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Autore: Hattress    20/09/2021    0 recensioni
Sono passati secoli da quando le Sentinelle della Luce sconfissero il Re in Rovina, imprigionandolo a Camavor e rendendolo una statua. Era il 990 D.N. e da allora Runeterra dovette affrontare i residui della Rovina. La Nebbia mise in croce la vita di molti innocenti, obbligando la popolazione a temere i frutti del fallimento di Viego. Con il tempo quella storia si elevò a leggenda, solo alcune Sentinelle ricordavano ancora il nome dell'uomo colpevole dei residui del male. Il Fato, padre ed artefice di tutte le grandi avventure, volle donare a quel lontano ricordo l'opportunità di redimersi, riscattarsi, guadagnarsi l'Assoluzione.
Siccome a nessuno è piaciuto il finale della storia di Viego (vero ?), ho pensato di dare una mano nel mio piccolo a mamma Riot, così che il piccolo Re in Rovina potesse ottenere una VERA Absolution, specialmente perchè di "ASSOLUZIONE" ne ho vista veramente poca in questa storia. Ho voluto prendere come finale canonico quello presentatoci nella cinematic "absolution" perchè tra tutti mi è sembrato quello migliore sinceramente.
Detto questo, spero la gradirete e che possa piacervi almeno quanto sta piacendo a me scriverla.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thresh
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La polvere bianca sotto i passi di Viego e Millie bruciava, rilasciando nell'aria un fumo nero con venature di un verde che non ci aveva creduto abbastanza. Il paesaggio candido ed immacolato cangiava colore solo nei punti in cui passava la ciurma del capitano Vylldem, bastava anche solo sfiorare un componente della flora locale per vederla assumere tonalità più reali, per mostrare all'equipaggio i colori celati sotto al manto bianco.

- Cosa ci fanno delle creature della nebbia sulla mia isola ?! –

Un vento forte agitò con prepotenza le fronde dei pini e degli abeti, l'erba si prostrava a terra davanti a quella forza della natura. Il re di Camavor si guardava intorno come tutti i componenti della Jacquelyn, eccetto uno, Vyll, l'uomo che li aveva scortati fin lì. La finta neve vorticava velocissima tutta intorno a loro, impedendo a chiunque di vedere oltre il muro formatosi con la corrente.

L'Isola della Cenere, il regno creato dai due demoni Shyra e Yuria, rispettivamente zia e madre di Vyll, conosciute dall'umanità con i nomi "Demone Bianco" e "Demone Nero". In pochi si sono imbattuti per pura casualità nell'isola, solitamente veniva trovata da chi desiderava trovarla e spesso tale desiderio era mosso da intenzioni egoiste o malvagie, quasi mai per intenti bonari. L'Isola della Cenere, da come suggerisce il nome, è un isola ricoperta da un insolito pulviscolo simil cenere perfettamente bianco, ogni cosa possiede quel velo puro messo a tutela e difesa del regno e delle sovrane. Chiunque decida di calpestarne il suolo e toccarne i sudditi, per lo più piante e pietre, scoprirà la fragilità di quel bianco etereo. Un respiro è tutto ciò che serve per far crollare la falsità del dipinto di Shyra, meccanismo pensato per avvertire la Demone Bianco della presenza di ospiti sulla sua isola. Nessuno dovrebbe mai compiere efferatezze sanguinarie in quella terra, Shyra non accetta assassini nel regno degli Esseri Gentili, se anche solo una goccia di sangue dovesse contaminare quella landa cinerea, non ci sarebbe luogo in cui nascondersi, i servitori di Shyra riscuoteranno il debito con gli Esseri Gentili che popolano la cenere; nessuna corruzione è gradita.

- Zia, sono con me, mia madre mi ha detto che ci avresti potuta aiutare. –

Nel sentire la voce del nipote, Shyra, fece cadere la coltre di cenere rivelandosi ai presenti. Una donna alta, dai lunghissimi capelli rosso sangue, colore condiviso con gli occhi. La carnagione pallida, così pallida da rendere difficile la distinzione tra carnato e pizzo bianco, il quale è messo a decoro del decolté valorizzato anche dal taglio dello scollo dell'abito. Il suo corpo continuava a produrre quella neve alternativa che bruciava in fumi neri non appena sfiorava Viego e Millie.

- Oh, allora questo cambia tutto, vi do il benvenuto, amici di Vyll . –

Non ci volle molto per le presentazioni in sé, fu tutto molto rapido ed indolore. Shyra li accolse tutti benevolmente, con un delicato e casto sorriso in basso rilievo sulle labbra carnose e sanguigne. Non era cosa da tutti arrivare senza perdite all'isola. Se già normalmente il viaggio costava la vita di molti marinai, non bisogna meravigliarsi se i superstiti che toccavano le sponde, spesso e volentieri, non arrivavano alla decina. La colpa va attribuita maggiormente al Caligo, la nebbia bianca che avvolge per chilometri e chilometri l'isola. Le leggende lo additano  come "parte integrante" del regno di Shyra e Yuria e non sono del tutto sbagliate, la stessa Yuria reputa il Caligo parte della sua terra. Infatti, quando le capita di indirizzare qualcuno verso la sorella, dice loro di recarsi al Caligo; insomma, se persino le creatrici reputano un effetto atmosferico parte della loro dimora, allora lo sarà di certo. Vylldem non ebbe troppi problemi grazie al libro della madre adottiva, bastò un tocco di Yuria per farlo aprire alla pagina raffigurante Caligo, il mare di nebbia.

Vennero scortati nei pressi di un enorme quercia albina dalla padrona di casa, i suoi ospiti avrebbero gradito una tisana rigenerante dopo tutto il tempo trascorso in mare. Passarono da un'apertura formata dalle grandi e possenti radici. Non appena i loro occhi si abituarono al cambio di luce, rimasero stupiti dalla cura con cui venne arredato l'ingresso. Il capitano era avvezzo a simili stranezze, alla fine era di famiglia e ci aveva fatto il callo, ma non si poteva certo dire lo stesso del suo equipaggio. Molti, se non tutti, si chiedevano se quella dimora fosse vera o se in realtà fosse solo il frutto di una magia molto potente; era troppo surreale per loro vedere un'architettura simile all'interno di un albero. Per quanto fosse mastodontico, era pur sempre un albero.

- Prego, accomodatevi pure, perdonate il disordine... è da molto che non ricevo ospiti desiderati. –

Presero posto a sedere ad un lungo tavolo ricavato dal legno dell'albero stesso, questa era una conclusione a cui si poteva giungere dopo aver notato che quel piano dedicato al consumo delle vivande era una parte effettiva del suolo, la tovaglia bianca nemmeno riusciva a toccare terra, non si può dire con certezza il motivo di quella scelta, tuttavia aveva il suo fascino. Le canestre ricolme di frutti pallidi si alternavano coi centrotavola floreali, i quali avevano queste candele affusolate e bianche tutte intorno. L'aria profumava di oli essenziali ed incenso, si potevano notare dei piccoli contenitori mezzi sospesi ai pilastri lignei posti in maniera simmetrica in tutta la sala. Un vento di cenere a mo' di maggiordomo portò alla propria signora tutto il necessario per quella famosa tisana prodotta dai frutti della terra cinerea. Viego sedeva alla sinistra di Millie, la quale, alla sua destra, aveva il suo capitano a capotavola. Al re tornò in mente il suo regno, la sua Camavor, gli tornò alla mente i dolci tempi in cui lui e la sua amata Isolde erano soliti bere una tazza di Butterfly Pea Flower Tea sulla terrazza che dava sulla città, il tutto accompagnato da una manciata di biscotti ed altri piccoli peccati di gola. Questo viaggio a milioni di chilometri al secondo, nel castello della memoria, era stato scatenato dalla visione del colore roseo tendente al magenta della bevanda gentilmente offerta, quella tonalità di rosa era quasi identica all'infuso preferito della regina di Camavor quando gli veniva aggiunto del succo di limone. Fu una stretta al cuore ricolma di nostalgia, Viego si sentì costretto ad afferrare la mano immaginaria responsabile della presa che stringeva le profondità della sua anima. La Demone Bianco non si fece troppi complimenti, nel mentre che la cenere si occupava di distribuire le tazze bollenti, chiese il motivo di quella visita. Vyll propose al nuovo arrivato di esporre il sommario degli eventi, sfortuna volle che proprio questo fosse ancora disperso nei meandri dei suoi ricordi, complice di quella distrazione anche la stanchezza. Così, rimanendo composto dopo il rimprovero di The Milliner per il suo fare scortese e privo di tatto, raccontò all'adorata zia tutti gli eventi che li portarono lì, omettendo le parti "noiose" e non pertinenti .

- Cosa mi significa che questo qua era una statua ?! –

Come ci si poteva aspettare, dopo che il re e la capomastro strinsero il loro patto d'alleanza, proprio quest'ultima portò il primo alla battigia per presentarlo al capitano. Si potrebbe definire scontata la reazione di Vyll nel vedere un uomo mai visto prima arrivare con la sua fidata fabbrica armi, pretese delle risposte innegabili, alle quali The Milliner rispose con una tale sincerità da gettare Vylldem nello sconcerto, era talmente tanto incredulo che credette per un secondo che quella donna si stesse palesemente prendendo gioco di lui. Vylldem poneva completa fiducia in Milliner, questo è pressappoco l'effettivo motivo per cui non aveva alcuna paura di lasciarla andare a zonzo per l'isola (quella del quartier generale) tutta sola soletta. Lui era convinto di aver scelto un posto disabitato, che gli unici abitanti al massimo potessero essere un paio di pappagalli o dei felini di grandi dimensioni, non di certo uomini a torso nudo indossanti indumenti in pelle attillata; il vestiario era la cosa che più detestò a primo impatto.

- Quelle Sentinelle sono la causa della mia prigionia, del mio esilio! Questa donna mi ha detto che potevate aiutarmi a ritrovare la mia regina, è stato stretto un giuramento di portata –

- Taci ! Chiacchieri troppo tu ! –

Viego era già pronto ad esplodere peggio di una mina, se la donna non fosse stata presente non oso immaginare cosa sarebbe potuto capitare, forse una terza Ruination.

- Vyll, fa silenzio tu per un attimo, ok ? Ok. – Seccato dal vedere quale parte difese la sua capomastro, non poté fare altro che darle le spalle in segno di protesta, sperava che il non vederla fissarlo con quei suoi enormi occhioni languidi potesse aiutarlo a resistere alle sue suppliche. Non gli importava se quel "tipo" fosse un re, non gli importava se aveva perso la moglie, gli amici, o qualsiasi altra cosa, non avrebbe fatto la carità a nessuno, se ci teneva così tanto a tutta quella roba, provava a tenersela più stretta, pensava. - Quest'uomo ha bisogno del nostro aiuto, ha perso tutto, e nessuno ha mai provato ad aiutarlo. Per un po' potremmo anche provare a fare altro, dopotutto abbiamo migliorato la vita già a moltissime persone, sì, insomma... potremmo prenderci una pausa e poi... e poi noi per primi non saremmo qui a parlare se non ci fossero stati i nostri genitori a salvarci, a sostenerci e ad aiutarci quando eravamo in difficoltà. Fallo per me, te ne prego... - Quanto lo aveva colpito duramente quel discorso... solo lui e Millie sapevano quanto quelle parole potessero spezzarli, quanto potessero rompere lo spirito di bamboo di entrambi, plasmato agli albori per flettersi sempre ma non spezzarsi mai. Vyll commise il suo errore fatale, cedette alla tentazione di voltarsi verso di lei, finendo intrappolato dagli occhioni neri paragonabili a quelli di un cucciolo. Le manine congiunte, indici e medi a contatto con labbra e punta del naso. Sguardo dolcissimo, profondo, non le serviva nemmeno ripetere quel "te ne prego", lo avevano già fatto gli occhi almeno un'infinità di volte. La strenua resistenza venne meno in pochi secondi, il grande sospiro del capitano valeva più di ogni parola. Millie si trattenne dall'esultare solo per non dare a vedere troppo le sue carte da astuta stratega; sì, sapeva già che facendo così avrebbe portato la vittoria a casa, ormai lo conosceva da anni ed era diventato un libro aperto quell'uomo per lei.

-Va bene, ma ! Ti occuperai tu di intrattenerlo, dargli da mangiare e tutte le altre stronzate, ed assicurati che capisca bene le nostre regole, altrimenti diventa cibo per pesci. Sono stato chiaro ? –

Viego ingenuamente ci provò anche ad opporsi, o comunque a metter bocca sulla questione, purtroppo fu troppo lento, Millie già diede al suo capitano un: "Signor sì, capitano! ".

Millie lo lasciò sfogarsi, il sovrano di Camavor scelse con saggezza il momento propenso, ovvero quello in cui il capitano se n'era già bello che andato. Fu un processo molto lungo, la colpa era da attribuire all'istruzione da regale impostagli fin dalla giovanissima età. Non ci si può aspettare molto da chi era abituato ad essere trattato con estremo rispetto. Sentirlo lamentarsi anche per i dettagli più insignificanti era quasi divertente per Millie. Parlava e parlava, si lamentava e lamentava e la donna lo ascoltava con pazienza invidiabile fino a che non ne fu stanco.

- Dai, dai... vedrai che ti ci abituerai al capitano e al suo carattere dominante. – volle chiudere così tutta quella discussione sterile la capomastro, soprattutto perché erano passate diverse ore da quando aveva cominciato a lamentarsi dei modi rudi e irrispettosi di Vyll ed in più iniziava a sentire il capo supremo chiamare a rapporto la ciurma per ripartire e dare quella santa mano alla new entry. Il tempo le bussò sulla spalla in sordina, per farle notare che doveva ancora illustrare l'elenco delle regole al nuovo membro della Jacquelyn. Prima d'imbarcarsi quindi, che Viego le volesse ascoltare o meno, gli avrebbe dato le informazioni necessarie al quieto vivere.

- Credo partiremo per cercare la tua Isolde prima del previsto. – A Viego s'illuminarono d'immenso gli occhi, quel verde in quell'occasione era al pari di uno smeraldo per brillantezza.

- Però, re o non re, dovrai seguire anche tu delle regole. –

- ... Stai scherzando mi auguro, spero tu sia consapevole che se lo desidero potrei piegarvi tutti al mio volere. –

- Primo. - sollevò l'indice per porlo come sigillo sulle labbra del re, più rimaneva in silenzio ad ascoltarla, prima avrebbe finito quel compito indegno. Gli occhi di lui s'incrociarono infastiditi al fine di vedere quel sigillo di carne tappargli la bocca, appena ne prese visione, rialzò gli occhi brillanti verso quelli di lei, quelli di lui erano praticamente serrati a causa della pressione esercitata dalle sopracciglia. - Niente nebbia nera, hai la vaga idea di quanta nebbia vediamo ogni giorno ? Bene, non ne vorrei di extra, poi come faccio a vedere dalla postazione di vedetta i nemici in arrivo, mh ? Quindi, niente nebbia, nebbiolina, nebbioletta! – Le stritolò il polso lanciandolo via dal proprio viso, il re riprese a lamentarsi alzando la voce per sovrastare quella della sua salvatrice che di rimando, fece altrettanto, proseguendo con le fantomatiche regole.

-Secondo. Tu sei la nostra ombra e noi la tua, tu segui noi e noi seguiamo te. – Intimidatorio, la prese per le maniche a palloncino finendo per cingere anche le braccia da esse coperte. La sollevò di diversi centimetri da terra, per ridurre la distanza al minimo tra i loro sguardi. Millie era parecchio più bassa di Viego, e lui voleva vertere a suo vantaggio quella disparità corporea imponendo la sua supremazia fisica. Le lanciò uno occhiataccia infuocata e rabbiosa, vedendola ridere e sorridere divertita gli scappò un mezzo rantolo ferale, simile al ringhio di un cane randagio che si litiga il brandello di carne con gli altri randagi. Il suono graffiante e cupo sfociò in urli che dicevano ben poco di concreto alla capomastro di fuoco, la quale era tutto tranne che intimorita dall'ex statua. La minacciò a denti stretti, magari le avrebbe fatto capire che non era l'amico della porta affianco, ma lei semplicemente sorrise e proseguì.

- E terzo. Chi non lavora, non mangia. Ah, sì e... - Viego se la ritrovò dietro per magia. Quando si voltò, dovette appellarsi alla sua fortezza d'animo per non deglutire rumorosamente , per non mostrare quel briciolo di paura che tutti proveremmo davanti a qualcosa che potenzialmente potrebbe ucciderci. The Milliner era lì, davanti a lui, già aveva iniziato ad abbassare il grilletto del moschetto, tenuto saldamente contro il triangolo nero sul petto del re di Camavor; pareva più alta solo grazie al piedistallo di superbia che la sorreggeva. - Prova a fotterci e ti garantisco che sarà l'ultima cosa che fai.- ora era lei che lo guardava con viso truce ed annerito dal pensiero che quell'uomo potesse nuocere alla sua famiglia nella quale rientrava anche Vyll. Piede destro davanti al sinistro, piede sinistro davanti quello destro, una sequenza ripetuta all'inizio con cupa lentezza, poi con febbricitante velocità e vigore. La cadenza dei passi in avanti di lei e quelli compiuti a ritroso da lui mancavano di sincronia; non si può ballare un tango in due senza armonia. Volendo salvare in curva il re, lo si può giustificare dicendo che a sua discolpa c'era il terreno sdrucciolevole della battigia a rendere difficile la retromarcia. Cadde, inevitabilmente cadde, forse gli sarebbe convenuto tenere gli occhi chiusi, riaprirli gli costò una seconda arma da fuoco addosso, questa volta puntata al suo viso. Il metallo lucido funse da specchio crudele, troppo sincero, la sua verità era troppo sfrontata persino per un re. La bocca di fuoco argentata gliele fece vedere tutte, poteva contare il numero di gocce gelide che gli scorrevano giù per i tratti salienti del suo volto. Nonostante la sua umile posizione, osò ugualmente dare contro alla capomastro, permettendosi di alzare i toni, ah ma The Milliner ci mise un attimo a togliergli tutta la voglia di ribattere. La sabbia urlò, delle granelle saltarono in aria dalla paura, altre nemmeno vollero toccare per errore il proiettile piantato nella sabbia grigia scura e battuta. Il calibro era molto piccolo, eppure il varco aperto nella battigia era sproporzionato rispetto al diametro del proiettile; sì , a Viego passò tutto d'un tratto il desiderio di controbattere e di alzare la voce. La capomastro scoppiò a ridere e lanciò a terra il moschetto. Si sedette sulle punte dei piedi per fissare meglio quel re che a quanto pare il mondo non lo aveva mai capito sul serio.

- E quarto... Parte della nave, parte della ciurma. Qui siamo tutti un enorme famiglia, Viego, se hai bisogno di sfogarti, di parlare con qualcuno o qualsiasi altra cosa, noi ci siamo, io, ci sono. –

Non disse altro, come niente fosse accaduto, si alzò in piedi e se ne andò verso la Jacquelyn, scordandosi per un motivo ben preciso il suo moschetto affianco al corpo del re. Quando si riprese dalla rapida successione d'eventi, recuperò velocemente l'arma, volle approfittarne anche per studiarsela a dovere. Per lui non fu difficile capire il motivo di quel dono particolare. Era disarmato, non poteva difendersi in caso di necessità senza arma, eppure non era sempre stato così. Viego, sin da quando si era risvegliato, sapeva che qualcosa non andava in lui, come se avesse perso una grande parte di sé stesso. Si sentiva come una batteria scarica, non riusciva più a generare la nebbia e ad usarla per controllare le menti più malleabili, non riusciva più ad utilizzarla per spostarsi velocemente, e specialmente non riusciva più ad evocare la sua claymore, la Lama del Re in Rovina. Stese il braccio in avanti e chiuse gli occhi. Provò a concentrarsi, forse era solo un po' arrugginito. Niente, nonostante i suoi sforzi la lama non appariva e non ne comprendeva il motivo.

- Cosa diamine mi è successo ...? Non è possibile che il mio potere sia scemato via così, la nebbia è una parte di me, non può essere possibile. –

Si rimise in piedi. Non sapendo dove andare pensò bene di rimanersene da solo per il tempo che gli era stato ceduto. Passeggiava senza meta, percorrendo la sabbia battuta senza nemmeno evitare le acque del mare che bagnavano con le loro curve scostanti il perimetro dell'isola. Continuava ad analizzare il moschetto, non ne aveva mai visti di simili, di così particolari, ma in generale, di armi da fuoco, ne aveva viste davvero poche. Volle fingersi un tiratore esperto, ogni tanto la puntava davanti a bersagli immaginifici con fare da vero pistolero spietato. Con una mano, con due mani. Con pose fiere degne di essere riprodotte su una tela, con pose normali e reali utilizzate durante una pioggia di proiettili. Non smise mai di camminare, nemmeno quando un pensiero gli venne naturale. Com'è che quella Millie era riuscita a sottrarsi al suo controllo ? Viego ci pensò a lungo senza trovare una risposta certa. Tra i mille dubbi e le mille risposte che poteva darsi, solo tre sopravvissero: la prima era che per qualche strana motivazione, quella donna era immune alla sua nebbia; la seconda invece si appoggiava anche al fatto che aveva perso la capacità di persino evocare la sua spada, alla luce di ciò, pensò che per qualche ragione i suoi poteri si fossero inspiegabilmente indeboliti; la terza risposta, quella che a lui piacque di più, fu la fusione delle prime due opzioni. Che quella Millie fosse una donna singolare, era chiaro. Partendo dai suoi occhi, già poteva notare qualcosa di diverso dal solito. La diversità non stava tanto nel colore completamente nero ma nel possedere una pupilla bianca e dotata di luce propria. Anche i triangoli neri sotto le palpebre di lei suonavano come un segnale d'avvertimento. Gli ricordavano il simbolo "Della Rovina", un simbolo condiviso da tutti coloro i quali appartenevano ai ranghi del suo esercito ai tempi della seconda Ruination. Gli diedero molto da pensare, tuttavia non si lanciò in macchinazioni ed astrazioni metafisiche, potevano essere anche dei banalissimi tatuaggi, anche perché, lui per primo, non percepì la donna come una sua servitrice.

I toni del cielo si accesero di colori morbidi e caldi tingendo l'aria con un tenue arancione. Il re di Camavor si era stancato di camminare già da diverse ore e si trovava seduto dove l'acqua non l'avrebbe mai potuto raggiungere. Le increspature generate dalle onde gentili, brillavano sotto i raggi del sole morente, parendo migliaia di migliaia di diamanti. Quel gioco di luci sul palcoscenico della vita, non fu abbastanza spettacolare da suscitare un sorriso d'apprezzamento in Viego, eppure non aveva mai potuto godere a pieno della bellezza della semplicità e della tranquillità. Lui sedeva lì, con le mani affondate nei granelli grigi, con lo sguardo torvo rivolto verso la linea che separava sole e mare. La ricordava ancora com'era la sua Camavor, ricordava le sue spiagge e tutte quelle promesse di portare la sua Isolde a vedere le luci naturali mutare. Ora invece era lì, un'anima solitaria lasciata a rivangare frammenti di un passato lontanissimo. Pensò a lungo su quanto conveniente potesse per lui essere accettare l'aiuto di The Milliner. Provò a valutare le sue alternative ma non le trovò abbastanza efficaci. Non aveva ancora girato tutto il perimetro della Rovinata Camavor, tuttavia, era certo che non esistesse un porto secondario, nelle condizioni attuali nessuno, solo dei pazzi come quella donna, avrebbero scelto un'isola all'abbandono come dimora. Scegliere di rubare una nave era quindi infattibile, visto il fatto che una era la nave e quella sfruttavano per muoversi, e poi non sapeva nemmeno dove si iniziasse per dirigere una nave. Aveva anche pensato alla possibilità di controllarli tutti mentalmente, come aveva sempre fatto durante la seconda Ruination, però capì quanto fosse insensata quell'idea contorta. Ammesso fosse stato capace di controllarli e piegarli tutti sotto la rovina, ci sarebbe rimasta comunque Millie a mettergli i bastoni tra le ruote, lo aveva già visto che era immune ai suoi "poteri", e qualcosa gli strillava nelle orecchie che, per quanto potesse essere da sola contro un esercito, non avrebbe avuto troppi problemi a ribaltare la situazione. Con quelle constatazioni alla mano, dovette rivedere il suo piano per salvare Isolde. Si rendeva conto che aveva passato una vita a chiedere aiuto e che mai nessuno si era offerto di aiutarlo, per questo si trovava così restio alla cosa, però in questo caso rifiutarsi di accettare quella mano era una vera e propria zappa sui piedi. Chi mai aiuterebbe qualcuno che ha cercato di ucciderti volontariamente ? Nessuno, appunto. Nella migliore delle ipotesi sarebbe stato lasciato sull'isola, nella peggiore su una zattera in mezzo al mare e senza i suoi vecchi poteri sarebbe rimasto fottuto dal suo stesso piano "geniale". Non ebbe molta scelta se non farsi andar bene le condizioni di The Milliner, si volle consolare autoconvincendosi che almeno erano stati gentili con lui, non come le Sentinelle che non misero mai in dubbio il loro operato e vollero nascondersi dietro al dito del : "Ma Viego è il cattivo !".

- Ecco dov'eri, stavamo diventando tutti scemi per trovarti. Avvertire che sparivi era troppo semplice eh ...? –

Si voltò di scatto preso di sorpresa, la voce della donna gli schioccò le dita davanti agli occhi per recuperarlo dai suoi pensieri. Inspirò pesantemente e in altrettanto modo espirò. Chiuse gli occhi, non voleva vedere niente, avrebbe preferito anche non sentire nulla. Il sorriso della capomastro si incurvò all'ingiù in un primo momento, poi, si inclinò pendendo verso destra, in posizione speculare a dove aveva deciso di portare la totalità del proprio peso. Mani sui fianchi ed un attimo eterno di noioso silenzio, non durò molto lo stallo, nel non ricevere segni di vita volle sedersi affianco all'uomo emulando in tutto e per tutto la posizione del suo corpo, mani insabbiate comprese.

- Qualcosa mi dice che non sei felice. –

- Passa anche solo il 5% di quello che ho passato io, e poi rivienimi a parlare, mocciosa petulante. –

- Potrei dirti la stessa cosa sai ? Tu hai perso tua moglie, ok, va bene, esperienza traumatica e terribile, non l'augurerei nemmeno ai miei nemici, sincera sincerissima, però, esattamente, cosa ti fa credere che io non abbia sofferto quanto te ? –

- Me lo fa credere il fatto che non ti fai gli affari tuoi e che non mi lasci in pace. Ho accettato il vostro aiuto, ma non ricordavo di aver richiesto il servizio di babysitting. –

- Oh ma quello è compreso nel pacchetto gratuito: "Andiamo a cercare Isolde" starter pack. –

Viego non ci voleva proprio credere a quale seccatura si era procurato da solo, così preparò un piano B dell'ultimo secondo. Non poteva sapere quanto lontano potessero portarlo questi pirati, quindi decise di sbarazzarsene non appena avrebbe trovato una nuova nave con una ciurma messa meglio di quella branca di squilibrati.

- Comunque, ti ero venuto a cercare per dirti che prima torni alla nave, prima ci imbarchiamo per partire. Sappiamo già chi andare a disturbare per facilitarti la vita. Sei stato fortunato che oggi avevo voglia di esplorare. –

Strabuzzò gli occhi voltandosi verso la donna, "Ma è quasi notte ! Salpiamo per dove che tra un paio d'ore siamo nel cuore della notte ?!" pensò. Quella risata genuina iniziava ad urtargli il sistema nervoso, pareva che qualsiasi reazione fatta da lui fosse solo una scusa per mettersi a ridere, era sul punto di detestarla e metterla sulla lista delle persone da giustiziare una volta riottenuta Isolde ed il suo regno caduto in Rovina. La capomastro fece un'altra delle sue strambe stregonerie, bastò una semplice mano sulla spalla e in un attimo PUFF ! Scenario completamente diverso seppur ben noto. Si trovavano entrambi nella porzione dell'isola che comprendeva il molo; la cosa non aiutò Viego a ricomporsi. Provò a farle delle domande ma era già sparita, di nuovo, proprio come ore prima, quando dovette dargli le famose regole della Jacquelyn. Il sovrano più tentava di mantenere stabile la sua sanità mentale, più rischiava di perderla stando con quella gentaglia che stranamente conosceva l'esistenza dell'igiene personale. Capitò nel bel mezzo della fine dei preparativi, dovette anche stare attento a non intralciare i mozzi carichi ben sopra il volto di casse e cassette varie. Alcune di queste erano aperte e contenevano dei frutti a primo impatto freschi, quando cadde una mela, l'antico re se la sgraffignò, con la pretesa di renderla una porzione della prima tassa da imporre ai suoi futuri sudditi o schiavi, quale delle due opzioni era ancora da decidere. Il capitano, dall'alto del suo timone, si occupava di dare le direttive di dove posare quella o quell'altra cassa, erano in "ritardo" sulla tabella di marcia perché Millie dovette insistere molto con lui, specialmente dovette convincerlo con non pochi discorsi contorti e macchinosi, per non parlare dei metodi di persuasione adottati. Viego era un re, gli ricordò Millie, quindi essendo quell'uomo un re, avrebbe ricompensato il generoso animo di Vyll con altrettanta generosità se egli avesse sfoggiato la propria immensa bontà. Non volle mettergliela in termini di oro e di argento, di zaffiri o diamanti, quelle, bene o male, sono risorse che tutti possono ottenere. Millie propose a Vylldem una ricompensa dalle vedute più ampie: capo della marina militare di Camavor; consigliere regale; sovrano di un isola vicina. Vylldem si accarezzava il mento allettato da questa ghiotta occasione, se fosse diventato il governatore di un isola o se avesse potuto operare sotto una bandiera imperiale, avrebbe potuto raggiungere i suoi obbiettivi di salvatore dei giusti con più facilità. L'affare e l'accordo si concluse senza che Viego sapesse a priori cosa la capomastro avesse architettato, lei ingenuamente sperava che facendo del bene avrebbe ricevuto del bene nella stessa quantità.

Nella città porto c'era aria di festa anche se non c'era una vera ragione per festeggiare, forse l'unica ipotesi plausibile, vedendo chi abitava l'isola, era che stessero celebrando un giorno di vita in più, partendo da questo presupposto, allora si spiegherebbe come mai ogni giorno fosse un motivo valido per cantare, bere e ballare. La città era ancora troppo piccola e non possedeva ancora un nome, l'unico ipotetico nome che le si poteva dare era "Battigia", visto che tutti chiamavano la zona abitata in quel modo. Battigia, come già detto, era una città davvero piccolissima ed i suoi abitanti potevano essere benissimo contati, a patto che uno conoscesse i numeri oltre il cento. Non c'era ancora una sede commerciale, il mercato e le transizioni di denaro non erano al primo posto nella scala delle priorità. Si parla di un primo abbozzo di società e a tutti stava più che bene così. L'isola offriva tutte le risorse necessarie per affrontare la giornata e pian piano il centro abitato prendeva forma e colore. La colpa di quei ritmi a rilento andava attribuita alla frequente mancanza di Milliner sull'isola. Ovviamente i cittadini di Battigia non erano dei totali scansafatiche, degli inetti, o degli incapaci, quella gente sapeva perfettamente fare il proprio lavoro, semplicemente dovevano aspettare la donna, perché la sua mente creativa, al pari di un folle, era capace di realizzare strutture ed idee senza eguali, ed essendo lei la macchina che smuove tutte le altre macchine, non potevano fare niente una volta finite le direttive della capomastro. Per non parlare delle volte in cui lasciava i progetti e nessuno riusciva a capire niente di cosa vi era scritto sopra, e non era così strano o raro che ogni tanto capitasse anche a lei di non capire le sue stesse istruzioni. Per il resto, Battigia stava pian piano diventando una ridente cittadina, creata appositamente per chi avrebbe sempre voluto un'occasione per vivere come giusto che fosse.

Il re decise di dare una chance alla piccola città in stato embrionale, incuriosito dalla vivacità dei suoi colori gioiosi. La mela verde era abbastanza aspra, bensì il suo gusto verace, era una ragione più che valida per continuare a mangiarla. Viego passeggiava per le strade ancora sabbiose e rudimentali, beccandosi dei saluti regalati dalle vecchiette che tessevano o che badavano ai nipoti e dalle signore sulle terrazze intente a raccogliere il bucato. Sì, non lo conoscevano, non avevano la più pallida idea di chi diamine fosse quell'edgy-lord, però era nella loro natura mostrare gentilezza e cordialità ai "nuovi arrivati". Erano ancora in pochi ad occupare quell'isola, praticamente si conoscevano tutti, era inutile mantenere un atteggiamento freddo e distaccato, avrebbe generato solo astio, portandoli alla conclusione del niente. Viego non poteva essere da meno, anche perché la sua educazione da regale gli imponeva di mostrare gentilezza alla gente del volgo, quindi sorrideva e faceva un lieve cenno, o con la testa, o con la mano libera. Era tutto così strano, così inverosimile. Niente aveva senso, era tutto così perfetto da sembrare la finzione più grande di tutte, eppure era reale e Viego non riusciva ad accettarlo; ma come avrebbe potuto farlo. Quella realtà era completamente diversa da quella di cui ebbe esperienza, così diversa da fargli credere di essere in un altro mondo, in un altro tempo. Non potevano essere genuini quei sorrisi e quelle risate, doveva essere per necessità, una costruzione dell'istinto di autoconservazione, eppure era tutto vero. Nauseato da tutta quella felicità, da quella... gioia di vivere, tornò alla nave dove lì, almeno, aveva trovato degli individui che un minimo gli ricordassero la vera natura degli uomini.

- Ed eccolo qua il nostro fuggiasco. Non riesci proprio a stare dove ti lascio per più di cinque minuti, vero ? Sei un pensiero fisso, potrei iniziare ad odiarti se continui così, sai ? –

Solitamente si può anche ridere per non piangere, e questo era il caso. Millie manteneva sempre intatto una quantità di riserva del suo orgoglio, se lo teneva sempre un po' da parte per quelle occasioni in cui doveva imporsi anche dovendo usare la forza bruta. Chi mai prenderebbe sul serio una donna che cede a qualsiasi debolezza ? Milliner sapeva la risposta, per questo preferiva ridere e fare persino la spaccona alle volte, non poteva permettersi di stare sotto i piedi degli uomini, per quanti potessero essere "normali", per quanti vedessero nelle donne un essere alla loro pari, non tutti erano di questo pensiero, quindi: "pensa ed agisci come un uomo Millie, non piegarti, non spezzarti mai, imponi il tuo ingegno e la tua persona, renditi indispensabile, diventa il loro ossigeno. Anche se non vedranno mai niente di buono in te, in questo modo non potranno schiacciarti e tu sarai sempre cento passi avanti a loro.".

- Lascialo stare Millie, se il tuo... amico, ha così tanta voglia di farsi giretti turistici del villaggio, significa che di quella sua Isolde non gli importa troppo. – disse il capitano affiancando la fidata compagna che, con il tempo, si stava dimostrando degna del titolo di quartiermastro, oltre che quello di capomastro.

Vyll era un uomo alto e la natura fu così gentile con lui da fargli dono di due meravigliosi occhi blu profondi come il mare. La capomastro fece fatica a credere che Yuria, la Demone Nero, la Mano di Shira, non fosse la madre biologica del suo Vyll quando la vide, dopotutto "madre" e figlio avevano anche dei tratti genetici che suggerivano una parentela stretta, primo tra tutti, proprio il colore degli occhi; Millie non vide mai nessuno dotato di un colore così tanto intenso. Vyll, poi, era un amante dei capelli lunghi, quindi non c'è da stupirsi della sua chioma fluente, non era ancora alla pari di quella di The Milliner ma se avesse potuto li avrebbe voluti come quelli di lei; la vita da pirata ti impone degli obblighi non da poco alle volte. Teneva i capelli di un castano quasi nero legati in un codino improvvisato, quando la capomastro era in vena lo graziava del suo aiuto per rendere quel rabberciamento qualcosa di composto e gradevole alla vista.

- Non ti permetto di parlarmi così, sudicio villano ! – il re ci mise poco a fronteggiare il capo della spedizione in un gioco di sguardi omicidi, non poteva trattenere i suoi istinti quando qualcuno osava proferire più parole del dovuto sull'argomento Isolde.

- Sudicio ? – si sniffò Vyll, le prese per il culo erano la sua specialità, chissà se lui avesse insegnato a Millie o se Millie avesse insegnato a lui. – No, tutto a posto, non ho bisogno di una doccia, ma tu, cavolo... – non poteva mancare uno sventolamento della mano davanti al proprio viso come ciliegina sulla torta. - faresti meglio a trovarti un naso nuovo se non senti l'odore di morte che hai addosso, e non parlo solo di quando apri la bocca. Per Dio, sei un re ma l'igiene personale non l'hai mai conosciuta o cosa ? – Viego lo guardava nero, se fosse stato capace di evocare la sua arma, come in passato, il capitano si sarebbe ritrovato morto a terra. La capomastro intervenne più veloce della luce per impedire scontri sanguinari, non era quello di cui avevano bisogno, specialmente se da quel giorno dovevano collaborare per cercare quei fantomatici frammenti di moglie sperduti.

- Ragazzi, basta ora, ok ? Tanto ce la faremo tutti una doccia stasera, non è questo il problema. Ora fatela finita di fare i ragazzini . –

- Ragazzini ?! Ma chi ti credi di essere donna ? Chi, vi, credete di essere per usare certi toni e simili appellativi con me ?! – Il capitano lo prese per la giaccia e gli diede una scossa giusto per sottolineare chi dei due fosse in controllo.

- Stammi a sentire, edge-lord, ti stiamo ospitando nella nostra famiglia, mi sto rompendo il culo per trovarti una soluzione e ridarti un fottutissimo cadavere. Dovresti pulirmi con la lingua la terra su cui devo camminare per ripagare il debito che hai con me, ma si dia il caso che questa, donna, affianco a me, mi ha convinto a farti la carità. Se qui qualcuno deve portare rispetto, questo sei tu. – lo lasciò libero ma solo per distanziarlo da sé e poterlo guardare bene nella sua interezza. – Ora, se vuoi, sali su questa nave, se no sparisci. Creati una nave da solo, impara a nuotare, fa come ti pare, non sono affari miei, basta che sparisci dalla MIA isola. –

Li liquidò così, senza se e senza ma. Nessuno ritenne necessario pronunciarsi ulteriormente ed i mozzi, che ancora dovevano salire, ci misero tutta la buona volontà a non sembrare interessati alla discussione. Un timido ed impacciato "Viego..." uscì dalla bocca della capomastro, accompagnato dal tentativo di poggiare una mano sulla spalla dell'uomo per offrirgli sostegno ed appoggio. Quel gesto si congelò a metà del suo viaggio, bastò un'occhiataccia giustificabile del re caduto per frenarla. Lui si avviò sulla passerella seguito a ruota da lei, per quanto non volesse ammettere la cruda realtà, sapeva di essersi spinto oltre i propri limiti, che Vylldem aveva una grossa fetta di ragione.

- Oh, quindi hai visto la mamma prima di venire qui, bene bene, sono contenta. Come sta ? – Shyra aveva sentito gran parte del racconto a lei raccontabile, compresa la parte del viaggio verso la sorella, Yuria. Le due sorelle, insieme all'Isola della Cenere, nacquero come frutto proibito dai residui vacanti della Nebbia proveniente dalla seconda Ruination, per questa ragione, Shyra era profondamente spaventata della Nebbia e delle creature che da essa sono nate. Queste avevano la non chiara capacità di contaminare e disgregare il suo regno degli Esseri Gentili, ovvero di tutti quelli che avevano stretto un patto con la Demone Bianco.

Shyra era venerata e amata da tutti per la leggenda intessuta intorno a lei: una maga potentissima, capace di miracoli oltre lo scibile umano e divino. Pochi, tuttavia, conoscevano la triste realtà, la vera natura dell'animo di Shyra. Lei offriva contratti, come ogni demone d'altronde. Lei poteva darti tutto quello che più desideravi al mondo, a patto che fossi tu a fornirle le materie prime, se erano necessarie. Shyra, la Demone Bianco, non è mai stata caritatevole, non una singola volta nella sua vita, lei ha sempre dato, ma solo per riprendersi indietro con gli interessi il dono fatto. Allo stesso modo in cui lei ti ha liberato da un grande male, allo stesso modo troverà il modo di infliggere la piaga che ti attanagliava su chi più l'aggrada. Allo svolgimento di questo orribile ed infimo compito c'era Yuria, la Demone Nero. Yuria, per quanto fosse stata dipinta come un essere spregevole e crudele, era invero un essere misericordioso e caritatevole, che ben conosceva il sentimento dell'amore e della compassione, tuttavia, Shyra chiede e Shyra ottiene. La madre di Vyll riscuoteva i debiti prodotti dai patti con la sorella, questo, in spiccioli, significava recuperare le ossa dei debitori, il come recuperarle veniva indetto dalla Signora della Cenere. Gli Esseri Gentili, come vengono chiamati dalla Demone in persona, non sono altro che scheletri, uomini e donne immuni alla corruzione poiché niente di loro può essere più corrotto.

- Sinceramente l'ho vista un po' provata. –

- Eh sì... ci sta, beh può capitare, ogni tanto ci sono periodi più carichi di altri. Alla fine io mi occupo solo di rendere felice il prossimo. –

- Quale sarebbe il mio debito se volessi riportare in vita quella donna ? –

Shyra ridacchiò prima di prendere un sorso della tisana, gli rispose solo dopo essersi goduta a pieno il gusto dolce e fruttato della calda bevanda.

- Cucciolotto della zia, tu sei della famiglia, non puoi avere debiti con me. E poi... con tutti gli Esseri Gentili che mi porti, non potresti mai essere in debito –

- Il tipo in trans qui, invece ? –

Shyra esitò per un attimo a rispondere, ci rimase quasi male a notare la nota acida nella voce del nipote, non credeva esistessero dei problemi di fiducia. Con quella pulce nell'orecchio decise dunque di portare a proprio vantaggio anche quella situazione, magari avrebbe avuto l'occasione di ottenere ciò per cui non è conosciuta la Demone.

- ... Dipende, quanto ti interessa di lui, è qualcuno di importante per te ? –

Vylldem si aspettava una domanda del genere dalla bocca della zia. Prima di dare la sua risposta, che sarebbe stata identica in ogni caso almeno dalla sua parte, concesse attenzioni visive alla donna sulla propria sinistra. Millie lo fissava con i soliti occhioni neri, supplicandolo in silenzio. Non si sarebbe permessa di esprimere il suo parere ad alta voce, la fiducia nelle capacità decisionali di Vyll era posta sempre come massima priorità. Il capitano recepì il messaggio della donna e quello che lei desiderasse, prima di rispondere volle scambiare uno sguardo d'intesa anche con Viego, scambio che fu a senso unico, vista la potenza con cui la tisana della zia lo rapì nel passato.

- Se fosse per me, nemmeno sarei partito. – disse ritornando a fissare Millie, la quale si sentì morire dentro dopo una simile frase, perché sapeva che era la verità, perché sapeva che era solo per il proprio capriccio se stavano aiutando quel poveretto. – Tuttavia, zia, lo sto facendo perché me l'ha chiesto Millie. Da quando stiamo insieme non mi ha mai chiesto niente mentre io, spesso, le ho chiesto anche troppo. Sono in debito con lei, mi sento, in debito con lei. –

Shyra sorrise. Dopo un nuovo sorso, poggiò la tazza sul piattino difronte a lei, tornando a scrutare il nipote e questa volta anche quella Millie. Provò sorpresa. Il piccolo Vyll, cacciato in tutta Runeterra per le sue malefatte, le mostrava quel lapidato lato umano verso una donna ed i suoi desideri. Provò davvero molta sorpresa.

- Siete... così adorabili, intendo, voi umani... Sempre disposti a tutto per mostrare il vostro amore vicendevolmente... per poi commettere omicidi e fomentare guerre per il mero potere. Questo lato di voi mi... intriga oltre ogni modo. Beh, lei è di famiglia, giusto ? –

Questa volta anche i mozzi erano tutti orecchie, si sentivano presi in causa fin dentro l'anima con quella domanda semplicissima ma dalla risposta tutt'altro che scontata e banale. L'intera ciurma guardava il proprio capitano, occhi come pietre per affilare i forconi. Ora erano con la schiena inclinata, la parte alta dello stomaco poggiava sullo spigolo coperto dalla tovaglia, la testa ruotata al massimo possibile per non farsi sfuggire niente dalla risposta del proprio capitano. Millie teneva gli occhi chiusi e la testa bassa, non voleva guardarlo, non voleva metterlo nelle condizioni di sentirsi obbligato a dire cose dettate dalla circostanza. Ogni secondo di attesa che passava, agitava sempre più i mozzi che già avevano le mani sul piano vestito di bianco. Erano tutti pronti ad alzarsi e ad ammutinarsi in tronco se Vyll non avesse dato la risposta corretta.

- Ovvio che è di famiglia. Qui nessuno può fare a meno di lei. Non riuscirei mai ad immaginarmi un futuro in cui lei non è presente, non più ormai. –

Alla Demone si dissolse la voglia di replicare, Vylldem era una strana copia della sorella. Nell'ultimo secolo Yuria si stava trastullando con uomini e donne amichevoli al regno della Nebbia, cosa per niente gradita alla Signora della Cenere, cosa che tuttavia lasciava scorrere; la sorella era comunque ligie al suo compito e a Shyra importava solo che quello. Quella natura misericordiosa, ricolma di amore per il prossimo, e quella rovinosa voglia di proteggere ed aiutare le Creature della Nebbia... erano tutti tratti presi da Yuria, non poteva non essere così, dopotutto, Vylldem era solo un neonato in fasce quando la sorella lo salvò.

- D'accordo, allora farò del mio meglio per aiutarvi nella vostra nobile impresa . –

Dopo aver dato il suo consenso, Shyra chiese di riferirle nei minimi particolari i dettagli del loro embrionale piano. A prendere la parola ci pensò Millie, lei era l'unica ad aver dato udienza a Viego durante quella giornata, quindi sapeva sommariamente cosa il re desiderasse fare; chiedere a lui sarebbe stato meglio, ma nessuno aveva la voglia di disturbarlo, nessuno aveva più la voglia di inutili discussioni sterili, secondariamente nessuno aveva la voglia di infastidire Shyra con inutili sceneggiate.

Il loro piano era il seguente: recuperare i frammenti dell'anima di Isolde e trovare un corpo in cui inserirle, e poi vivere tutti felici e contenti. La Signora si lasciò scappare volontariamente una mezza risata, la loro richiesta era di una banalità enorme. Per lei (che aveva persino arrestato la morte ed il processo d'invecchiamento dei suoi debitori) costruire un ricettacolo per raccogliere i frammenti di un anima e creare un simulacro era una vera baggianata, specialmente dopo che Millie le consegnò il carillon trovato quel giorno vicino a Viego. La potente maga, dopo aver illustrato i metodi e gli strumenti con cui attuare il loro piano, chiese se avessero un oggetto legato all'anima di quella Isolde, così da rendere i frammenti più propensi a raccogliersi nel ricettacolo. Per questo Millie le propose il carillon. Fin da subito le sembrò un oggetto importante per Viego, e visto che per Viego la cosa più importante era la moglie, allora quell'oggetto doveva essere legato alla regina di Camavor. Shyra volle accertarsi dell'utilità del fiore meccanico e se questo fosse compatibile con i frammenti di anima. Fortuna volle che quell'oggetto venne già in precedenza usato con quello scopo, infatti in esso c'erano ancora dei flebili residui del precedente tentativo del Re in Rovina. Della cenere portò alla propria Signora petali di canna di vetro, fiori il cui nome deriva dalla fragilità dei fusti. La cenere, insieme a questi petali nivei, iniziò a vorticare in turbinii velocissimi intorno al futuro ricettacolo, sollevandolo persino dalle mani della Demone. Finito il lavoro, la cenere danzante lo portò al suo luogo di partenza, svelando, una volta volata via, la modifica introdotta dalla componente magica dell'atto. Il carillon era come nuovo, tornato perfettamente indietro nel tempo, riacquistando la forma perfetta che andò perduta secoli orsono. Vi era stata applicata anche un'aggiunta: una sfera perfettamente trasparente dedita alla protezione del re e della regina di Camavor, al centro della sala da ballo.

- Dovrebbe essere più che sufficiente. Voi dovete solo essere vicini al frammento con il ricettacolo, poi ci penserà lui a richiamarlo e ad accoglierlo nella sfera. –

- E come sapremo dove trovarli ? – chiese Vyll che, grazie al suo ruolo, non si sentiva inopportuno a fare più domande del previsto. Così ebbe inizio il vero tomo d'istruzioni di Shyra, e Millie, donna previdente, si apprestò a sguainare carta e penna per prendere nota; non si poteva mai sapere, "la prudenza è una virtù".

Il ricettacolo aveva bisogno di un padrone, gli aghi delle bussole hanno bisogno di tutto il loro contorno per essere utili e leggibili, non basta sapere che l'ago punta verso nord, dopotutto ogni ago ha due punte. Serviva dunque qualcuno che fosse legato al ricettacolo, in modo tale che il carillon potesse parlare al proprio padrone ed indicargli il "nord". Scontato ma non troppo, Viego venne incaricato di questo importante compito, chi se non lui era quello più indicato per trovare i frammenti di Isolde ? Ci pensò Millie a farlo tornare nel regno del presente, a differenza di minuti prima, ora c'era la necessità che lui stesse a sentire quanto loro tutto il da farsi, soprattutto se veniva dato a lui uno dei ruoli fondamentali. Stabilito questo primo importante punto, si procedette con i rimanenti finché non si arrivò a quello imprescindibile, a quel requisito senza il quale tutto il loro lavoro sarebbe andato vanificato. La Demone fu molto chiara, non un singolo frammento doveva mancare all'appello, non si parlava di una torta, o di un anello con diamanti. L'anima è l'essenza stessa di una persona. Ricordi, emozioni, la stessa vita, sono tutti elementi che compongono l'essere, fare una selezione delle parti che secondo noi sono più importanti è il primo passo per la stessa distruzione della persona. Viego ebbe da ridire, mettendo persino in dubbio le capacità magiche della Signora Cinerea. Quel dettaglio (che tutto era tranne che un insignificante dettaglio) non era stato minimamente accennato dal suo fidatissimo consigliere Thresh. Lui gli disse che bastavano i nuclei dell'anima dell'amata, solo le parti essenziali, non aveva mai sentito uscire dalla bocca del suo fidatissimo cose come: frammento del ricordo o frammento di emozione. Shyra perdonò l'alterigia del sovrano, vedeva la sua ignoranza adorabile, non poteva adirarsi per certe superficialità, vide quell'evento solo come una prova palpabile della sua indiscussa superiorità, sia come persona che come maga.

- Tesoro... il tuo consigliere è un misero villico ignorante che la, vera, magia non l'ha vista nemmeno con un binocolo, non mi sorprende che il tuo precedente tentativo sia fallito. –

- Se è fallito è solo per colpa di quelle malavventurate Sentinelle della Luce ! Il mio piano era ineccepibile come l'aiuto offertomi dal mio estimatissimo consigliere ! –

- Sarei curiosa di vederlo in persona questo tuo osannato uomo. Oh beh, nel caso puoi sempre tornare da lui. Se lui è così tanto favoloso e capace, perché non chiedere nuovamente il suo aiuto ? Vorrei tanto godermi lo spettacolo... -

La donna si diresse verso di loro con lentezza perentoria lasciandosi dietro di sé, dove era precedentemente seduta, il nuovo ricettacolo. Passava la mano su tutte le sedie fino a raggiungere Viego che, nemmeno avendocela difronte, faccia a faccia, provò un minimo a ritrattare i suoi termini, il suo modo di porsi.

- Un uomo e una donna, separati da un destino maligno, l'immenso desiderio di sconfiggere la morte a qualsiasi costo... e tutto questo in nome dell'amore... -

Il vento gelido piegò il silenzio della sala spegnendo le pallide e calde fiammelle di incensi e candele, l'oscurità divorò tutto, la cenere scorreva come acqua dalle finestre naturali presenti nella struttura dell'albero. Voci spaventate e preoccupate correvano per tutta la sala, gridavano il nome del proprio capitano, lo imploravano di salvarli, ma Vyll rimase in silenzio. La cenere bruciava istantaneamente in fumi neri e ignobili appena sfiorava i corpi di Viego e The Milliner, quest'ultima guardava senza difficoltà il proprio capitano ponendo in lui l'ennesimo cieco atto di fede.

- Potrei riportartela qui, ora, subito, in questo preciso istante, in cambio ti chiedo tutte le vite in questa sala, Re di Camavor. –

Viego accettò senza esitare. Accecato dal desiderio di riavere la propria amata, non pensò minimamente al prezzo da pagare. I mozzi iniziarono a correre in preda al panico, tastavano ogni superficie in cerca dell'uscita ma non esisteva un'uscita dal Regno Cinereo.

- Saresti davvero capace di sacrificare innocenti ? Persone che ti hanno portato da me senza sapere che sarei divenuta il loro tristo mietitore ? –

Sì, sì, e ancora sì. Sempre più forti, sempre più convinti. Urla strazianti che parevano lontanissime per colpa del lavoro svolto dalla nube di cenere, l'odore ferroso sfumato dagli aromi degli incensi.

- E se ti dicessi, che così facendo, otterrai solo una creatura con le sembianze della tua Isolde ?- Il sorriso malato ed entusiasta del re cominciò a morire, iniziava a capire, a comprendere. – Avrai un corpo che raffigurerà la tua adorata moglie, tuttavia sarà privo dei ricordi che ti legano a lei e le sue emozioni saranno rimpiazzate con quelle di queste vittime. –

Viego abbassò lo sguardo; aveva finalmente realizzato. Perché il proprio consigliere fu così impreciso ? Perché nessuno si sprecò nello spiegargli la situazione, fornendogli solo un secco "no" come risposta ? Avrebbe capito, avrebbe potuto, cercava aiuto, una mano amica da afferrare nella nera disperazione.

- Perché...? Perché nessuno me lo ha detto ...? –

Le deboli fiammelle ripresero a vivere, il loro calore scacciò la cenere e l'oscurità, tutto sembrava essere tornato alla normalità, come se fosse stato tutto un enorme illusione. Vyll si lasciò andare con un lungo sospiro ad occhi chiusi, il suo sollievo si era espresso con una postura più morbida, decisamente meno statica.

- Caro nipote, la prossima volta non affidarti al buon cuore di una donna. Temi la nebbia, la Rovina.-

Gli occhi di sangue si lanciarono addosso a quelli simili ad un abisso nero, Millie percepì tutta l'ostilità della Demone in un istante, quella fu solo una delle tante gocce lanciate nel vaso, la vera causa del suo malessere fu Viego, un piccola crepa aveva incrinato molto più del suo cuore. Il vento tornò nella sala, questa volta dolce e delicato. Mosse i fili rossi ed in poco tempo la zia di Vylldem si disperse in milioni di granelli adamantini sospinti dalla corrente, al suo posto rimase solo che una pergamena, rigorosamente bianca anch'essa. 

Il silenzio stagnante tornò a fare da padrone. I mozzi chiacchiericciavano tra di loro smettendo immediatamente ogni volta che vedevano il sovrano caduto, Millie e Vyll erano nella cabina del capitano a discutere cosa e come fare. La pergamena di Shyra illustrava nei minimi dettagli tutti i procedimenti necessari allo svolgimento del piano, tra cui anche l'elenco delle materie prime necessarie alla creazione di un simulacro, tutte da portare alla stessa donna perché "nessuno sa come creare un simulacro degno di quel nome".

Capitano e capomastro ebbero molto di cui parlare anche se tutto il loro battibeccare girava intorno al solito medesimo argomento: Viego. The Milliner aveva fatto una promessa a quell'uomo, era stato stretto un patto, non se la sentiva e nemmeno voleva ritrattare tutto, andare da lui e strappargli via dalle mani la speranza di rivedere la defunta moglie e riabbracciarla. Non le importava minimamente di quello che era accaduto dalla zia di Vyll, nonostante avesse provato la paura di morire per colpa della disperazione del re caduto. Il capitano Vylldem, come ci si aspetterebbe, aveva perso tutto l'interesse di aiutare il nuovo membro della ciurma; non che lo avesse mai avuto in effetti. Conosceva la parente acquisita anche troppo bene e sapeva che quel teatrino non era una finzione, che non era assolutamente un modo per mostrare il marcio cuore di quell'uomo. Se Viego non avesse vacillato, Shyra avrebbe riscosso il suo debito uccidendoli tutti, rendendoli parte del Regno degli Esseri Gentili; Shyra non prova compassione, né empatia, né amore. Shyra adora la purezza del bianco ma non bisogna mai dimenticare il colore rosso dei suoi occhi. Discussero davvero a lungo, la tregua venne firmata una volta calato il sole, quando i leoni negli stomaci ruggivano per essere sfamati. Se il capitano desiderava mangiare, doveva mollare la corda e lasciar andare la sua rivale a preparare la cena. Millie, una volta uscita dalla cabina, mentre si dirigeva nei piani inferiori della nave, ne approfittò per tirare una fune, la quale scendeva giù da uno degli alberi di mezzana. La fune serviva per far oscillare la campana posta a richiamare la ciurma, il suo suono suggeriva l'arrivo dell'ora di cena ed i marinai si apprestarono ad organizzare la sala da pranzo. I membri della Jacquelyn indiarono una regola che piacque a tutti: pasteggiare insieme. Era un occasione per sedersi tutti intorno ad un tavolo e chiacchierare, per parlare del più e del meno davanti ad un piatto caldo, approfittare della presenza di tutti per discutere della situazione attuale e concordarsi sul da fare. Rafforzare il legame tra i membri di un equipaggio è la chiave per il successo, per non parlare del fatto che se tutti sono soddisfatti e felici tenderanno anche a lavorare di più e meglio.

In tutto questo, Viego si era relegato nella sua stanzetta degli ospiti verso la prua, gli venne affidata quella stanza perché nessuno aveva il piacere di dormirci affianco, ed anche se Millie non comprendeva tutto quel diffidare prima della partenza, dopo gli eventi sull'Isola della Cenere, reputò opportuna la scelta presa a Battigia. Il Re in Rovina era dunque nella sua stanza, non voleva autocommiserarsi, eppure, porsi la domanda del "perché nessuno mi capisce ?!", gli usciva spontaneo. Ora, anche quelli che all'inizio gli sorridevano, lo fissavano con occhi spaventati o diffidenti, persino colei che gli mostrò totale fiducia agli inizi, ora lo guardava con occhi diversi. Sapeva di aver sbagliato, sacrificare la vita di innocenti per una singola persona è universalmente sbagliato, e Viego, per quanto consumato dai mali del mondo, era conscio del disastro che generò con le sue stesse mani. Questa consapevolezza però non lo fermò minimamente dal formulare frasi come il : "So di aver sbagliato, ma se loro capissero il dolore e la sofferenza che si prova a perdere chi ami, mi perdonerebbero". Lui era lì, in quel circolo vizioso di : se, ma e però. Nemmeno udì la campana, e anche l'avesse sentita, nessuno si sprecò per informarlo del suo significato. Andarono a recuperarlo solo quando la cena era già stata servita e tutti i commensali si erano già riuniti; se non fosse stato per la capomastro sarebbe andato a letto senza cena.

Bussò contro il legno rigido tre volte, e tre volte il silenzio rispose. Bussò la quarta e mai arrivò la quinta. Aprì quella porta come se fosse l'entrata di un tempio sacro, e al pari di un timorato degli Dei, lei pronunciò il nome di lui tre volte prima di portarlo sulla terra dei mortali con una lieve carezza tra le scapole. Il re sussultò, i suoi riflessi non vollero aspettare il tempo richiesto al cervello per concretizzare. La luce piantata negli occhi di lei lo scosse, un brivido implorava di poter scuotere la sua persona.

- Avrei preparato la cena, ci siamo tutti, ormai manchi solo tu. –

Viego la guardava con totale smarrimento nonostante avesse capito ogni parola uscita dalle labbra rosso livido.

- La cena, Viego. Immagino che da statua non ti servisse mangiare, ma scommetto che ora avrai una gran bella fame, giusto ? – Si sforzò di sorridere e ridere appena, voleva e non voleva al tempo stesso essere lì, con lui, da sola, o almeno, non in quel momento.

- I tuoi occhi, perché emettono luce nell'oscurità della notte ? –

Alla domanda Millie fece un passo indietro, sforzando l'ennesimo bieco sorriso. Si allontanò il più possibile dal re al fine di mimetizzare la luce nei suoi occhi con quella finta e riprodotta dalla luna.

- Non ci fare troppo caso, magari te lo dirò quando sarai più grande. – Rise e per celare le zanne usò il dorso della mano. – Su, su, dai, ti porto a cena. Non torno a chiamarti quindi meglio se mi segui. –

Confuso ed incuriosito, Viego abbandonò la sua provvisoria dimora regale per seguire la donna, a renderlo più confuso e decisamente meno incuriosito fu vedere tutta la ciurma seduta a cena insieme a Millie e al capitano. Per Viego fu una vista indegna, lui non avrebbe mai permesso ai suoi servitori di consumare i pasti insieme a lui e alla sua Isolde. Il pensiero di cenare con quella che lui reputava servitù e persino feccia, gli fece chiudere lo stomaco con la stessa violenza di una porta chiusa dal vento. Tutti parlavano, tutti mangiavano, tutti bevevano. Non c'era ordine ai suoi occhi, non c'erano ranghi , tutto gli pareva privato di un sacrale rispetto. La capomastro si andò a sedere affianco al proprio capitano ed incalzò il re a fare altrettanto. Lei gli scoperchiò il piatto pieno di riso al pesce, e lo invitò a mangiare. Nessuna norma del galateo era stata minimamente rispettata. Nessun coltello da pesce, le posate erano di semplicissimo acciaio e nemmeno posizionate nella maniera corretta. Non esisteva distinzione tra il calice per il vino e quello per l'acqua, ogni tanto notò alcuni mozzi persino attaccarsi alle bottiglie; una smorfia di disgusto e disagio fu tanto d'obbligo quanto di necessità.

- Reginetto sul pisello, siamo dei cazzo di pirati, levati quella faccia di merda da solo o te la faccio strappare via. –

- Vyll ! –

Il capitano sbuffò, le accese gote diedero il pretesto a Millie di togliergli il bicchiere ricolmo di vino rosso direttamente dalla mano. Viego decise di allontanarsi un po'. Prese il suo piatto insieme a forchetta e bicchiere ed andò infondo al tavolo progettato più lungo del necessario. Mangiava in silenzio, c'era già abbastanza rumore nella sua testa e tutto intorno a lui, ogni tanto la donna lanciava un'occhiata laggiù, per vedere come stesse. La tortura finì retoricamente presto, si ammassarono verso Vyll e Millie per cantare e ballare, per raccontare storie, per ridere e scherzare. Viego li guardava, in particolar modo i signori della Jacquelyn. Notava la premura nei loro gesti reciproci, le loro mani intrecciate di tanto in tanto. Li guardava, li vedeva simili, seppur con temperamenti diversi. Lei gentile, dolce, intelligente, capace di generare dal niente qualsiasi cosa grazie al suo ingegno. Lui forte, deciso, impetuoso, un vero leader, ben poco riusciva a farlo vacillare, solo la donna poteva. Alla luce calda della sala, Viego vide in quell'uomo e in quella donna il fantasma di sé e di Isolde, pur essendo consapevole che erano ben poche le similitudini. Si alzò con forza, la sedia cadde indietro rimanendo con i gambi all'aria. Passo svelto, pesante, l'albero maestro resse molto più che bene il pugno provocatorio e tutti quelli successivi. Il grande e grosso avversario resse bene anche i suoi calci, il sangue nero che scorreva giù lento testimoniava quanto il legno fosse più duro della testa . Le difese abbassate del maestro non poterono nulla contro il colpo della claymore generata dalla rabbia. Fu tutto molto improvviso, persino il re rimase di stucco dopo la realizzazione. Aveva agito d'impulso, nemmeno ci pensava a cosa stesse facendo, eppure, i suoi poteri erano tornati, sebbene per una piccolissima frazione di tempo. La grande spada oscillava ancora per più della metà della sua lunghezza, quella possente lama, pur essendo incantata con la gemma della rabbia, non riuscì minimamente a tagliare di netto il robusto legno dell'albero. Rimase lì, traballando come una fiammella spaventata dal vento, ed il re la scrutava, provando nelle profondità del suo animo un debole sentore di gioia. La Lama del Re in Rovina era una spada a livello di una leggenda da taverna, al pari di una storia di fantasmi e maledizioni. Prima della Rovina, quella spada era una comunissima spada, l'unica cosa che la rendeva speciale e diversa da tutte le altre spade era la doppia elsa, che di conseguenza generava anche una doppia impugnatura. L'elsa più esterna era decisamente la più grande, la sua lunghezza era al pari di quella che intercorre tra le nostre spalle, oltre ad essere la più grande era anche quella più ricca di decori. La seconda, che serviva a delimitare la zona corretta da impugnare, era estremamente più piccola, una via di mezzo dall'essere la metà ed un terzo di quella esterna. Con la Rovina di Viego, persino quella spada conobbe il potere della corruzione. Una lama fantasma, tangibile ed immateriale al tempo stesso. Il vecchio sovrano di Camavor divenne un tutt'uno con lei, al punto tale da poterla evocare tramite i suoi poteri, ed ella assunse il colorito verde-azzurro, manifesto della sua avvenuta corruzione. Anche all'albero spoglio piacque molto come arma, al punto tale da tenersela piantata nel fianco. Viego tirava, Viego spingeva. Provava e ritentava a sfilarla dal fodero alternativo senza riuscirvi; era incredibile quanto un tronco di legno compatto potesse essere possessivo con le cose altrui.

- Ma che cazzo fai ?! Ma sei deficiente ?! Levati ! –

Millie già lo aveva spinto lontano di minimo quattro passi quando Viego capì a chi appartenesse quello squillo. La spada era sparita nel momento in cui il proprietario perse cent'anni di vita, la cosa volse a suo vantaggio, altrimenti avrebbe dovuto sopportare stridii e gridi più elevati di quelli che già si stava beccando.

- Io là sopra ci dormo, coglione ! Ah ma se cade nel cuore della notte, ti giuro, te lo garantisco, ovunque tu sia, io ti troverò, e ti farò talmente tanto male con quella tua spada, che non ti risiedi per vent'anni ! Ma tu non eri disarmato poi ?! Da dove te la sei presa quella bestia d'arma ?! –

Viego, con la capacità di mentire inibita dalle forti emozioni positive, le rispose con sincerità, rivelando la natura stessa della sua spada ed in parte anche la propria. Nemmeno l'adoratissima Isolde gli fu così tanto fedele, perché solo il freddo acciaio si dimostrò dotato di sentimenti quando decise di seguirlo persino nella morte. Era la prima Ruination, quando le Isole Ombra erano ancora le Isole Benedette, quando ancora non esisteva la Rovina. Viego aveva trovato dopo tanto cercare la fonte delle acque benedette, nella quale immerse il corpo dell'amata. La loro magia quasi la riportò in vita, ma lo spirito che uscì da quel cadavere, tradì lo sposo. Lo spirito di Isolde prese quell'arma e la usò per immolare in quel luogo sacro il proprietario, relegandolo nel tempio, condannato un giorno a risvegliarsi privo di ogni ricordo di quel fallito tentativo. Solo la Lama del Re in Rovina rimase con il vecchio re di Camavor da quel giorno, nessun altro, nemmeno Isolde.

- Non sono mai stato disarmato, la mia spada è una parte di me da tempo immemore oramai. –

Millie riprese a bestemmiargli addosso, non tanto per il fatto che non gli credesse, anzi, sarebbe stato più strano se quel suo nuovo amichetto non fosse stato capace di fare qualche trucchetto di magia, bensì proprio per il danno che le aveva procurato all'albero di mezzana. Viego a dirla tutta non la sentiva nemmeno più parlare, il proprio cervello aveva messo in muto la vocina ringhiante della nanerottola davanti a lui; però era esilarante vederla abbaiare come un chihuahua. Ancora una volta lo sguardo gli precipitò verso il basso, schiantandosi contro la parete buia di quei due occhi nerissimi. L'espressione apatica celava perfettamente come una coltre di nebbia l'indole curiosa nel suo animo, e di nuovo le pose la stessa domanda: " I tuoi occhi, perché emettono luce nell'oscurità della notte ? ". The Milliner si spense. Il rumore dell'acqua che bussava contro il legno pecioso della Jacquelyn era molto chiacchierone quella notte; a Millie non piace parlarne. Clish e clash, clish e clash, la luna era un riflettore con lo scopo di puntare la luce su di loro.

- Facciamo un patto, vedo che tendi a rispettare la parola data, spero che non vorrai deludermi proprio ora. – Viego, con queste parole, ruppe il silenzio.

Lui e lei si fissavano a vicenda, è uso comune pensare che chi tace acconsente ed è con tale pretesto che il re si lanciò nel proporre quello che ai suoi occhi era un vero e proprio affare, o per meglio dire, alla sua curiosità.

- Voglio raccontarti tutto su di me, è giusto che dopo gli eventi di oggi almeno tu sappia con chi hai, realmente, a che fare. Tuttavia, pretendo di sapere ogni cosa su chi sta cercando di darmi una mano. Sono stato tradito troppe volte per poterle contare tutte, voglio anche io le mie certezze. –

Millie aspettò qualche secondo prima di rispondergli, alla fine decise di non esprimersi a parole. Siglò il patto non con la voce ma con un debole cenno di consenso. Il re allora iniziò la sua storia non omettendo niente questa volta. Le raccontò della Rovina, di cui egli era il sovrano, il padrone, e per tale merito venne appellato con lo pseudonimo "Re in Rovina". Le parlò delle vite che distrusse, dei cuori che corruppe, delle menti che piegò sotto il suo disastroso giogo. Della Nebbia; delle Isole Ombra; di Viego. In conclusione, a mo' di ciliegina sulla torta, volle ricordarle il loro incontro di quella mattina, di come avesse tentato di renderla sua schiava, di "Rovinarla", come aveva fatto troppe volte secoli prima con moltissimi innocenti. La capomastro non rispose, lo lasciò parlare fino all'ultimo; normalmente parlando, tutte quelle informazioni avrebbero fatto scappare chiunque. Quella donna si trovava davanti a quella orribile storia che i tuoi genitori ti raccontano per non farti fare cose sgradite. "Non ti allontanare troppo, o il Re in Rovina verrà a prenderti". "Guarda che se ti comporti male ti faccio rapire dal Re in Rovina".

- Immagino che... tocchi a me raccontare ora ... - finalmente trovò la forza di riprendere la conversazione; normalmente una persona sarebbe scappata difronte al Re in Rovina, ma non lei.

Non sapeva come partire, così decise di trovare un espediente narrativo che l'aiutasse a sciogliere un po' il ghiaccio. Optò per informarlo primariamente del periodo intercorso tra la seconda Ruination e il periodo storico attuale. Al momento erano nell'anno 1221 D.N. ( Dopo Noxus) ciò significava che erano passati la bellezza di duecentotrentuno anni da quando Viego venne tramutato in statua dalle Sentinelle. Il re sembrò sorpreso, ma nemmeno troppo, si aspettava di peggio. Per Viego le "sorprese" erano appena iniziate. Dopo una fugace digressione storica, Millie arrivò al momento cruciale.

- Vuoi sapere... perché non sei stato capace di soggiogarmi con la nebbia, questa mattina, al castello...? Beh, ecco, vedi Viego, tu non puoi rovinarmi, perché già lo hai fatto. – Questa frase fu solo che l'inizio di una lunga, lunghissima spiegazione.

Dopo che Viego venne sigillato, la nebbia si diradò senza mai scomparire dal mondo. Runeterra venne invasa dai resti della terribile catastrofe causata dal suo amore, non ci volle molto per scoprire quali effetti collaterali portò con sé. Nacquero così i Ruiner, esseri generati dalla Nebbia, i figli della Rovina. Nonostante fossero passate generazioni e generazioni, non si venne mai a capo della logica con la quale la Nebbia corrompesse le sue vittime. I processi di questa corruzione erano molteplici, alcuni rimanevano umani, altri vennero tramutati in creature ferali e pericolose. I Ruiner avevano poi quel tratto unico che li accumunava tutti, una maledizione, il simbolo stesso della Rovina, un marchio nero, indelebile: una voglia nera pece a forma di triangolo. Millie gli raccontò tutto, ma proprio tutto, una volta che cominciò ci prese velocemente gusto a raccontargli di sé, del padre adottivo e dei Ruiner. Volle condividere con lui anche il proprio passato, quando era al pari di una bestia selvaggia e sanguinaria, quando suo padre la prese sotto la propria ala e tentò di salvarla dalla vita stessa.

- Dunque sei tu, sei tu colui che odio e ringrazio per quello che sono. Questa mia maledizione è il frutto di un amore negato... -

- Se quello che asserisci è vero, allora sì, è così. –

- Hai la vaga idea di quante volte ho provato ad ammazzarmi senza riuscirci per questo ? Ti rendi conto di quanto dolore hanno generato le tue cazzate ?! –

- Non ti permetto di inserire la mia amata Isolde in certi elenchi ! –

- Non sto parlando di questo, stupido idiota ! – Le assi di legno piansero aspramente dopo aver ricevuto il colpo ben assestato dello stivale a zeppa. – Se solo tu avessi chiesto alla gente giusta, se solo tu avessi aspettato, se, se, se, se... se solo tu fossi stato più prudente per l'amor del cielo ! – 

Lo teneva stretto per la giacca facendo attenzione a tenere bassa la testa per non mostrargli gli occhi lagrimosi. Tanti "no" con la testa, i denti serrati in una morsa tentati di azzannarsi la lingua per favorirle il tacere. I singhiozzi del suo pianto provavano a smuovere la postura solida e salda mentre Viego la scrutava dall'alto del suo metro e ottanta. Avrebbe voluto sentire qualcosa nel vederla così, avrebbe avuto il piacere di provare un minimo di compassione, di provare il desiderio di confortarla, purtroppo il sigillo su di lui aveva tramutato in pietra anche il suo cuore.

- Con il cazzo che ti lascio girare da solo, ti giuro sulla mia vita, sulla mia famiglia, su tutto quello che mi è più caro... ti ridarò la tua amata Isolde. Questa volta nessuno conoscerà la Rovina, nemmeno tu, Viego.-

   
 
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