2) Un nuovo caso per City
Hunter
Ryo sorseggiava il suo caffè senza dare
troppo peso alle risate che risuonavano vivaci dalla stanza della sua partner. Era
stata una mattinata difficile la sua, fin troppo, a causa di quel “piccolo”
incidente. Tra un sorso e l’altro ci si soffermava più e più volte non riuscendo
a fare a meno di scacciar via l’immagine delle labbra di Kaori così vicine alle
sue. Impedirsi di baciarle era risultata una vera impresa, la più difficile
avrebbe azzardato e probabilmente lo avrebbe fatto se non fosse stato
interrotto dalla voce di Kyoko; sarebbe bastata una frazione di secondo in più,
una soltanto. Sorrise amaramente a tali pensieri. “Mai innamorarsi” era la sua
regola, una semplice scappatoia per assicurarsi di essere longevi nel campo e
possibilmente di non lasciarci la pelle. Aveva promesso a Makimura
di occuparsi di sua sorella, di proteggerla ad ogni costo. Concedersi ai suoi
sentimenti sarebbe stato un impiccio non di poco conto. Lei era troppo per quel
suo mondo meschino e tenerla a debita distanza era l’unico modo che conosceva
affinché potesse mantenere la parola data al suo defunto amico. Finito il caffè
si accese una sigaretta, l’ennesima della giornata e guardò fuori dalla ampia
finestra. Doveva assolutamente dimenticare quell’episodio. Ma come?
Gli risultava dannatamente difficile
ascrivere ad un solo momento il quando e il perché di quei sentimenti, forse per
la paura di arrendersi alle evidenze che tanto voleva sconfessare. Kaori era
entrata come un tornado nella sua vita scombussolandola in una maniera che mai
avrebbe immaginato.
Venne richiamato sul pianeta Terra dal
soggetto dei suoi pensieri. – Ryo, Kyoko si sente
pronta a parlarci.
Prese posto sulla poltrona in silenziò
e adocchiò la donna misteriosa che gli sedeva composta di fronte. I lunghi
capelli neri, lasciati liberi di ricadere sulle spalle, ne facevano risaltare
ancor più la carnagione diafana. Gli occhi, grandi e vispi, ricambiavano il suo
sguardo con maggiore forza di quanto avessero fatto la notte passata. Le labbra
cercavano di condurre un filo immaginario dei pensieri dispiegandosi di volta
in volta in piccole, impercettibili, smorfie. Indossava dei vestiti di Kaori:
un maglione e un paio di jeans, eppure pensò che la sua partner li valorizzasse
meglio nella loro mondana banalità.
–Allora? Sto aspettando – esordì dopo
poco spazientito. Il tempo di un lungo respiro e poi un racconto. – Come già
sapete mi chiamo Kyoko Sato. Sono una, anzi ero, una ricercatrice e mi occupavo
di neuroscienze. Sono stata purtroppo complice, non per mia volontà, di atti
mostruosi e criminali e chiedo il vostro aiuto per rimediare ai miei torti– esordì
prendendosi poi qualche secondo, visibilmente in difficoltà nel rivivere quei
dolorosi eventi. – Ero parte di un programma sperimentale sotto Nova Pharma.
– Nova Pharma? Parliamo dell’azienda smantellata
cinque anni fa? – la interruppe Kaori. – Ne ho letto sui giornali recentemente
dopo le condanne definitive ai membri del consiglio di amministrazione per
spionaggio industriale e compravendita di dati sensibili. Pare che i brevetti
siano stati rilevati il mese scorso da un misterioso imprenditore.
– Sì, proprio quella – annuì Kyoko sommessamente.
– In team con altri scienziati lavoravo ad un esperimento sul condizionamento
mentale a scopo terapeutico. Credevo di poter aiutare le persone, quella era la
mia missione. Avessi saputo… – si fermò nuovamente sentendosi gli occhi
bruciare.
– E poi è andato tutto storto –
aggiunse Ryo, ch’era rimasto in silenzio tutto quel
tempo, – hanno usato le ricerche per altri scopi, vero?
Un triste sorriso confermò la sua
supposizione. – Sì, è andata proprio così. Ma noi volevamo fare la differenza
in meglio non creare un nuovo MK-Ultra… io credevo, tutti in realtà, credevamo
nella bontà del nostro operato.
– MK-Ultra? Cos’è? – domandò Kaori.
– Si tratta di un vecchio esperimento
ideato dai servizi segreti americani messo in piedi per ricercare soggetti a
loro dire sovversivi. Controllo della mente, siero della verità, lobotomie, non
si facevamo mancare nulla quei simpaticoni – le rispose Ryo
accendendosi un’altra sigaretta. L’intera faccenda cominciava ad infastidirlo e
non poco per un motivo imprecisato. Esalò i suoi pensieri in una fitta nuvola
grigiastra – un bel casino, non c’è che dire.
– Sotto la guida del professore Masatoshi Kokubo, luminare nel
campo della psichiatria, avevamo ideato un profilo terapeutico per curare, come
dicevo, gravi casi di disturbi della personalità con un mix di impulsi
audiovisivi e medicinali. I primi trials si rivelarono da subito come molto
positivi… poi ci arrivò l’ordine di estenderli a soggetti perfettamente sani e
con altri scopi – continuò la donna tutto d’un fiato, - fui vittima come tutti
i miei colleghi di forti pressioni da parte degli investitori, il potenziale di
poter controllare la volontà altrui era una occasione troppo ghiotta per quei
bastardi!
– È terribile – commentò Kaori trattenendosi
a stento dal lasciare il suo posto in preda ad un forte senso di nausea. Tutta
quella storia gli ricordava in un certo senso della Union Teope
e della polvere degli angeli, uno strumento di controllo e morte. Pensò a Maki
e non si trattenne – è il sogno del criminale più schifoso questo, la vita non
ha alcun valore per mostri del genere.
– Già – convenne con lei la scienziata
ad occhi chiusi. Non voleva piangere. Era inutile piangere. La sua missione era
di fermarli e non poteva concedersi il lusso di farlo, le sue mani erano
sporche di sangue e la sua coscienza gridava mai paga ogni notte pietà. – Kokubo rassegnò le dimissioni… o fu costretto a farlo dopo
essersi opposto a quella follia. Venne ritrovato morto qualche mese dopo nel
suo appartamento, suicidio scrisse la stampa. Presi il suo posto a capo del
progetto. Non potevo rifiutare o mi avrebbero uccisa.
- Comprensibile. Eri da sola, non ti
biasimo. Non deve essere stato facile.
–No, non ero sola, Kaori. Grazie ad una
soffiata fatta dal professore prima di morire, la polizia prese ad indagare su
Nova Pharma ottenendo vari arresti importanti. Ma non bastò, anzi fu l’inizio
della fine. Il progetto venne smantellato in fretta e furia, tutti i testimoni chiamati
a deporre mentirono trasformando il processo in una grossa farsa, la stessa
memoria di Masatoshi venne infangata – spiegò Kyoko
rossa in viso, come se fosse in collera col mondo intero, – “il genio decaduto infanga
l’azienda che aveva creduto in lui”, ricordo ancora commenti del genere. Che
schifo! Non se lo meritava, Masatoshi era un uomo
buono, un’anima troppo candida per quel mondo di squali. Ricordo ancora le sue
lacrime di gioia al telefono quando mi annunciò di aver ottenuto i fondi da
Nova Pharma per la sua ricerca – concluse la donna sull’orlo del pianto.
Ryo, d’altro canto, aggrottò le
sopracciglia, molto incuriosito dalle ultime frasi pronunciate. – Hai cambiato
tono, che strano. Kyoko dimmi la verità. Non era solo un rapporto professionale
il vostro, mi sbaglio? – spense il mozzicone nel posacenere prima di sporgersi
in avanti col busto quasi fosse pronto ad un interrogatorio. Un leone pronto a balzare
sulla preda. – E scommetto che hai testimoniato il falso al processo pur di non
rovinare definitivamente la reputazione del professore pazzo che gioca con le
menti di poveri fanciulli ignari. Proprio un peccato che…
SMACK
Non fece in tempo a finire la frase che
venne colpito da un sordo ceffone al viso. – Sei un bastardo! Non osare mai più
parlare di Masa in questo modo! – gridò ella con tutta la forza che aveva in
corpo prima di scappare via dalla stanza in lacrime, diretta verso quella
ch’era stato il suo rifugio la notte scorsa.
– Ryo… che
cavolo ti prende?!
– Lasciami stare. Sono stanco di queste
cazzate. Ti ricordo, Kaori, che ogni fottuto istante mettiamo in gioco le
nostre vite, e io la mia non la metto all’asta per chi non è sincero fino in
fondo. Fallo tu se proprio hai tanta voglia, mi confermeresti che non sei
portata per questo mestiere! – l’attaccò lui sentendosi abbandonato
ingiustamente da chi avrebbe dovuto spalleggiarlo.
– Non puoi immaginare cosa abbia
passato… sei stato uno stronzo. Devi chiederle scusa, ora!
– Scordatelo. Vado a fare due passi.
Il tonfo d’una porta che andava
chiudendosi fu l’indegno finale di quella discussione. Kaori trattenne a stento
un grido prima di scagliare il primo oggetto trovatosi sotto mano contro la
nuda parete.
****
– Che hai combinato questa volta, eh?! –
lo ammonì la donna dietro il bancone. Perfetto, che giornata di merda, pensò.
Di male in peggio. – Lascia perdere! Se Kaori la smettesse di credere agli elfi
e ai folletti andrebbe già meglio – ribatté scanzonato lo sweeper
venendo però fulminato con lo sguardo dall’altro uomo poco distante dalla
scena. – Da quando in qua in questo bar si maltrattano i clienti, uh? –
continuò senza darsi pace. – e tu scimmione togliti quel ghigno dalla faccia o
ci penso io! –
-Provaci, ti aspetto!
L’ennesima rissa al Cat’s
Eye venne per fortuna sventata dall’arrivo dell’ispettrice Saeko
Nogami. Tempismo perfetto. – Sempre i soliti–. Venne accolta con mille feste dall’irriducibile
cascamorto che, come prevedibile, non riuscì a trattenersi dal provarci
spudoratamente.
– Ciao Saeko, ti
vedo in gran forma. Vieni qui a sederti vicino al tuo Ryo
– la chiamò facendo ampi gesti. – No, non ho tempo di fermarmi, mi spiace.
– Che palle! Non puoi proprio? – si
lamentò lui col tono d’un bambino deluso. Come una vecchia commedia i due
recitavano la stessa parte da anni e la cosa in fondo era divertente per
entrambi. – No caro mio, però ho qualcosa che può interessarti.
Nelle mani dell’ispettrice c’era un
vecchio faldone pieno di documenti, su di esso una etichetta riportava una
sigla indecifrabile. – Ho i documenti che cercavi sul caso di cui mi parlavi al
telefono. Se sapessero che te li ho consegnati passerei un brutto quarto d’ora.
Siamo pari ora, Ryo. Anzi, mi correggo. Sei in debito
– sorrise maliziosamente. Aveva vinto ancora una volta.
– Certamente.
Pagato il conto, lo sweeper
più famoso di Shinjuku si congedò senza troppi convenevoli. Aveva ottenuto cosa
stava cercando. Era tempo di vederci chiaro.
****
Rincasò poco prima di cena e scivolando
via furtivo s’era rinchiuso nella sua stanza evitando qualsiasi interazione.
Prese a sfogliare il dossier con cura di non mancare nulla: lì dentro non
c’erano mica tutte le risposte ai suoi quesiti, questo lo sapeva bene, ma erano
i dettagli a fare la differenza in casi del genere. City Hunter viveva di mezze
verità, di tentennamenti, bugie e reticenze. Evitarle era impossibile, e
l’unico modo per scardinarle era immergersi in quella fanghiglia che spesso lo
nauseava per riemergerne più consapevole, più pronto ad accettare che le brutture
del mondo erano tante quanto le sue bellezze. Non è che non credesse a Kyoko, lo
faceva solo che… a metà, ecco. La storia dietro c’era anche se lacunosa: erano
il fine e la parte del salvatore, da lui ipoteticamente rivestita, a mancare.
Cosa vuoi da me, Kyoko. Cosa mi
nascondi?
Leggendo i vari rapporti sulle indagini
ne emerse che era vero quanto raccontato dalla donna: Nova Pharma era stata
portata a processo per corruzione di pubblico ufficio nel garantirsi fondi
illeciti e per compravendita illegale di cartelle mediche. Oltre ciò, però non
si accennava al lato più oscuro della faccenda, nessuna menzione del misterioso
e terribile esperimento. Sparito tutto, proprio come narrato dalla misteriosa
ospite. Un altro punto a favore di Kyoko.
Notò con grande arguzia, riordinate le
trascrizioni dei principali interrogatori, come tutti i soggetti narrassero del
profondo legame tra il Prof. Kokubo e il fondatore
dell’azienda, un tale Genzo Kobayashi, ora in carcere.
Una bella recita di gruppo, un piano per
ora perfetto, non c’è che dire. Ma organizzato da chi? Segnò con la penna un grosso punto
interrogativo su di un foglio.
Un morto può mica difendersi, no? Fece delle
supposizioni sul modus operandi delle forze dell’ordine. La soffiata trapelata
agli sbirri sarebbe stata secondo lui interpretata come l’ultimo gesto di
ripicca di un eccellente studioso per coprire la vergogna e l’umiliazione. Ma
perché non farlo prima? Cosa aveva spinto il professore a non agire con
tempestività? Possibile fosse solo paura?
Mezze
verità o bugie? La polizia il suo mostro lo aveva già, perché dover
rettificare? Cosa abbiamo qui…
Segnò inoltre i nomi dei vari dipendenti
interrogati, più per scrupolo che per altro: rintracciare qualcuno a distanza
di anni era un’impresa ardua anche per un segugio come lui. Lesse per ultimo l’interrogatorio
di Kyoko. Le sue dichiarazioni, scandite il più attentamente possibile, vennero
ritenute dai periti a quanto scritto come mendaci, in quanto era ben noto in
tutto l’ambiente del legame sentimentale instauratosi col “presunto” suicida. In tribunale la scienziata non ci aveva mai
messo piede. Tutto molto strano, fin troppo. Nessuna prova venne trovata del
fantomatico esperimento Nova 01 citato a più riprese nei verbali delle lunghe
sessioni in centrale. Alcuni passaggi dell’interrogatorio, sul finire,
narravano di minacce subite come ad esempio il caso d’una lettera minatoria
dove le si intimava di tener la bocca chiusa. Di neanche quella c’era traccia.
Merda, qui non torna un cazzo!
Un particolare alla fine dell’ultimo
foglio lo fece trasalire sin quasi a cadere dal letto ove era disteso da un
paio d’ore oramai. Una firma recitava: “Hideyuki Makimura”.
Maki si è occupato di questo caso?
Non fece in tempo a ricomporsi che venne
ripreso dalla voce di Kaori che risuonava ovattata da dietro la porta: – Ryo so che sei lì, posso entrare?
E ora?
– Ho un po’ di mal di testa Kaori,
parliamo domani.
- Ti prego… - gli venne da tremare a
quella richiesta sino a sentirsi un verme per quanto successo poche ore prima.
Non ebbe la forza di mentire una seconda volta.
– E va bene, entra.
La vide aprire lentamente la porta e
intrufolarsi nella sua camera in maniera goffa. Gli occhi, gonfi per il pianto,
lo squadravano senza pausa; lui ricambiava a fatica, colpito da tanta forza.
Imprecò mentalmente una seconda volta. Aspettò in silenzio che si accomodasse
sul letto dopo averle fatto spazio. Kaorì aprì bocca:
il tono di voce era roco, sporco, quella voce che tanto amava per una volta era
pronta a rammentargli dei suoi peccati quotidiani. Forse aveva ragione lei,
forse era realmente uno stronzo. – Noto che stai lavorando al caso.
– Sì, più o meno.
– Progressi?
– Alcuni, cosa volevi dirmi?
– Vorrei insultarti o meglio colpirti
per oggi, ma non lo farò, e sai perché?
– Perché?
– Punto primo, sono il miglior socio tu
potessi desiderare mio caro. Punto secondo, un tipo molto scorbutico una volta
mi ha affidato testuali parole… – enunciò energicamente prima di scimmiottare
con tono drammatico un vocione da uomo vissuto – “Se il tuo cuore non è dalla
parte del cliente allora non dovresti accettare il caso”.
Touché, Kaori. Ottima mossa.
– E io t’ho visto Ryo,
ho visto che in fondo ci credi più di quanto vorresti ammettere a tutta questa
storia. Non avresti di certo mosso un dito non fosse così.
– Kaori.
– Mh?
– E se ti dicessi che c’entra anche Maki
in tutta questa faccenda?
Fine Capitolo
Eccoci qui alla fine di
questo capitolo. Quanti avvenimenti, eh? Prendetevi un attimo di riposo, siamo
solo agli inizi! Adoro da sempre la componente investigativa/crime di City
Hunter e, sin dalle prime parole gettate su d’un foglio virtuale, ho deciso che
l’avrei valorizzata al mio meglio.
Il nostro eroe non ne esce
benissimo da questo capitolo, ne sono conscio. Kaori, d’altro canto non gli
permetterà di essere sottovalutata come una volta. E Kyoko ne avrà di cose da
spiegare.
Ma i conflitti interni in
tempi incerti si sa sono pericolosi e tutto può succedere. Non vi resta che
seguire i prossimi capitoli. Alla prossima!