Sono sdraiata sul mio letto. La casa è vuota da quando tu non ci sei più. Le
guancie bruciano, sono scese troppe lacrime. Ripenso ancora a quella
dannatissima notte. Mi alzo dal letto. Ho deciso di uscire. Vado a trovarti.
Fuori c’è una bella giornata. Mi avevi promesso che un giorno di questi mi
avresti portata a mare. Parole vane, vuote, inutili…
come i miei pensieri. Ho lasciato tutto com’era. E poi neanche Tom voleva che
toccassi nulla. I tuoi vestiti sono ancora su quella sedia. Li prendo e li
porto al mio viso. Il tuo profumo… Sapessi quanto mi
manca. È incredibile come a volte Dio ci tolga le persone a noi più care. Li
strappa via noncurante del dolore che provano le persone. Poso la maglietta
nera attillata sulla sedia, il volto rigato dalle lacrime. Se sapessi che sto
piangendo per te mi rimprovereresti. Ma non puoi
farlo. Ti hanno strappato alla vita, e tu non hai lottato per rimanere qui.
Forse, ora, saremmo una famiglia. Quella sera avevo deciso di dirti tutto.
Avevo deciso di dirti che stavi per diventare padre. Era la notte di Natale.
Eravamo tutti nel soggiorno. Improvvisamente ti arriva una chiamata. Getti il
mio regalo per terra ed esci prendendo la giacca. Stavi attraversando la strada
per raggiungere l’altra parte del marciapiede, ma non ci sei mai arrivato.
Il giorno dopo, in ospedale mi dicesti che qualunque cosa ti fosse successa mi
saresti stato accanto. Lo sapevi. Sapevi che non ce l’avresti
fatta. Sapevi che eri troppo debole per combattere
contro la morte. Perché te ne sei andato? Perché mi hai lasciata
definitivamente sola?
Dimenticarti è troppo difficile.
Le lacrime, che poco fa avevo trattenuto, sgorgano di nuovo. Non mi danno pace.
Mi vesto. In mente ho ancora i tuoi tristi occhi che mi fissano dolcemente.
Prendo quel regalo, quello che dovevo darti la notte di natale.
Quello stesso regalo che dovevi scartare poco prima di quel dannatissimo
incidente. Inizio a singhiozzare. Non ce la faccio. Il dolore mi distrugge
lentamente. Vorrei poterti raggiungere, ma ne tu ne
tuo fratello me lo permettereste mai. Arrivo al cimitero e imbocco il primo
vialetto a sinistra. Mi avvio verso la tua lapide. Sei così bello.
Sorridi. Sempre perfetto, come al tuo solito.
“Sai bill, quella notte… quando hai avuto
l’incidente, io… dovevo dirti una cosa…”
La mia voce è cupa e spezzata dalle lacrime, lo è da quando te ne sei andato.
Guardo di nuovo la tua foto, la sfioro dolcemente con la mano, convinta che
quel tocco potesse arrivare a te. Vorrei tanto che tu potessi sentire le mie
parole. Scarto il regalo, purtroppo tu non potrai mai vedere cosa c’è
all’interno. Togliendo la carta regalo, si inizia a
distinguere la forma di due scarpine per bimbo. Appena le esco, si riconosce il
colore. Rosa. Rosa, come quella bambina che desideravi tanto. Chissà se ti somiglia.
Saresti stato felice di diventare padre. Tom me lo ripete in continuazione, ogni
volta che mi vede piangere. Ogni volta mi dice ‘’pensa alla bambina e a quanto
Bill sarebbe stato felice di averla.,,
Però sai, anche se ha ragione, io non ce la faccio. Tu
eri la mia forza. Tu eri l’unica persona che mi aiutava ad andare avanti, a
superare i momenti difficili. Ma ora tu non ci sei
più. E io sono sola.
Improvvisamente sento scalciare dentro me. Poso una
mano sul ventre gonfio. È strano sentire qualcuno che si muove dentro di me.
Non l’avevo mai sentita. Pensavo che fosse solo un sogno, che in realtà non ci
fosse mai stata. E invece eccola qui, reale come l’incubo che sto vivendo.
Qualcuno si ferma dietro di me. Mi volto. In mano ho ancora le scarpine.
“Che bella mamma…”
Guardo quel tizio. Non so chi sia. Mi tocco il grembo e sorrido. Beh, come fa a
dire che sono bella lo sa solo lui. Il trucco è sbavato, gli occhi spenti, la
carnagione pallida… Da quando sei morto non ce la
faccio neanche a mangiare. Tutto mi ricorda te. Anche questo ragazzo,
ti somiglia in una maniera pazzesca. Gli stessi occhi, lo stesso colorito
pallido, lo stesso fisico e modo di vestirsi… siete identici. Solo che lui non ha i capelli lunghi come i tuoi. Poi mi soffermo a guardare l’abbigliamento.
Indossa i tuoi pantaloni a righe e la tua maglietta bianca, quella che a me
piaceva tanto. Poi alzo lo sguardo sul suo viso. Il neo. Quello che avevi tu
vicino al labbro, lo ha anche lui. Dio santissimo.
“Bill…”
Sorride. E apre le braccia come a dire ‘’beh, eccomi qui.,,
Piango. Mi avvicino a lui e lo stringo.
“Ich liebe dich mein liebe…”