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Autore: Clementine84    19/09/2021    0 recensioni
Due amiche e una crociera nel Mediterraneo con una band famosa. Una delle due, fan fedele sin dagli inizi, si fa accompagnare dall’altra, che non ha mai capito cosa ci trovino tutte nel biondino del gruppo, considerato un rubacuori in grado di far cadere qualunque donna ai suoi piedi. Un incontro casuale basterà a lui per decidere che vale la pena farglielo scoprire, costi quel che costi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Carter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2 – Last Cigarette

 

‘Basta, non ce la faccio più. Devo uscire di qui’ pensai, quando il gomito della ragazza che saltava accanto a me mi si conficcò per l’ennesima volta in un fianco. La situazione in cui mi trovavo rappresentava alla perfezione la mia personale concezione di inferno e ancora non avevo bene idea di come ci fossi finita. Dopo il party di partenza, in cui i Backstreet Boys si erano presentati sul palco vestiti da marinai, avevamo assistito alla Game Night e dovevo ammettere, senza vergognarmene, di essermi divertita come una matta. I giochi proposti erano stati semplici ma geniali e la mia opinione dei cinque ragazzi era migliorata moltissimo vedendo con quanta autoironia e naturalezza si erano prestati alle varie attività. Avevo deciso che il mio nuovo preferito era A.J., che in gioventù non avevo mai considerato ma che, adesso, scoprivo dotato di un senso dell’umorismo molto nelle mie corde, oltre che di una bellissima voce, molto particolare, e una discreta dose di fascino.

Dopo una cena veloce, a cui, con grande disappunto di Jessica, i ragazzi non avevano partecipato, eravamo tornate in cabina per prepararci per la prima serata a tema. Il tema era il titolo di una delle loro canzoni, In a World Like This, e le indicazioni erano di vestirsi in modo da rappresentare il proprio Paese d’origine. Per quanto l’idea fosse divertente, non mi erano venute grandi illuminazioni su come metterla in pratica e, dato che avvolgermi in una bandiera italiana non mi sembrava una soluzione molto pratica, mi ero limitata a riprodurla indossando delle sneakers rosse, un paio di jeans bianchi e una maglia verde smeraldo. Jessica aveva trovato un buffo vestito di paillettes con i colori della nostra bandiera, che mi ricordava molto quello famoso indossato da Ginger Spice negli anni ‘90, e così abbigliate, ci eravamo recate sul ponte, dove avrebbe dovuto svolgersi la festa, solo per scoprire che stava piovendo e l’evento era stato spostato all’interno. Raggiunto il punto indicatoci, ci eravamo subito rese conto che avvicinarsi al palco era fuori discussione, perché centinaia di fan molto più organizzate di noi ci avevano precedute, occupando i posti migliori. Decidemmo quindi di restare defilate, posizionandoci lateralmente e sperare che, a un certo punto, i ragazzi decidessero di scendere dal palco e mischiarsi tra la folla, come Jessica mi aveva assicurato avevano fatto nelle crociere passate. Speravo avesse ragione, non tanto per me, che comunque non avrei disdegnato un incontro a quattr’occhi con il mio nuovo preferito, quanto per lei, che ci teneva molto a scattarsi un selfie con loro. Dopo l’arrivo dei protagonisti della serata, però, le cose erano un pochino degenerate. L’atmosfera si era surriscaldata, le fan erano impazzite e sembrava di essere a una partita di football piuttosto che a una festa su una nave. Non ero preparata a una cosa del genere, nessuno lo era – a parte, forse, Nick Carter, che si era presentato vestito da giocatore di football, ma non credo fosse calcolato – e, dopo un’oretta circa, iniziai ad annaspare per la mancanza di aria. Tentai di attirare l’attenzione di Jessica, per proporle di levarci di torno, ma la mia amica aveva intercettato Brian nelle vicinanze e stava sgomitando per riuscire ad avvicinarsi per farsi una foto con lui, quindi non mi diede retta. Sconsolata e sentendo un attacco di panico avvicinarsi, decisi che non avrei resistito un minuto di più in quel carnaio, e iniziai a guardarmi in giro alla ricerca dell’uscita più vicina. Non appena la individuai, mi feci largo tra la folla in quella direzione, anelando un po’ di aria fresca. Purtroppo, fui bloccata da un addetto alla sicurezza, che mi spiegò che non potevo uscire perché, da lì, si accedeva a una zona del ponte riservata allo staff. Avevo il cuore che batteva all’impazzata e la salivazione azzerata e sentivo che stava iniziando a girarmi la testa. Dovevo uscire a tutti i costi, se non volevo svenire in mezzo alla calca ed essere, con tutta probabilità, calpestata a morte. Facendo appello a tutta la mia forza di volontà, gli rivolsi il mio miglior sguardo da cerbiatta e lo pregai “Posso uscire a fumare una sigaretta? Rientro subito, è solo per non fare il giro di tutto il salone. Col casino che c’è mi ci andrebbe mezz’ora”.

Lui mi rivolse uno sguardo serio, poi sorrise. “Okay” acconsentì. “Ma ti tengo d’occhio”.

Rivolgendogli il saluto militare, che lo fece ridere, spinsi la porta e uscii, nel freddo della notte, riuscendo, finalmente, a respirare.

Mi diressi subito verso il parapetto, a cui mi appoggiai, inspirando ed espirando, lentamente, in attesa che la vista annebbiata tornasse normale. Piano piano, i battiti del cuore rallentarono, riuscii a deglutire un po’ di saliva e mi accorsi che i puntini neri che mi danzavano davanti agli occhi erano spariti. Espirai un’ultima volta. Scampato pericolo. A quel punto, presi il pacchetto di sigarette e l’accendino dalla minuscola borsetta che mi trascinavo in giro per la nave, estrassi una sigaretta e la accesi, inspirando profondamente. Quando rilasciai il fumo, emisi un sospiro di soddisfazione. Era proprio quello che mi serviva.

Avevo iniziato a fumare alla fine della scuole superiori, perché tutti, nel mio gruppo di amici, lo facevano. Avevo proseguito per tutta l’università, riuscendo a smettere qualche anno dopo essere andata a convivere con Luca. Dopo la fine della nostra storia, però, avevo ricominciato, sebbene fumassi molto meno di un tempo. Di solito mi concedevo una sola sigaretta al giorno, la sera, dopo cena, e salivo fino a tre in momenti di particolare stress. Quello era assolutamente da considerarsi un momento di stress, pensai, e non avevo fumato la mia solita sigaretta dopo cena, quindi potevo decisamente concedermene due e prolungare quel momento di beatitudine.

Restai a godermi la sigaretta in silenzio, guardando il buio davanti a me e lasciando che la brezza della notte facesse tornare il mio corpo accaldato a una temperatura accettabile. Stavo per accendere la seconda sigaretta, quando la mia attenzione fu catturata da un certo trambusto proveniente dalla porta da cui ero uscita poco prima. Vidi uscire un uomo vestito di nero, seguito, subito dopo, da un altro uomo, alto e vestito da giocatore di football. Non ci andava una laurea per capire chi fosse, anche perché l’avevo visto poco prima salire sul palco. Nick Carter, accompagnato dalla sua guardia del corpo, che si avvicinava al parapetto e iniziava a frugarsi nelle tasche per fare, probabilmente, la stessa cosa che stavo facendo io in quel momento. Spostai lo sguardo da lui all’addetto che mi aveva fatto uscire, aspettando che mi ordinasse di rientrare, e maledicendo la mia sfortuna che non mi permetteva di godermi la seconda sigaretta in santa pace. Inaspettatamente, invece, lui mi sorrise e mi fece un cenno di saluto, prima di richiudersi la porta alle spalle. Tornai a volgere lo sguardo oltre la nave, nell’oscurità e, finalmente, mi accesi la seconda sigaretta. Vinta dalla curiosità, con la coda dell’occhio, controllai cosa stesse facendo la celebrità a pochi passi da me. Notai che si era tolto il casco da football, che effettivamente avrebbe reso l’operazione di fumare un tantino difficoltosa, e aveva una sigaretta tra le labbra. Si tastò nuovamente le tasche dei pantaloni, probabilmente cercando l’accendino, poi si voltò e lo sentii chiedere qualcosa alla sua guardia del corpo, anche se non riuscii a decifrare esattamente cosa a causa del vento. L’uomo scosse la testa e, in quell’istante, Nick si volse verso di me, forse registrando la mia presenza per la prima volta. Mi voltai anch’io verso di lui, inspirando un’altra boccata di fumo. A quel punto, lo vidi fare un passo verso di me e, quando mi fu davanti, chiese “Ehi, hai da accendere?”

“Certo” risposi, recuperando l’accendino dalla borsetta e porgendoglielo, senza però avvicinarmi troppo.

Lui lo afferrò, si accese la sigaretta e me lo restituì.

“Grazie”.

“Figurati”.

Senza riuscire a impedirmelo, lanciai un’occhiata preoccupata alla sua guardia del corpo, che non mi aveva tolto gli occhi di dosso un solo istante, da quando Nick mi aveva rivolto la parola. Quando lo sentii ridere, però, spostai nuovamente lo sguardo su di lui che, nel frattempo, aveva appoggiato i gomiti alla ringhiera e stava aspirando il fumo della sua sigaretta.

“Guarda che puoi avvicinarti” scherzò, notando la mia preoccupazione e accorgendosi che stavo volutamente mantenendo le distanze. “Le spalle sono finte. Non mordo”.

“Tu no, ma lui mi fa paura” replicai, con un cenno del capo verso il bodyguard.

Il ragazzo scoppiò a ridere. “È tutta scena, sai? Per tenere lontane le fan pazze” confessò. Poi, guardandomi con più attenzione, aggiunse “Ma tu non mi sembri una di quelle”.

Decisamente più rilassata, mi ritrovai a ridacchiare. “No, decisamente no” risposi.

 

La serata sembrava non finire mai e io ero esausto. Avevo tenuto botta tutto il giorno, tra il party di inizio viaggio e la Game Night, ma quell’evento serale, spostato all’interno per il maltempo, in quell’auditorium pieno zeppo di gente, mi stava mettendo duramente alla prova. Come se non bastasse, avevo ingenuamente deciso di vestirmi da giocatore di football della mia squadra del cuore, con tanto di protezioni e casco, senza considerare che la temperatura all’interno della nave aveva iniziato a rasentare quella su Marte. A un certo punto non ce l’avevo più fatta. Mi ero avvicinato a Kevin e gli avevo bisbigliato all’orecchio che avevo bisogno di prendere una boccata d’aria e mi sarei assentato qualche minuto per fumare una sigaretta. Lui aveva annuito, comprensivo. Sapeva che poteva fidarsi e che non sarei sparito, nascondendomi nei meandri della nave, per sfuggire ai miei doveri. Non ero più il quindicenne indisciplinato degli esordi e il mio amico aveva imparato a riconoscermelo. Facendo un cenno a Mike, la mia guardia del corpo, scesi dal palco e mi lasciai guidare verso l’uscita più vicina, dove un gentile inserviente ci tenne aperta la porta, per permetterci di passare. Non appena il vento freddo della notte mi sferzò il viso, chiusi gli occhi e presi un respiro profondo. Adesso si cominciava a ragionare. Mi tolsi subito il casco, mettendolo in mano a Mike, e mi avvicinai alla balaustra, tastandomi le tasche alla ricerca del pacchetto di sigarette. Quando lo trovai, ne presi una e me la misi tra le labbra, mentre ricominciavo a frugare nelle tasche per cercare l’accendino. Non trovandolo, iniziai a imprecare a bassa voce. Dove diavolo si era ficcato quell’aggeggio? Mi voltai verso Mike e gli chiesi se ne avesse uno da prestarmi. Purtroppo, l’uomo fece segno di no con la testa.

Dannazione” mi lasciai sfuggire, togliendomi la sigaretta dalla bocca. Alzai le spalle e sospirai, rassegnato a rientrare, rinunciando alla mia dose di nicotina. Poi, con la coda dell’occhio, intercettai un movimento alla mia sinistra e, per la prima volta, mi accorsi di non essere solo, in quell’angolino remoto del ponte. A circa un metro da me c’era una ragazza, appoggiata alla ringhiera, che fissava la notte, con i capelli che svolazzavano al vento, mentre fumava tranquillamente. Senza nemmeno domandarmi come diavolo fosse arrivata lì, la considerai immediatamente la mia ancora di salvezza. Stava fumando, quindi doveva aver acceso la sigaretta in qualche modo. Forse non tutto era perduto. Sentendomi lo sguardo di Mike sulla schiena, feci due passi nella sua direzione, fermandomi davanti a lei, abbastanza vicino da farmi sentire senza dover alzare la voce per sovrastare il rumore del vento, ma non troppo da spaventarla o da mettere a rischio la mia incolumità, se si fosse rivelata una fan isterica, pronta a saltarmi al collo. Nel frattempo, lei si voltò a guardarmi, incuriosita e, per una ragione che non avrei saputo spiegarmi, mi convinsi che potevo stare tranquillo, non correvo assolutamente alcun rischio.

Ehi, hai da accendere?” le chiesi, accennando un sorriso.

Certo” rispose lei, recuperando l’accendino dalla borsetta e porgendomelo, senza avvicinarsi più del necessario. Quel solo fatto mi convinse di averci visto giusto.

Presi l’accendino che mi porgeva, mi accesi la sigaretta e glielo restituii, dicendo “Grazie”.

Figurati” replicò, distogliendo subito lo sguardo.

Senza smettere di fissarla, presi una boccata dalla sigaretta, sentendo i muscoli tesi del collo che si rilassavano istantaneamente. No, l’idea di vestirmi da giocatore di football, casco compreso, non era stata una trovata geniale. Non avevo assolutamente nessuna intenzione di rimettermi quell’affare in testa. Mentre riflettevo su dove avrei potuto lasciarlo, per non dovermelo portare dietro in mano per il resto della serata, mi accorsi che la ragazza accanto a me aveva lanciato un’occhiata preoccupata a Mike, quasi avesse paura di lui. Mi venne da ridere e, sentendomi, lei si voltò di nuovo verso di me.

Guarda che puoi avvicinarti” le dissi, in quello che speravo fosse un tono rassicurante. “Le spalle sono finte. Non mordo”.

Tu no, ma lui mi fa paura” replicò lei, con un cenno del capo verso il mio bodyguard.

A quel punto, scoppiai decisamente a ridere di gusto. “È tutta scena, sai? Per tenere lontane le fan pazze” confessai, concentrandomi ancora di più su di lei. “Ma tu non mi sembri una di quelle” aggiunsi, dopo un istante.

La sentii ridacchiare e mi sembrò più rilassata, quando rispose “No, decisamente no”.

Facendo un ulteriore passo verso di lei, decisi che potevo approfittarne per fare due chiacchiere, dato che la ragazza che avevo di fronte non sembrava aver perso l’uso della parola, dopo avermi riconosciuto. Perché, se c’era una cosa di cui ero certo, era che sapesse esattamente chi ero. Era una crociera dei Backstreet Boys quindi le probabilità che fosse una nostra fan erano altissime. Inoltre, non potevo sperare che non mi avesse riconosciuto, conciato com’ero e con Mike che mi seguiva come se fosse la mia ombra. Ogni tanto, succedeva di imbattersi in qualcuno che non aveva idea di chi fossi e, per quanto fosse raro, era una sensazione che mi piaceva. Mi faceva sentire libero e rilassato, come se potessi essere chiunque, per un momento. Ma, ovviamente, non era quello il caso. Ad ogni modo, non sembrava particolarmente colpita dal fatto di trovarsi a trenta centimetri o poco più di distanza da una celebrità che, con ogni probabilità, le piaceva anche, quindi valeva la pena tentare un approccio.

Come ti chiami?” domandai, continuando a fumare la mia sigaretta.

Alice”.

E di dove sei?”

Italia” disse, lanciando uno sguardo ai suoi vestiti. La osservai meglio e, solo allora, mi accorsi che indossava Converse rosse, un paio di jeans bianchi e una maglia verde, a rappresentare i colori della bandiera italiana. Sorrisi e commentai “Oh, Italia. Sì, potevo arrivarci, in effetti”. Poi, sentendo crescere dentro di me un’inspiegabile urgenza di fare colpo su di lei, che sembrava indifferente alla mia presenza, aggiunsi “Come stai, bella?” in italiano. “È l’unica cosa che so, a parte la canzone che abbiamo fatto” confessai, passandomi una mano tra i capelli, improvvisamente imbarazzato da quell’uscita che, a posteriori, non mi era sembrata particolarmente felice.

Vidi i suoi occhi farsi più larghi e mi accorsi che aveva alzato leggermente un sopracciglio. Poi, con una nonchalance che mi lasciò spiazzato, sentenziò “Che, scusami, non è stato il vostro momento più alto nella storia della musica”.

Per la seconda volta, nel giro di pochi minuti, scoppiai a ridere, di fronte alla sua battuta. “No, decisamente no” ammisi, abbassando la testa.

Restammo a fumare per un attimo in silenzio, poi lei spense la sua sigaretta contro la ringhiera e si mise il mozzicone in tasca, gesto che, da amante del mare, apprezzai moltissimo. Temendo che rientrasse e improvvisamente restio a fare a meno della sua compagnia, decisi di dire qualcosa per far proseguire la conversazione e trattenerla ancora un po’.

Com’è che non sei dentro a urlare con le altre?” le chiesi, ben sapendo che era una domanda idiota.

E tu com’è che non sei dentro a fare il tuo lavoro?” replicò, senza scomporsi.

Sforzandomi di non scoppiare a ridere di nuovo, per quanto ne avessi voglia, risposi “Avevo bisogno di aria”.

Anch’io” convenne lei, voltandosi e appoggiandosi al parapetto con la schiena.

È la tua prima crociera?” proseguii, contento di vedere che non sembrava avere fretta di andarsene.

In generale o vostra?”

Entrambe”.

In generale no, sono stata in crociera in Norvegia, anni fa” spiegò. “Vostra, decisamente sì”.

Cosa te ne pare, per adesso?” mi informai, mentre finivo la sigaretta e la spegnevo anch’io contro il ferro della ringhiera.

Carina. Ben organizzata. Gli eventi sono divertenti. Forse un pelo affollata”.

Risi di nuovo. “Decisamente affollata” concordai, ripensando alla bolgia da cui ero scappato. “Sei qui da sola?”

Scosse la testa. “No, ho accompagnato un’amica”.

Spalancai gli occhi, sorpreso ma, allo stesso tempo, iniziando a comprendere il suo atteggiamento. “Quindi non sei una fan?”

Lo ero, intorno ai 15 anni. Sono anche venuta al vostro concerto a Milano, credo fosse il Millennium Tour” rammentò.

Annuii. Era l’unico tour che avevamo portato in Italia, non c’era modo di sbagliarsi. “E poi?” domandai, curioso.

Lei alzò le spalle. “Sono cresciuta, immagino. Ho scoperto altra musica e vi ho un po’ dimenticati”.

È un colpo al cuore, lo sai?” scherzai, portandomi una mano al petto, all’altezza del cuore, e improvvisando una faccia delusa.

La ragazza rise e si giustificò “Scusa. Ho recuperato prima della crociera, però. Ho comprato tutti i CD che mi ero persa, sai, per documentarmi”.

Risi anch’io e la presi in giro “Wow, hai fatto i compiti. Complimenti!”

Grazie” fece lei, con un mezzo inchino. “Mi piace fare le cose per bene”.

E qual è il responso?” chiesi, sinceramente interessato alla sua opinione “Siamo migliorati da Millennium?”

Mi rivolse un sorrisino furbo. “Beh, tu sicuramente”

Spalancai gli occhi, incredulo di aver veramente sentito quelle parole. “Scusa?”

Lei si passò una mano sugli occhi ed emise un lieve gemito. “Oddio, non ci credo che ti sto dicendo questa cosa sul serio,” farfugliò “ma non amavo molto la tua voce, da ragazzina”. Poi, prima che potessi ribattere, aggiunse “Ma adesso è cambiata, è più matura e mi piace molto di più”.

Tu vuoi spezzarmi il cuore, di’ la verità” scherzai, stupito dalla sua sincerità.

Rise di nuovo. “Ma no, figurati. È che sono onesta” spiegò.

Allora, sulla scia dell’onestà, chi ha la voce che ti piace di più?” le chiesi.

La vidi farsi improvvisamente seria. “Beh, era Brian, ma…” si interruppe, senza terminare la frase.

Già” commentai, mentre cercavo di combattere il solito nodo alla gola, che mi prendeva ogni volta che pensavo ai problemi di salute del mio migliore amico.

Mi dispiace” disse lei, a bassa voce e, guardandola meglio, mi accorsi il suo sguardo allegro era stato adombrato da un velo di tristezza, come se fosse veramente preoccupata per Brian, sebbene non lo conoscesse.

Sentii il bisogno di rassicurarla e dissi “È forte. Ne verrà fuori”.

Sorrise e annuì. “Ne sono sicura. E voi lo state supportando magnificamente”.

Grazie” risposi, ricambiando il sorriso.

Figurati. Onesta, te l’ho detto”.

Quindi? Se non è più Brian, chi è?” insistetti, nella speranza di alleggerire l’atmosfera.

Ci pensò su un instante, poi disse “Credo A.J.”.

Inspiegabilmente, ci restai male. Avrei voluto che dicesse me. E mi domandai perché mi importasse tanto, dopotutto, non era nemmeno una nostra grande fan ed era la prima volta che la vedevo in vita mia. Eppure non potevo ignorare che quella insignificante sconfitta a favore del mio amico mi bruciasse. Stavo cercando di inventarmi qualcosa da ribattere, magari una battuta stupida, in modo da non farle capire che ci ero rimasto male, quando Mike mi si avvicinò, sussurrandomi all’orecchio che era opportuno rientrare. Annuii, riluttante, e mi voltai per salutare la ragazza, stupendomi di ricordare perfettamente il suo nome – di solito ero bravo con le facce, ma con i nomi ero un disastro.

Beh, Alice, grazie per l’accendino e per la chiacchierata. Goditi la crociera e ci vediamo in giro”.

Suppongo che io ti vedrò spesso” osservò, ridacchiando.

Direi di sì” concordai, unendomi alla sua risata.

Ciao, buona serata” mi salutò, con un sorriso.

Le feci un cenno con la mano e mi voltai per rientrare. Stavo per oltrepassare la porta, quando non riuscii a resistere all’impulso di voltarmi indietro. Non so perché lo feci e nemmeno cosa sperassi di trovare. Mi aspettavo che fosse rimasta a guardarmi andare via con aria sognante? Da quel poco che avevo potuto cogliere, durante la nostra breve conversazione, non era da lei. Infatti, la trovai di nuovo appoggiata alla balaustra, lo sguardo perso nella notte. Sospirai e feci per rientrare. In quel momento, lei girò la testa e i nostri sguardi si incrociarono. Le sorrisi e lei mi salutò con la mano. Risposi facendole l’occhiolino ma mi stupii di come, in realtà, avrei voluto tornare sui miei passi, dimenticare la festa e i miei doveri e passare il resto della serata nascosto in quell’angolo di ponte a chiacchierare con quella strana ma simpatica ragazza italiana, che mi aveva decisamente colpito.

 

Just to breathe reminds me of what used to be
The smoke's the ghost that keeps you close when I can't sleep
Don't ask the past to last, it's about to change
The memories don't answer when I call your name
No one told me, she told me
Your love's like one last cigarette, last cigarette

(Last Cigarette – Bon Jovi)

Quando la porta si richiuse dietro alle spalle di Nick, allontanando le luci e i rumori della festa e facendo ripiombare il ponte nell’oscurità e nella quiete, mi trovai a sorridere, tra me. Era stato un incontro alquanto singolare ma decisamente piacevole. Tra tutti i Backstreet Boys, Nick era sempre stato quello che mi era piaciuto di meno. Non era colpa sua, non aveva niente che non andava, semplicemente, l’ossessione della mia amica nei suoi confronti, me l’aveva reso antipatico di riflesso. Mi ero convinta che fosse un ragazzino fortunato e viziato, senza particolare talento, ma con un’altissima opinione di sé, rafforzata dai miliardi di ragazze adoranti che cadevano ai suoi piedi. Quell’opinione, affrettata e superficiale, si era già modificata dopo aver visto quel documentario, che mostrava un Nick totalmente diverso, più sensibile e introspettivo, ben lontano dall’immagine del ragazzino egoista e pieno di sé che avevo nella mia testa. Quello che aveva chiacchierato con me quella sera, poi, era ancora un’altra persona, molto più reale, questa volta. Per quanto lo scambio di battute fosse stato breve, mi era sembrato gentile e simpatico e mi aveva veramente fatto piacere parlare con lui. Oddio, pensai, che scema. Avrei dovuto chiedergli una foto, almeno per Jessica. Non mi era nemmeno venuto in mente. Quando la mia amica l’avesse saputo, me ne avrebbe dette di tutti i colori e non potevo biasimarla. Non mi sarebbe certo ricapitata un’occasione del genere. Sospirando, mi avvicinai alla porta e rientrai nel salone affollato e surriscaldato.

“Va meglio?” mi chiese l’addetto alla sicurezza che mi aveva fatta uscire.

“Sì, grazie” risposi, con un sorriso. “È stato molto gentile”.

“Figurati” minimizzò. Poi, con espressione curiosa, aggiunse “Piaciuta la chiacchierata?”

Mi venne da ridere. “Sì, piacevole”.

“Che botta di fortuna, eh?” osservò. “Pensare che ci sono ragazze che passano la notte davanti alla porta della sua cabina, sperando di vederlo. E tu lo incontri per caso mentre fumi una sigaretta e ci parli per dieci minuti buoni”.

Alzai le spalle. “La fortuna del principiante” commentai. “Comunque, è simpatico”.

“Sì, me l’hanno detto” concordò. “I miei colleghi, che ci hanno avuto a che fare, dicono che questi tipi sono famosissimi, ma trattano tutti con estrema gentilezza e rispetto. Fa piacere vedere delle brave persone, ogni tanto”.

Annuii, per fargli capire che concordavo con lui, poi lo salutai dicendo “Meglio che vada a cercare la mia amica. Grazie ancora” e mi feci largo tra la folla.

Ci misi un po’ a trovare Jessica. Aveva abbandonato la postazione al lato del palco per accomodarsi su un divanetto, accanto a un’altra ragazza, che non conoscevo, ma che doveva essere italiana, dato che stavano parlando in quella lingua. Peccato che non fosse sola, volevo raccontarle dell’incontro con Nick, ma non mi andava di farlo di fronte a estranei.

“Ehi, dov’eri finita?” mi chiese, non appena mi vide.

“Sono uscita a fumare una sigaretta” spiegai, lasciandomi cadere sul divanetto accanto a lei.

“Lei è Cristina” mi presentò e io strinsi la mano alla ragazza. Poi Jessica tirò fuori il cellulare e iniziò a farmi vedere le foto che aveva scattato a Brian e con Brian, raccontandomi con tono eccitatissimo di come fosse stato carino e avesse fatto una serie di facce buffe che le avevano fatte morire dalle risate. La ascoltai distrattamente, chiedendomi come avrebbe reagito se le avessi raccontato del mio incontro con Nick. Già aver parlato per un minuto con Brian, che non era nemmeno il suo preferito, l’aveva decisamente mandata su di giri, se avesse saputo che avevo chiacchierato per più di dieci minuti con il suo Nick, mi avrebbe sicuramente fatto il terzo grado, pretendendo di sapere anche particolari a cui non avevo fatto minimamente caso, tipo che marca di sigarette stesse fumando. Era stata una lunga giornata, ero esausta e volevo solo buttarmi sul letto e dormire. Non avevo voglia di passare la notte a gestire una Jessica sovreccitata di riflesso perché io avevo parlato con Nick Carter. All’improvviso, decisi che non le avrei detto un bel niente. Tanto non era successo niente di che e non avevo nemmeno una foto a dimostrare che l’incontro era avvenuto. Potevo omettere quel particolare, o magari raccontarglielo più avanti, quando saremmo tornate a casa e non avrei dovuto dividere la stanza con lei.

 

Quando, finalmente, dopo aver finito la festa ed aver faticosamente raggiunto la mia cabina, fermandomi a scattare foto con tutte le fan che avevo incrociato lungo il tragitto, riuscii a buttarmi sul letto, ero sfinito. Solo fisicamente, però, perché la mia testa continuava a lavorare ai cento all’ora da quando ero rientrato dal ponte. Da quando avevo incontrato Alice. Non riuscivo a spiegarmi il perché, ero anche troppo esausto per provarci, ma quell’incontro casuale mi aveva scosso, in senso positivo. Era come se avessi passato gli ultimi mesi anestetizzato e, d’improvviso, mi fossi risvegliato, accorgendomi di essere di nuovo nel pieno delle mie facoltà mentali. Mi tolsi in fretta il costume da giocatore di football e indossai un paio di pantaloni della tuta e una maglietta. Poi presi il telefono e composi il numero interno per chiamare la cabina di Brian, sperando di non svegliare Leighanne. Il telefono squillò a vuoto per un paio di volte e stavo per riagganciare, convinto che il mio amico non fosse ancora rientrato, quando, finalmente, sentii la sua voce rispondere “Sì?”

Bri, sono io”.

Nick”. Una sola parola, una constatazione. “Cosa vuoi a quest’ora?”

Devo parlarti” annunciai.

Adesso?” chiese lui, incredulo. “Vai a dormire, Nick. Parliamo domani”.

Non riesco a dormire, se non ti parlo” piagnucolai.

Sentii il mio amico sospirare, rassegnato. “Si può sapere cos’è successo di così urgente da non poter aspettare domani?”

Vieni da me e te lo racconto” proposi, contando sul fatto che la sua cabina fosse proprio accanto alla mia.

Lui rispose solo “Arrivo” e buttò giù il telefono.

Sorrisi e attesi di sentirlo bussare alla porta. Dovevo assolutamente raccontare a qualcuno di quello strano incontro che avevo avuto, sul ponte, e chi meglio di Brian, che era come un fratello maggiore e mi conosceva come le sue tasche?

 

Your love's like one last cigarette, last cigarette
I will savor it, the last cigarette
Take it in and hold your breath
Hope it never ends but when it's gone, it's gone
One last cigarette, last cigarette
One I can't forget, the last cigarette
Right there at my fingertips
Got your taste still on my lips, right or wron

(Last Cigarette – Bon Jovi)

Ed ecco finalmente l'incontro tra i nostri due protaginisti. Un incontro casuale, banale, se vogliamo, ma allo stesso tempo abbastanza significativo da colpire uno e far cambiare idea all'altra. I primi incontri sono la parte che mi risulta più difficile da scrivere perché temo sempre di risultare banale, quindi mi dite cosa ne pensate?
Altra cosa: sul carattere di Alice garantisco io, lei è così, schietta, sincera e ironica. E forse un po' lo fa anche perché ha sofferto e nasconde le sue vere emozioni dietro all'ironia. Non è una maschera la sua, piuttosto un meccanismo di difesa. E Nick? Non lo so, io me lo sono immaginato così. Insicuro, leggermente tormentato, bisognoso di approvazione. E gentile. Non so perché ma sono convinta che sia estremamente gentile (tutti e cinque mi sembrano adorabili e lo si vedrà nel prossimo capitolo). Ma potrei sbagliarmi. Non l'ho mai incontrato (ovviamente), non ho mai letto nulla su di lui, mi baso solo su un'impressione scaturita dalle interviste che ho visto. Ci ho preso? Voi che siete più esperte, ditremi la vostra. Buona domenica!

  
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