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Autore: Abby_da_Edoras    07/09/2021    4 recensioni
Questa storia, che si ispira molto liberamente all'ultimo episodio della serie TV "The White Princess", mi è venuta da un sogno, praticamente ho sognato tutta questa vicenda in una notte e non ho potuto fare a meno di scriverla, quindi se vi sembra una follia (come in effetti è!) prendetevela con il mio inconscio! E' la notte della vigilia dell'esecuzione di Edward Plantagenet e Perkin Warbeck (che per me è comunque Richard). I due giovani rinchiusi nella Torre non sanno cosa li aspetta ma... ecco che un uomo riesce a penetrare nella prigione e dichiara di essere lì per liberarli. L'uomo è al servizio di Sir Richard Pole e il suo vero scopo è salvare Teddy per ragioni, diciamo, anche personali, ma entrambi i ragazzi avranno salva la vita grazie a lui. E poi... il mio delirio prosegue, non so ancora per quanti capitoli, grazie a chi vorrà seguirmi!
Non cercate il personaggio di Erik nella serie TV, nel mio sogno è stato "traslato" direttamente da Erik il Rosso di Vikings e nemmeno io so il perché!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori di The White Princess.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Edward Plantagenet / Teddy, Margaret Pole / Margaret of York
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Decima parte

 

Wise man said just walk this way
To the dawn of the light
Wind will blow into your face
As the years pass you by
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Sembrava che la vita, ormai, sorridesse a Edward e che tutti i suoi problemi fossero lontani. Aveva una sua piccola casa assieme a Erik, era simbolicamente sposato con l’uomo che amava e che lo aveva salvato, viveva vicino alla sorella… apparentemente era tutto perfetto, ma nel profondo del cuore del giovane c’era un male oscuro che lo corrodeva e gli portava via la luce dagli occhi, il colore dalle gote. Edward aveva lungamente desiderato di poter trascorrere le feste natalizie con tutta la famiglia riunita, ovviamente al fianco di Erik, ma anche con Maggie e Sir Richard e il piccolo Henry. Sognava di rivivere i Natali di quando era bambino e di cui conservava un ricordo molto sbiadito, fatto non tanto di immagini vere e proprie quanto di sensazioni. Provava un calore dolcissimo in tutta l’anima quando ripensava a quei Natali, gli sembrava di ricordare tante luci, un grande albero di Natale, gli abbracci della zia Anne Neville,* i giochi con Maggie e i cuginetti. Chissà se erano davvero frammenti di ricordi oppure solo sogni? Comunque fosse, Edward aveva desiderato disperatamente per tutti gli anni della prigionia di poter trascorrere di nuovo delle feste natalizie così serene accanto alle persone che amava ed era convinto che, quell’anno, finalmente il suo sogno si sarebbe realizzato.

Ma non era andata così. Le feste di Natale, com’era ovvio, erano anche un’importante occasione mondana per il Re e la Regina e alla corte di Londra, a Westminster, si succedevano banchetti e ricevimenti per gli ospiti più prestigiosi. Re Henry, per dimostrare a Sir Richard che si fidava di lui e che non aveva niente contro la sua famiglia, invitò i Pole a passare tutto il periodo festivo a corte e a intrattenersi con nobili inglesi e stranieri.

Sir Richard e Maggie, naturalmente, avrebbero anche fatto volentieri a meno di un simile onore. Mal tolleravano la vita di corte, non avevano piacere che il loro bambino avesse troppa esperienza di quel mondo corrotto e pieno di intrighi e futilità e, come se non bastasse, quell’anno avevano anche Edward con loro e avrebbero dovuto lasciarlo solo proprio in un periodo in cui si desidera maggiormente stare con le persone amate. Tuttavia non potevano rifiutare l’invito del Re. Sarebbe stato un oltraggio e, nella posizione in cui erano, avrebbero riattizzato i sospetti della Regina Elizabeth.

La cosa peggiore fu che Sir Richard non poteva privarsi dell’appoggio del suo Capitano e, così, anche Erik dovette trascorrere buona parte delle feste natalizie al fianco del suo Signore, a Westminster, con il cuore lacerato al pensiero del suo povero Teddy che avrebbe passato ancora una volta quei giorni da solo, nella piccola casa, con la sola compagnia dei fedeli servitori Joseph e Annie. Certo, era sempre un miglioramento rispetto agli anni precedenti in cui aveva trascorso le feste di Natale in prigione, ma Erik sospettava che Edward non avrebbe fatto poi tanto caso al miglioramento. Solo era e solo restava, e poco importava che adesso fosse in una casa tutta sua, servito da domestici affezionati, potendo uscire se e quando voleva… Non era questo che Edward aveva sognato, non era questo che voleva e Erik aveva la terribile sensazione che, quando le feste fossero terminate e lui e i Pole fossero finalmente tornati in Galles, avrebbero trovato un ragazzo molto più simile al prigioniero che avevano salvato dalla Torre di Londra, cupo e silenzioso, che al giovane vivace e allegro che Teddy stava ricominciando ad essere…

E così sia Erik sia Maggie non fecero altro che contare i giorni che li separavano dal ritorno in Galles, preoccupandosi ogni giorno per Edward e cercando di stargli vicino con lunghe lettere alle quali, però, il ragazzo non aveva mai risposto. E anche quello non era un buon segno.

Finalmente giunse il giorno della partenza. Sir Richard e Maggie salutarono e ringraziarono cortesemente i sovrani e poi si affrettarono a salire in carrozza con il piccolo Henry, sperando di riuscire a giungere alla tenuta in tempo per fare almeno una breve visita a Edward prima di andare a dormire. Erik, invece, prese il suo cavallo e lo spronò al galoppo per arrivare il prima possibile dal suo Teddy, il cuore stretto in una morsa d’angoscia e la mente piena di foschi presagi.

Quando giunse finalmente alla casetta che condivideva con Teddy, fece appena in tempo a consegnare il cavallo a Joseph perché se ne occupasse, ma non volle niente per sé, in quel momento non aveva tempo per ristorarsi e cambiarsi d’abito, doveva vedere subito Edward, verificare che stesse bene, abbracciarlo e fargli sentire che era tornato, che non doveva essere triste, che non lo avrebbe più lasciato solo. Si precipitò nell’abitazione e Annie, con un gesto muto, gli indicò il piccolo soggiorno dove stava il ragazzo.

A quel punto la frenesia aveva lasciato il posto a uno strano turbamento nel cuore di Erik. Lady Margaret gli aveva detto che Teddy, per molti versi, era ancora infantile e che spesso era capitato che, se lei non andava a fargli visita regolarmente in prigione, la volta successiva lui rifiutasse di parlarle, mettesse il broncio e non si voltasse neanche a guardarla. Erik avrebbe quasi sperato di trovare Edward imbronciato e offeso nei suoi confronti, avrebbe significato che, comunque, quella rabbia lo rendeva vivo, vitale, che poteva sfogarla e poi tutto sarebbe tornato come prima.

Il ragazzo che Erik trovò nel soggiorno, però, non teneva il broncio, non era arrabbiato, sarebbe stato meglio se così fosse stato. Edward sembrava tornato indietro di settimane, sembrava il ragazzo che Lady Margaret andava a trovare nella Torre di Londra. Si era seduto per terra, invece di approfittare del divanetto davanti al camino, e fissava fuori dalla finestra, come ipnotizzato dall’oscurità della sera, dalle stelle che ogni tanto spuntavano in mezzo a masse di nuvole scure, dai rari fiocchi di neve che danzavano nel cielo.

“In questi giorni non ha voluto mangiare quasi niente, passava tutto il suo tempo seduto per terra, come lo vedete adesso, signor Capitano” gli spiegò Annie a bassa voce e con una profonda preoccupazione negli occhi. “Ho cercato di preparargli piatti che potessero stuzzicare il suo appetito, volevo che potesse festeggiare anche lui, ma… ma Milord si limitava a farmi un dolce sorriso e assaggiava appena quello che avevo preparato. Quando non stava seduto per terra, tornava nella sua stanza e credo che abbia dormito molto più di quanto un ragazzo della sua età dovrebbe fare…”

Le parole di Annie scavarono un abisso di dolore nel cuore di Erik. Era questo, dunque, che il suo Teddy aveva fatto per tutti quei giorni? Se solo… se solo il Re avesse richiesto la presenza di Sir Richard a corte per un periodo più lungo, Edward sarebbe morto o comunque avrebbe finito per ammalarsi… se già non era accaduto. In preda all’angoscia, l’uomo entrò nel soggiorno, mentre Annie si ritirava in cucina.

“Teddy, sono qui, sono tornato!” gli disse, avvicinandosi a lui.

Il giovane si voltò lentamente e gli donò uno dei suoi sorrisi, ma non era il sorriso luminoso e allegro che Erik aveva imparato a conoscere e ad amare, era un sorriso mesto, debole, che non arrivava agli occhi i quali rimanevano tristi e colmi di una rassegnazione che era peggio di qualsiasi altra cosa.

“Ciao, Erik” gli disse, “sono contento che tu sia qui.”

Nient’altro. Era come se qualcosa si fosse spento.

Erik lo raggiunse e si inginocchiò accanto a lui per prenderlo tra le braccia. Neanche lui sapeva esattamente cosa fare. Doveva baciarlo? Doveva dirgli ancora una volta che lo amava tanto e che anche lui aveva sofferto standogli lontano? Oppure doveva soltanto stringerlo in un abbraccio caldo e protettivo per fargli sentire che era lì con lui e che non lo avrebbe mai più lasciato?

Lo abbracciò, ma non riuscì a resistere senza dirgli niente, il senso di colpa per averlo lasciato solo era troppo devastante, doveva chiedergli perdono, doveva cercare di scuoterlo da quella sua malinconia, quella tristezza desolata che sembrava succhiar via tutto il calore dal suo corpo e la luce dai suoi occhi.

“Edward, so quanto sei deluso, so quanto sei triste” mormorò, stringendolo a sé e accarezzandogli dolcemente i capelli. “So che aspettavi le feste natalizie con tanto entusiasmo e che sognavi di passarle con me e con la tua famiglia. Non posso neanche immaginare quanto sia stato doloroso per te dover rinunciare a questo tuo desiderio…”

“Non è colpa tua, Erik, non è colpa di nessuno” fu la risposta spenta del giovane. “Non potete disobbedire al Re…”

Per Erik fu ancora più triste constatare che Edward aveva in qualche modo accettato ciò che era successo, che nel suo dolore e nella sua delusione aveva pensato che non ci fosse altra scelta e che sarebbe andata sempre così, che non doveva più farsi illusioni perché non avrebbe avuto la vita che sognava, non sarebbe mai cambiato niente. Era stato proprio quello a distruggere la luce e l’entusiasmo dentro di lui, a uccidere la speranza nel suo cuore. Edward non ci credeva più, non credeva più alla possibilità di essere felice, non c’era un lieto fine per lui.

“Edward, ascoltami bene” gli disse Erik, prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi. “È un discorso difficile quello che devo farti, ma credo che sia giunto il momento. Purtroppo è difficile per me dirlo e sarà difficile per te accoglierlo, ma qualsiasi cosa è meglio di vederti così.”

Il ragazzo non rispose e si limitò a fissare i suoi mesti occhi nocciola nello sguardo chiaro e limpido del suo uomo.

“Io ti amo e voglio vivere con te, questo lo sai, non è cambiato niente e mai cambierà. Proprio per questo motivo ho voluto fare con te quella cerimonia simbolica del matrimonio, perché tu sapessi oggi e sempre che io ti starò sempre accanto, che tu sei la mia vita, la mia famiglia, la mia casa” riprese Erik, ricordando le parole che aveva detto a Teddy quel giorno al lago, quel giorno che adesso sembrava così lontano. “Però non posso stare sempre con te ogni momento della giornata, sono il Capitano delle Guardie di Sir Richard e ho degli incarichi da svolgere. Dopo che ti avevo liberato, Sir Richard mi ha concesso molto tempo libero perché potessi starti accanto, difenderti da eventuali pericoli, fare in modo che tu ti ambientassi e ti trovassi bene… ma adesso la situazione è più tranquilla, il Re ha dimostrato di avere ancora fiducia in Sir Richard chiamandolo a corte e molto probabilmente ha rinunciato all’idea di cercarti. Sei al sicuro qui, perciò io… io devo tornare a svolgere i miei incarichi come facevo prima. Lo capisci questo, vero?”

“Vuoi dire che mi lascerai solo tante altre volte?” domandò Edward, stavolta con una voce rotta dal pianto che si sforzava di trattenere. “Che non staremo più insieme come prima, mai più?”

Per Erik era una tortura dover spiegare quelle cose al ragazzo, lui stesso avrebbe davvero voluto trascorrere ogni istante della sua vita con Teddy… ma la vita reale era un’altra cosa e adesso toccava a lui farlo capire al suo giovane e ingenuo amante.

“Posso immaginare quanto tu abbia sognato di essere finalmente libero e quante cose avresti voluto fare” riprese, continuando ad accarezzargli i capelli con tenerezza. “Sei stato privato di una parte importantissima della tua vita ed è comprensibile che tu voglia riavere ciò che ti è stato tolto. E lo riavrai, Teddy, io farò tutto quello che posso, ogni giorno della mia vita, per rendere speciale tutti i momenti che passiamo insieme. Ma la vita quotidiana non può essere un’eterna vacanza, non possiamo andare ogni giorno a passeggiare nei boschi o organizzare una cena da Sir Richard o andare al lago… Ognuno di noi ha degli impegni, dei doveri da compiere, anche i nobili come Sir Richard e tua sorella.”

Lo sguardo di Edward era ancora triste, ma adesso pareva più attento e interessato, come se una tenue fiammella si fosse finalmente riaccesa nel suo cuore, così Erik si sentì incoraggiato a proseguire nel suo discorso.

“Avresti meritato di trascorrere delle feste natalizie meravigliose, con la tua famiglia e… con me, se era ciò che volevi, ma purtroppo il Re ha deciso altrimenti. Potrà capitare ancora che io debba passare dei giorni a Londra con Sir Richard, oppure che mi assenti una mezza giornata per i miei compiti di Capitano delle Guardie, ma non posso ogni volta dovermi preoccupare per come la prenderai tu, non posso stare sempre in pena per te. Io voglio che tu sia felice, Edward, non ho mai voluto altro da quando ti ho conosciuto!”

“Ma io… sono felice solo quando stiamo insieme…” obiettò il ragazzo, opponendo una logica stringente ai tentativi di Erik.

“Per me è lo stesso, ma questo non significa che non devo più svolgere le mie mansioni. Credi che io non preferirei restare qui con te e fare tutte le cose belle che abbiamo fatto finora? Credi che mi sia divertito ai ricevimenti e alle feste a corte? Ho odiato ogni minuto… ma era mio dovere esserci, al fianco di Sir Richard e Lady Margaret” ammise l’uomo. “Anzi, ho sopportato tutto questo perché sapevo che, alla fine, sarei tornato da te.”

Queste parole, finalmente, parvero riportare la luce sul volto e negli occhi di Edward.

“Davvero pensavi solo a me e volevi tornare?” domandò, emozionato.

“Ma certo, Teddy, non hai ancora capito che tu sei ciò che ho di più prezioso, importante e meraviglioso? Ma questo non significa che possa venire meno ai miei doveri, la vita è così e adesso sei abbastanza adulto per capirlo e accettarlo. Questo significa avere un rapporto maturo e consapevole con me…”

E, con grande sollievo di Erik, il giovane sorrise, quel suo sorriso gioioso e spontaneo che lo aveva fatto innamorare, e si buttò tra le sue braccia.

“Allora ho capito! Scusami, Erik, non avevo pensato che anche tu fossi stato male, che ti fossi mancato” mormorò, pieno di emozione. “Anch’io voglio avere un rapporto adulto, maturo e consapevole con te e… cercherò di non essere più tanto egoista. Voglio che tu mi stia vicino, ma quando non ci sarai ti aspetterò tentando di non intristirmi troppo. Così va bene, Erik?”

“Certo che va bene, Teddy. E io ti prometto che farò in modo di regalarti ogni giorno qualcosa di speciale, anche se ci saranno dei giorni in cui non potremo passare insieme molto tempo” ribatté l’uomo, stringendo il ragazzo con amore e tenerezza. Sapeva quanto fosse difficile per Edward accettare tutto questo, era ovvio che avesse sperato che, una volta libero, la vita sarebbe stata una continua festa, ma non era così, non poteva esserlo nemmeno per lui…

Avvolgendolo nel suo abbraccio caldo e protettivo, Erik lo baciò dolcemente, una, cento, mille volte. Perdendosi nella morbidezza e nella dolcezza delle sue labbra, tutte le preoccupazioni e le ansie di quei giorni scomparivano e rimaneva solo una tenerezza che faceva bene al cuore, mentre ogni istante si espandeva in un universo di amore e dolcezza che avrebbe cancellato tutto il male.

E proprio baciando Teddy e stringendolo a sé Erik ebbe un’intuizione di cui doveva parlare appena possibile con Sir Richard, qualcosa che avrebbe risolto tutti i problemi e reso felice il suo tenero ragazzino: tutto sarebbe andato bene se Re Henry avesse accettato di concedere la sua clemenza e una dispensa speciale per la libertà di Edward!

Ma sarebbe mai stato possibile?

Fine decima parte

 

 

 

 

 

 

* Edward e Maggie persero la madre quando avevano uno e tre anni, e il padre due anni dopo, mi piace pensare che gli zii, Richard Plantagenet e la moglie Anne Neville, li abbiano cresciuti come figli loro, con affetto e tenerezza.

   
 
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