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Autore: douce hope    12/09/2021    1 recensioni
Quando sei Cupido è facile credere che l'amore possa nascere tra chiunque.
Di certo ne è convinta Amanda, il cui diletto è aiutare i suoi compagni di scuola a conquistare il cuore della persona amata.
Ma quando al suo cospetto si presente Michele, taciturno, altezzoso e imperturbabile, Amanda capirà che le frecce nel suo arco non sono sempre così facili da scoccare, soprattutto se il bersaglio è la ragazza più bella della scuola.
Tra amici problematici, figuracce continue e sentimenti irrazionali, Amanda comprenderà che l'amore non è semplice come credeva e che quando Cupido scocca la sua freccia, non hai più via di scampo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Rebecca Formisano ha lunghi capelli neri e una pelle diafana.

Quando cammina per i corridoi lascia sempre una scia di profumo al suo passaggio.

I suoi occhi scuri e profondi rapiscono chiunque, infatti, alla sua vista, il primo pensiero che colpisce un normodotato dai quattordici anni in su non dev'essere molto casto. O comunque riportabile a dei minori.

Quanto a me invece, la prima volta che l'ho vista sono rimasta colpita dalla sua altezza.

Per una ragazza di un metro e sessanta tondi, vedere una coetanea con circa dieci centimetri in più è sorprendente; oltre che demoralizzante. 
La sua figura slanciata e sorridente è il sogno proibito di molti, e se fossi nata uomo o con preferenze sessuali diverse, probabilmente ne sarei rimasta affascinata anch'io.

Non mi sorprende dunque che la scelta di Michele sia ricaduta proprio su di lei, anche se questo rende ancora più difficile il tutto.

Devo solo pregare tutti i Santi in Paradiso che non sia già sentimentalmente impegnata, altrimenti perderei in partenza.

Sono dieci minuti buoni che la osservo mentre chiacchiera con alcune sue amiche. Sembro una stalker in piena regola, e più il tempo passa più perdo il coraggio di farmi avanti.

«Amy ti vuoi muovere!» mi rimprovera Vittoria al mio fianco, spazientita per aver trascorso l'intervallo ad osservare una sua compagna di classe.

Come biasimarla.

Il punto è che il mio coraggio è andato in vacanza insieme alla mia intelligenza nel momento in cui ho scelto di aderire a questa pazzia.

«Ripetimi il piano» le sussurro, come se Rebecca potesse effettivamente sentirci a questa distanza.

Vittoria sbuffa sonoramente alzando gli occhi al cielo. Credo che tra poco mi abbandonerà sul serio.

«È la terza volta che lo ripeto! Me lo ricordo, va bene?» sentenzia non potendone più del mio temporeggiare.

«È l'ultima volta» la rassicuro.

Dopo aver emesso un'imprecazione nei miei confronti comincia a ripetere, «Ci avviciniamo a Rebecca e la salutiamo»

«E fin qui tutto bene» la interrompo.

Mi lancia un'occhiataccia che mi zittisce all'istante.

Alzo le mani in segno di resa.

«Poi le diciamo che sabato c'è una serata al Barracuda e ci servono persone per entrare gratis»

Annuisco confermando, «Menomale che Marco lavora lì, o non lo avremmo mai saputo»

Vittoria sorride istantaneamente pensando al suo fidanzato, e con gli occhi a cuoricino come nel cartoni animati dice: «Il mio eroe...» 

«Certo...vai avanti» la sprono.

«Le chiediamo se ha voglia di unirsi a noi, dicendole che verranno anche Laura, Alessandro e Michele, così vedremo se conosce Costa, anche se solo di vista» conclude.

«Esatto, anche se non l'abbiamo chiesto a nessuno dei tre» le ricordo, «Forse dovremmo farlo prima di andare da lei» propongo speranzosa.

Vittoria si pone davanti a me guardandomi con rimprovero, «Amanda hai rotto! Se non ci vai tu a parlarle, ci vado io e mi prendo anche il merito con Michele» sentenzia seria.

Sa benissimo che non vorrei mai fare la figura dell'incompetente con lui.

«E va bene!»

Vittoria sorride fiera di sé ed entrambe ci avviciniamo a Rebecca.

Indossa una maglietta rosa chiaro e dei semplici jeans, i capelli sono legati in una treccia laterale e gli occhi sono leggermente truccati.

Nella sua semplicità è davvero bella e non posso non provare una leggera invidia guardandola mentre mi avvicino.

Questa ragazza non abbatte la autostima, ma ci gioca direttamente a tennis.

Fortunatamente le sue amiche si sono dileguate, quindi avremo la possibilità di procedere tranquillamente.

Quando intercetta le nostre figure alza la mano per salutarci, per poi abbassarla comprendendo che vogliamo parlarle.

«Ciao!» la saluto per prima simulando un'allegria che non mi appartiene. 

Vittoria invece si limita ad un cenno, dato che condivide con lei tutte le ore scolastiche.

«Hey» replica gentilmente, anche se nei suoi occhi leggo un velo di sorpresa.

Infondo tutte le volte che abbiamo parlato è stato per motivi casuali e non intenzionalmente. 

Mi schiarisco la voce improvvisamente nervosa. Non capisco perché il mio corpo abbia deciso di reagire in questo modo; è come se mi stesse invitando a ritirarmi.

Ma non posso farlo.

Dopo aver guardato velocemente Vittoria, la quale con lo sguardo mi invita a continuare, propongo la nostra idea, «Conosci il locale Barracuda? Quello vicino Piazza Navona» le chiarisco.

Il Barracuda è un locale rinomato a Roma, nel weekend infatti lo si trova sempre affollato da liceali ed universitari. Marco ci lavora da qualche mese e fortunatamente sabato avrà la serata libera e potremmo passarla insieme.

Quando Vittoria mi ha detto del free-entry, ho pensato fosse la scusa perfetta per rompere il ghiaccio.

Rebecca e Michele non hanno amici in comune, dunque ho dovuto costruire un ponte in grado di farli avvicinare, conoscere e nella migliore delle ipotesi, innamorare.

Per quello però ci vorrà del tempo, oltre alla partecipazione di Rebecca a questa serata.

«Mh...sì» risponde lei dopo averci pensato per qualche secondo.

Primo step andato a buon fine.

«Sabato ci sarà una serata speciale, e se siamo un gruppo vasto avremo entrata e consumazione gratis. Ti andrebbe di venire?» propongo tutto d'un fiato.

Credo di aver parlato ad una velocità sproporzionata perché Vittoria mi rimprovera con gli occhi.

Quando sono nervosa comincio a parlare velocemente, non posso farci nulla.

Rebecca rimane in silenzio elaborando la nostra proposta.

«Sarà una festa fighissima» rincara la dose Vittoria cercando di convincerla.

«Chi viene?» si informa.

Tecnicamente ancora nessuno, ma questo è meglio non specificarlo.

«Una mia compagna di classe, il fidanzato di Vittoria, Michele Costa...» nomino cercando di capire se quel nome gli suona familiare. Anche se dubito possa passare inosservato.

«L'amico di Alessandro Mancini?» si assicura lei.

Secondo step andato buon fine.

«Sí, verranno entrambi» si intromette Vittoria, sparando il suo secondo colpo.

Alessandro è popolare al Virgilio e trascorrere una serata con lui può essere allettante.

«Io in realtà mi ero già organizzata con delle amiche» dice guardandoci incerta.

Da una parte credo voglia accettare, dall'altra non vuole dare buca alle sue compagne.

«Possono venire anche loro!» alzo un pò la voce mentre lo dico, per risultare forte e chiara.

«Già, più siamo, meglio è» mi da man forte Vittoria.

Rebecca ci guarda entrambe per poi sciogliersi in un sorriso perfetto, come tutto di lei del resto.

«Va bene, ci saremo»

Terzo step andato a buon fine.

 

Quando torno in classe ho un sorriso rilassato sul volto.

Grazie anche all'aiuto di Vittoria, la prima parte del piano è andata a gonfie vele, e già il peso nel petto si è alleggerito.

Trovo sempre gratificante aiutare il prossimo, ma talvolta non è facile come si crede, e nel caso di Michele non lo è affatto.

Il pensiero di doverlo informare mi agita, ma dovrò farci l'abitudine se voglio davvero che questa situazione finisca al più presto.

Improvvisamente però realizzo di avere il suo numero salvato in rubrica, e sarà sicuramente più facile comunicare indirettamente, rispetto al guardarlo negli occhi.

Prendo il cellulare dalla tasca senza farmi vedere dal professore di Arte, e digito velocemente  

"Sabato sera, al Barracuda, ore nove. Convinci anche Alessandro."

Più concisa di così proprio non si può.

Faccio per riporre il telefono in tasca, quando stranamente mi risponde subito.

"?"

Mi sbagliavo, si può essere più concisi.

"Fai come ti dico" 

Deve stare ai miei ordini senza fare domande, e che cavolo.

"Ok"

Ecco, così già va meglio.

Dopo un'ora intensa di arte, suona finalmente la campanella, e dopo che il professore esce dalla classe mi alzo dalla sedia per dirigermi da Laura a qualche banco dietro al mio.

Lancio una veloce occhiata ad Alessandro intento a scarabocchiare sul quaderno. È stranamente silenzioso e questo mi sorprende, di solito non fa altro che straparlare.

Ho chiesto a Michele di convincerlo perché serve che lo faccia una figura maschile; per quanto mi adori mi direbbe di no se sapesse che siamo solo ragazze.

Decido di non disturbarlo sapendo che quando qualcosa non va preferisce stare solo, dunque  mi accingo in direzione di Laura, arrivando al suo banco sorridente, ma quando alza lo sguardo leggo disappunto.

Rivolto a me.

«Che c'è?» chiedo subito pensando al peggio.

Odio litigare con qualcuno, e sapere di aver aver fatto qualcosa di sbagliato involontariamente mi allarma.

Laura si alza e mi fronteggia.

«È stata una tua idea, vero?» mi chiede come se sapessi di cosa sta parlando.

Cerco di pensare a cosa possa aver fatto, ma non mi viene in mente nulla.

«Che cosa?» 

Il volto viene deturpato da una smorfia infastidita, «Le ripetizioni ad Alessandro» chiarisce.

Mi ci vuole un secondo per comprendere e collegare tutti i punti: Alessandro deve aver chiesto a Laura delle ripetizioni di matematica, e lei deve aver detto di no, altrimenti me lo avrebbe detto subito.

Non posso fare a meno di rivolgerle uno sguardo di rimprovero; infondo è un suo compagno di classe, «Gli hai detto di no» 

La mia non è una domanda, perché i fatti parlano chiaro.

«Certo che gli ho detto di no!» spalanca le braccia come per sottolineare l'ovvietà della sua risposta, «Io e Alessandro non ci salutiamo neanche la mattina, come hai potuto pensare che potessi dirgli di sì?» mi chiede nervosa 

«Ho pensato che essendo un tuo compagno di classe da ben tre anni, ci avresti almeno pensato» mi difendo, «E poi conosci la sua media, ha bisogno davvero di un aiuto» concludo.

Laura sospira profondamente cercando di calmarsi, sa che non l'ho fatto in cattiva fede, ma le ha dato comunque molto fastidio.

«Amanda io non sono come te, se non sopporto qualcuno, non lo aiuto» dice riferendosi alla mia situazione con Michele, «E poi non mi sembrava così disperato come dici»

Questo non mi sorprende; conoscendolo gliel'avrà chiesto con noncuranza come se non fosse un problema suo.

Stupido orgoglio.

Infondo Laura ha ragione, non posso pretendere che gli altri facciano quello che mi aspetto o quello che farei io, siamo tutti diversi per un motivo. Inoltre dare ripetizioni richiede tempo, e di certo non vorrà sprecarlo per qualcuno con cui non va d'accordo.

«Hai ragione, mi dispiace, gli ho consigliato io di chiederti aiuto perché entrambi sappiamo che sei bravissima» 

Le prendo una mano e addolcisco la mia espressione cercando di impietosirla, «Mi perdoni?»

Mi guarda fissa negli occhi con espressione dura per poi alzare gli occhi al cielo, «Certo che ti perdono»

L'abbraccio di slancio mostrandole il mio affetto e sento che ricambia non stringendomi troppo forte: non le piacciono molto questi contatti.

«Mi dovrai perdonare anche per un'altra cosa» pronuncio con il capo poggiato sulla sua spalla.

Si scosta e mi guarda interrogativa.

«Sabato ho organizzato una serata in cui ci saranno anche Vittoria, Michele e Alessandro, l'ho dovuto fare per il piano Cupido» 

Prima che possa fiatare congiungo le mani in segno di preghiera «Ti prego non ti arrabbiare e vieni con noi», le rivoglio gli occhi più dolci di cui sia capace sperando che ceda e che non si arrabbi.

La sua espressione non muta di una virgola, e gli occhi verdi restano freddi.

Il professor Parisi entra in classe e sono costretta a tornare al mii posto ma prima di sedermi le rivolgo un ultimo sguardo.

Lei in risposta si siede senza guardarmi negli occhi per poi alzarli e rivolgermi un elegante dito medio senza farsi vedere dal professore.

Non riesco a non ridere mentre mi siedo anch'io.

È il suo modo di dire ci sarò.


 

Sabato sera arriva prima del previsto, e un tipico moto d'ansia mi serra lo stomaco.

Passo il mascara sulle ciglia cercando di non sporcare la palpebra, anche se la luce di questo bagno è talmente fioca da non farmi vedere nulla.

Conclusa l'operazione con meticolosità, decido di mettere anche la matita nera e un rossetto leggero, giusto per colorare le labbra.

I capelli castani invece sono come al solito leggermente gonfi, e la frangetta mi solletica gli occhi; dovrò tagliarla al più presto.

Osservo la mia intera figura allo specchio, sistemo la camicetta rossa nei pantaloni, e metto un paio di stivaletti con un tacco basso.

Direi che può andare.

Prima di varcare la soglia di casa mia madre mi fa le tipiche domande.

«A che ora torni?»

«Penso per l'una»

«Ci sono ragazzi?»

«Sì» 

«Non bere nulla»

«Certo che no»

«Chiamami quando arrivi o manda un messaggio»

«Va bene»

«Divertiti!»

«Ciao mamma!»

Scendo velocemente le scale del palazzo sapendo che Marco e Vittoria mi stanno aspettando già da cinque minuti e appena entro in macchina li saluto calorosamente.

«Ciao Amy» Marco mi sorride dallo specchietto retrovisore.

Noto i capelli biondi fissati con del gel e la camicia azzurra, regalo di Vittoria per il suo compleanno.

Quest'ultima invece si volta nella mia direzione e squadra i miei piedi con disappunto.

«Cosa sono quelle scarpe?»

Fisso i miei stivaletti neri che tanto adoro, mentre sento Marco dirle di lasciarmi in pace.

«Degli stivaletti?» chiedo retorica.

Pensare che cinque minuti fa mi sembravano perfetti.

«Potevi mettere un paio di tacchi! A questa festa ci saranno anche universitari, ovvero ragazzi fighi come mai ne hai visti» 

Marco distoglie per un secondo lo sguardo dalla strada per rivolgergliene uno accigliato.

Lei se ne accorge e si avvicina dandogli un bacio sulla guancia, «Nessuno come te amore, ovviamente»

Il biondo scuote la testa conoscendo l'indole adulatoria della sua fidanzata , ma lo vedo leggermente arrossire.

Nonostante stiano insieme da quasi due anni credo che Marco si chieda ancora come sia possibile che tra tanti ragazzi Vittoria, così bella, simpatica e socievole, abbia scelto lui.

La verità è che Marco è un ragazzo d'oro, di quelli su cui puoi sempre contare, dolce, disponibile e sincero. Sono queste le qualità che hanno colpito la mia amica.

Marco si è mostrato per quello che è sin dall'inizio, ed è per questo che ha fatto centro.

«Quindi?» chiedo ritornando alla conversazione.

Ho solo sedici anni, per me gli universitari vivono in un altro pianeta.

«Amy, devi cominciare a guardarti intorno e pensare a te stessa. Passi un sacco di tempo a far innamorare gli altri, ma poi non pensi alla tua di vita sentimentale» mi fa la solita predica .

Nel profondo so che ha ragione, ma detesto quando mi fa questo discorso.

Quando arriverà quello giusto, lo saprò.

È inutile rincorrere l'amore, perché il tempo sa quello fa, e per ognuno di noi ha stabilito i percorsi.

«Vic non ricominciare» rispondo nervosa.

Non voglio rovinarmi la serata dal principio.

Vittoria lo capisce e cambia argomento, mentre Marco interviene di tanto in tanto concentrato sulla guida.

Dopo aver cercato parcheggio per un quarto d'ora, arriviamo all'ingresso del locale e attendiamo gli altri.

L'insegna del locale è luminosa sopra le nostre teste e la musica alta si sente fin da qui.

Michele questa mattina mi ha inviato un altro dei suoi messaggi stringati e mi ha informato dell'adesione sua e di Alessandro, come gli avevo chiesto.

Almeno è riuscito a convincerlo.

«Ragazze vedo il mio amico» afferma improvvisamente Marco alzando il braccio per farsi vedere.

«Chi amico?» chiedo stranita.

Vittoria non mi ha detto nulla e guardandola in viso capisco il perché.

L'ha fatto di proposito.

Non è la prima volta che mi ritrovo in questa situazione: Vittoria cerca sempre di accoppiarmi con qualcuno, combinando spesso delle serate per presentarmi dei ragazzi.

È come se fosse il mio Cupido personale, solo che io non l'ho richiesto.

Prima che possa rivolgerle la mia frustrazione, l'amico di Marco ci raggiunge.

Ha i capelli neri leggermente lunghi e gli occhi marroni sono piccoli ma simpatici.

Dopo aver salutato Marco e Vittoria si presenta allungando la mano, «Piacere, Giancarlo» 

Gliela stringo, «Amanda»

Dopo altri dieci minuti passati in completo silenzio da parte mia, spero che gli altri vengano al più presto.

Fortunatamente Laura arriva poco dopo, bella anche in un paio di jeans.

Chissà Vittoria cosa avrà da dire su quelli.

«Gli altri ancora non sono arrivati?» mi chiede ravvivandosi i capelli schiacciati dal casco del motorino.

Proprio in quel momento vedo Alessandro e Michele venire nella nostra direzione.

Il primo è come al solito affascinante con una camicia azzurra che gli risalta gli occhi e i capelli neri spettinati ad arte, il secondo invece cammina con la sua solita espressione apatica, ma non per questo è meno attraente.

La camicia bianca fascia il petto non troppo ampio e i pantaloni neri le sue gambe lunghe.
I capelli mossi invece sono liberi da gel ma comunque ordinati.

Resto un attimo a fissarli pensando che insieme sono davvero belli, e non mi sorprende che le ragazze impazziscano al loro passaggio.

Se uno non fosse il mio migliore amico, e l'altro il ragazzo che non sopporto, lo farei anche io.

Quando arrivano salutano tutti e vedo Michele guardare Giancarlo.
Ovviamente non riesco a intercettare i suoi pensieri, però infondo non lo conosce, così come la sottoscritta.

Alessandro invece guarda Laura; credo ce l'abbia ancora con lei per aver rifiutato la sua richiesta.
Quest'ultima invece lo ignora palesemente continuando a parlare con me, anche se sono concentrata su Michele.

Sto cercando di capire il suo stato d'animo, e quando nota che lo guardo ricambia lo sguardo.

Gli faccio un breve cenno, una domanda tacita che significa "Sei pronto?"

Lui annuisce leggermente e quasi mi cadono le braccia quando mi rivolge un breve sorriso.

Poi si volta verso Alessandro e cominciano a parlare di calcio.

Con la voce di Laura nelle orecchie non riesco a non pensare che Michele Costa mi ha appena sorriso.

O meglio, ha appena incurvato le labbra verso l'alto, ma è già molto.

Deve essermi davvero riconoscente, oltre che irrimediabilmente innamorato.
 

Quando Rebecca arriva insieme alle sue amiche , i ragazzi, ad eccezione di Marco che ha occhi solo per la sua fidanzata, rivolgono loro sguardi infraintendibili. 

Quando poi li salutano con due baci sulla guancia, credo stiano per collassare.

Rebecca ovviamente è stupenda nel suo abito corto, e guardando i miei pantaloni lunghi non posso non pensare che avrei dovuto indossare anche io qualcosa di più adeguato.

Le sue amiche di cui dimentico i nomi dopo cinque secondi, sono vestite in modo simile e sono all'apparenza molto simpatiche.

Quando entriamo nel locale la folla mi fa mancare il fiato per un secondo, ma cerco di far buon viso a cattivo gioco, perche questa è la prima parte del piano e deve andare a gonfie vele.

Dopo un'ora passata a ballare Michele e Rebecca non si sono ancora parlati, e rimprovero mentalmente il ragazzo per il suo mutismo.

Non posso fare di certo tutto io!

Decido di intervenire mettendo una buona parola su di lui, dunque chiedo a Rebecca di accompagnarmi a prendere qualcosa da bere.

Lei mi guarda sorpresa data la nostra poca confidenza ma accetta comunque.

«Allora ti diverti?» le chiedo mentre attendiamo il nostro turno.

«Molto» risponde avanzando con la fila.

«Ci sono anche tanti bei ragazzi» 

«Già» si limita a dire.

Dai Amanda pensa.

«Tu sei fidanzata?» domando cercando di farla passare come una domanda di circostanza.

Non so se riesco nel mio intento ma il suo no mi fa tirare un sospiro di sollievo interiore.

«Vittoria mi ha detto che tu invece fai da Cupido» afferma facendomi spalancare gli occhi.

Come le è venuto in mente di dirglielo?

Presa dal panico comincio a balbettare mentre cerco di pronunciare una frase sensata, «Ehm, si insomma, cioè non proprio, ogni tanto sai...giusto perché non ho nulla da fare»

Bene, la figura della sfigata mi mancava.

«La trovo una cosa molto bella invece» mi rassicura lei notando il mio disagio.

Avanziamo di un altro passo verso il bancone.

«Davvero?»

«Certo! Tutti a volte hanno bisogno di una spinta, anche io stessa»

Il nodo allo stomaco si stringe maggiormente mentre realizzo che le piace un ragazzo.

«Ah sì?» fingo un interesse mentre dentro mi sento morire.

Lei arrossisce avanzando ancora, mentre a bassa voce e senza guardarmi negli occhi dice «Sí, con un ragazzo che conosci anche piuttosto bene»

Mi gelo mentre lei pronunzia la mia condanna a morte, «Alessandro»

Arriva il nostro turno per ordinare, ma non mi muovo di un passo.

In testa solo la voce di Renato Zero.
Il triangolo no, non lo avevo considerato.


 

   
 
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