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Autore: Helen_Rose    12/09/2021    0 recensioni
Marcello e Roberta si sono ricongiunti da sei anni; è nata loro una bambina, Vittoria Emma, che ha da poco compiuto due anni nell'aprile 1968, quando arriva improvvisamente una lettera di Ludovica dalla quale si evince che cinque anni prima, all'insaputa di Marcello, è nato il loro figlio, Marco Tancredi. Ora, lei è sposata con il Principe Franz Gustav Thurn und Taxis, ma ricompra Villa Brancia per avere una casa anche in Italia e permettere a Marcello di crescere suo figlio insieme a lei e a Gus, se lo vorrà.
Marcello è molto scosso da questo fulmine a ciel sereno, ma decide che farà tutto il possibile per essere un buon padre per suo figlio, che ama già al primo sguardo; è arrivato il momento di recuperare il tempo perduto. Roberta lo supporta in questa decisione, diventando una specie di zia per Marco Tancredi, che crescerà insieme alla sorellina Vittoria Emma.
In corso
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Entra in casa come una furia, sbattendo la porta dietro di sé. Roberta sussulta. Sta provando a far addormentare Vittoria senza successo: ha quasi due anni, ma sembra voler già rinunciare al sonnellino pomeridiano, con somma disperazione di entrambi i suoi genitori, specie di Roberta, che fa le ore piccole per tener dietro alla burocrazia universitaria. Va all'ingresso, scorge suo marito e urla d'istinto: è paonazzo, visibilmente agitato, per non dire totalmente fuori di senno, e la sua mano destra è tumefatta. Il ritratto di un pazzo, praticamente. Manco a farlo apposta, la bambina inizia a piangere e urlare contemporaneamente, alla vista del papà. I piccoli capiscono davvero tutto. Invece, gli adulti, manco un po', a volte.                                                                                                         Abbastanza inquieta, Roberta adagia la figlia nel suo lettino e si dirige verso Marcello, chiedendo cosa sia successo. Lui è totalmente fuori di sé, animato dalla voglia di spaccare tutto, ma prova a contenere le azioni per via della bambina. Il tono di voce, però, sfugge al controllo, e di certo non è quello tipico da biblioteca. Inanella imprecazioni, una dietro l'altra.                                                                    "Marcello, cosa è successo? Parla" si attenta a chiedere lei, per la seconda volta.
Lui non riesce ad articolare le parole, e nel dubbio tace, facendo avanti e indietro per la sala, preda di un'ira a dir poco funesta. "Marcello, t'ho detto di spiegarmi!" incalza Roberta, spazientita e terrorizzata allo stesso tempo. Teme il peggio. Teme che abbiano avuto guai in caffetteria, magari delle minacce, di nuovo, e che abbia dovuto difendersi con la forza e le botte.

Marcello prende un profondo respiro e cerca di articolare un pensiero di senso compiuto. Non è giusto tenere Roberta così sulle spine: deve sapere; anche se, a dirla tutta, teme molto la sua reazione. Peccato che, nonostante la ferma e nobile intenzione di esprimersi con lucidità, i sentimenti in subbuglio, contrastanti, la collera su tutti, abbiano ancora la meglio:
"È successo che pare io sia il padre di un Conte, o addirittura di un Principe, pensa: i dettagli dinastici mi sfuggono, in questo momento, ma visto l'interesse per certi argomenti, non ho dubbi che quella pazza da internare mi fornirà informazioni più dettagliate appena potremo comunicare più chiaramente, non di certo per lettera!".
Roberta è a dir poco interdetta. Crede di non aver sentito bene, poi si concentra e capisce che è tutto vero. Deve sedersi. "Come sarebbe a dire ... Padre? Tu? Di chi? Chi sarebbe la pazza da internare?"
"Ah, ma me la pagherà, stanne certa!"
"Marcello, esplicita il soggetto, per l'amor del cielo, o sarò io a farti internare! Chi. È. La. Madre. Di. Questo. Figlio. Dimmelo"
"È Ludovica Brancia. Parto per Parigi, ora, immediatamente. Dov'è la mia valigia?".                                                          Questo sì che è un vero e proprio colpo di scena. E chi se lo sarebbe immaginato.
"Fermo dove sei. Nessuna valigia. Ora tu e io ci facciamo una bella chiacchierata: mi spiegherai punto per punto come diamine hai potuto cacciarti in una situazione del genere. Scema io a pensare che una relazione senza importanza richiedesse un esiguo numero di rapporti di quel tipo e anche una certa attenzione ai dettagli. D'altronde, se consideriamo Nicoletta ..."
"Ecco, sicuramente Riccardo Guarnieri sapeva ogni cosa, ma vigliacco se nelle sue visite di cortesia alla famiglia Reale ha pensato di fare una capatina tra noi umili servitori e informarmi dell'esistenza di un figlio nelle cui vene scorre il mio sangue! Ma io l'avevo capito dal primo istante che di lui non ci si poteva fidare! Guarda la fine che ha fatto mia sorella, in mezzo ai canguri, per colpa sua, sua e di quella matta da legare! Ma ora mi sente!"
"Calmati e respira. Non è il caso di scomodare tutto l'albero genealogico. Attieniti alle mie domande, piuttosto, di grazia. Mi devi delle spiegazioni, caro".
Alcuni frammenti delle argomentazioni di Roberta hanno raggiunto il cervello di Marcello, che sta iniziando a intuire la gravità della situazione, ma è ormai nel bel mezzo di una crisi di iperventilazione.

Sentendo i genitori agitarsi, Vittoria urla e strepita a propria volta, desiderosa di attirare l'attenzione e spaventata dalle scenate alle quali non è affatto abituata: qualche discussione accesa, al massimo. Roberta inizia a realizzare che forse è il caso di chiamare Armando per chiedergli di portare la bimba al parco: tanto, non dormirebbe comunque, specie in tali condizioni. Avvisa Marcello e compone il numero, ma lui non la sente neppure. Si precipita verso la stanza di sua figlia, la solleva dal lettino e la stringe a sé, pur cercando di non soffocarla. Avverte il bisogno spasmodico di sentirla vicina. Roberta, perplessa, posa la cornetta senza aver ancora parlato con Armando e segue Marcello nella stanza di Vittoria. Ciò che vede le spezza il cuore e, per un attimo, le fa dimenticare la confusione e la rabbia che sta provando: suo marito è un padre straordinario per la loro piccola, e lo ha dimostrato ogni giorno, fin da quando lei era incinta e si affannava per soddisfare ogni insignificante capriccio, ogni voglia che le venisse, con dedizione. Roberta conosce bene anche le vicende familiari di Marcello, che paradossalmente lo hanno portato ad acquisire un senso personale della famiglia fortissimo, a partire dalla sorella, che nomina quasi ogni giorno e alla quale scrive una volta alla settimana, ansioso di ricevere novità sui progressi di Matteo e di informarla su quelli di Vittoria, che purtroppo Angela ha visto solo una volta, altro motivo di dolore per Marcello, che non può vedere la sua bambina crescere con la sua adorante zia.
L'idea di avere un figlio in un altro Stato di cui non ha mai sentito parlare, che non ha mai visto sorridere, giocare, che non lo conosce, che non ha visto muovere i primi passi e di cui non ha udito la prima parola, deve averlo devastato nel profondo. E lei lo sa, sa quanto Marcello sia capace di amare intensamente chiunque rientri tra i suoi affetti più cari; perciò, se suo marito non ha ancora pienamente realizzato la perdita che Ludovica, volente o nolente, gli ha causato, lo fa Roberta al suo posto. L'istinto di Marcello gli ha semplicemente indicato la strada verso sua figlia, quella che conosce da sempre e che ama più di sé stesso, mai come ora da proteggere. Fa parte di lui, del suo istinto più radicato. Proteggere da cosa o da chi, a volte, non è ben chiaro, ma lui, nel dubbio, lo fa. Ecco perché, ogni tanto, il suo gigante buono merita che ci sia qualcun altro a proteggere lui e il suo cuore in frantumi. Roberta si avvicina lentamente per non spaventare padre e figlia; circonda il busto di Marcello con le sue braccia, da dietro, e posa un bacio sulla sua spalla destra, spostandosi poi verso sinistra per sfiorare il nasino della sua bimba. Sono il ritratto dell'amore in un solo abbraccio.       "Amore, so che sei confuso, e hai paura. Ma nessuno ti porterebbe mai via la nostra piccola, per nessun motivo: lo sai. È qui, e presto conoscerai anche Marco".                                                                    Quelle tre semplici frasi sono in grado di sciogliere il groppo che Marcello aveva in gola da ore, in un istante. Si lascia andare a un pianto liberatorio, avvinghiato a sua figlia e sua moglie,il suo rifugio,casa.
A questo punto, mentre Marcello si calma, è davvero necessario chiamare Armando.
Non chiederebbe nulla di meglio che poter passare qualche ora con la sua nipotina: con i genitori di Marcello entrambi morti e quelli di Roberta spesso lontani, è ormai il nonno ufficiale, con buona pace di nonna Livia che, per compensare le sue assenze, riempie Vittoria di giocattoli e manicaretti. Tuttavia, quel che "sua nuora" gli ha accennato per telefono lo ha abbastanza sconvolto, ma ci sarà tempo e modo per discuterne con Marcello, loro due da soli. Suona il campanello: è proprio Armando. Entra con la consueta esuberanza e, dopo aver lanciato uno sguardo che è misto di disapprovazione e costernazione a quello che considera un figlio a tutti gli effetti, si dirige verso la sua Emma - la chiama così, lungi da Roberta e Marcello contraddirlo - e la prende in braccio, mettendole sciarpa e cappottino, perché per quanto ci sia un bel sole, non sia mai che prenda freddo.
"Vieni dal nonno, Emmina, che andiamo al parco, andiamo sull'altalena, facciamo tanti giochi. Uè testina, io te l'avevo detto che quella portava solo guai! I nobili pensano di poter usare noi povera gente come uno dei loro tanti passatempi. È inutile che tu vada a Parigi: la ghigliottina, purtroppo, non la puoi più usare. Usa il cervello stavolta, mi raccomando! Ascolta tua moglie, soprattutto, che lei ne ha abbastanza per tutti e due, povera stella". E dopo aver dispensato questa perla di saggezza a un attonito Marcello che non ha avuto tempo né modo di replicare, ma è anche troppo shockato per farlo, se ne va con la bimba come il più felice dei pensionati di tutta Milano e dintorni.
È arrivato il momento di mettere tutte le carte in tavola e, per quanto possibile, di analizzare la situazione lucidamente. Roberta inizia a realizzare quanto sia determinante il suo ruolo, in un frangente del genere. Da un lato vorrebbe prendere a insulti Marcello; dall'altro, le piacerebbe alquanto farlo con Ludovica ... Eppure, sarebbe inutile e inopportuno in entrambi i casi, al momento. Se Marcello non è in grado di ragionare chiaramente, e da un lato è comprensibile, toccherà a lei farlo. L'obiettività e la diplomazia, in tematiche delicate come la genitorialità e, in più, una famiglia allargata - le fa strano anche solo pronunciarlo, soggettivamente e anche considerando la società in cui vivono e l'educazione impartitale - sono tutto. Ma Clelia e Luciano sono stati un esempio per lei e per chiunque li abbia conosciuti. In questo caso, non ci sarà neppure un "passaggio di consegne" tra la moglie precedente e la compagna successiva: si tratta di creare un rapporto inesistente tra un padre e un figlio. Il figlio di suo marito, sangue del suo sangue, un bambino innocente in un contesto alquanto insolito.
Il contatto visivo aiuta sempre, perciò ... "Posso vedere le fotografie del bimbo?" chiede dolcemente. Le ha già intraviste: fuoriuscivano dalla busta che Marcello ha sbattuto sul tavolo senza tanto né quanto. Lui gliele allunga senza proferire parola. Roberta sorride d'impulso: è il suo istinto materno a parlare, non c'è alcun dubbio. "Ma guardalo. È il tuo ritratto con gli occhi della madre ... E ha anche qualcosa di lei in viso. Mentre quest'espressione furbetta che ha mentre tiene il panettone, in barba alle smanie di una fotografia perfetta che Ludovica avrà sicuramente avuto ... Beh, ricorda moltissimo Vittoria, non ti pare?". Ora è Marcello a sorridere in automatico. Non c'è niente da fare, sua moglie viene proprio da un altro pianeta. Si sforza di esaminare anche lui la fotografia di ... Di suo figlio. È così strano il solo pensarlo. "Hai ragione ... Mi somiglia. E somiglia a Vittoria, che somiglia a sua volta ad Angela. Secondo te, stiamo cercando solo delle prove che ci confermino che è vero?"
Roberta lo fissa perplessa. "Che è vero? Ma certo che è tuo figlio, Marcello! Altrimenti, perché mai sollevare un polverone dopo tutti questi anni, e quando è già sposata con un Principe, addirittura!"
"Hai ragione, ho fatto un'affermazione ingiusta nei confronti di Ludovica ... Ma la consapevolezza di aver avuto un figlio lontano per tutto questo tempo mi uccide"
"E lo capisco, però cerchiamo di metterci un attimo nei suoi panni: sapeva che con la sua posizione sociale, non avrebbe subìto disagi eccessivi o indiscrezioni eclatanti, soprattutto trasferendosi a Parigi dove è meno conosciuta, e ne ha approfittato permettendo anche a noi di beneficiarne. Sai benissimo che, se non fosse stato per questo gesto, tu e io non ci saremmo mai sposati, né avremmo avuto una figlia. Avresti dovuto prenderti le tue responsabilità, non ci sarebbe stata alcuna via di scampo. Fa strano dirlo, ma è stata lei a concederci la nostra felicità..."
"Ci avrebbe separati e sarebbe stata la storia di mia sorella che si ripeteva, solo che con Riccardo non era andato in porto il suo piano, mentre stavolta la gravidanza era reale. Era reale, accidenti ... Però, sì, hai ragione tu. Sarei stato sottoposto a un sacrificio troppo grande, in nome di un amore assoluto verso mio figlio e del rispetto che avrei portato a Ludovica. E ora mi maledico per aver sottovalutato il dolore di mia sorella, quando prima si separò da Matteo e poi fu costretta anche a lasciar andare Riccardo Guarnieri ... Per quanto fosse decisamente indegno di lei" precisa, con il suo solito ghigno furbo.
"E su questo, nessuno aveva dei dubbi. Stai pensando a come sarebbe stata diversa la tua vita, tornando indietro?"
"Sì ... Ma non ha senso. Non cambierei nulla, assolutamente nulla. E lo sai bene"
"D'accordo, romanticone, ora vediamo di sistemare questa mano tumefatta con un po' di ghiaccio. Vado a prenderlo, aspetta"
In Marcello, si riaccende improvvisamente la fiamma del risentimento: "Adesso ho anche la mano infortunata per colpa sua!"
"Ma veramente, non ti ha prescritto il medico di tirare pugni al bancone, e non mi pare che Ludovica ti abbia dato delle istruzioni in tal senso. E se vogliamo dirla tutta, amore bello, non ti ha prescritto nessuno dei due neanche di intessere una relazione con lei. Sapevi benissimo che il suo mondo gira in modo tutto particolare"
"Maledetto sia il giorno! Lei e le sue convinzioni di poter fare tutto quello che le pare e quando le pare. Figurati se si sarebbe mai potuta accontentare di me: un Principe, niente di meno. Avrei dovuto prendere una bottiglia di whiskey dalla caffetteria. Qui la cosa più forte che abbiamo è il chinotto, per colpa tua!"
"Pensi che non sappia che, a chiusura fatta, tu, Armando e Salvo vi fate una bevuta? Vuoi arrivare a letto ubriaco?"
"Ah, sei diventata premurosa, amore".
Roberta svicola dalla morsa che Marcello cerca di esercitare per stuzzicarla e farle il solletico. "Non cambiare discorso e non cercare di intenerirmi, signor Barbieri. Abbiamo una lettera da scrivere. Avanti".
"Ma perché non lasci fare a me?"
"Ti sembra di essere nelle condizioni per poter scrivere, con la mano conciata in quel modo? E poi, non mi fido di quel che le diresti, vista la tua predisposizione a farla saltare in aria, metaforicamente ma neanche troppo. Ricopierai poi tu in bella quando te la sentirai, magari tra un paio di giorni. Intanto, questa è la prima stesura"
"E va bene. Io detto e tu scrivi. Dunque. Carissima squinternata, che dai al nostro bambino un nome che ricorda il mio, e poi me lo tieni nascosto per quasi sei anni ..."
"Fermi tutti: 'Marco' sarebbe in tuo onore?"
sbotta Roberta, sempre meno incline a mantenere i nervi saldi, riacciuffando la lettera incriminata. Quel passaggio deve esserle sfuggito. È proprio così. Amen. "Lasciamole questa magra consolazione".
"E carissimo soprammobile, Principe Gustav Thurn und Taxis dei miei stivali ..."
"Ancora! Marcello, smettila, mi confondi e va a finire che scrivo davvero queste cose!
Fortuna che è la brutta copia. Ma poi, mi spieghi perché te la prendi tanto con lui? È stato anche merito di Gustav, se alla fine Ludovica si è decisa a scriverti, no?"
"Quanto è vero. Doveva dirglielo quel pirla, altrimenti da sola non ci sarebbe arrivata!"
"Un po' pirla lo sarai ben anche tu, dal momento che siamo in questa situazione".
Marcello la ignora a piè pari, troppo preso dalla foga: "E io che stavo addirittura per prendermi una coltellata per salvarla!"
"Pure! Andiamo di bene in meglio, guarda" commenta una Roberta sempre più irritata, domandandosi cos'abbia fatto di male per ritrovarsi con un tardivamente ragazzo padre, per giunta esaltato e che sta sciorinando le sue avventure eroiche svoltesi in quei sei mesi di lontananza. Lui si rende conto del fatto che il tutto sta prendendo una piega pericolosa e cerca di correggere il tiro: "Sì, ma alla fin fine è stata una cosa da niente, un salvataggio che avrebbe messo in atto chiunque sia dotato di una coscienza. Andiamo avanti".

Milano, 5 aprile 1968
"Cara Ludovica,
Tu non sei Principessa né Contessa, sei proprio la Regina delle folgorate! Ho letto la tua missiva e appreso, con un certo sconcerto, dell'esistenza di mio figlio, a cui ci mancava solo che dessi il cognome di quel crucco, grazie per la concessione, sono commosso! Si tratta di nostro figlio, ma anche mio, non mi risulta che tu lo abbia concepito da sola, né che lo abbia trovato sotto un cavolo! che avrei voluto conoscere in un altro momento, non c'è dubbio ... Magari appena nato. Ti dovrei pure ringraziare per il nobile gesto di avermelo tenuto nascosto "per il bene di entrambi"? E a quello di nostro figlio non hai pensato? Ah, giusto, hai pensato ai beni materiali. Se avessi voluto redimerti dagli errori del passato, saresti andata a servire i pasti ai senza tetto! Da un lato, apprezzo che tu abbia voluto preservare la nostra felicità individuale, ma di fronte a un figlio, tutto passa in secondo piano e si fanno anche sacrifici, sacrifici che sarei stato disposto a fare per il suo benessere. Non vendermi la storiella secondo cui saresti un'eroina tragica, quando sei solo una viziata egocentrica! Non ti venisse in mente di farmi entrare nella vita del bambino come un giocattolo di cui un giorno entrambi vi stuferete! Pretendo di vederlo ogni giorno, altro che l'amico-zio! Per recuperare il tempo perduto, desidero essere una presenza costante nella vita di Marco. Mi trovi d'accordo sul non dirgli da subito chi realmente io sia. Ma non farai mica passare la sua maggior età, siamo intesi? O magari direttamente prima di partire per il militare! È finita la pacchia e il fare il bello e il cattivo tempo, cocca! Ad ogni modo, penso sia giusto discutere di tutto ciò, con più calma e meglio, di persona. Organizziamoci secondo le disponibilità di tutti e quattro: lascio in fondo alla lettera anche il mio numero di telefono, per qualunque evenienza. Io e Roberta ci saremo. Immagino di dover tenere conto anche del crucco. Spero per lui che rimanga al suo posto, perché a me dei suoi buoni sentimenti e dei problemi che lo affliggono, poco interessa! Tante grazie per avermi cresciuto il bambino, nella speranza che non sia diventato un viziato capriccioso di prima categoria, ma da qui in poi me la vedrò io, stanne certa.

A presto, Marcello.
P.S.: Marco è una meraviglia, tutto suo padre. Ma un pochino ti somiglia."
   
 
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