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Autore: Kafee91    01/09/2009    0 recensioni
I temporali estivi sono sempre così, iniziano ad avvisarti della loro presenza con lampi silenziosi, così potenti che illuminano gli angoli più bui e stretti delle strade; diventano insistenti fino a lasciar lentamente il posto ai loro fratelli tuoni. Arrivano da molto lontano, il loro boato è leggero ma inarrestabile, diventa sempre più vicino fino ad esplodere. Bum! Terribili e spietati. Giunge così la pioggia con una danza vertiginosa, con delle gocce grosse pesanti e fredde. Molto fredde.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I temporali estivi sono sempre così, iniziano ad avvisarti della loro presenza con lampi silenziosi, così potenti che illuminano gli angoli più bui e stretti delle strade; diventano insistenti fino a lasciar lentamente il posto ai loro fratelli tuoni. Arrivano da molto lontano, il loro boato è leggero ma inarrestabile, diventa sempre più vicino fino ad esplodere. Bum! Terribili e spietati. Giunge così la pioggia con una danza vertiginosa, con delle gocce grosse pesanti e fredde. Molto fredde. Illudono di portare quella freschezza che il sole torrido di luglio fa dimenticare.
La notte non resterà qui in eterno e il suo buio se ne andrà come sempre, è già tardi: pochi minuti dopo l’una. Questa notte io voglio essere come uno dei lampi che sta schiarendo l’asfalto del marciapiede sopra al quale sono seduta mentre poggio ad un muro, voglio essere una presenza silenziosa ma luminosa, a intermittenza, pericolosa e fastidiosa. Voglio squarciare il cielo con una luce abbagliante senza far rumore, non mi serve la falsa forza dei tuoni, sono potente come un lampo. Sono più potente di un lampo. Fino a che la notte è dalla mia parte devo andare, devo mostrarmi in tutta la mia fulminea e gracile bellezza. Devo farlo ora!
I miei lunghi capelli lisci sono fradici nonostante abbia il cappuccio della mia leggera felpa in testa, maledizione! Li avevo piastrati per la sera! Stare seduta qui da sola però non serve, nessuno può vedermi e nessuno verrebbe, la cacciatrice di questa dilaniata notte sono io. Mi alzo. Detesto sentire il freddino che lascia la pioggia sul corpo non più riparato nemmeno dai vestiti; la pelle diventa ruvida e si è bersagli scelti a casaccio di un’insensata scarica di colpi provenienti dal cielo. Ripararsi sotto qualche edificio o con l’ombrello è perfettamente inutile poiché sai che non smetterà per te e comunque si è già bagnati, non si torna mica indietro. I miei piedi si muovono ma sono pesanti, il marciapiede è coperto da diversi millimetri d’acqua e loro sono rattrappiti e rugosi, i miei sandali con i lacci “a schiava” si stanno stringendo infastidendomi la caviglia.
Il temporale si è scatenato: buom buom!! E’ davvero forte, i lampioni della strada si sono spenti e tutto intorno a me è buio, non c’è una finestra di questi condomini dai muri a vista dalla quale esca un po’ di luce; forse è anche per via dell’ora. L’odore dei cespugli che decorano il viale è ora forte, sento il fresco profumo del verde e della menta invadermi le narici e aprirmi i polmoni. Continuo a camminare. Ho un andamento dondolante, appesantito dalla pioggia che ho addosso, che sta sotto i miei piedi, che non mi lascia tregua dal cielo. Arrivo davanti ad un parcheggio praticamente vuoto, la P è però ancora luminosa; è l’unica cosa luminosa in tutta la via. A che serve poi? Sono io la fonte di luce di questa notte, di questo angolo di vite. Mi fermo un attimo e sollevo lo sguardo per ammirare la bellezza delle forme di lampi e tuoni che percorrono il cielo e assaggio il sapore della pioggia. Sa di vuoto e di acqua, sa di freddo; è un sapore che mi piace. Ora però le mie labbra bruciano.
Alla mia sinistra vedo un vicolo e una porta che continua a sbattere, non è stata chiusa bene. E’ l’entrata per un condominio di soli due piani. In realtà sono ambienti ricavati per ospitare studenti universitari siccome i due studentati della città non sono più sufficienti per accogliere tutti. E’ per quella porta che devo passare, per quella porta pesante che continua a sbattere. Le sono di fronte, ci appoggio il palmo della mano destra e sento il suo di freddo, un freddo metallico; alzo di nuovo il volto e con un sorriso ammiro un altro lampo, poco più in basso vedo una finestra dalla quale debole e fioca giunge la luce di una candela poco calorosa. Entro. Salgo per i trentaquattro gradini che conducono al piccolo appartamento della finestra con la candela.
Toc toc. Silenzio. Rumore di passi. Tintinnio di catenacci. La porta inizia ad aprirsi e dalla fessura filtra la luce di una lampada da comodino. La porta è aperta. Dei ricci neri nascondono degli occhi azzurri come l’oceano; si rivelano a me stupiti. Dal mio cappuccio nero e dai miei bagnati e scombinati capelli castagna compaiono due occhi verde smeraldo. Sono un lampo. Illumino con il bagliore di un lampo l’ambiente attorno a me e tutto si fa silente.
“Emi..” sollevo il dito indice sinistro, non devi parlare tu. Solo io. Guardo gli occhi oceanici e qualcosa si contrae dentro di me, non è lo stomaco, è il mio appesantito cuore. Davanti a questo sguardo mi sento nuda, vergognosamente nuda. Mai mi ero sentita così quando nuda davanti a quegli occhi lo ero veramente anzi, mi sentivo accolta da un’aura protettiva. Una cosa allora era chiara: indossavo un halo quando mi guardavi.
“E’ nata come una storia sbagliata, l’ho capito ora… Ma prima io ero così ingenua che continuavo semplicemente perché volevo amarti. –Respiro, i tuoi occhi si stanno intristendo, non gli avevo mai visti così- Una cosa allora e ora è chiara: indosso un halo quando mi guardi. Ma non lo voglio più. Rivorrei indietro tutto quello che ho perduto dandolo a te. Ora basta.” Prendo un’altra pausa e per fortuna non proferisci parola, stai zitto con lo sguardo fisso profondo e lucido. Stai soffrendo. Tu mi ami. Se aprissi bocca mi riprenderesti immediatamente e subito ci ritroveremmo nel tuo divano letto, e tu lo sai. Ma per fortuna non reagisci, soffri silenziosamente.
“Addio” ti volto le spalle e scendo le scale. Devi esserti buttato in ginocchio sul tuo uscio, ho sentito uno strano tonfo. Ciò che dentro di me si era contratto, dopo quel tonfo fa ancora più male. Il mio cuore da te non si è liberato. Chiudo la porta. Si schiude, è difettosa allora. La pioggia continua a cadere senza dar pace al mio nudo corpo. 


Nota finale: il titolo di questa one-shot è anche il titolo della canzone di Bethany Joy Lenz, "Halo". Spero vi piaccia^^

K.
  
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