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Autore: EleWar    13/09/2021    10 recensioni
Perché non poteva essere come tutte le altre donne, tutte le donne innamorate, e flirtare, provarci, lasciarsi andare a coccole, carezze, perfino baci e… qualcosa di più?
Quando sarebbe successo a lei?
Quando sarebbe successo a loro?
Tornando a casa, non sai come andrà a finire.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Prosegue la mia vena dolce-romantica, che non mi fa scrivere altro se non shottine o mini-fic a carattere zuccheroso.
Abbiate pazienza, per il momento va così.
E allora sognate con me…٭_٭
Eleonora

 
 
TORNANDO A CASA
 
Era mezzanotte passata, e Kaori stava giusto tornando a casa da una serata tutta al femminile.
Erano andate niente meno che a teatro, o meglio, così avevano detto agli uomini della banda, perché in realtà Reika aveva organizzato di passare la serata in un locale per sole donne, con tanto di spogliarello maschile.
 
Kaori, molto più di Miki, aveva storto il naso ed era arrossita fino ai capelli, di fronte all’eventualità di vedersi davanti bei maschioni con tutti i muscoli ben guizzanti, dimenarsi su di un palco, con i gioielli di famiglia strizzati dentro striminziti perizoma, ed era stata assalita da un misto di vergogna e segreta eccitazione.
Ma poi si era detta: perché no?
In fondo non era quello che faceva sempre quell'idiota del suo socio?
Di certo non avrebbe sbavato come lui, però sarebbe stato divertente trasgredire per una volta le regole, e il fatto che sarebbe stato il loro personalissimo segreto, rendeva ancora più eccitante tutta quella situazione; tanto più che non c’era pericolo che Ryo si facesse vivo, rovinandogli la festa, tutto preso a bazzicare tutt’altri locali.
E potevano stare tranquille che Saeko, aggiuntasi all’ultimo minuto, non avrebbe fatto la spia, da vecchia volpona qual’era.
 
Quella era stata la serata più divertente della sua vita, ragionava Kaori con un sorrisino stampato sulla faccia, rimasuglio di ben altre risate che l’avevano sconquassata per tutta la serata.
Non credeva che fosse così spassoso, non tanto vedere dei fustacci compiacenti, che all’occorrenza scendevano pure dal palco e strusciavano il loro corpi ben oliati e rilucenti addosso alle clienti urlanti, ma appunto farsi coinvolgere in quella sorta di delirio collettivo, tutto al femminile.
Vedere donnine così scatenate – che magari uscite da lì passavano la vita fra pannolini e padelle, o ritornavano ad essere compassate impiegate anonime immerse fra pile di scartoffie e computer lampeggianti – urlare e sbracciarsi di fronte a quei favolosi pezzi di manzo, e spintonarsi per riuscire ad infilare bigliettoni negli slip dei ballerini, era strabiliante.
Le si era aperto un mondo davanti, peccaminoso forse, ma anche fatto, tutto sommato, di sola apparenza, perché dubitava che all’atto pratico tutte loro sarebbero andate fino in fondo, e poi quelli non erano dei gigolò… o forse sì?
Poco importava, perché nessuna del loro quartetto sarebbe arrivata a tanto.
Forse avrebbero potuto farlo, eventualmente, le sorelle Nogami, prive di legami, anche se non ce le vedeva; e di sicuro non Miki, innamoratissima e soprattutto sposata a Falcon.
Né lei… anch’essa innamoratissima, di Ryo, ovvio, ma priva di legami… con lui.
 
In ogni caso Kaori, per tutta la serata, aveva messo da parte tutti i problemi, per svagarsi e divertirsi con le amiche.
E ci era abbondantemente riuscita.
 
Ed ora, sulla porta di casa, era indecisa se entrare senza fare troppo rumore, col timore di svegliare Ryo, oppure fregarsene, visto che sicuramente quell’idiota non era ancora rientrato.
Nel dubbio girò la chiave come faceva sempre, come se stesse tornando or ora dalla spesa, e non da una serata spassosissima trascorsa in un night.
Che puzzasse di fumo e alcool non faceva nessuna differenza, e nemmeno che avesse bevuto leggermente più del solito: sia che il socio fosse stato presente o meno, non si sarebbe avvicinato a lei quel tanto per sentire tutti gli effluvi di una notte di bagordi.
E visto che lei era ancora su di giri, magari avrebbe potuto farsi anche una bella doccia prima di andare a letto, e dormire come una bambina.
 
Ma quando entrò, con sua enorme sorpresa, vide la tenue luce della tv illuminare il salotto, segno che il suo amato partner era lì.
Quasi trasalì e trattenne il fiato, in un misto di folle speranza, immaginandolo alzato ad aspettarla, e disagio, al pensiero di essere in qualche modo beccata da lui.
Poi però, la consapevolezza che Ryo a quell’ora potesse solo guardare filmetti sconci, le fece raddrizzare le spalle in un moto di stizza e, al ritmo del suo solito passo, fece ingresso in casa.
 
Quasi subito, però, si accorse che la stanza non era pervasa da mugugni e gemiti sospetti, e che di fatto la tv non aveva l’audio; incuriosita, allora, avanzò nella penombra, a passi felpati, gli occhi puntati alternativamente sul televisore e sul divano.
E la scena che gli si parò davanti la stupì e intenerì insieme: l’apparecchio trasmetteva un documentario sulle tigri del Vietnam e Ryo, con la testa riversa all’indietro sullo schienale del divano, le braccia distese lungo il bordo, dormiva beato, il respiro regolare.
 
La ragazza fu presa da un’ondata d’amore verso quell’uomo complesso e complicato, che sapeva essere uno spietato killer, un cinico professionista, nonché un porcello in calore, un maniaco, ma anche un ragazzo dolce e infantile come nessun altro.
E se infantile lo era per quasi tutta la durata del tempo che trascorreva insieme a lei, dolce lo era molto meno.
 
Si corresse mentalmente.
No, ultimamente lo era un po’ di più, da dopo i fatti della radura, durante lo sfortunato matrimonio della sua amica Miki e di Umibozu.
Ryo, con la sua criptica dichiarazione d’amore, non le aveva forse fatto capire i suoi sentimenti per lei?
Sì, sospirò la giovane donna… sì, ora sapeva che le voleva bene, forse l’amava come lei amava lui… forse, di sicuro, teneva a lei.
Ma poi, a quelle famose parole che Ryo aveva proclamato ai quattro venti, di fronte ai loro nemici, i fatti non erano seguiti affatto e i due soci erano ancora ai blocchi di partenza.
Certo, con Ryo non bisognava aver fretta, perché ci erano voluti anni e anni per arrivare a tanto, però ecco, si disse, era quasi stanca di aspettare; e se avesse fatto lei la prima mossa?
 
In ogni caso, si avvicinò a lui senza una vera intenzione, senza pensare a niente, se non a gustarsi la vista dell’uomo amato lì, completamente rilassato, quasi alla sua mercé.
Una vocina maligna le sussurrò all’orecchio che allora non era vero che si preoccupava per lei, dato che non era rimasto sveglio ad aspettarla, ma Kaori la scacciò all’istante dicendosi che Ryo la sapeva a teatro, uno dei posti più noiosi di questo mondo, insieme ai musei, diceva lui, in compagnia di almeno due delle donne più in gamba che conosceva: un’ex-mercenaria e un’investigatrice privata molto abile con la pistola.
Poteva stare tranquillo, quindi.
Le dispiaceva avergli mentito, anche se tecnicamente ancora non lo aveva fatto poiché, che sarebbero andate al night, lo aveva saputo appena salita in macchina con Reika.
Era però sicura che in seguito non glielo avrebbe detto…
 
Appoggiata la giacca e la borsetta sulla prima poltrona a portata di mano, aggirò il divano fino a trovarsi alle spalle di Ryo che, ignaro della sua presenza, o forse percependola, continuava a ronfare piano senza dare segno di volersi destare.
Un sorriso amoroso illuminava il viso di Kaori, alimentato da tutta la dolcezza che sentiva dentro e che così raramente era autorizzata a dimostrargli, se non quando lui dormiva o non poteva vederla.
Esisteva qualcosa di più bello del volto dell’amato?
E non valeva che Ryo fosse comunque un uomo già di suo affascinante; non era della sua bellezza che si era innamorata, ma del suo animo buono e giusto.
 
Fece ancora un passo, fino a sfiorare i neri capelli gettati all’indietro e leggermente sparpagliati, spettinati; uuuuhhh, che voglia di infilarci le dita e accarezzarglieli!
Si trattenne a stento, con le braccia e le mani formicolanti.
 
Possibile che dovesse frenarsi così tutte le volte?
Lei che provava un’attrazione così forte e dolorosa quasi, perché sempre insoddisfatta e negata?
Perché non poteva essere come tutte le altre donne, tutte le donne innamorate, e flirtare, provarci, lasciarsi andare a coccole, carezze, perfino baci e… qualcosa di più?
Quando sarebbe successo a lei?
Quando sarebbe successo a loro?
Presto, presto, non vedeva l’ora, non poteva più aspettare… ma se poi Ryo non si decideva?
Se il sentimento che provava per lei non contemplava l’attrazione fisica, ma fosse piuttosto un amore platonico, puro e idealizzato?
Lei era forse così poco attraente da non suscitare la passione in lui?
Cercò di allontanare quei pensieri, che a volte le stritolavano il cuore, e convincersi che sotto sotto Ryo la desiderasse almeno un po’, perché si ricordava bene che c’erano state delle occasioni in cui…
Arrossì solo a pensarci, ma questo le diede speranza.
 
Mentre era tutta presa a scacciare quelle elucubrazioni moleste, non si avvide che le sue mani, libere da freni inibitori, veramente erano arrivate fino a sfiorare la folta criniera del socio.
E a quel punto Kaori fece molto di più: si chinò sul dormiente e gli depose un tenero bacio sulla fronte.
 
Si attardò solo un istante, ma mise in quel bacio tutto il suo amore, come a volerlo far penetrare nella testa e nella mente dell’amato.
Poi si ritrasse quasi subito, per paura di svegliarlo, incapace di gestirne eventualmente la situazione.
 
Ma il tepore di quella bocca profumata e morbida era giunto fino a Ryo, ancora avvolto nelle nebbie del sonno.
E sorridendo beato ad occhi chiusi, lo si sentì pronunciare chiaramente: “Kaori…” seguito da un sospiro.
 
Kaori trasalì, presa dal panico di essere in qualche modo scoperta, e si acquattò dietro il divano.
 
Il bello addormentato, ormai risvegliatosi, sbatté più volte le palpebre e si guardò intorno:
 
“Kaori…?” chiamò.
 
Era convinto che lei fosse lì, la stava sognando, sognava di lei, e poi quel bacio, chiaro e bruciante, impresso sulla sua fronte come il sigillo dell’amore.
Possibile che si fosse sbagliato?
E più tornava alla realtà, più avvertiva la presenza della donna: doveva essere lì.
Chiamò nuovamente:
 
“Kaori? Dove sei?”
 
La ragazza, in preda ad un’emozione paralizzante, però, non riusciva a palesarsi.
Avrebbe voluto scappare in camera sua, anche se, si ricordò, aveva lasciato il giacchetto e la borsetta poco distante, quindi lui se ne sarebbe accorto comunque.
 
Infatti Ryo, scorgendoli, ebbe la certezza della sua presenza nella stanza, e scostandosi dallo schienale, con una torsione del busto, si girò a guardare dietro il divano, dove era sicuro di trovarla, e le domandò:
 
“Kaori? Ma che ci fai lì?”
 
“Eh eh eh eh” ridacchiò a quel punto la ragazza ormai scoperta, nell’imbarazzo più totale, mentre non riusciva a smettere di pensare che lui l’avesse sentita mentre lo baciava sulla fronte, e che si fosse svegliato per questo; e non sapendo come avrebbe reagito lui, ma soprattutto lei stessa, si sentì persa.
Buttò lì la prima cosa che le venne in mente:
 
“Mi è caduto un orecchino e adesso lo stavo cercando”
 
“Vuoi che ti aiuti? Era uno di quelli che ti ha regalato Miki lo scorso Natale?”
 
“No-no… non fa niente” si affrettò a rispondere la ragazza “Domani alla luce del giorno lo ritroverò sicuramente” e si tirò su in piedi in tutta la sua altezza.
 
Ora si fronteggiavano: lei ritta dietro la spalliera, lui in ginocchio sul divano, con le mani appoggiate al bordo, leggermente proteso verso di lei.
 
Un pensiero fugace le attraversò la testa: quello che aveva appena parlato era lo sweeper a cui non sfugge mai nulla, o davvero Ryo la osservava così tanto ed era interessato a lei, da ricordarsi anche quali ninnoli si mettesse addosso, e da dove provenissero?
 
Kaori gli rivolse un sorriso stiracchiato, le guance in fiamme, ma non disse altro.
Per quanto la riguardava, quel penoso dialogo avrebbe potuto finire anche lì, ma il suo partner era di tutt’altro avviso perché se ne venne fuori con:
 
“Allora, com’era la commedia?” e sembrava, pure, sinceramente interessato.
 
La commedia? Ma di quale commedia sta parlando?” Colta alla sprovvista, Kaori s’interrogò cupamente e dovette fare una faccia stranita perché lui rincarò:
 
“… il teatro, no?”
 
“Ahhhhhhh sì, il teatro!” rispose, quindi con fervore, la giovane, mentre mentalmente sbottava: “Dannazione, per un attimo mi ero dimenticata del teatro!
 
E vedendo che lui continuava a guardarla aspettandosi il suo parere, optò per una mezza verità:
 
“Divertente”
 
In fondo non era nemmeno una bugia, perché effettivamente lei si era divertita un sacco.
 
“Mi sembri strana stasera. Va tutto bene?” gli domandò, infine, il partner, più che mai perplesso e dubbioso.
 
Però, per mascherare il crescente disagio, Kaori si affrettò ad annuire vistosamente, dimenando la testa avanti e indietro, cosa che, al contrario, risultò molto sospetta all’acuto socio.
Del resto Kaori non vedeva l’ora di mettere fine a quella situazione altamente imbarazzante, mentre Ryo sembrava proprio che facesse di tutto per trattenerla lì con lui, per fare conversazione… Possibile?
Esasperata, non potendo più reggere la tensione di vederselo lì davanti, avergli mentito riguardo all’uscita, aver osato baciarlo a sua insaputa, ed essendo convinta che, nella sua coscienza alterata, lui sapesse tutto, alla fine Kaori fece quello che le riusciva meglio, e cioè scappò via, piantandolo in asso.
 
L’uomo, che effettivamente aveva passato la serata ad aspettarla – perché, ovvio, aveva fatto mille storie quando era stato invitato anche lui ad andare a teatro, ma che allo stesso tempo si era guardato bene dall’uscire per i soliti locali – quando l’aveva sentita rientrare, nel dormiveglia, aveva tirato mentalmente un sospiro di sollievo.
Era sana salva ed era tornata da lui.
Aveva percepito la sua vicinanza, e le immagini oniriche si erano fuse e confuse con le sensazioni provate sentendola accanto a sé, e quando si era infine svegliato del tutto, aveva veramente desiderato parlare con lei, trascorrere del tempo in sua compagnia, magari chiacchierando di facezie, o con la scusa di farsi raccontare della commedia teatrale, per poi sminuirla, criticarla, e farla arrabbiare per questo – cosa che sapeva fare benissimo – solo con l’inconfessabile intento di poter stare con lei.
 
Ma poi l’aveva trovata accucciata dietro al divano, e aveva capito subito che era una balla colossale quella che gli aveva appena rifilato, poiché indossava i famosi orecchini, entrambi ben visibili ai lobi, che occhieggiavano di sotto i corti capelli.
Cosa stava dunque facendo la sua testolina rossa dietro il divano?
 
Che stesse mentendo era chiaro come il sole, e Ryo non riusciva a spiegarsene il perché, tanto più che aveva capito che Kaori non vedeva l’ora di squagliarsela, quindi sotto doveva esserci qualcosa per forza.
Così quando lei di corsa aveva imboccato le scale, lui aveva scavalcato il divano con un balzo e si era gettato al suo inseguimento.
 
Perché mentre sognava, gli era parso che…
Doveva sapere!
 
“Kaori, Kaori aspetta! Quanta fretta!” le gridava dietro, salendo i gradini a due a due, ma nonostante questo, non riuscì a raggiungerla in tempo, perché arrivata alla porta della sua stanza, vi era già sgusciata dentro e se l’era velocemente richiusa alle spalle.
E non c’era nemmeno bisogno di chiuderla a chiave, perché era sicura che Ryo non si sarebbe mai permesso di entrare senza il suo consenso.
Ma vedendosi sbattere la porta in faccia, l’uomo proruppe in un:“Ahi!” lamentoso, seguito da: “Mi hai fatto male, ma che modi!”
Malgrado ciò, Kaori non riaprì la porta per scusarsi, né accertarsi dell’entità del danno.
 
Il socio allora non perse tempo e, prima che quel briciolo di coraggio si spegnesse del tutto, inghiottito dalla solita vigliaccheria, si fece avanti e senza tanti giri di parole la interrogò:
 
“Kaori, senti, prima mentre dormivo mi è sembrato di sentire…” ma poi di colpo perse lo slancio, e la frase morì lì.
 
Dall’altra parte della porta Kaori, appoggiata di spalle al legno levigato, ascoltava col cuore che le batteva in gola, e a quelle parole trattenne il respiro.
Tacque, sperando che fosse lui a proseguire, e in base a ciò che avrebbe detto il socio, lei avrebbe agito e reagito di conseguenza.
 
Anche Ryo si era temporaneamente ammutolito, ma poi, si disse, era giunto fino a lì, e come avrebbe fatto a ritornare sui suoi passi?
Trasse un profondo respiro e iniziò dal principio; forse infarcendo il discorso di frasi e informazioni superflue, sarebbe riuscito a metterci dentro anche l’essenziale.
Del resto lui era un maestro nel dire-non-dire, e Kaori una professionista nel capire fra le righe.
 
“Quando mi hai invitato a uscire con voi, ti pare che sarei venuto a teatro, dove è proibito pure russare in santa pace? Mi ero detto che sarei stato così libero di scorrazzare per i locali di Kabukichō, dove tutte quelle donnine mi aspettavano, eh eh eh… Ma poi m’è passata la voglia d’improvviso, strano no? E me ne sono rimasto a casa a guardare la tv, lo crederesti? Però per cena ho mangiato tutto quello che mi avevi lasciato e, a proposito… grazie” e quel grazie lo sussurrò, come se fosse troppo ammettere che, ancora una volta, i suoi manicaretti erano stati superlativi, e che le era grato per aver pensato a lui, preparandoli con tanto amore.
Si schiarì la voce e riprese:
 
“Avevo dei filmetti niente male da guardare, ma senza te che mi gridavi dietro, non sarebbero stati più così tanto interessanti da vedere” e dal tono della sua voce, Kaori se lo immaginò imbronciato come un bambino, e le venne da ridere, perché in qualche modo lui stava dando a lei la colpa del suo mancato divertimento.
 
Ma non lo incoraggiò, né reagì, e come volevasi dimostrare lui sbottò:
 
“Kaori, è sempre colpa tua, mi perseguiti anche quando non ci sei!”
 
Per tutta risposta la giovane diede un calcio stizzoso di tacco alla porta, e Ryo sobbalzò.
Si riprese in tempo: non voleva farla arrabbiare, non erano questi i suoi piani.
 
Tossicchiò a disagio e continuò:
 
“…. Dicevo… mi sono messo a guardare distrattamente la tele, immaginando che lo spettacolo teatrale non sarebbe durato tantissimo, poi il tempo di un gelato, una bibita, una chiacchiera con le tue amiche, e poi saresti tornata a casa; non fai mai tardi tu… ti alzi presto la mattina…” e Kaori si sentì in colpa per essere andata, invece, a folleggiare in un night, a vedere uno spogliarello di bei fusti.
 
Ryo però, proseguì senza interruzioni:
 
“… ma poi, non so come, mi sono addormentato e ho fatto un sogno… un sogno strano” e qui le sue parole si dilatarono, le pause si allungarono “…un sogno… sai di quelli che… sembrano veri… un po’ assurdi… ma anche così belli che… vorresti che fossero veri, non so se mi spiego”
 
A quel punto Kaori non resistette, e chiese, facendolo sussultare non aspettandosi risposta:
 
“E cosa stavi sognando?”
 
“Sognavo te” rispose senza tentennamenti Ryo, e stavolta fu il turno di Kaori di sussultare; “Sì, sognavo te, che eri tornata a casa nostra, come in una qualsiasi altra sera; entravi dalla porta di sotto, gettavi con noncuranza la giacca e la borsa sulla poltrona, io ero sul divano davanti alla tv e poi… e poi…”
 
“… e poi?” scappò detto alla ragazza, ancora trincerata dietro la sua porta.
 
“E poi ti avvicinavi a me e… e….”
 
“E….?”domandò con un filo di voce la socia che era teso all’estremo.
Santi numi, questo qui mi farà morire!” sbottò mentalmente Kaori, con un’insana voglia di spalancare la porta e stringergli le mani attorno al collo e strangolarlo.
Avrebbe altresì urlato di farla finita, di sbrigarsi a parlare, qualunque fosse la fine di quella tiritera.
Ma alla fine Ryo disse:
 
“Semplicemente… mi davi un bacio proprio qui, sulla fronte” e istintivamente si portò il dito sul punto esatto dove la giovane gli aveva depositato quel bacio tenerissimo, come se lei lo avesse potuto vedere realmente.
 
Detto questo, cadde il silenzio a gravare sui due, assurdamente divisi da una porta.
 
Però dopo una pausa che ad entrambi parve durare secoli, con la voce fioca, poco più di un sussurro, ma abbastanza forte da essere udita dalle orecchie protese in ascolto dell’altro, Kaori scandì:
 
“Ryo, era un sogno… era solo un sogno”.
 
Colpito da quelle parole, che avevano stranamente il sapore di un verdetto, meccanicamente Ryo fece un passo indietro e si riscosse; e quando parlò, a Kaori parve addolorato, o quasi:
 
“Bene, è quello che volevo sapere”.
 
Attraverso la porta, Kaori sentì che Ryo se ne era andato, e lo scatto della serratura poco distante le confermò che Ryo era entrato in camera sua.
 
In preda alla confusione più totale, la ragazza si mise a pensare febbrilmente al significato di quella sorta di confessione, mentre mille domande senza risposta si accavallavano nella sua testa tormentata.
Perché Ryo le aveva raccontato quel sogno, che sogno non era?
L’aveva sentita, riconosciuta?
Era forse sveglio?
In realtà lui aveva mormorato il suo nome, tanto che poi si era spaventata e nascosta stupidamente dietro il divano.
Perché lui non aveva detto altro?
Non l’aveva presa in giro come al solito, ma soprattutto, e questa domanda emergeva prepotentemente su tutte, perché lui non le aveva detto se ricevere quel bacio gli era piaciuto???
 
Doveva saperlo!
 
Kaori spalancò la porta di scatto e si gettò fuori, arrivò di corsa a quella del socio, aveva già messo la mano sulla manopola, e per una frazione di secondo fu tentata di non dare seguito a ciò che aveva in mente di fare, ma la paura fu ben presto scacciata via dalla curiosità, dalla speranza matta e disperatissima di sapere se c’era anche solo un breve appiglio, un accenno, se lui in qualche modo ricambiasse i suoi sentimenti. Quindi preso il coraggio a due mani e, a differenza di Ryo che aveva sostato davanti alla sua porta, lei girò la maniglia ed entrò.
 
Ryo si era giusto seduto sul bordo del letto, i gomiti mollemente appoggiati alle gambe, la schiena incurvata, sembrava quasi sconfitto, e le ricordò il Ryo affranto della notte prima di Kaibara; Kaori entrò a passo marziale e gli si parò davanti, mani sui fianchi.
Lui rialzò lo sguardo, un misto di arrendevolezza e incomprensione; gli sembrava di aver fatto uno sforzo sovrumano ad essere andato da lei ed essersi scoperto in quel modo, ed ora lei era lì, quasi a sfidarlo. Perché era così difficile capirsi?
Forse perché proprio lui sincero non lo era stato mai?
 
“Ryo!” proruppe la ragazza “Io. Voglio. Sapere. Se. Ti. Era. Piaciuto” scandì, con un tono che non ammetteva ripensamenti; sapeva che se avesse tentennato anche solo un istante, sarebbe caduta miseramente.
 
“Eh?” chiese il socio con aria ebete.
 
Kaori sbuffò.
 
“Hai detto che nel sogno io ti ho baciato sulla fronte…Be’, voglio sapere se ti è piaciuto”
 
“Ah, ecco” rispose lui “Be’, certo che sì!” ammise innocentemente, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
 
“Idiota!” sbottò Kaori “E non potevi dirlo subito?”
 
Ryo si strinse nelle spalle, sembrava così indifeso, il grande Ryo Saeba ancora una volta annientato dalla sua amatissima socia Kaori Makimura.
 
D’improvviso la ragazza si addolcì, e la sua aria battagliera si stemperò nello sguardo di una donna innamorata; fece qualche passo verso il partner che, ancora seduto, la guardava da sotto in su.
 
“Vuoi dire che… vuoi dire che… ti piacerebbe se… ti baciassi?” gli chiese timidamente, ma anche animata da una speranza che sempre più stava diventando certezza.
 
“Sì…” mormorò in risposta lui.
 
“Oh Ryo…” esclamò quindi la ragazza prima di volargli fra le braccia, e accovacciarsi ai suoi piedi, ma stavolta lui non permise che rimanesse seduta sul pavimento come quella famosa sera, e seppur tenendosi ancora saldamente abbracciati, la indusse a rialzarsi e a sedere sulle sue ginocchia, sussurrandole:
 
“Così va meglio” e le sorrise.
 
Poi avvenne.
Le loro labbra si cercarono, si trovarono, e quel contatto così a lungo rimandato provocò in entrambi un’ondata di emozione, che si riverberò per tutto il corpo fino a raggiungere il più profondo del cuore.
 
Si strinsero allora più saldamente, come a temere che l’altro potesse svanire come in un sogno, un sogno che stava diventando realtà.
E il bacio si fece più profondo, animato dalla voglia di conoscersi e riconoscersi, di sentire, di provare ciò che si erano solo immaginati quella volta che un vetro li aveva divisi, quando avevano dato fondo a tutto il desiderio reciproco per fingere che non ci fosse nulla a frapporsi fra di loro.
E invece ora, che meraviglia sentire le calde labbra dell’altro, morbide, avvolgenti, instancabili nel cercare di saziare la voglia di toccarsi, di compenetrarsi, con foga, con ardore, con tenerezza, lentamente, con passione, con urgenza.
 
Senza fiato si staccarono, ebbri di felicità, stravolti, sconvolti; occhi negli occhi si guardarono febbricitanti, e si sorrisero come non avevano mai osato fare.
 
A quel punto Ryo ammise, la prima di mille ammissioni:
 
“Sai, stasera mi sei mancata tantissimo, ecco perché non sono uscito…” e si grattò la testa in imbarazzo.
 
Inaspettatamente, però, Kaori scoppiò a ridere, una risata di cuore, che era colma di felicità e liberazione, e mentre lui la guardava stralunato, lei gli prese il viso fra le mani e gli disse:
 
“Tu invece per niente…”
 
“Ma-ma- ma come?” balbettò l’altro, convinto che lei avrebbe apprezzato la sua confidenza, e anzi avrebbe risposto con altrettanto affetto; ma prima che lui potesse arrabbiarsi, Kaori finì di dire:
 
“…perché… non siamo andate a teatro…” e lo guardò maliziosamente.
 
“E-e-e… allora dove?” sempre più perplesso.
 
“Ad uno spogliarello maschile” e gli fece l’occhiolino.
 
E quando fu sicura che l’informazione fosse arrivata a destinazione, aggiunse “ma io preferisco te!” e senza lasciargli tempo di ribattere, gli si slanciò addosso nuovamente e facendolo rotolare sul letto, ridendo lo baciò.
Ancora.
E ancora.
 
Tornando a casa, non sai come andrà a finire.
   
 
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