«Ora farò a te quello che tu hai fatto ad André»
Oscar tremava dalla testa ai piedi, con la spada sguainata stretta in pugno, di
fianco a Bernard. Quello sfogò era stato leggermente diverso nella sua mente,
ma quel “leggermente” faceva tutta la differenza.
Rinfoderò la spada e, con una calma che era lungi dal
provare, uscì della stanza. Nello scendere le scale, si fermò ad ammirare il
tramonto, poggiando una mano sul vetro della finestra. I colori le sembrarono
più vividi, mentre continuava a rimuginare su quella piccola differenza. Era stato
un fulmine a ciel sereno, nella burrasca della sua rabbia e frustrazione per
quello che era successo al suo amico di una vita.
E poi la colpa era veramente di Bernard? O non era piuttosto
lei, quella da biasimare? André era rimasto ferito all’occhio per aiutare lei
nel folle piano per fermare il Cavaliere Nero, per poi perderlo definitivamente
per correre in suo aiuto. Tutto per via della sua testardaggine nel voler agire
da sola per fermare quel ladro. Se fosse stata più saggia, se avesse usato
meglio il suo discernimento, avrebbe chiesto aiuto a Girodelle e a qualche
altro soldato. Forse sarebbe stato ancora meglio aver chiesto aiuto
direttamente a suo padre. Ma cosa se ne faceva ora di tutto quel senno quando
era troppo tardi per riparare alla sua avventatezza.
«Perdonami, André» mormorò «Sono stata una stupida».
Riprese a scendere le scale, fino a ritrovarsi nell’ampio atrio.
Si guardò intorno, smarrita in mille pensieri nuovi e nei sensi di colpa.
Quella consapevolezza nuova, che era arrivata per una leggera differenza, le
toglieva il fiato. Cosa ne era di tutte le sue convinzioni? Possibile essersi
sempre sbagliati su tutto? Quando le certezze si sgretolano, cosa rimaneva a
tenere in piedi ciò che era stata?
Guardò la propria mano che stringeva la spada, ora riposta nel suo
fodero. La poggiò bruscamente su un tavolino, come se il contatto con quella
che era la sua compagna da una vita le bruciasse le dita. Oscar scosse la testa
lentamente. No, non era l’arma in sé il problema, ma tutto quello che
rappresentava per lei, per i nobili, per suo padre…
«E adesso? Che cosa posso fare, adesso?» era spaesata e spaventata
da tutta quella consapevolezza che aveva accantonato come una cosa fastidiosa,
da nascondere come polvere sotto il tappeto. Perché nessuno vedesse, perché
nessuno sapesse, inclusa lei. Si fermò a riflettere, poggiando le mani ai lati
della spada, fissandola come se da essa potesse giungere la risposta al suo
quesito. Considerò di rifugiarsi in camera sua, per ponderare, per trovare una
soluzione. Ma quale soluzione poteva esserci? Rintanarsi nelle sue stanze
sarebbe servito solo a costringerla a guardare ancora più profondamente dentro
di sé e la cosa la atterriva.
No, quello di cui adesso aveva veramente bisogno era distrarsi,
spostare i propri pensieri su un altro problema. Qualcosa che fosse in grado di
assorbire tutte le sue energie emotive, per lasciarla poi svuotata, incapace di
provare qualcosa almeno per poco. In altre circostanza avrebbe duellato con
Andrè, come faceva sempre quando la frustrazione, i timori e i pensieri
diventavano troppo pressanti.
«André» sussurrò, alzando la testa di scatto. Presa dalla sua
furia, non si era premurata neanche di rincuorarlo, di stargli vicino per
sorreggerlo in quel momento così buio. Chiuse gli occhi e sospirò. Doveva
andare da lui, assicurarsi di come stava e, soprattutto, essere per una volta
LEI la buona amica. Annuì, per darsi coraggio. Sarebbe andata in camera di
André, si sarebbe seduta e avrebbe ascoltato lo sfogò del suo amico, cercando
di confortarlo come poteva.
Una
lacrima fece capolino fra le lunghe ciglia, ma lei
l’asciugò con rabbia. Come poteva essergli di conforto se
si fosse messa a piangere davanti a lui? Il suo cuore era trafitto
dall’angoscia. “André aveva perso
l’occhio”. Quel pensiero le rimbombava nella testa, insieme
a quell’illuminazione che aveva avuto davanti al letto di
Bernard. Ora André aveva bisogno di lei, era l’unica cosa
su cui doveva concentrarsi e per il resto… non lo sapeva, ma non
era sicura di riuscire ad
affrontarlo in quel momento.
affrontarlo in quel momento.
S’incamminò con passo lento e pesante. Sentiva le gambe come macigni
e la testa vuota, il mondo intorno a lei appariva come appannato, come quando
si ha la febbre molto alta e tutto sembra irreale. Ma i suoi pensieri no,
quelli erano chiari, lucidi, cristallini; nella sua vigliaccheria, avrebbe
preferito l’esatto opposto. Bussò sommessamente alla porta, come sperando che
lui non l’udisse.
«Avanti!» la voce le giunse chiara e forte, con quel timbro calmo
che associava sempre a lui.
Aprì la porta con fare incerto, sporgendosi dentro con il busto,
quasi timorosa che André le esternasse le sue recriminazioni e le desse,
giustamente, la colpa di ciò che gli era successo. Ingoiò, cercando di farsi
forza ed entrò, tentando di assumere l’aria più normale possibile. Lui era
seduto sul letto, le gambe divaricate e i gomiti poggiati sulle ginocchia, il
capo chino. Le spezzò il cuore vederlo così, con l’aria indifesa. L’uomo alzò
la testa lentamente, fino a incontrare il suo sguardo e poi sorrise.
«Oscar, cosa ci fai qui?» non c’era ombra di risentimento nella
sua voce, anzi, a Oscar sembrò di percepire una dolcezza di fondo nel modo in
cui pronunciò il suo nome. Quella sensazione le diede il coraggio di fare un
passo avanti e di chiudere la porta. Rimase ferma per un momento con la mano sullo
stipite. Erano anni che non rimanevano insieme dietro una porta chiusa, la
decenza e buona creanza lo impedivano. Ma che importanza avevano, ora, i
dettami della buona educazione?
«Oscar?» André la guardò sconcertato.
Non rispose al richiamo, voltandosi ad afferrare una sedia per poi
disporla e sedersi davanti a lui, con un braccio scarso di lunghezza a
separarli.
«Come ti senti?» si morse il labbro, dubbiosa. Non era questo che
voleva chiedergli. Voleva sapere se era arrabbiato con lei, se aveva intenzione
di abbandonarla.
Rimasero a guardarsi in silenzio, mentre le mani di Oscar
cominciarono a tremare. Aveva paura di lui, di ciò che si sarebbero detti, ma,
soprattutto, aveva paura di cosa avrebbe potuto dire lei in quello stato d’animo.
Abbassò gli occhi, sconcertata dall’intensità di quel nuovo sentire e sobbalzò,
quando André le prese la mano destra nelle proprie.
«Cosa c’è, Oscar? Perché tremi?» cercava lo sguardo di lei, che invece
girò la testa e serrò strettamente le labbra. «Oscar, guardami, parlami» la
supplicò.
Una lacrima ribelle le rigò il viso, mentre con la mano libera
coprì quelle di lui «Perdonami, André».
«Non c’è nulla da perdonare, Oscar» strinse la mano di lei, nel timore
di vederla fuggire via «Te l’ho già detto: sono contento che sia successo a me
e non a te».
«Non dire così, te ne prego. André, io…» si maledisse da sola, non
finiva mai quella frase, la lasciava sempre in sospeso fra loro. Oscar avvertì
la tensione riempire l’aria. Sapeva cosa sarebbe venuto dopo. La scena si
ripeteva sempre uguale da anni, fra loro. Un circolo vizioso che non si
spezzava mai.
«Dimmi, Oscar…». Lei voleva spezzarlo, quel circolo. Voleva che,
per una volta sola, le cose fossero diverse. Specialmente ora, dopo che quel “leggermente”
aveva fatto tutta la differenza.
«Posso fare qualcosa per te?»
Finalmente i suoi occhi azzurri andarono alla ricerca di quell’unico
occhio verde che gli era rimasto. André la guardava sgomento e stupito. La
scena era cambiata ed ora tutto poteva succedere.
«Posso fare qualcosa per te?» Oscar ripete la domanda con più
convinzione, reclinando leggermente il capo, senza staccare gli occhi del suo.
La mano destra di André si staccò dalla sue, per andare a grattare
la guancia. Sembrava spiazzato, incredulo. «Questo di solito lo chiedo io a te»
disse facendosi scappare una risatina.
«Ora lo chiedo io: possa fare qualcosa per te? Qualcosa che
ti faccia stare meglio?» Si protese leggermente verso di lui, spalancando gli
occhi e cercando di trattenere le lacrime, mentre prendeva quella grande mano
maschile fra le sue, più piccole e delicate. «Qualsiasi cosa, André, puoi
chiedermi qualsiasi cosa».
«Qualsiasi cosa?» rise lui, chiudendo gli occhi, ma non riuscendo
staccare la mano dal calore che emanavano quelle di lei. Che cosa stava facendo
Oscar? Non doveva sentirsi in colpa per lui e l’aria si stava facendo troppo
pesante fra loro. Alla fin fine era meglio dirle la verità, mascherata dietro
uno scherzo. Così si sarebbe arrabbiata e poi avrebbero riso insieme.
«Qualsiasi» asserì convinta.
«Baciami» l’aveva detto sorridendo, sempre con l’occhio sano
chiuso. Adesso sarebbe arrivata la rabbia di Oscar e forse anche uno schiaffo,
ma almeno le aveva chiesto l’unica cosa che veramente l’avrebbe fatto sentire
meglio.
Il tocco delle sue dita sulla guancia sinistra fu delicato e lui
alzò la palpebra solo per vedere lei che chiudeva le sue, mentre gli si faceva
più vicino e posava le sue labbra morbide sulla bocca di André. L’uomo rimase
fermo, sconvolto da quel cambio di scenario, poi distolse la testa con fermezza
«No!».
Si alzò dal letto, arrabbiato, confuso e deluso da lei.
«Ma tu avevi detto…» anche Oscar era confusa.
«So cosa ho detto!» si girò a fronteggiarla solo per vederla
scattare in piedi, pronta a fuggire. L’afferrò per un bracco e la costrinse a
voltarsi «Guardami, Oscar, guardami!»
Oscar cercava di divincolarsi, le lacrime che le rigavano il viso
erano copiose. La sentì singhiozzare qualcosa, ma sperò di aver capito male.
«Cosa?!» esclamò incredulo.
«E’ perché non sono una vera donna?» farfugliò di nuovo lei.
André sentì il cuore mancare un battito e si sentì un miserabile
per averla ferita.
«Oscar, tu sei una donna, una donna bellissima. Solo che…» le
prese il volto fra le mani e la costrinse a guardarlo «Non voglio che tu mi
baci per pietà».
«Non era pietà» rispose lei, con piglio deciso.
«Va bene, senso di colpa, allora» concesse lui, poggiandole le
mani sulle spalle «Un senso di colpa che non ha ragione di esistere. E’ stata
una mia decisione e lo farei ancora e ancora».
«Non era senso di colpa» gli poggiò le mani sull’ampio torace,
facendosi un passo più vicino.
«Allora cosa? Senso del dovere? Comprensione? Lealtà? Chiamalo
come vuoi, ma non voglio un bacio del genere» le sfiorò le labbra con un dito,
avvertendo un tremore in lei che lo turbò.
«Che bacio vuoi, dunque?» reclinò il capo, curiosa.
André tremava, stava per allontanarla per sempre da sé. «Un bacio
d’amore» precisò, chinandosi verso di lei, pronto a vederle sgranare gli occhi
e poi correre via da lui.
«André» sussurrò, sorridendogli fra le lacrime, mentre si metteva
in punta di piedi per arrivare a baciarlo «il MIO André».
La differenza, quella “leggerissima” differenza, era l’unica
cosa importante.