Capitolo
34 - … Or
mostly everything -
Reiji
si assicurò che i propri fratellastri stessero bene e che
Mitsuko fosse al
sicuro coi Mukami.
Sebbene
avesse constato lui stesso che la ragazza aveva dei poteri straordinari
e seppe
che, da quel momento in poi, non avrebbe corso più alcun
pericolo.
Per
cui, se già prima aveva l’audacia di badare a
sé stessa, sfidando creature ben
più potenti di lei, adesso non correva alcun rischio.
Tornò
quindi a dedicarsi ad Edith.
L’aveva
ringraziata, così come aveva ringraziato gli altri Predatori
corsi in loro
soccorso, tant’è che questi erano già
spariti nel nulla, ma lei era ancora lì,
come se attendesse qualcosa.
E
Reiji sapeva benissimo cosa stesse aspettando, ma lui non poteva
permettersi
quel lusso, l’aveva vista troppo spesso ultimamente e
rimanere da solo con lei
gli avrebbe fatto perdere il controllo, ne era sicuro.
Gli
si avvicinò con passo felpato, era sempre stata aggraziata
nei movimenti,
probabilmente tempo prima era stata una ballerina.
“Non
mi divertivo tanto da anni.”, annunciò lei, mentre
spostava il peso del corpo
da un piede all’altro.
Aveva
un lungo taglio che le correva su per il braccio destro e qualche
livido
sparpagliato sul corpo.
“Dovresti
medicare quelle ferite.”
Reiji
parlava seriamente, ma Edith scoppiò a ridere.
“Sul
serio? Speravo in qualcosa di più dopo aver combattuto al
tuo fianco.”
La
vampira dai capelli scuri scosse il capo e ruotò il busto,
pronta ad andarsene,
ma prima di farlo parlò ancora.
“Non
devi dimostrare più niente a nessuno –,
dichiarò, lanciando un’occhiata alla
testa mozzata di Karl Heinz che giaceva a qualche metro di distanza.
– Puoi
essere te stesso senza aver paura di deludere le aspettative.”
Quella
frase lasciò Reiji spiazzato, sgranò gli occhi
come se gli fosse stata rivelata
chissà quale recondita verità.
Non
doveva più essere all’altezza di alcuna
aspettativa.
L’unica
persona per cui si era impegnato tanto negli anni era stata sua madre,
voleva
compiacerla in ogni modo, ma Shu gli aveva assicurato che lei sarebbe
stata
fiera di lui.
Mentre
Karl Heinz era morto e sapeva già da un pezzo di non
dovergli nulla.
“Dovresti
proprio farti medicare le ferite.”, esclamò quindi
il vampiro occhialuto.
Edith
roteò gli occhi al cielo, pronta a smaterializzarsi, ma
quello che aggiunse
Reiji la bloccò sul posto.
“Potrei
farlo io. Nel mio studio.”
Un
sorriso malizioso le curvò le labbra.
“Se
proprio insisti…”, sussurrò
improvvisamente al suo orecchio.
I
due si smaterializzarono contemporaneamente.
***
Quando
entrai nel salone di villa Mukami, non seppi se scoppiare a ridere o
mostrarmi
indignata nel trovare mio padre buttato su un divano, in una posizione
scomoda
ed evidentemente non scelta da lui.
Azusa
sedeva sul sofà di fronte, parlava con una delle sue ferite
sul braccio e
quando ci vide entrare ci accolse con un piccolo sorriso.
“Ben
tornati!”, esclamò con voce flebile, ma era
sinceramente entusiasta di
rivederci, solo che non riusciva ad esternarlo più di
così.
Mi
accertai che stesse bene, prima di rivolgere le mie attenzioni ad uno
svenuto
Takeshi.
Realizzai
che Ruki guardava altrove con fare evasivo, ero sicura che ci fosse il
suo
zampino se mio padre era ridotto così, ma poco importava,
l’importante era
saperlo al sicuro.
Lo
scossi per le spalle un paio di volte prima che iniziasse a riprendere
conoscenza.
Mi
fissò stralunato per un momento, poi spalancò gli
occhi e balzò a sedere, lo
sforzo improvviso gli provocò una smorfia.
Gli
domandai come stesse ma non mi diede retta, si mise invece a
controllarmi da
capo a piedi, per assicurarsi che non avessi alcuna ferita.
“Sto
bene.”, affermai, facendo una piroetta su me stessa per
convincerlo.
In
realtà, avevo le gambe indolenzite e qualche osso rotto che
(in qualche modo)
stava guarendo più velocemente del normale.
“Non
ci causeranno più alcun problema.”
Takeshi
mi fissò scettico, così gli parlai del patto tra
me e il cardinale Williams.
“Non
avresti dovuto dargli quel libro.”
Non
mi aspettavo quella risposta, non credevo fosse tanto importante, ma
non avevo
avuto scelta e se avesse significato tenere buono il cardinale,
l’avrei rifatto
di certo.
“Era
così importante?”
“Non
è del Cardinale che mi preoccupo, ma di altri Cacciatori che
potrebbero
impossessarsene, lo terrò d’occhio.”
Takeshi
mi abbracciò all’improvviso, cogliendomi alla
sprovvista, ma mi affrettai a
ricambiare.
“Temevo
di averti persa…”, annunciò,
stringendomi ancora più forte.
“Sono
qui, invece, e non mi perderai, te lo prometto.”
Lo
sentii tremare mentre pronunciavo quelle parole, sapevo bene che quello
fosse
il suo timore più grande, ma Carla non avrebbe mai potuto
sostituirlo.
Takeshi
mi aveva cresciuta, dandomi amore e affetto, insegnandomi i valori
della vita.
Quel
pensiero mi rattristò, sciolsi l’abbraccio,
cercando di non incrociare lo sguardo
di mio padre.
“Ho…
Ho ucciso Karl Heinz.”
Sentivo
il suo sguardo addosso, ma non osavo ricambiare.
Takeshi
mi prese una mano.
“Ha
fatto del male alla nostra famiglia…”
“Gli
ho staccato la testa.”
La
presa di Takeshi si rafforzò.
“So
che sei stata costretta.”
Karl
Heinz mi aveva manipolata fin da quando ero bambina, quindi
sì, non avevo mai
avuto scelta.
“Non
era una persona, era un mostro.”
“Non
avrei voluto farlo.”
“Lo
so.”
Sollevai
lo sguardo, col timore che mio padre potesse rivolgermi
un’occhiata delusa, o
spaventata perfino, sapendo che avevo sviluppato dei poteri capaci di
togliere
la vita a qualcuno.
Invece
Takeshi aveva un’espressione apprensiva in volto, non voleva
giudicarmi, né
rimproverarmi.
Mi
sentii più tranquilla.
“Vorreste…
restare a pranzo?”
Ruki
era comparso dal nulla, quella proposta non avrebbe dovuto
sorprendermi, io ero
solita trascorrere le mie giornate a mangiare a casa loro, ma credevo
che Ruki
mi odiasse, Oltretutto, aveva esteso l’invito a mio padre.
Guardai
l’esterno, il sole splendeva alto nel cielo, avevo perso la
cognizione del
tempo dopo la battaglia, e dimenticato di essere affamata.
Ma
ricordando quel dettaglio, il mio stomaco brontolò
rumorosamente.
Tuttavia
non avevo intenzione di trattenermi oltre dai Mukami.
“Se
mio padre se la sente, preferirei pranzare in un posto nel parco
Ueno(?)”
Volevo
allontanarmi per un po’ dai vampiri e trascorrere del tempo
con Takeshi.
Lui
accettò con piacere.
Saremmo
passati dalla nostra vecchia casa, dove Takeshi ancora abitava, lui
avrebbe
cambiato la tuta da Cacciatore con un abbigliamento più
sobrio e io ne avrei
approfittato per prendere in prestito alcuni dei miei vecchi indumenti,
quelli
che indossavano erano sporchi di fango e sangue.
Mi
congedai con i Mukami, ringraziandoli ancora una volta per essermi
stati
accanto.
Poi
la limousine bianca accompagnò me e Takeshi a casa.
***
Yuma
osservò Mitsuko lasciare la villa assieme al suo padre
adottivo, quando la
limousine sfrecciò via, scostò la tendina e quasi
si sentii sollevato.
Era
tutto finito, non c’era più nessun uomo con cui
sdebitarsi, lui e i suoi
fratelli erano finalmente liberi.
Frugò
nelle tasche, estraendo una zolletta di zucchero. Dopo che la Dama
gliele aveva
rubate, si era affrettato a riempirsi di nuovo le tasche con delle
sostitute, e
si era detto che la prossima volta le avrebbe fatto pagare un tale
affronto.
La
tregua durante la battaglia era dovuta solo alle circostanze, ma quel
dispetto
lo aveva ferito nell’orgoglio, e durante il loro prossimo
incontro l’avrebbe punita
come si deve.
Mentre
la zolletta si scioglieva sulla sua lingua, ripensò al
maggiore dei Sakamaki.
Durante
la lotta aveva avuto un piccolo flash, un’immagine sfocata
nella sua testa,
aveva visto una versione bambina di Shu e di se stesso, mentre gli
regalava un
cucciolo di cane.
Ma
non riusciva a capire se si trattasse di un ricordo o solo la sua
memoria che
gli giocava brutti scherzi , mescolando la realtà con la
fantasia.
Ma
perché avrebbe dovuto immaginare di aver regalato un
cucciolo a Shu?
Sapeva
bene che alcune parti della sua infanzia, quelle risalenti al periodo
prima
dell’orfanotrofio, erano inspiegabilmente scomparse.
Aveva
attribuito la colpa ai traumi che aveva collezionato in
quell’edificio.
Tuttavia
Ruki aveva confessato di aver fatto delle ricerche sul suo conto e
aveva detto
che il suo villaggio natio era stato distrutto da un incendio.
Yuma
schioccò la lingua in dissenso, quella storia gli puzzava e
non solo per il
ricordo delle fiamme che avevano incenerito la sua vecchia casa.
Quando
infine captò la presenza alle sue spalle, la Dama lo aveva
già inchiodato al
muro col suo corpo.
Il
petto di Yuma era premuto contro la parete, mentre lei gli puntava un
coltello
affilato alla gola.
“E
adesso che diavolo vuoi?”, ruggì Yuma, valutando
le possibili vie di fuga.
“Stavo
pensando… abbiamo combattuto bene durante la battaglia, bel fusto.”
Yuma
digrignò i denti al suono di quell’appellativo.
“Potremmo
essere una buona squadra.”
Il
vampiro grugnì, frustrato per non essersi ancora riuscito a
liberare.
Non
riusciva a capire perché quella bionda si divertisse tanto a
provocarlo, poi
nella sua testa si accese una lampadina, d’altronde, se si
era spinta nella
loro villa per offrirgli un posto come Predatore, doveva pur esserci un
motivo.
E
lo capiva solo in quel momento.
Quella
consapevolezza gli fece ritrovare sicurezza, con un piccolo ghigno
afferrò la
mano di lei che impugnava il coltello, la Dama provò a
divincolarsi, ma Yuma
possedeva una forza notevole, nonostante fosse un vampiro solo per
metà.
La
Predatrice non avrebbe dovuto sottovalutare quel dettaglio.
Le
storse il polso, facendola imprecare sottovoce e ribaltò la
situazione, spedendo
lei spalle al muro e la bloccò lì col suo corpo.
“La
proposta non m’interessa. Ma puoi venire a trovarmi quando
vuoi, bambola.”
La
Dama si trattenne dall’insultarlo, sentendo
quell’appellativo, e gli riservò
un’occhiata glaciale.
“Cosa
ti fa pensare che voglia rivederti?”
“Questo.”
Yuma
sorrise sprezzante, prima di rubarle un bacio.
Nonostante
la Dama avesse provato a sottrarsi e, capendo di essere in trappola,
perfino a staccargli
il labbro inferiore coi canini, alla fine si abbandonò a
quel bacio.
Quando
Yuma si staccò, lasciandola confusa e, sotto sotto,
eccitata, lei avrebbe
voluto proseguire il discorso.
Ma
il vampiro non gliene diede modo, la liberò dalla sua
stretta e fece qualche
passo indietro.
“Cerca
di non distruggere nulla, o Ruki se la prenderà con
me.”
E
così dicendo la lasciò da sola nella stanza.
La
Dama fissò irata il punto in cui Yuma era svanito nel nulla,
ma poi la sua
rabbia si dissolse con un piccolo sorriso che curvò le sue
labbra.
“A
presto, bel fusto.”