Decima parte
Wise
man said just walk this way
To the dawn of the light
Wind will blow into your face
As the years pass you by
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark…
(“Send
me an angel” – Scorpions)
Sembrava che la vita, ormai,
sorridesse a Edward e che tutti i suoi problemi fossero lontani. Aveva una sua
piccola casa assieme a Erik, era simbolicamente sposato con l’uomo che amava e
che lo aveva salvato, viveva vicino alla sorella… apparentemente era tutto
perfetto, ma nel profondo del cuore del giovane c’era un male oscuro che lo
corrodeva e gli portava via la luce dagli occhi, il colore dalle gote. Edward
aveva lungamente desiderato di poter trascorrere le feste natalizie con tutta
la famiglia riunita, ovviamente al fianco di Erik, ma anche con Maggie e Sir
Richard e il piccolo Henry. Sognava di rivivere i Natali di quando era bambino
e di cui conservava un ricordo molto sbiadito, fatto non tanto di immagini vere
e proprie quanto di sensazioni. Provava un calore dolcissimo in tutta l’anima
quando ripensava a quei Natali, gli sembrava di ricordare tante luci, un grande
albero di Natale, gli abbracci della zia Anne Neville,* i giochi con Maggie e i cuginetti. Chissà se erano davvero
frammenti di ricordi oppure solo sogni? Comunque fosse, Edward aveva desiderato
disperatamente per tutti gli anni della prigionia di poter trascorrere di nuovo
delle feste natalizie così serene accanto alle persone che amava ed era
convinto che, quell’anno, finalmente il suo sogno si sarebbe realizzato.
Ma non era andata così. Le
feste di Natale, com’era ovvio, erano anche un’importante occasione mondana per
il Re e la Regina e alla corte di Londra, a Westminster, si succedevano
banchetti e ricevimenti per gli ospiti più prestigiosi. Re Henry, per
dimostrare a Sir Richard che si fidava di lui e che non aveva niente contro la
sua famiglia, invitò i Pole a passare tutto il periodo festivo a corte e a
intrattenersi con nobili inglesi e stranieri.
Sir Richard e Maggie,
naturalmente, avrebbero anche fatto volentieri a meno di un simile onore. Mal
tolleravano la vita di corte, non avevano piacere che il loro bambino avesse
troppa esperienza di quel mondo corrotto e pieno di intrighi e futilità e, come
se non bastasse, quell’anno avevano anche Edward con loro e avrebbero dovuto
lasciarlo solo proprio in un periodo in cui si desidera maggiormente stare con
le persone amate. Tuttavia non potevano rifiutare l’invito del Re. Sarebbe
stato un oltraggio e, nella posizione in cui erano, avrebbero riattizzato i
sospetti della Regina Elizabeth.
La cosa peggiore fu che Sir
Richard non poteva privarsi dell’appoggio del suo Capitano e, così, anche Erik
dovette trascorrere buona parte delle feste natalizie al fianco del suo
Signore, a Westminster, con il cuore lacerato al pensiero del suo povero Teddy
che avrebbe passato ancora una volta quei giorni da solo, nella piccola casa,
con la sola compagnia dei fedeli servitori Joseph e Annie. Certo, era sempre un
miglioramento rispetto agli anni precedenti in cui aveva trascorso le feste di
Natale in prigione, ma Erik sospettava che Edward non avrebbe fatto poi tanto
caso al miglioramento. Solo era e solo restava, e poco importava che adesso
fosse in una casa tutta sua, servito da domestici affezionati, potendo uscire
se e quando voleva… Non era questo che Edward aveva sognato, non era questo che
voleva e Erik aveva la terribile sensazione che, quando le feste fossero
terminate e lui e i Pole fossero finalmente tornati in Galles, avrebbero
trovato un ragazzo molto più simile al prigioniero che avevano salvato dalla
Torre di Londra, cupo e silenzioso, che al giovane vivace e allegro che Teddy
stava ricominciando ad essere…
E così sia Erik sia Maggie
non fecero altro che contare i giorni che li separavano dal ritorno in Galles, preoccupandosi
ogni giorno per Edward e cercando di stargli vicino con lunghe lettere alle
quali, però, il ragazzo non aveva mai risposto. E anche quello non era un buon
segno.
Finalmente giunse il giorno della
partenza. Sir Richard e Maggie salutarono e ringraziarono cortesemente i
sovrani e poi si affrettarono a salire in carrozza con il piccolo Henry,
sperando di riuscire a giungere alla tenuta in tempo per fare almeno una breve
visita a Edward prima di andare a dormire. Erik, invece, prese il suo cavallo e
lo spronò al galoppo per arrivare il prima possibile dal suo Teddy, il cuore
stretto in una morsa d’angoscia e la mente piena di foschi presagi.
Quando giunse finalmente
alla casetta che condivideva con Teddy, fece appena in tempo a consegnare il
cavallo a Joseph perché se ne occupasse, ma non volle niente per sé, in quel
momento non aveva tempo per ristorarsi e cambiarsi d’abito, doveva vedere
subito Edward, verificare che stesse bene, abbracciarlo e fargli sentire che
era tornato, che non doveva essere triste, che non lo avrebbe più lasciato
solo. Si precipitò nell’abitazione e Annie, con un gesto muto, gli indicò il
piccolo soggiorno dove stava il ragazzo.
A quel punto la frenesia
aveva lasciato il posto a uno strano turbamento nel cuore di Erik. Lady
Margaret gli aveva detto che Teddy, per molti versi, era ancora infantile e che
spesso era capitato che, se lei non andava a fargli visita regolarmente in
prigione, la volta successiva lui rifiutasse di parlarle, mettesse il broncio e
non si voltasse neanche a guardarla. Erik avrebbe quasi sperato di trovare
Edward imbronciato e offeso nei suoi confronti, avrebbe significato che,
comunque, quella rabbia lo rendeva vivo, vitale, che poteva sfogarla e poi tutto
sarebbe tornato come prima.
Il ragazzo che Erik trovò
nel soggiorno, però, non teneva il broncio, non era arrabbiato, sarebbe stato
meglio se così fosse stato. Edward sembrava tornato indietro di settimane,
sembrava il ragazzo che Lady Margaret andava a trovare nella Torre di Londra.
Si era seduto per terra, invece di approfittare del divanetto davanti al
camino, e fissava fuori dalla finestra, come ipnotizzato dall’oscurità della
sera, dalle stelle che ogni tanto spuntavano in mezzo a masse di nuvole scure,
dai rari fiocchi di neve che danzavano nel cielo.
“In questi giorni non ha
voluto mangiare quasi niente, passava tutto il suo tempo seduto per terra, come
lo vedete adesso, signor Capitano” gli spiegò Annie a bassa voce e con una
profonda preoccupazione negli occhi. “Ho cercato di preparargli piatti che
potessero stuzzicare il suo appetito, volevo che potesse festeggiare anche lui,
ma… ma Milord si limitava a farmi un dolce sorriso e assaggiava appena quello
che avevo preparato. Quando non stava seduto per terra, tornava nella sua
stanza e credo che abbia dormito molto più di quanto un ragazzo della sua età
dovrebbe fare…”
Le parole di Annie scavarono
un abisso di dolore nel cuore di Erik. Era questo, dunque, che il suo Teddy
aveva fatto per tutti quei giorni? Se solo… se solo il Re avesse richiesto la
presenza di Sir Richard a corte per un periodo più lungo, Edward sarebbe morto
o comunque avrebbe finito per ammalarsi… se già non era accaduto. In preda
all’angoscia, l’uomo entrò nel soggiorno, mentre Annie si ritirava in cucina.
“Teddy, sono qui, sono
tornato!” gli disse, avvicinandosi a lui.
Il giovane si voltò
lentamente e gli donò uno dei suoi sorrisi, ma non era il sorriso luminoso e
allegro che Erik aveva imparato a conoscere e ad amare, era un sorriso mesto,
debole, che non arrivava agli occhi i quali rimanevano tristi e colmi di una
rassegnazione che era peggio di qualsiasi altra cosa.
“Ciao, Erik” gli disse,
“sono contento che tu sia qui.”
Nient’altro. Era come se
qualcosa si fosse spento.
Erik lo raggiunse e si
inginocchiò accanto a lui per prenderlo tra le braccia. Neanche lui sapeva
esattamente cosa fare. Doveva baciarlo? Doveva dirgli ancora una volta che lo
amava tanto e che anche lui aveva sofferto standogli lontano? Oppure doveva
soltanto stringerlo in un abbraccio caldo e protettivo per fargli sentire che
era lì con lui e che non lo avrebbe mai più lasciato?
Lo abbracciò, ma non riuscì
a resistere senza dirgli niente, il senso di colpa per averlo lasciato solo era
troppo devastante, doveva chiedergli perdono, doveva cercare di scuoterlo da
quella sua malinconia, quella tristezza desolata che sembrava succhiar via
tutto il calore dal suo corpo e la luce dai suoi occhi.
“Edward, so quanto sei
deluso, so quanto sei triste” mormorò, stringendolo a sé e accarezzandogli
dolcemente i capelli. “So che aspettavi le feste natalizie con tanto entusiasmo
e che sognavi di passarle con me e con la tua famiglia. Non posso neanche
immaginare quanto sia stato doloroso per te dover rinunciare a questo tuo
desiderio…”
“Non è colpa tua, Erik, non
è colpa di nessuno” fu la risposta spenta del giovane. “Non potete disobbedire
al Re…”
Per Erik fu ancora più
triste constatare che Edward aveva in qualche modo accettato ciò che era
successo, che nel suo dolore e nella sua delusione aveva pensato che non ci
fosse altra scelta e che sarebbe andata sempre così, che non doveva più farsi
illusioni perché non avrebbe avuto la vita che sognava, non sarebbe mai
cambiato niente. Era stato proprio quello a distruggere la luce e l’entusiasmo
dentro di lui, a uccidere la speranza nel suo cuore. Edward non ci credeva più,
non credeva più alla possibilità di essere felice, non c’era un lieto fine per
lui.
“Edward, ascoltami bene” gli
disse Erik, prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi. “È un
discorso difficile quello che devo farti, ma credo che sia giunto il momento.
Purtroppo è difficile per me dirlo e sarà difficile per te accoglierlo, ma
qualsiasi cosa è meglio di vederti così.”
Il ragazzo non rispose e si
limitò a fissare i suoi mesti occhi nocciola nello sguardo chiaro e limpido del
suo uomo.
“Io ti amo e voglio vivere
con te, questo lo sai, non è cambiato niente e mai cambierà. Proprio per questo
motivo ho voluto fare con te quella cerimonia simbolica del matrimonio, perché tu sapessi oggi e
sempre che io ti starò sempre accanto, che tu sei la mia vita, la mia famiglia,
la mia casa” riprese Erik, ricordando le parole che aveva detto a Teddy quel
giorno al lago, quel giorno che adesso sembrava così lontano. “Però non posso
stare sempre con te ogni momento della giornata, sono il Capitano delle Guardie
di Sir Richard e ho degli incarichi da svolgere. Dopo che ti avevo liberato,
Sir Richard mi ha concesso molto tempo libero perché potessi starti accanto,
difenderti da eventuali pericoli, fare in modo che tu ti ambientassi e ti
trovassi bene… ma adesso la situazione è più tranquilla, il Re ha dimostrato di
avere ancora fiducia in Sir Richard chiamandolo a corte e molto probabilmente
ha rinunciato all’idea di cercarti. Sei al sicuro qui, perciò io… io devo
tornare a svolgere i miei incarichi come facevo prima. Lo capisci questo,
vero?”
“Vuoi dire che mi lascerai
solo tante altre volte?” domandò Edward, stavolta con una voce rotta dal pianto
che si sforzava di trattenere. “Che non staremo più insieme come prima, mai
più?”
Per Erik era una tortura
dover spiegare quelle cose al ragazzo, lui stesso avrebbe davvero voluto
trascorrere ogni istante della sua vita con Teddy… ma la vita reale era
un’altra cosa e adesso toccava a lui farlo capire al suo giovane e ingenuo
amante.
“Posso immaginare quanto tu
abbia sognato di essere finalmente libero e quante cose avresti voluto fare”
riprese, continuando ad accarezzargli i capelli con tenerezza. “Sei stato
privato di una parte importantissima della tua vita ed è comprensibile che tu
voglia riavere ciò che ti è stato tolto. E lo riavrai, Teddy, io farò tutto
quello che posso, ogni giorno della mia vita, per rendere speciale tutti i
momenti che passiamo insieme. Ma la vita quotidiana non può essere un’eterna
vacanza, non possiamo andare ogni giorno a passeggiare nei boschi o organizzare
una cena da Sir Richard o andare al lago… Ognuno di noi ha degli impegni, dei
doveri da compiere, anche i nobili come Sir Richard e tua sorella.”
Lo sguardo di Edward era
ancora triste, ma adesso pareva più attento e interessato, come se una tenue
fiammella si fosse finalmente riaccesa nel suo cuore, così Erik si sentì
incoraggiato a proseguire nel suo discorso.
“Avresti meritato di
trascorrere delle feste natalizie meravigliose, con la tua famiglia e… con me,
se era ciò che volevi, ma purtroppo il Re ha deciso altrimenti. Potrà capitare
ancora che io debba passare dei giorni a Londra con Sir Richard, oppure che mi
assenti una mezza giornata per i miei compiti di Capitano delle Guardie, ma non
posso ogni volta dovermi preoccupare per come la prenderai tu, non posso stare
sempre in pena per te. Io voglio che tu sia felice, Edward, non ho mai voluto
altro da quando ti ho conosciuto!”
“Ma io… sono felice solo
quando stiamo insieme…” obiettò il ragazzo, opponendo una logica stringente ai
tentativi di Erik.
“Per me è lo stesso, ma
questo non significa che non devo più svolgere le mie mansioni. Credi che io
non preferirei restare qui con te e fare tutte le cose belle che abbiamo fatto
finora? Credi che mi sia divertito ai ricevimenti e alle feste a corte? Ho
odiato ogni minuto… ma era mio dovere esserci, al fianco di Sir Richard e Lady
Margaret” ammise l’uomo. “Anzi, ho sopportato tutto questo perché sapevo che,
alla fine, sarei tornato da te.”
Queste parole, finalmente,
parvero riportare la luce sul volto e negli occhi di Edward.
“Davvero pensavi solo a me e
volevi tornare?” domandò, emozionato.
“Ma certo, Teddy, non hai
ancora capito che tu sei ciò che ho di più prezioso, importante e meraviglioso?
Ma questo non significa che possa venire meno ai miei doveri, la vita è così e
adesso sei abbastanza adulto per capirlo e accettarlo. Questo significa avere
un rapporto maturo e consapevole con me…”
E, con grande sollievo di
Erik, il giovane sorrise, quel suo sorriso gioioso e spontaneo che lo aveva
fatto innamorare, e si buttò tra le sue braccia.
“Allora ho capito! Scusami,
Erik, non avevo pensato che anche tu fossi stato male, che ti fossi mancato”
mormorò, pieno di emozione. “Anch’io voglio avere un rapporto adulto, maturo e
consapevole con te e… cercherò di non essere più tanto egoista. Voglio che tu
mi stia vicino, ma quando non ci sarai ti aspetterò tentando di non intristirmi
troppo. Così va bene, Erik?”
“Certo che va bene, Teddy. E
io ti prometto che farò in modo di regalarti ogni giorno qualcosa di speciale,
anche se ci saranno dei giorni in cui non potremo passare insieme molto tempo”
ribatté l’uomo, stringendo il ragazzo con amore e tenerezza. Sapeva quanto
fosse difficile per Edward accettare tutto questo, era ovvio che avesse sperato
che, una volta libero, la vita sarebbe stata una continua festa, ma non era
così, non poteva esserlo nemmeno per lui…
Avvolgendolo nel suo
abbraccio caldo e protettivo, Erik lo baciò dolcemente, una, cento, mille volte. Perdendosi nella morbidezza e
nella dolcezza delle sue labbra, tutte le preoccupazioni e le ansie di quei
giorni scomparivano e rimaneva solo una tenerezza che faceva bene al cuore, mentre
ogni istante si espandeva in un universo di amore e dolcezza che avrebbe
cancellato tutto il male.
E proprio baciando Teddy e stringendolo a sé
Erik ebbe un’intuizione di cui doveva parlare appena possibile con Sir Richard,
qualcosa che avrebbe risolto tutti i problemi e reso felice il suo tenero
ragazzino: tutto sarebbe andato bene se Re Henry avesse accettato di concedere
la sua clemenza e una dispensa speciale per la libertà di Edward!
Ma sarebbe mai stato possibile?
Fine decima parte
* Edward e Maggie persero la madre quando
avevano uno e tre anni, e il padre due anni dopo, mi piace pensare che gli zii,
Richard Plantagenet e la moglie Anne Neville, li abbiano cresciuti come figli
loro, con affetto e tenerezza.