e allora sorrise, rassicurante.
 
«Papa ... non c'è bisogno di nasconderlo.» lo tranquillizzò «Le ho viste, le tue mani. Stamane, mentre dormivi. So cosa sta accadendo.»
 
Le labbra del Signore Oscuro tremarono, e un sorriso triste le colorò. Gli occhi lucidi, si tolse i guanti e le prese le mani nelle sue.
 
«Allora sai che non puoi restare, Principessa.»
 
Quelle parole ... la sconvolsero.
Più di quanto avrebbe potuto fare una sentenza di morte. Anche più del vedere suo padre trasformarsi in ciò che considerava il suo vero io.
Avrebbe voluto protestare, aveva mille ragioni per farlo dal suo punto di vista. Eppure, quando aprì la bocca per parlare, specchiandosi negli occhi di quell'uomo spaesato e buono, l'unico suono che riuscì ad emettere fu una domanda quasi piagnucolata.
 
«Perché?»
 
Le mani di Tremotino strinsero forte le sue, lei quasi vi si aggrappò.
 
«Lo sai perché, Emilie.» le disse «Ne abbiamo già parlato. Potrei non riuscire a controllare l'oscurità. Potrei chiederti di fare cose che metterebbero te a rischio.»
«Ma io non ho paura, papa!» protestò nuovamente lei «Della tua oscurità, di tutto ciò che la mamma e tutti gli altri hanno conosciuto, di quello che potresti fare, dire o chiedermi. Io non ho paura, non ne avrò e non ne ho mai avuta! Potrò starti vicino, forse con la mia presenza e nel tuo cuore il ricordo della mamma potresti non perderti completamente.»
 
Gli occhi lucidi, la voce rotta. Lo scongiurò di non respingerla e l'unica cosa che Tremotino riuscì a provare fu tanta tenerezza per quella giovane anima che, pur avendola sempre avuta accanto, non aveva mai conosciuto la vera oscurità.
Scosse il capo, carezzandole piano il viso con la punta delle dita, e scostandole i morbidi capelli castani da davanti gli zigomi. Stava per risponderle, ma lei lo fermò, alzandosi in piedi.
 
«Io non ti lascerò mai.» decretò decisa, asciugando le prime lacrime con un gesto di stizza «Non ho intenzione di andarmene e abbandonarti al tuo destino, perciò se davvero vuoi che lo faccia dovrai essere tu il primo a voltarmi le spalle. Ma sappi che, da parte mia ... non smetterò mai di seguirti e amarti. Perché sei ... in qualsiasi forma, con qualsiasi aspetto, qualsiasi sia la parte con cui scegli di stare ... sei casa ... famiglia ... tutto quello che ho e dalla quale provengo. E questo mai nessuno potrà cambiarlo. Nemmeno l'Oscuro Signore o chi per lui.»
 
Le guance in fiamme, un sorriso sulle labbra. Dopo aver letteralmente sputato fuori tutto ciò che aveva da dire, tutto quello che colmava il suo cuore, Emilie si diede tempo per riprendere fiato.
E mentre lo faceva, sentì le mani di suo padre tremare e stringere di più le sue.
Tra le lacrime, il Signore Oscuro sorrise a sua volta, commosso, e senza dire una sola parola si alzò e la strinse forte, lasciando che anche lei lo facesse, quasi aggrappandosi alla sua giacca di pelle, sprofondando il viso nel suo petto, vicino al suo cuore.
 
«Ti voglio bene anch'io, Principessa.» mormorò, dopo un lungo momento di silenzio, accarezzandole dolcemente i capelli per placare i suoi singhiozzi nervosi «E non ti chiederò più di andartene. Promesso.»
 
La ragazza sorrise.
 
«No, sul serio.» bofonchiò, tentando di sdrammatizzare ma risultando solo più disperata «Non farlo più, papa. Mi si spezza il cuore ogni volta. Piuttosto vattene senza dirmi niente, ma non ti aspettare che io non ti segua.»
 
L'uomo sorrise, annuendo.
 
«Accordato.»
 
E finalmente, un sorriso si dipinse anche sul volto della giovane.
I patti di Tremotino erano imprescindibili, probabilmente lo avrebbe fatto davvero. Ma lei era sua figlia, lo avrebbe ritrovato anche in capo al mondo.
 
***
 
Anno 2015,
Storybrooke

 
La casa di Will Scarlett si trovava proprio in periferia, a pochi isolati da quella del Cappellaio.
Era una dimora modesta, nulla che non potesse andar bene per un tipo come lui, scapolo ed adattabile.
Era un piccolo appartamento, composto da bagno, cucina e soggiorno comunicanti e una camera da letto.
Non era un granché in quanto ad arredamento, ma Emilie in fondo non si sorprese. Di tutti i difetti posseduti da Will Scarlett, quello era il più ovvio.
Oltre al fatto che, come ogni casa appartenente ad uno scapolo, era il regno del caos.
 
«Dio, Will! Perfino la mia baracca è più ordinata.» disse, storcendo il naso mentre lanciava un'occhiata contrariata al soggiorno.
«Si, beh. Non sono esattamente un uomo di casa. Preferisco la vita là fuori.» replicò questi, rassettando sommariamente i cuscini sparpagliati qua e là su pavimento, tavolino e sofà «Ecco a lei, signorina!» annunciò soddisfatto, mostrandole il divano ora sgombro da impicci e invitandola a sedersi con un plateale gesto che la giovane trovò, con molto disappunto, una pessima imitazione di uno dei suoi -Non fare il buffone e vieni al punto!- risolse sbrigativa, facendo apparire una sedia proprio accanto a lei, in mezzo al corridoio, e accomodandocisi a gambe incrociate, in attesa.
Will sospirò. Che ragazza impossibile.
 
«Si.» disse, battendo le mani «Dunque, la situazione è questa. Se vuoi davvero integrarti qui a Storybrooke, devi smetterla di fare l'antipatica, a meno che tu non voglia essere annoverata tra i cattivi.»
 
Il che, come figlia di Tremotino, non sarebbe stata una sorpresa per nessuno. Ma lei non era lì esattamente per "integrarsi".
Sospirò spazientita.
 
«Tieni per te i tuoi noiosi discorsi da finto cittadino civilizzato.» lo rimbeccò «Lo sai perché sono qui. Ti ho solo chiesto di farmi il punto della situazione. Al resto ci penso io, se permetti.»
 
Will Scarlett alzò le mani.
 
«Ecco, appunto.» borbottò, beccandosi un'altra occhiataccia «Va bene.» soggiunse quindi, scuotendo le spalle «Cosa vuoi sapere?» domandò.
 
Emilie non perse tempo.
 
«Come sta mio fratello?»
 
Era arrivata solo da un paio di giorni lì, in quell'epoca. E dopo essersi fatta il mazzo per sventare il piano della Strega Perfida voleva assolutamente capire se ne fosse valsa la pena.
Per forza di cose, il Fante era stato messo al corrente della parentela che intercorreva tra lei, Mr. Gold e la sua famiglia, e anche dei suoi poteri, ma solo il necessario. Non voleva svelare tutte le sue carte, conosceva il tipo e sapeva che, prima o poi, questo sarebbe finito a suo svantaggio.
 
«Oh, qui si chiama Neal Cassidy.» la informò l'uomo.
 
Annuì, senza sottolineare che lo sapeva già.
 
«E sta bene. Vive con Emma Swan nella vecchia casa di Biancaneve e del Principe Azzurro. Loro sono Mary Margaret Blanchard e David Nolan, sono appena andati a vivere insieme in una villetta fuori città.»
 
La giovane annuì, facendosi attenta.
Un mezzo sorriso colorò le sue labbra.
 
«Quindi Emma e Bae stanno insieme?» chiese, soddisfatta.
 
Will ridacchiò.
 
«Dalla fine del combattimento con Zelina, si.» rispose «Sono una bella famigliola felice.»
«Ed Henry?»
 
Conosceva sommariamente la situazione dell'erede di Baelfire, durante i suoi viaggi avanti e indietro nel tempo lo aveva anche incrociato a volte.
Era un bravo bambino, ma viveva con Regina.
Benché questa fosse stata un'allieva promettente di suo padre, ciò che aveva fatto a lui e a sua madre aveva di molto aggravato l'opinione che aveva di lei.
Benché, grazie all'occhio di Cronos, avesse acquistato il potere di cambiare il passato, alcune cose aveva dovuto per forza di cose lasciarle invariate.
Avrebbe voluto liberare sua madre prima del tempo e far si che lei e Tremotino si riunissero, ma aveva desistito.
Era stato Cronos stesso, prima di essere ucciso, ad avvisarla del pericolo di modificare irrimediabilmente eventi cardine del tempo.
Il rischio era di cancellare per sempre la sua esistenza, e forse anche quella di Gideon.
Anche un evento all'apparenza insignificante avrebbe potuto rivelarsi decisivo, perciò doveva stare attenta. Quando c'era di mezzo la Regina Cattiva, poi, nessun piano poteva mai dirsi sicuro.
 
«Oh, lui sta con loro adesso. Regina ha acconsentito, visto che Henry voleva conoscere meglio suo padre. Però va a trovarla spesso.» le spiegò Will, riportandola al presente.
 
Sorrise, annuendo.
 
«Bene.» disse.
 
Poi si preparò alla domanda fatidica.
 
«E ... i miei genitori?»
 
Decidendo di tenerla un po’ sulle spine, Will Scarlett fece una faccia strana alzando le sopracciglia e arricciando le labbra.
 
«Oh, beh ...» disse, alzando gli occhi al cielo e prendendo tempo.
 
Funzionò. La signorina Gold s'irrigidì, assumendo un'aria preoccupata.
 
«'Oh, beh'. Cosa?» chiese ansiosa «Che altro c'è.»
 
Il Fante sprofondò le mani nelle tasche.
 
«Lo sai che tua madre e una gran figa e che tuo padre non la merita, si?» domandò.
 
Una provocazione che non gli giovò affatto, perché dopo un breve sospiro innervosito Emilie si alzò, lo raggiunse e gli afferrò il mento, stringendo così forte da ferirlo quasi, con le sue lunghe unghie smaltate di nero.
 
«E tu lo sai che se continui a provocarmi così finirai per morire sul serio molto male, si?» ringhiò.
 
Lui, pur tremando per lo spavento, decise di buttarla sul ridere.
 
«Ovvio che lo so.» bofonchiò «Per tutti i diavoli! Hai davvero un caratteraccio, Milly.»
 
La morsa attorno al suo viso si allentò di colpo, ma lo raggiunse uno sonoro ceffone.
 
«Ahio!» esclamò, proteggendosi la guancia arrossata con una mano.
 
Con un calcio la ragazza lo spinse contro il muro e gli puntò il suo pugnale alla gola. Era proprio il pugnale dell'Oscuro, appartenuto a suo padre, ma al momento su di esso non era inciso nessun nome.
 
«Ascoltami bene, Fante.» gli sussurrò in un orecchio «Questo pugnale non può più richiamare il Signore Oscuro ma può ancora fare molto, molto male. Non credere che io non abbia capito il tuo gioco. Prova anche solo lontanamente a pensare di metterti tra mamma e papà e giuro che il tuo sangue su questa lama sarà l'ultima cosa che vedrai. Sono stata chiara?» concluse serpentina.
 
Will annuì, appoggiando una mano su quella stretta a pugno della ragazza. La stessa che reggeva il pugnale.
 
«Okkey, d'accordo. Ho capito. Ma tu non scordati il nostro patto.»
 
Con stizza Emilie lo liberò, ma nel farlo gli lanciò un fendente che ferì il suo braccio.
 
«Ahi! E adesso questo perché?» protestò lui.
«Per avermi dato della cretina.» rispose lei «Conosco bene i patti che stringo, e come mio padre non ne ho mai infranto uno.» quindi si voltò e gli rivolse un altro, tetro sguardo «Quindi pensa a rimanere in vita e smettila di provocarmi. I morti non possono riscuotere.»
 
***
 
Passato,
Nuova Foresta Incantata.

 
Avevano continuato il loro viaggio insieme per diverso tempo da quella notte, fino a quando il Tremotino uomo era stato completamente sostituito, almeno nell'aspetto, dal coccodrillo, e Alice non aveva trovato il suo lieto fine con la giovane figlia di Zelena e Robin Hood.
Nel frattempo altre avventure si erano susseguite, e più queste le avevano permesso di conoscere il coccodrillo, più si era ritrovata ad ammirarlo e ad imitarlo.
La verità era che quella versione di suo padre era molto più simile a lei di quanto non avesse mai pensato, e anche se a volte entrambi pensavano a quando era ancora un semplice uomo, bastava una battuta e una sana risata a far tornare il buon umore.
Il coccodrillo era divertente, sagace, aveva stile e dalla sua parte quel pizzico di oscurità che serviva ad avere sempre un asso nella manica.
Inoltre, quel coccodrillo non era più tanto triste, soprattutto quando cercava di renderle le cose meno difficili, e non era poi così riluttante ad usare la magia, nonostante il suo prezzo.
Le insegnò tante cose, ma più importante di ogni altra fu ciò che le lasciò prima di andarsene, una mattina, poco prima che il sortilegio di Lady Tremaine fosse compiuto.
C'era un anello nuovo al suo dito. La fede nuziale di suo padre. E una pergamena contenente le sue ultime parole per lei: "Torna a casa, Principessa. Ora sai tutto ciò che c'è da sapere. Torna a casa, e lascia che trovi da solo la strada che mi riporterà da tua madre. Ti ameremo per sempre, e saremo sempre fieri di te, qualsiasi sarà la tua strada.
Solo, accordami un ultimo desiderio: Non restare ancorata al passato. Non lasciare che esso t'impedisca di vivere il tuo futuro.
Buon viaggio. Il tuo papa."
 

 
***
 
Presente,
Storybrooke.

 
<< Emilie. >>
 
La voce di Will Scarlett la raggiunse a risvegliarla dai suoi pensieri. Dopo il loro "piccolo litigio", lei aveva usato i suoi poteri per guarirlo e la conversazione aveva ripreso binari più pacifici.
Avevano appena finito di parlare della sua famiglia. Stavano tutti bene, per fortuna, e dal giorno della sua sconfitta Zelena non si era più vista. Non ancora almeno. Aveva imparato molto bene la storia, sapeva che prima o poi quella calma apparente sarebbe finita, perciò doveva prepararsi alla sua prossima mossa. Avendo modificato parte degli eventi del passato, non poteva sperare che la storia si ripetesse tale e quale a come l'aveva udita dai suoi genitori. Doveva rimanere concentrata.
Tuttavia ... quell'accenno a suo padre l'aveva fatta improvvisamente ripiombare nel suo passato, e un magone di tristezza le si era legato in gola.
Aveva preso a giocherellare con la fede nuziale che portava al dito, e se non fosse stato per l'involontario aiuto del fante, prima o poi qualche lacrima le sarebbe di sicuro sfuggita.
Fortunatamente però, riuscì a riscuotersi in tempo.
 
«Mh?» fece, guardandolo confusa.
 
L'uomo sospirò. Agli occhi degli altri, la loro poteva sembrare una relazione forzata dagli eventi, ma in realtà la loro era un'amicizia che aveva radici antiche. Si erano conosciuti nella foresta incantata, avevano militato insieme nella gang di Robin Hood, e insieme avevano trovato un modo per cambiare il passato. Poteva suonare assurdo, ma anche Will Scarlett aveva qualche rimpianto abbastanza pesante da rendergli quell'idea non così tanto ridicola.
Avevano combattuto insieme per renderlo possibile, legati da un patto che entrambi avevano stipulato con la piena intenzione di mantenere fede alla loro parola. Oltre a questo però, aver affrontato molte battaglie insieme li aveva irrimediabilmente avvicinati a tal punto da conoscere bene ognuno le preoccupazioni dell'altro.
Emilie non avrebbe definito la loro un'amicizia stretta, ma di sicuro nemmeno una banale conoscenza.
C'era qualcosa di lui che la induceva a mantenere costantemente un atteggiamento di distacco e difesa, ma Will nonostante il pessimo carattere della ragazza e la sua diffidenza ormai non riusciva ad essere indifferente a quei suoi momenti di turbamento.
Era una brava persona, dopotutto.
Non era più solo questione di raggiungere un obiettivo. Se lo avesse fatto lasciandola indietro o tradendola, sentiva che non sarebbe mai riuscito a godersi appieno la ricompensa.
In virtù di ciò, prese una sedia e la raggiunse sedendosi al suo fianco.
 
«Senti, lo so che non sono affari miei. Ma non pensi sia venuto il momento di prenderti ciò che desideri?» le disse «Hai lavorato sodo per questo, che altro devi fare ancora? Vai da tuo padre e presentati. Lo hai preparato abbastanza con quella lettera, no? Raccontagli tutto. Non credo che il Signore Oscuro ne rimarrebbe tanto sorpreso.»
 
Emilie sorrise, tornando sovrappensiero.
 
«No ... Non lo sarebbe.» mormorò nostalgica.
 
Poi tornò ad intristirsi, riprendendo ad accarezzare l'anello.
 
«Ma non è così facile, Will.» aggiunse «Non lo è affatto ...»
«Perché? Che altro c'è?» le domandò il fante.
 
Lei sospirò.
 
«È che ...» fece per parlare, ma lasciò morire il momento ripetendo la lezione più importante appresa da suo padre «La magia ha sempre un prezzo ... e io non so quale sia il mio, né se sono pronta a pagarlo.»
 
La voce le si spezzò improvvisamente.
 
«Dio, mi mancano da morire!» piagnucolò, prendendosi il viso tra le mani e lasciandosi andare ai singhiozzi.
 
Il Fante sospirò di nuovo.
Si diresse verso la cucina, trasse dal frigo una bottiglia mezza piena di vino rosso e ne versò parte del contenuto in un bicchiere, porgendoglielo.
 
«Per tutti i diavoli, Milly!» sbottò dispiaciuto «Hai sacrificato la tua intera vita per questo, hai rinunciato perfino all'amore. Quale altro prezzo devi pagare?»
 
La ragazza si alzò in piedi, prese il bicchiere e lo ingollò, tutto d'un fiato.
Suo padre ... il Tremotino del futuro ... le aveva chiesto di non lasciare che il passato le impedisse di vivere il proprio avvenire.
Questo era ciò che accadeva quando si rompeva un patto con Tremotino, pensò con un velo di nostalgica ironia, tentando di alleggerire quel peso che le gravava sul cuore, mentre fuori dalla finestra il cielo tornava ad annuvolarsi.
Era prevista pioggia, almeno per quel fine settimana. E lei aveva perso il suo ultimo ombrello.
Se solo avesse avuto abbastanza coraggio da affrontare le conseguenze delle sue azioni!
 
\\\
 
Lo scuolabus inchiodò proprio di fronte al cartellone, esattamente nel punto in cui Emma Swan stava attendendone l’arrivo.
Henry fu il primo ad uscirne, e la salutò con un radioso sorriso.
 
«Ciao mamma!» la salutò, felice di vederla, abbracciandola subito dopo «Come mai sei venuta tu e non … l’altra mia mamma?» domandò quindi, guardandosi intorno.
«Anch’io sono contenta di vederti.» gli rispose lei, fingendosi offesa ma abbracciandolo a sua volta e scoccandogli un occhiolino «Avevo bisogno di parlarti, così le ho chiesto di fare un cambio di turno.» spiegò quindi.
 
Incuriosito, il bambino la guardò sgranando gli occhi, e sprofondando le mani nelle tasche della sua giacca. Qualcosa gli diceva ch’era arrivato il momento per un’altra bella avventura di famiglia.
Del resto, quando si trattava della sua di famiglia, le sorprese non erano mai banali.
 
«Oh. Che c’è di nuovo?» chiese, impaziente.
«Beh, c’è un nuovo mistero in città e tuo padre mi ha chiesto un favore. Ti va di aiutarmi?» gli annunciò, guardandolo illuminarsi.
 
Conoscendolo, quella che gli aveva appena fatto poteva chiaramente essere definita una domanda retorica.
 
«Bello!» esclamò infatti «E le due cose sono collegate?»
 
La Salvatrice annuì.
 
«Può darsi. Allora, ti va una cioccolata?» propose.
«Altroché!» fu l’entusiastica risposta.
 
Qualunque fosse stata la missione, non vedeva l’ora di darle un nome.
 
\\\
 
Il locale era come al solito affollato, anche se l’ora di punta era passata da un po’.
Ruby li fece accomodare al solito tavolo e portò loro cioccolata e panna in abbondanza, poi tornò a litigare con sua nonna per la sua gonna troppo corta e a servire agli altri tavoli facendo orecchie da mercante ai suoi rimproveri.
Henry Mills bevve un sorso di cioccolata, poi incrociò le braccia sul tavolo, sporgendosi un po’ verso sua madre.
 
«Allora, qual è il problema?»
 
Emma sorrise, bevve dalla cannuccia rossa annuendo in segno di approvazione, e finalmente sputò il rospo.
 
«Beh, per farla breve potresti avere una zia.»
Ad Henry cadde quasi il cucchiaio di mano per la sorpresa.
 
«Hai un sorella? Il nonno e la nonna aspettano un bambino??» domandò, gli occhi nuovamente sgranati per la sorpresa.
 
La donna sorrise divertita.
 
«No, non proprio. Almeno spero …» disse, scuotendo il capo decisa e alzando gli occhi al cielo, dopo essersi soffermata per qualche istante sulla prospettiva di avere un fratellino «Tuo padre. È lui ad avere una sorella.»
 
Di nuovo, il volto di Henry Mills divenne la maschera dello stupore più puro.
 
«Mr. Gold ha una figlia?»
 
Swan bevve un altro sorso, poi annuì scuotendo le spalle.
 
«A quanto pare sì. E forse è la stessa persona che li ha salvati entrambi da Zelena.» spiegò.
«Wow … quindi deve essere figlia della sua prima moglie.»  fece Henry, tentando di ricucire i pezzi, ma si corrucciò quasi subito «Però … non c’era alcuna figlia di Tremotino nel libro.»
 
Emma scosse di nuovo il capo.
 
«In realtà, ieri qualcuno ha lasciato un messaggio a Mr. Gold, nel suo negozio.» proseguì «Si è firmata Emilie, e ha detto di essere figlia del suo matrimonio con Belle.»
 
Il bambino annuì, pensieroso e interessato.
 
«La cosa si fa sempre più interessante.»
«Ed ecco perché mi serve il tuo aiuto. Dobbiamo scoprire chi è questa Emilie e, nel caso sia ancora a Storybrooke, dirlo a tuo padre. Possibilmente prima di Gold.»
«Nulla di più facile per te, mamma.» scherzò a quel punto il giovane, scoccandole un occhiolino.
«Yep.» sorrise lei.
 
Finirono la cioccolata, quindi arrivò per quella missione il momento più importante.
 
«Allora ti piacerebbe ‘operazione camaleonte’?» propose Mills, pulendosi il muso con il tovagliolo dopo aver trangugiato l’ultimo sorso di cioccolata.
 
Emma Swan fece lo stesso, e annuì bevendo un sorso dal suo bicchiere d’acqua.
 
«Carino, come nome.» assentì «E che operazione camaleonte sia.»
 
\\\
 
Uscendo dal ristorante, i due partner in crime si avviarono verso il maggiolino giallo della donna.
 
«Quindi, da dove iniziamo a indagare?» le chiese suo figlio, dopo essersi infilato in macchina.
 
Emma Swan attese di essersi messa al volante prima di rispondere.
 
«Innanzi tutto dobbiamo scoprire chi è. Se nemmeno Gold, l'ha mai vista, vuol dire che per qualche motivo non può incontrarli.»
«E tu sei brava a trovare questo genere di persone.»
 
La Salvatrice sorrise.
 
«Già. Dobbiamo interrogare tutti senza che si insospettiscano e scoprire se qualcuno ha mai notato qualcosa di strano.» spiegò «Se il suo interesse è quello di proteggere il Signor Gold e la sua famiglia, di sicuro non può aver agito da sola.»
«Quindi credi che abbia dei complici?» le domandò Henry, nel tentativo di seguire il suo ragionamento.
«Molto probabile, anche se non è detto. Ma anche se ha usato un'identità fittizia o ha tenuto nascoste alcune cose sul suo passato, prima o poi qualche fatto strano deve essere accaduto. Tipi del genere commettono sempre qualche errore, o lasciano sempre un ricordo nelle persone che incontrano.»
«Accidenti.» fece Henry contento «Stavolta mi sa che ci servirà anche una lavagnetta, come quella nell'ufficio dello sceriffo.»
 
Emma sorrise. Era felice per il suo entusiasmo, e lo condivideva. Era bello essere di nuovo in azione, solo loro due, come ai vecchi tempi. Mise in moto, e si avviò in direzione del porto.
 
«Dove stiamo andando?» le domandò Henry, intuendo i suoi propositi.
 
C'era una sola persona che abitava lì, e personalmente la trovava interessante, ma da quando lei e suo padre erano tornati insieme aveva un po’ paura a parlarne, perché sebbene si parlassero ancora tra di loro c'era sempre un'atmosfera gelida.
Ma stavolta non avrebbero potuto evitarlo.
 
«Ci sono poche persone che potrebbero avere da dirci qualcosa di significativo. Belle, che al momento non può parlare al telefono, e ... il nemico numero uno del coccodrillo, nonché l'unico ad aver conosciuto sua moglie.» spiegò, grave, tenendo gli occhi fissi sulla strada.
 
Pur condividendo la sua teoria, il giovane non poté non essere preoccupato.
 
«Credi voglia aiutarci?» chiese.
«Non deve volerlo per forza. Se questa ragazza è davvero in città, credo sia meglio per lui essere collaborativo. Soprattutto se ha ancora intenzione di farla pagare al Signor Gold.»
 
\\\
 
La Jolly Roger era saldamente ancorata al molo da quando la guerra con Zelina era finita. C'erano state parecchie divergenze tra Baelfire e Killian Jones nel frattempo, ma tutto era scivolato in secondo piano quando, impugnando il pugnale dell'Oscuro, la Strega Perfida aveva minacciato di usare il suo potere per ucciderli tutti, indistintamente. Uncino aveva tentato di salvare almeno Swan, ma così facendo l'aveva persa per sempre, perché da buon pirata aveva barattato la vita della donna per quella di Baelfire senza pensarci due volte.
Fortunatamente, chissà come e chissà perché, qualcuno aveva fatto in modo che la situazione si ribaltasse.
Una freccia intrisa di inchiostro di Kraken aveva raggiunto la mano di Zelena costringendola ad abbandonare il pugnale ed impedendole una qualsiasi altra reazione.
Grazie a questo, Tremotino era riuscito a riappropriarsene e insieme, la Salvatrice, Gold e gli eroi di Storybrooke avevano finalmente avuto la meglio su di lei.
L'evento aveva tuttavia sconvolto tutti, non poco, e nessuno aveva ancora dimenticato davvero l'entrata in scena di quella freccia provvidenziale.
Uncino in particolare, era ancora convinto che fosse stato tutto un piano del coccodrillo per ripristinare la propria immagine e fare in modo che Bae avesse ciò che voleva.
Questo era stato il motivo del loro ultimo litigio, l'ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
 
«Nemmeno io mi fido di Gold, ma come puoi pensare che si sia volontariamente lasciato schiavizzare da Zelena ben sapendo che lo avrebbe usato per uccidere tutti, inclusi Belle e Neal, solo per un suo tornaconto personale!?- erano state le parole di Emma Swan -Sei davvero così cieco!»
«No, sei tu che non lo conosci abbastanza!» l'aveva accusata lui, fuori di sé a causa della gelosia «Quella bestia sarebbe capace di qualsiasi cosa!»
 
In quel momento era sopraggiunto Baelfire, e la delusione sul suo volto era stata enorme.
Aveva creduto, fino all'ultimo, di poter recuperare il rapporto con quello che in fondo era stato suo salvatore e maestro di navigazione. Se non fosse stato per lui, la vita sull'isola che non c'è sarebbe stata ancora più dura.
Ma sentirlo ancora parlare a quel modo, dopo tutto quello che avevano passato ... gli ricordò che non vi era alcuna differenza tra lui e suo padre.
E anzi, se proprio avrebbe dovuto essere del tutto sincero, finalmente aveva capito che, rispetto a quel pirata, il Signore Oscuro aveva fatto notevoli passi in avanti.
Non si erano più parlati, da quella sera, e Killian Jones non era stato più visto in città se non in rare occasioni in cui non aveva fatto che lanciare occhiatacce torve ai commensali di Granny e sfoggiare tutto il macabro scintillio della sua anima nera.
Era in tutto e per tutto ciò che si diceva un brutto ceffo.
Ma la verità era che avrebbe davvero tanto voluto trovare un posto in quella città, se solo quella donna avesse avuto il buon senso di credergli.
Perciò fu sorpreso e sollevato quando, a un mese di distanza dal loro ultimo incontro, vide il maggiolino giallo giungere al portico e parcheggiarsi proprio di fronte alla sua nave.
C'era Henry con lei, ma scese da sola, e salita a bordo prese a chiamarlo.
 
«Uncino!»
 
Le mani sprofondate nelle tasche dei jeans e la chioma bionda sciolta lungo le spalle, coperte dalla sua inseparabile giacca rossa.
Non si fece attendere. Sfoggiando il suo miglior sorriso e nascondendo alla perfezione la sorpresa, uscì fuori dalla cabina di comando e la accolse con un ghigno soddisfatto.
 
«Swan! Allora è vero che il vento di tempesta ogni tanto porta anche buone notizie.»
 
Lei si mostrò indolente. Non aveva alcuna voglia di riprendere una discussione ormai conclusa.
 
«Dipende dalle notizie.» disse «Dobbiamo parlare, e non si tratta di noi.»
 
Questo lo sorprese, ma non in senso positivo.
 
«Ah, si? Beh, in questo caso dovrei ricordarti gli argomenti che non amo?»
 
Ancora una volta la Salvatrice alzò gli occhi al cielo.
 
«Non serve. Ho delle domande da farti sulla freccia che ha bloccato Zelena.»
«Ah.» fece lui, trasformando il ghigno in uno più malevolo «Sicura che tu non sia qui per parlare di noi? Perché hai sbagliato persona, sai bene di chi è stata l'idea?»
 
Stufa, la donna trasse fuori dalla tasca il proprio telefono e gli mostrò una foto della lettera ricevuta da Mr. Gold.
 
«Sai dirmi se i coccodrilli sanno anche scrivere lettere simili? Perché ho confrontato la calligrafia con quella di Mr. Gold e di Neal, e non è simile a nessuna delle due.» sentenziò.
 
Uncino si corrucciò, e avvicinatosi prese tra le mani il telefono e lesse quelle righe.
Emma Swan lo osservò attentamente, guardando tramutarsi la sua solita sfrontatezza in sorpresa pura, e anche sgomento.
Dentro di sé, Killian Jones fu improvvisamente catapultato indietro, al tempo in cui aveva cercato di uccidere Tremotino con il veleno del Rubus Noctis.
Era stato ingannato, ma se n'era accorto troppo tardi.
Senza sapere bene come mai, all'improvviso quella lettera spiegò un mucchio di cose.
 
«Allora?»
 
La voce di Emma lo riscosse, e quando tornò a guardarla per la prima volta la giovane donna lo vide quasi smarrirsi.
I suoi occhi neri si riempirono di panico mentre cercava di trovare una spiegazione plausibile al suo sconcerto, senza riuscirci.
 
«Quando hai scoperto che il veleno sul tuo uncino non era Rubus Noctis ma semplice arsenico, mi sei sembrato sorpreso. Non te lo aspettavi, vero? Tu conosci questa Emilie.» lo affrontò col suo solito piglio deciso lei.
 
Messo alle strette, non gli restò che giocarsi la sua ultima carta. Scosse le spalle e sfoggiò un atteggiamento strafottente.
 
«Perché avrei dovuto?»
«Forse perché Milah potrebbe averti parlato di una figlia femmina, oltre Baelfire. O magari era la vostra.»
 
La guerra era persa. Facendosi improvvisamente cupo e arrendendosi al nemico, Killian Jones le rivolse un lungo sguardo serio.
 
«Se fosse stata mia figlia, sta pure certa che sarebbe su questa nave ora, e non la fuori a nascondersi come una codarda, difendendone un altro.» rispose, rancoroso, per poi aggiungere lapidario «Milah e ... Tremotino ... non avevano altri figli oltre a Baelfire.»
«Come fai ad esserne sicuro?» lo incalzò, senza pietà.
«Lo sono, perché a differenza di Mr. Gold, né io né lei ci siamo mai detti bugie.»
 
Uno sguardo intenso e accusatorio la raggiunse, ma non le interessò minimamente.
Perché era così difficile parlare con quel pirata? Per fortuna il suo superpotere le permetteva di riconoscere sempre la verità.
 
«Comunque, la conosci?» domandò.
 
L'interrogatorio non era finito.
 
«No.» rispose lapidario lui.
«Davvero?» tornò ad incalzarlo, alzando le sopracciglia.
«Perché avrei dovuto?» sbottò a quel punto l'uomo.
«Forse perché a quanto pare è stata lei a mandare all'aria i tuoi piani di vendetta, e non solo.»
«E ne sei sorpresa?» sbuffò sarcastico il pirata «Dovresti saperlo che il tuo caro Signor Gold sa sempre come scappare dal pericolo.»
«Non è il mio ...» fece per chiarire lei, ma rinunciò, capendo che non ne sarebbe valsa la pena «Va bene, pensala come ti pare.» rispose, dopo un breve sospiro «Ma se hai qualcosa da dirmi in merito faresti meglio a parlare ora, perché a quanto pare questa ragazza è ancora in giro e se davvero vuoi continuare a trovare un modo per uccidere il tuo coccodrillo potresti avere non pochi problemi, dato che ha qualcuno che lo protegge, e che è abbastanza furbo da essere riuscito a rimanere nascosto fino ad oggi, nonostante Peter Pan, Zelena e due sortilegi. Sempre che tu non stia cercando di farti ammazzare, in quel caso fa come ti pare.»
 
All'improvviso, sul volto del pirata apparve un'espressione diversa, di stupore e ... speranza.
 
«Ti stai ... preoccupando per me?» chiese incredulo, accennando ad un sorriso.
 
Emma sospirò.
 
«Pensa quello che vuoi.» risolse, prima di voltargli le spalle -Il mio interrogatorio finisce qui, ora vado. Ho di meglio da fare che stare qui a vederti renderti ridicolo col tuo comportamento da bambino.-
 
La lasciò andare, ma non poté trattenersi dal sorridere.
Allora c'era, quella piccola possibilità. Però non sarebbe andata lontano se non avesse smesso di comportarsi come il pirata ch'era sempre stato.
 
\\\
 
Emma Swan risalì in macchina e sbatté la portiera, un po’ troppo violentemente anche per un tipo deciso come lei.
Sospirò spazientita, aggrappandosi al volante.
Henry attese qualche istante prima di porle la fatidica domanda, intuendo che quel dialogo l'avesse alquanto irritata.
 
«Tutto bene?»
 
La donna annuì ma lasciò ricadere pesantemente il capo all'indietro, sulla testiera del sedile.
Pensò che un bambino come Henry fosse cento volte meglio dell'uomo con cui aveva appena cercato di instaurare un dialogo, ma non disse nulla.
 
«E ... ti ha detto qualcosa di utile?» insistette suo figlio, curioso di sapere ma cercando in tutti i modi di non aggravare il suo fastidio.
 
Si riebbe, accendendo il motore del suo maggiolino.
 
«Nemmeno lui l'ha mai vista, ma a quanto pare è stata davvero lei a rimpiazzare il suo uncino intriso di Rubus Noctis con uno normale.» chiarì.
«Bella mossa quella!» commentò il bambino, entusiasta «Vorrei davvero conoscerla, quando la troveremo.»
 
Ritrovando il buon umore, Emma gli sorrise.
 
«Concordo.  Ma prima assicuriamoci che non segua le orme di suo padre, però.» disse, e stava per partire quando il suo telefono squillo.
 
Sullo schermo lesse il nome di Belle.
 
«Oh, perfetto.» commentò prima di rispondere «Finalmente qualcuno con cui discutere seriamente.»
 
\\\
 
«Belle!»
 
«Ciao Emma. Scusa se ti ho fatto aspettare. Possiamo parlare ora.»
 
«Nessun problema. Potresti dirmi ciò che pensi su questa storia?»
 
«In realtà, non credo di saperne molto. Tutto quello che ho è
una manciata di ricordi confusi.»
 
«Ricordi confusi?»
 
«Si. Non so spiegarti bene come sia possibile, ma so per certo che è mia figlia.
Nostra figlia. E penso ... di averla conosciuta, all'epoca della mia prigionia
nel castello di Regina.»
 
«Quindi sai chi è?»
 
«No, in realtà. Ricordo solo la sua voce, che aveva qualcosa di famigliare.
Venne a trovarmi, mi disse che non poteva liberarmi
ma che non dovevo arrendermi, che Tremotino mi avrebbe amata per sempre
e che prima o poi avremmo avuto modo di rivederci.»
 
«Oh ... wow. E … come mai era lì? Come faceva a sapere che eri imprigionata?
Forse era qualcuno che lavorava per Regina.»
 
«Forse. Non ne ho idea, mi spiace.»
 
«Nessun problema. Sei almeno riuscita a capire quanti anni avesse, all’epoca?»
 
«Non l’ho mai vista in viso, ma la sua voce sembrava giovane.»
 
«Quanto giovane? Come quella di una ragazza o di una donna?»
 
«Di una ragazza, sicuramente. Vent’anni, o forse qualcosa di più.
Ma potrei sbagliarmi, è difficile deciderlo solo ascoltando una voce.»
 
«Certamente.
Non ti viene in mente proprio nient'altro
che possa aiutarmi a rintracciarla?»
 
«No, mi spiace ... però forse potresti concentrarti sulla freccia che ha fermato Zelena.
Tremotino l'ha conservata, posso mandarti una foto sul cellulare.»
 
«In effetti questo sarebbe utile, si. Ti ringrazio.»
 
«Di nulla. Siamo ansiosi di trovarla quanto voi.»
 
«Già ... a proposito di questo ... che intenzioni ha tuo marito?»
 
«Per ora credo voglia solo riuscire a capire.
Conoscerla sarebbe un gran passo in avanti per entrambi.»
 
«Si ... beh, lo sarebbe per tutti.
Grazie dell'aiuto. Farò del mio meglio.»
 
«Ne sono certa. Buon lavoro, detective Swan.»
 
«Buona serata, Belle.»
 
\\\
 
Chiusa la chiamata, Emma Swan fissò la sua immagine perplessa nello specchietto retrovisore per qualche istante, cercando di fare il punto della situazione.
 
«Quindi?» tornò a chiederle suo figlio, impaziente di sapere.
«Neanche tua nonna l'ha mai vista.» gli rispose, scuotendo il capo «Ma ci ha dato un suggerimento interessante.»
 
Finalmente mosse la macchina, stavolta diretta a casa.
 
«Quindi abbiamo una pista?» domandò contento Henry Mills.
«Una specie.» assenti «Ti va la pizza stasera? Credo che avremo da fare.»
«Si!» replicò entusiasta il ragazzo «Sicura di non voler passare dalla centrale a prendere quella lavagnetta, prima?»
«Per ora ci arrangeremo.» sorrise lei «Spero che la stampante a colori di tuo padre funzioni ancora, però.»
«E che abbia dei pennarelli indelebili rossi e blu.» scherzò il bambino, assecondandola.
«Già. Senza quelli lo schema sarebbe un casino.»
 
\\\
 
«Cominceranno a fare domande, lo sai? Prima il pirata, poi Zelena e ora questo. Non potrai nasconderti a lungo.»
 
Dopo aver trascorso il pranzo a casa del Fante di Cuori e aver fatto una lunga doccia mentre lui le procurava dei vestiti nuovi, più adatti a quell'epoca e meno riconoscibili da suo padre e da tutti coloro che avevano incontrato il Signore Oscuro all'epoca della foresta incantata, Emilie aveva deciso di concedersi un'ultima notte di solitudine, nella sua casa nel bosco. Camminando sotto una fastidiosa pioggerillina che rendeva l'aria più umida e fredda, Will Scarlett decise di rompere il silenzio per avvertirla.
 
«Lo so.» rispose secca lei, continuando a guardare dritta davanti a sé, oltre la fitta nebbia che andava via via addensandosi tra i rami della foresta, come se non lo avesse proprio ascoltato.
 
L'uomo la guardò preoccupato.
 
«E molto probabilmente tuo padre andrà da Robin, e da Ewan.»
 
Stavolta la vide sospirare, ma con un movimento impercettibile.
Non rispose, ma strinse i pugni all'interno dei guanti di cuoio che indossava.
Erano gli stessi indossati da suo padre durante il loro ultimo viaggio. Gli stessi guanti con cui aveva cercato di nasconderle il suo lento ritorno verso l'oscurità.
Ora le servivano per non sentire il freddo e il silenzio che la circondavano.
Per ricordarsi di quando aveva ostentato un coraggio che non aveva, e che poteva ancora farlo.
Se c'era una cosa che aveva imparato molto bene da suo padre era proprio questo, il saper fingere alla perfezione.
 
«Stasera andrai da Granny e farai in modo che tutti sappiano che hai una cugina che risiede a New York.» decretò, dopo aver ascoltato per un po’ il rumore dei loro passi sulle foglie secche che ricoprivano il sottobosco mischiarsi al dolce ticchettio della pioggia, cambiando del tutto argomento.
 
Will la guardò stranendosi, poi sospirò rassegnato, e annuì.
 
«Lo so. Ti preparerò una valigia con tutti i vestiti che sono riuscito a procurarti e andremo insieme da Granny, dove chiederai un hamburger e una stanza.» ripeté, quasi cantilenando ciò che si erano detti prima di uscire di casa «Ma il problema rimane. Ti vedranno tutti, sarai esposta.» tornò a farle notare.
 
Ancora una volta, Emilie lo interruppe.
 
«Userò la magia per cambiare aspetto.» spiegò, algida e decisa «Chi non mi conosce sarà insospettito da qualcuno che non sono io, e chi mi ha già conosciuto non saprà chi sono realmente. Comunque sia, col casino che è appena successo nessuno ci capirà nulla.»
«E il prezzo?» le chiese allora lui, nel tentativo di scuoterlo «Dici sempre che ogni magia ne ha uno, e adesso vuoi usarla?»
«Non potrò usare i miei poteri per difendermi, se dovesse accadere qualcosa.» replicò secca ancora una volta la ragazza, continuando a non guardarlo «Ma questo non sarà un problema. So cavarmela, e le cose dovrebbero rimanere tranquille per un tempo sufficiente al mio scopo.»
 
Poi, prevenendo ogni altra sua fastidiosa obiezione, concluse ferma.
 
«Tu pensa solo a seguire il piano. Procurami una carta di credito, documenti validi e una lista di appartamenti a New York, io penserò al resto. Ora va, Will.» finì, scacciandolo con un gesto nervoso della mano.
 
L'uomo la fissò, indeciso.
 
«Emilie ... sono solo preoccupato per te.» si scusò.
«Non dovresti. Non lo sei mai stato, e non dovresti esserlo ora.» lo liquidò, facendogli segno con la testa di levarsi di torno «Ho bisogno del solito Will.» gli sussurrò, guardandolo negli occhi «Sbrigati. Ci sono molte cose da fare.»
 
E nonostante non ne fosse molto convinto, lui non poté che obbedire.
Annuì, quindi le voltò le spalle e s'incamminò. Ma fatto qualche passo si voltò per guardarla, e la vide sparire in una nuvola di fumo bianco come quella nebbia.
Sospirò, e sprofondando le mani nelle tasche scosse il capo e riprese a camminare.
Quella ragazza e il suo caratteraccio. Prima o poi si sarebbe davvero cacciata in un mare di casini fino al collo.
 
\\\
 
La pioggia scrosciava forte, fuori dal locale, spazzando le strade della città e macchiando i vetri delle case e delle auto con minuscole goccioline trasparenti che unendosi si fondevano in rivoli, precipitando come le loro compagne verso terra.
"Proprio un bel tempo per restare soli nella foresta" pensò Will Scarlett, mentre attraversava il vialetto del Granny’s Dinner riparandosi sotto un ombrello rosso cremisi.
Appena giunto sotto la minuscola tettoia posta a riparo della porta d'ingresso, chiuse l'ombrello e si diede qualche istante per ripassare la sua parte.
Affinché sembrasse più credibile possibile, nei giorni precedenti aveva fatto in modo che alcuni degli abitanti di Storybrooke sapessero di "sua cugina".
Era bastato qualche accenno durante una conversazione, piazzato qua e là con noncuranza. I più non si erano straniti, come previsto da Emilie.
A Robin Hood invece, la cosa era puzzata un po’.
 
«È solo perché non si fida di me.» si era difeso di fronte alla ragazza.
«Tsh ...» era stata la sua risposta «E fa bene. Nemmeno io mi fiderei.» aveva aggiunto con un ghigno sarcastico.
«Quindi è tutto normale, va bene.» era stata la sua replica speranzosa.
 
Emilie aveva scosso le spalle, senza aggiungere altro, e quella risposta vaga lo aveva un po’ irritato. Non avrebbe mai voluto ritrovarsi tra l'incudine e il martello, ma la posta in gioco era troppo alta.
Perciò prese un bel respiro, drizzò le spalle e afferrò il pomelo della porta, accedendo al locale con aria sicura e accomodandosi al bancone.
Ordinò una birra e un hamburger, poi domandò.
 
«Oh, Granny. Non è che per caso avresti una stanza libera?»
 
La donna gli rivolse una delle sue occhiate sorprese ma non troppo.
 
«Hai allagato casa?» replicò.
 
Il Fante ridacchiò, cercando di farlo il meno nervosamente possibile.
 
«Non è per me.» spiegò «Mia cugina ha deciso di venire a trovarmi, ma ... non ama molto il mio stile di vita rilassato. Arriverà domattina.»
«Mh. Mi sta già simpatica. Per domani dovrebbe liberarsene una, passate pure.»
 
Un'altra risatina, stavolta palesemente sollevata. Aveva abboccato. Stava migliorando nella recitazione.
 
«Lo sai, sta già simpatica anche a me.»
 
La voce di Robin Lockslay lo raggiunse alle spalle, facendolo sobbalzare.
Lo guardò accomodarsi allo sgabello alla sua destra e ordinare una birra anche per sé.
 
«Oh, bene.» rispose Scarlett, bevendo un sorso dal suo boccale «Almeno qualcuno in famiglia riesce a non essere un completo fallimento.»
 
Hood sorrise.
 
«Questo è ancora tutto da vedere.» replicò, poi trasse fuori dalla tasca il portafogli e pagò per entrambi.
 
Will Scarlett lo guardò stupito.
 
«Io ... grazie.» bofonchiò «Questo significa che ci abbiamo messo definitivamente una pietra sopra?»
 
Robin scosse le spalle, fingendo di stare ancora pensandoci.
 
«Forse.» replicò «Non ti aspettare un invito a ritornare nella compagnia, però.»
 
Il fante sorrise a sua volta, scuotendo il capo e scuotendo le spalle.
 
«È pur sempre un inizio.» commentò.
 
Sorrisero entrambi, brindando coi loro boccali già mezzi vuoti.
 
«Comunque devi smetterla di parlare così bene di Storybrooke ai tuoi parenti.» scherzò Lockslay, dopo aver finito la sua birra «Non credo che sia abbastanza grande per contenere anche il paese delle meraviglie.»
 
Will sorrise, appoggiando tristemente il boccale vuoto.
 
«Non preoccuparti.» lo rassicurò con aria mesta «Siamo una razza in via di estinzione.»
«Mh.» concluse Robin Hood, battendogli una pacca sulla spalla «Chissà per quale motivo, eh? Non so se sia una fortuna o un peccato.»
 
\\\
 
Jeans scuri, sneakers rosse a stivaletto, una camicetta bianca e una giacca di jeans imbottita con una grezza lana bianca, ben visibile sul retro delle maniche e del colletto.
Emilie osservò con una smorfia di disgusto le poche (e povere) vesti che il suo complice era riuscito a trovare, e decise immediatamente che non le avrebbe indossate, almeno non in quello stato.
Tenne le scarpe, i jeans e la camicetta, ma trasformò il giubbotto in una giacca di pelle imbottita di velluto rosso al suo interno.
Sorrise, incrociando le braccia sul petto con aria soddisfatta.
Vero che doveva sembrare ciò che non era, ma di certo non ci teneva ad apparire come una pastorella con fin troppo lana nei depositi.
Sospirò di nuovo, e si avvicinò all'uscio dove restò a guardare lo spettacolo della pioggia scrosciante che batteva insistente sulle foglie verdi degli alberi e sul terreno, sprigionando una piacevole fragranza.
Chiuse gli occhi, inspirando a fondo.
Amava la pioggia. Anche nel caos più totale, bastava uno scrosciante acquazzone per non sentire più nient'altro che il rumore del mondo che cadeva giù. Dopo, sarebbe stato sicuramente migliore, o almeno più sopportabile.
L'ennesimo sospiro le sfuggì. Si strinse nelle spalle, e allungò una mano a raccogliere qualche goccia.
Il freddo sul palmo la fece rabbrividire.
 
«Coraggio, Principessa.» si ripeté, immaginando che non fosse sua la voce che tentava di tranquillizzarla, bensì quella intensa e dolce di suo padre «Ancora un ultimo sforzo. Poi ... andrà meglio.»
 
Una goccia le sfiorò il viso, atterrando sulla sua guancia e da lì precipitando a terra.
Chiuse le palpebre, un peso sul cuore.
 
«Andrà meglio ... molto meglio, papa.»
 
\\\
 
Il mattino seguente, il cielo era limpido e l'aria più pura. Il sole sfolgorava come un diamante appena lucidato appena sopra l'orizzonte, e Will stava ancora dormendo, quando il campanello di casa sua iniziò a strillare, ininterrottamente, fino a che lui non raggiunse la porta, ancora in pigiama e mezzo assonnato, trascinandosi fuori dal letto.
Sulla soglia apparve una ragazza dai lunghi capelli neri, grandi occhi azzurri messi in risalto da un eyeliner nero e un trucco smoky sulle tonalità del grigio, e uno spesso strato di rossetto rosso sangue sulle labbra piccole e sottili.
Lo fissò rivolgendogli un sogghigno appena accennato.
 
«Buongiorno cuginetto.» esordì.
 
Will sgranò gli occhi, scrutandola da capo a piedi quasi senza parole.
 
«Emilie?!» sbottò, esternando tutta il suo stupore «Accidenti! Non si era detto massima discrezione?»
 
La giovane alzò le sopracciglia con aria ovvia.
 
«Intendevo massima discrezione su quello che gli altri sanno di me, non 'trovami abiti che mi facciano sembrare una pastorella gipsy'» specificò, aggiungendo poi «E comunque da adesso sarò Elizabeth, al massimo Lizzie. Fino a data da destinarsi.»
 
Quindi si fiondò dentro casa senza aspettare di ottenere il permesso e si avvicinò alla cucina, affaccendandosi con la macchinetta del caffè.
 
«Che fai?» domandò il Fante, chiudendo dietro di sé la porta.
«Non è ovvio?» replicò lei «Ti preparo la colazione. Tu va a sistemarti, siamo già in ritardo.»
 
Will Scarlett guardò il suo orologio da polso.
 
«Ma sono appena le sette.» protestò.
 
Emilie sorrise, impaziente.

«Appunto.» soggiunse «Ho trascorso anche troppo del mio tempo ad imparare ad accendere una dannata macchina per il caffè. È ora di fare qualcosa di più utile. Qualcosa per il futuro.»


   
 
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