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Autore: jomonet    16/09/2021    9 recensioni
Una fotografia può unire, può separare, può mantenere vivo un ricordo sia lontano che vicino e ha il grande potere di far conoscere.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una tua Fotografia

Attorno a me, milioni di fiori gialli facevano capolino dall’alta e profumata erba della campagna di mia nonna. Il sole era raggiante nel tramonto e solo piccole linee sottili di nuvole arancioni, rosse e blu tinteggiavano il cielo all’orizzonte, incuranti e lontani dal calore ancora accogliente e morbido dei raggi solari sulla mia pelle tiepida. 

Una piccola farfalla mi svolazzò accanto, seguendo l’odore invitante della flora ancora viva e colorata e aprendo le sue ali per farsi guidare dal venticello fresco, che colmava l’aria di fine estate. Incurvai appena il volto per osservare meglio le sue naturali e accese sfumature azzurre, verdi e gialle, che cambiavano e si mescolavano in base al riflesso solare penetrante. Rimasi a guardala per un po’, seguendo i suoi movimenti timidi e leggiadri, mentre volava e si cullava da un gambo ad un altro, oltrepassando alcuni fili d’erba verdi e i fiori già appassiti. Curvai maggiormente il viso per osservare la nuova posizione dell’animale, adagiato elegantemente su un petalo giallo di un Coreopsis*. Muovendo appena lo sguardo notai come il colore giallo del fiore richiamasse perfettamente quello mescolato tra le ali della farfalla e quello vivo, caldo e ardente del sole. Un’invisibile linea legava tre diversi elementi della natura: una pianta, un animale e una stella. 

Inspirai profondamente, mentre nella mia mente prendeva forma un’immagine sempre più chiara e precisa. Allungai silenziosamente una mano sulla mia macchina fotografica appesa al mio collo e la sistemai davanti al mio viso, puntando l’obiettivo sulla farfalla. Espirai con tranquillità un po’ d’aria dalla bocca, rilessando ogni centimetro del mio corpo d’un tratto teso e agitato. Mi posizionai adeguatamente con il busto affinché sembrasse che dalle ali della farfalla nascessero alcuni dei tanti raggi solari, grazie a qualche gioco ottico. Il giallo risaltava davanti ai miei occhi, potente ed energico, forte e incandescente, capace di divorare e attrarre a sé tutto ciò che lo circondasse, come una fiamma piena di vitalità, gentile e giocosa. Sorrisi davanti a quella visione accesa e brillante, assorta e assorbita dalla gioia naturale e selvaggia che solo quel colore mi sapeva regalare. Scattai e la farfalla si alzò immediatamente in volo, svolazzandomi per un po’ attorno, come a volermi ringraziare silenziosamente per quella fotografia intimamente estiva e calda. Seguii la sua ondulante traiettoria fino a quando non sentì un altro scatto di un’altra macchina fotografica digitale. Mi guardai attorno spaesata con occhi grandi e curiosi, mentre un’altra piccola folata di vento scompigliava i miei capelli marroni. Sollevai lentamente il collo con timidezza e diedi una furtiva occhiata oltre i gambi dell’erba alta. 

“Hey!” Mi sentii chiamare. “Sei tu l’altra fotografa di queste parti?” Dei furbi e mossi ricci marroni comparvero da dietro un cespuglio di lavanda, mostrando pian piano la figura di un giovane ragazzo, più o meno, della mia stessa età. “Pensavo di essere il solo!” Continuò lui, sorridendomi gentilmente. 

Gli mostrai educatamente la macchina legata al mio collo, sollevando appena le spalle. “Non sono una professionista. Mi diletto quando posso.” Gli spiegai.

“Oh,” lui sbatté più volte le palpebre, attirando la mia attenzione sui suoi occhi dai lineamenti sottili, “nemmeno io.” Si grattò distrattamente la testa. “Tu… dovresti essere la mia nuova vicina? Io sono il nuovo arrivato. Abito alla fine della strada.” I colori vivi delle sue iridi, dalle tonalità di un verde forte e di un azzurro lieve e sfumato, si accesero ancora di più grazie ai tocchi delicati e brillanti del sole. 

Per un veloce attimo rimasi con la gola asciutta e ingoiai un po’ di saliva, bagnandomi i denti con la lingua. “Ehm… no.” Toccai involontariamente l’obiettivo della mia macchina fotografica, aprendolo e chiudendolo per giocherellarci appena e tentare di mascherare il mio leggero nervosismo. “Sono la nipote della tua nuova vicina.”

“Ada, giusto?”

“Sì, proprio lei. È il nome di mia nonna.” Gli sorrisi, mentre un’altra folata di vento sollevava i miei capelli e investiva il mio vestito color pistacchio. 

“Io sono Isaia.” Si avvicinò a me con grandi passi, mostrando finalmente la sua macchina digitale, attorcigliata attorno alla sua mano sinistra, e il suo completo fatto di jeans, maglietta nera e una giacca beige leggera.

“Io sono Cecilia.” 

“È un piacere conoscerti.” Mi sorrise dolcemente. “Mi dispiace averti disturbato. Stavi fotografando qualcosa in particolare?”

“Io? Ehm, sì. Provavo un po’…” Sospirai profondamente, comprendendo il motivo del mio improvviso imbarazzo e nervosismo. “Tu?” Gli chiesi, riuscendo almeno a formulare una piccola, insignificante e semplice domanda. 

“Anche io. Giù in paese mi hanno detto che da queste parti, in piena aperta campagna, ci sono parecchi nidi di rondine.” I suoi occhi so soffermarono maggiormente nei miei, come se volessero inviarmi un messaggio segreto e profondo.

“Sì, è vero!” Ingoiai a fatica un altro po’ di saliva, mentre mi sistemavo qualche ciocca di capelli dietro le orecchie. “Vedi quel bosco lontano?” Gli indicai davanti a noi. “Dove il sole si sta nascondendo.” 

Lui annuì prontamente. 

“Bene. Lì ce ne sono tantissimi, soprattutto tra i primi alberi.” Gli spiegai, tentando di nascondere il mio leggero rossore sulle gote che cominciavano a scottarmi. “Verso la metà di settembre si alzano, quasi tutti, in volo per emigrare.”

“Mh, quindi dovrò aspettare un altro po’ per fotografarli.” Constatò lui, arricciando simpaticamente le labbra carnose.

“Ti piace la natura?” Gli domandai su due piedi, senza pensarci, imprecando mentalmente contro me stessa. 

“Sì, non è male.” Mi rispose con voce ferma, mentre una sua mano si nascondeva dal mio sguardo dentro una sua tasca. “Mi piace il suono delle cicale in estate, del forte vento in autunno e dei rumorosi e potenti temporali invernali.” Si voltò completamente verso di me con tutto il busto e notai che i suoi occhi si illuminarono, scoppiettando allegramente come due micce. “Ma sopratutto vedere le stelle e i pianeti.”

“Sei un astrofisico?” 

“Sì.” Annuì con sincera allegria. “Mi sono laureato due anni fa.”

“E… ora lavori?” Gli chiesi, cercando di non sembrare troppo invadente, nonostante il mio puro desiderio di sapere sempre di più su di lui.

“Sì, nell’Università della provincia. Affianco un professore.” Si accucciò sulle sue gambe per accarezzare un filo d’erba. “Ma io ho bisogno di tranquillità e dei miei spazi. Per questo abito qui, in campagna.” Continuò a dire, mentre si preparava a scattare un’altra foto. “Tu, invece? Che fai nella vita?” Mi domandò, alzandosi dopo aver fotografato una formica che camminava su di un petalo giallo. 

“Io scrivo articoli per alcuni giornali di design, di arte e di moda. Lavoro su vari campi.” Gli risposi, cadendo nel suo sguardo ipnotico e intenso

“Giornalista?”

“Sì, diciamo di sì.” 

“E… questa giornalista mi concederebbe una fotografia?”

“Io? Come modella?” Risi tra me e me.

“Certo! Perché no? La luce è quella giusta e tu stai davvero bene.” 

Arrossii leggermente, ma subito presi in mano la mia macchina fotografica, accendendola e puntandola verso di lui. “D’accordo, ma ad una condizione.” Gli lanciai uno sguardo di sfida da sopra il mirino. “Solo se anche l’astrofisico si presterà come modello. Per primo.”

“Ci sto.” Accettò immediatamente lui. 

“Che ne dici se ci spostassimo verso il centro del campo? Ci sono più fiori e… dovrei riuscire a catturare nella foto anche gli alberi del bosco.” 

“Sì, perfetto!” Acconsentì Isaia, regalandomi un sorriso ampio e affettuoso. “Mi piace il tuo occhio fotografico, Cecilia!” Ammise, mentre iniziava a camminare verso il posto stabilito. 

Le braccia mi formicolarono e le mie labbra si curvarono spontaneamente verso l’alto. “Grazie.” Gli risposi con gentilezza. “Sono curiosa di conoscere il tuo.” Confessai ad alta voce, dando spago ai miei pensieri in completo subbuglio come il mio cuore.

“Tranquilla, Cecilia. Ti stupirò!” Mi fece un occhiolino, ridendo allegramente e facendo attenzione a non rovinare alcun fiore.

“Intanto, sarai al mio servizio.” Gli ricordai con scherzosa superiorità. 

Si voltò con tutto il corpo verso di me, fermandosi tra alcuni mazzi di fiori gialli per aspettarmi. “Non vedo l’ora.” Mi sorrise teneramente, alzando le braccia al cielo. “Farò tutto quello che tu mi chiederai.”

Lo raggiunsi e presi in mano la mia macchina fotografica, ma mai persi di vista il suo sguardo concentrato e attratto dal mio. 

Socchiuse appena i suoi occhi brillanti sotto la luce del sole, nascondendo parte delle loro sfumature selvagge e infuocate, e disegnò sul suo volto un sincero sorriso. “Farei di tutto pur di avere una tua fotografia con me, Cecilia.” Ammise con voce profonda. 

“Lo vedremo, Isaia. Lo vedremo.” Lo stuzzicai con sguardo malizioso, sollevando un sopracciglio. Gli diedi una leggera spinta e lo superai con grandi falcate tra l’erba alta. “Non mi conosci.”

“Non vedo l’ora di farlo.” 

 

*Il Coreopsis è un fiore di campo dal colore giallo che può fiorire dall’inizio della primavera fino a tarda estate.

 

Spazio Autrice:

Salve!🌻

È la prima volta che pubblico una mia storia originale ed è anche la prima volta che scrivo in prima persona. Qui ci sono vari elementi che mi rappresentano e che fanno parte della mia vita. Ho messo un bel po’ di mio, regalandolo a questi due nuovi personaggi e a voi lettori ☺️ Mi sono davvero tanto affezzionata a Cecilia e ad Isaia 🥺 Spero che vi siano piaciuti e che questa mini storia vi abbia lasciato un po’ di serenità e spensieratezza. 🌻

Se volete lasciarmi un vostro pensiero, quale esso sia, sarò ben contenta di rispondervi ✨

Grazie infinitamente per avermi concesso un po’ del vostro tempo, leggendo fin qui, e della vostra fiducia! 💛

Un bacio,

 

jomonet

   
 
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