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Autore: Clementine84    21/09/2021    0 recensioni
Quando Becky viene mandata a intervistare Craig, musicista di una band sulla cresta dell'onda, sa esattamente che le dichiarazioni rilasciate verranno usate per spargere calunnie sul suo conto. Ha due possibilità: mettere a tacere la sua coscienza e consegnare la registrazione al suo capo, oppure rifiutarsi e perdere il lavoro. Non esita nemmeno un istante. E, forse, quella decisione presa d'impulso farà capire a Craig che, di persone così, se ne trova una su un milione e porterà a Becky molti più benefici che danni.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“Bene. Questa è la mia umile dimora” annunciai, scendendo dal taxi davanti al palazzo in cui abitavo. Craig pagò l’autista e alzò lo sguardo.
“Carino” commentò.
Sorrisi. “Non mentire. So che da fuori non è il massimo, ma dentro è meglio” dissi, prendendolo per mano e trascinandolo all’interno.
Mentre stavamo salendo la prima rampa di scale, ci imbattemmo in Philip.
“Becky!” esclamò, salutandomi con un bacio sulla guancia.
“Ciao, Phil”.
“Meno male che sei tornata, Becky. Joey era disperato con questa storia dell’addio al celibato di domani. Dovevi arrivare tu a salvarlo”.
Scoppiai a ridere. “Cosa vuoi, non è mica facile fare la super eroina, sai?”.
Anche Philip si mise a ridere, dopodiché guardò Craig, aspettando che dicessi qualcosa.
“Philip, lui è Craig. Craig, questo è Philip, un…amico” li presentai.
I due ragazzi si strinsero la mano.
“Piacere” disse Craig.
“Piacere mio. Finalmente ti conosciamo”. E poi, rivolto a me “Adesso vai da Joey. Non vedrà l’ora di conoscere Craig anche lui”.
Ci salutammo e ricominciammo a salire le scale, Craig davanti a me. Dopo pochi gradini mi voltai a guardare Philip e vidi che mi stava facendo l’occhiolino e un evidente segno di apprezzamento nei confronti di Craig. Gli feci la linguaccia e continuai a salire, scuotendo la testa. I miei amici non sarebbero cambiati mai.

 

Solo un breve saluto a Joey e poi andiamo in casa a mangiare qualcosa, okay?” mi disse, suonando un campanello.
Io annuii. Non vedevo l’ora di restare per un po’ solo con lei, in tranquillità. Forse avrei finalmente trovato il coraggio di baciarla e di darle quel ciondolo che avevo preso all’aeroporto. Però capivo che dovesse prima salutare i suoi amici.
La porta si spalancò e Becky venne letteralmente ingoiata dall’abbraccio mortale di un ragazzone biondo che, come se non bastasse, le stampò anche un sonoro bacio sulla guancia. Restai in disparte, trattenendomi a stento dall’intimargli di tenere giù le mani dalla mia ragazza. Non era proprio la mia ragazza ma una specie. Quasi, diciamo.
“Vieni qui, mia salvatrice” esclamò il ragazzo, liberando Becky dalla sua morsa mortale. “Fatti guardare”.
Becky si allontanò di un passo e fece una piroetta su se stessa.
“Ma sei un vero splendore! L’aria scozzese ti ha fatto bene, sai?”. Poi, accortosi della mia presenza, aggiunse “E, forse, non solo quella”.
Si avvicinò, tendendomi la mano. “Ciao. Tu devi essere Craig”.
Annuii. “Esatto. E tu devi essere Joey”.
“Esatto. Scusa per avervi rovinato la vacanza, ma era un’emergenza”.
“Figurati, non importa” lo rassicurai.
“Allora,” proseguì, rivolto verso Becky “vi fermate a pranzo, vero? Ho preparato apposta il pollo al curry che ti piace tanto”.
Becky si voltò verso di me, titubante. “Non lo so, Joey…forse Craig vuole riposare”.
“Oh, andiamo” insistette Joey. “Non credo che a Craig dispiaccia restare a pranzo, vero amico?”.
Messo alle strette, non potei fare altro che rispondere “No, figurati. Per me va bene”.
“Perfetto!” esclamò Joey. “Così avrò anche l’occasione di conoscerti un po’ meglio”.
Annuii, pensando che, però, io avrei di gran lunga preferito conoscere in maniera un po’ più intima un’altra persona.

 

Il pranzo fu ottimo. Joey era veramente un cuoco eccellente e, a voler essere sinceri, era anche un ragazzo piuttosto simpatico. Io, però, non riuscivo a farmelo andare del tutto a genio e ciò era dovuto al tipo di rapporto che lo legava a Rebecca. Si vedeva che i due erano affiatati. Molto affiatati. Anche troppo per i miei gusti. Durante il pranzo c’era stato un continuo scambio di battute, complimenti, occhiate, senza contare gli sfioramenti di mani e un’altra serie di gesti piuttosto intimi. Non ci voleva un genio per capire che si volevano bene e mi chiedevo cosa ci facessi io lì. Ero geloso. Becky mi piaceva e molto anche. Mi ero innamorato di lei e credevo che anche lei fosse interessata a me, ma adesso ero confuso. Non sarei mai riuscito a entrare in quel loro universo di affetto, tanto valeva lasciare perdere. Ma non volevo rinunciare a Becky, non senza lottare almeno. Certo, avrei almeno dovuto avere l’occasione di farlo. Le cose, però, stavano andando per le lunghe. Erano ormai le 16:30 e sapevo che Becky doveva ancora prepararsi per la serata, che sarebbe iniziata piuttosto presto, verso le 19:00. Dopo l’ennesimo complimento a Becky da parte di Joey, decisi di non poter più sopportare altre smancerie e, millantando un mal di testa improvviso, convinsi Becky ad andare a casa. Joey ci salutò calorosamente, dandoci appuntamento per quella sera al pub e io annuii, pur sapendo che non ci sarei mai andato. Mi avrebbe fatto piacere vedere Becky in versione ‘sexy’ ma non mi andava di dovermi sorbire altre dimostrazioni di affetto tra lei e Joey.
“Scusa Craig” disse subito lei, appena entrati nel suo appartamento. “Non avremmo dovuto restare a pranzo da Joey. Potevo capirlo che eri stanco”.
Scossi la testa. “Non è colpa tua” la rassicurai. “Forse mi ha fatto male il pollo” mentii.
“Fai una cosa, sdraiati sul mio letto mentre io mi faccio una doccia. Ti preparo un the caldo, ti va?”
Annuii e mi diressi verso la sua stanza, seguendo le indicazioni che mi dava dalla cucina. Arrivato, trovai il letto occupato da un grosso gatto nero. Sorrisi. Quello doveva essere il famoso Romeo. Tornai in cucina e mi appoggiai allo stipite della porta, restando per un istante a guardarla armeggiare con i fornelli. La trovavo semplicemente perfetta.
“Che ci fai qui?” chiese, voltandosi. “Ti avrei portato io il the”.
“Lo so, ma vedi, il letto era già occupato” spiegai.
Becky sorrise. “Romeo” sentenziò.

Io annuii, sorridendo.
“Vieni, sistemati sul divano. È piuttosto comodo”.
La seguii e mi buttai sul divano a guardare la tv, sorseggiando il the che mi aveva preparato, mentre lei schizzava in bagno a farsi la doccia.

 

Non seppi dire per quanto restai sul divano, ma dovevo essermi addormentato perché, quando aprii gli occhi, trovai Becky vestita di tutto punto con jeans neri, t-shirt grigia piuttosto attillata, stivali in pelle e polsini di borchie, che si stava sistemando i capelli davanti al grande specchio accanto alla tv. Vedendo che mi ero svegliato dall’immagine riflessa, si voltò a salutarmi.
“Quanto ho dormito?” domandai. “Che ore sono?”
“Le 18:45” rispose, sorridendo.
“Caspita, mi dispiace” esclamai, mettendomi a sedere.
“E di che?” chiese lei, stupita. “Dovevi essere veramente stanco”.
Mi alzai e la raggiunsi accanto allo specchio.
“Mi dispiace perché non siamo potuti stare insieme nemmeno un po’ oggi” confessai.
Lei alzò lo sguardo e i nostri occhi si incrociarono. Le scostai dolcemente una ciocca di capelli che le cadeva sul viso. Becky sorrise e io presi coraggio e le accarezzai leggermente una guancia con il dorso della mano. La ragazza chiuse gli occhi. Era il momento perfetto, o adesso o mai più, mi dissi. Mi avvicinai lentamente a lei e stavo per posare le mie labbra sulle sue quando qualcuno bussò violentemente alla porta e sentimmo la voce di Joey chiamare “Becky! Stiamo tutti aspettando te, di sotto, per cominciare”.
“Arrivo!” rispose lei, spalancando di scatto gli occhi.
Sospirai. L’incanto era rotto e, per la seconda volta, era stata colpa di Joey. Quel ragazzo stava seriamente iniziando a darmi sui nervi.
“Devo andare” mi disse Becky, dolcemente.
Annuii.
“Ti aspetto di sotto?” chiese.
Scossi la testa. “Non vengo”.
“Perché?”
“Meglio di no. È la tua serata, con i tuoi amici. Non voglio rubarti la scena”.
Becky sorrise. “Di sotto c’è un addio al celibato, Craig. Sono tutti uomini. Non mi ruberesti la scena” osservò. “E poi, anche tu sei mio amico. Ci tengo che tu ci sia”.
La guardai, cercando di nascondere quanto quell’affermazione mi avesse fatto piacere.
“Lo so,” dissi “e mi piacerebbe venire. Solo che…non vorrei che Joey si ingelosisse se dedichi troppe attenzioni a me” confessai, deluso.
Becky scosse la testa. “Non credo proprio che possa succedere” decretò. “Joey è un ragazzo intelligente”.
“Ti piace molto, vero?” domandai, non riuscendo a trattenermi.
Becky annuì. “Moltissimo”.
Abbassai lo sguardo, rassegnato.
“Ma mai quanto a Philip” aggiunse.
Strabuzzai gli occhi, confuso.
“Philip?” ripetei.
La ragazza annuì.
“Il tipo moro che abbiamo incontrato stamattina sulle scale?” chiesi.
“Lui” confermò lei.
“Cosa c’entra Philip?” domandai.
Becky mi prese una mano. “Craig,” iniziò “c’è una cosa che dovresti sapere riguardo a Joey”.
Chiusi istintivamente gli occhi, preparandomi al peggio. Mi avrebbe detto che era profondamente innamorata di Joey, lo sapevo. E io che speravo potesse essere interessata a me. Era troppo bello per essere vero.
Becky proseguì “Non te l’ho mai detto perché credevo che, una volta conosciuto, sarebbe stato evidente ma, dalla tua reazione, mi pare di capire che non è così”.
Sospirai, sforzandomi di guardarla negli occhi.
“Io voglio bene a Joey. È il mio migliore amico e, sì, mi piace moltissimo”.
Chiusi gli occhi. Ecco, era finita.
“Ma non potrei mai innamorarmi di lui”.
Spalancai gli occhi, sorpreso.
“Joey è gay”.
Non riuscivo a crederci. Joey gay. E quel Philip doveva essere il suo ragazzo. Allora, non dovevo preoccuparmi di nulla.
“Io…” farfugliai “Becky, scusa. Sono un idiota”.
Lei sorrise.
“Solo un pochino” convenne e, prendendomi per mano, aggiunse “Vogliamo andare adesso?”.
Annuii, ancora confuso, ma, prima che potesse raggiungere la porta, mi bloccai, tirandola a me “Becky, aspetta”.
“Che c’è?” chiese lei, sorpresa.
“Io…” iniziai ma, poi, mi resi conto che le parole sarebbero state un’inutile perdita di tempo. Dolcemente, le misi una mano dietro al collo e la tirai a me riuscendo, finalmente, a fare quello che sognavo da mesi. Lei non solo non oppose alcuna resistenza, ma rispose al mio bacio, passandomi le mani tra i capelli. Ci baciammo con passione una, due, tre volte. Dopodiché fummo nuovamente disturbati dalla voce di Joey che minacciava di buttare giù la porta se Becky non si fosse presentata di sotto nel giro di due minuti. Ridendo, Rebecca si allontanò da me, senza però lasciarmi la mano.
“Vieni giù” mi sussurrò all’orecchio. “Ballerò solo per te”.
Sorridendo, mi lasciai trascinare al piano di sotto, sereno come non ero mai stato e felice. Finalmente l’avevo baciata. Ora sarebbe stata mia, solo mia. Per sempre.

 

Non riuscii a toglierle gli occhi di dosso per tutta la serata. Avevo sempre pensato che Rebecca fosse una bella ragazza, non troppo appariscente, forse, non una di quelle ragazze che fanno voltare la testa agli uomini quando camminano per la strada, ma comunque molto carina e, a suo modo, perfetta. Quella sera, però, mentre ballava sul bancone insieme alla sua amica Lizzie, scoprii una parte di lei che non conoscevo. Becky era sexy. Dannatamente sexy. Si vedeva che fare la provocatrice di uomini non era il suo pane e stava solo recitando una parte per aiutare Joey ma, in fondo, sembrava si stesse divertendo. Improvvisamente, Arthur, addetto alla musica, fece partire un famoso pezzo degli Abba, Lay All Your Love on Me. Becky sorrise e strizzò l’occhio al ragazzo. Evidentemente la canzone le piaceva. Infatti, iniziò a ballare su e giù per il bancone in modo molto disinvolto, dimenticando per un attimo la sua timidezza. I nostri sguardi si incrociarono e io le sorrisi, al di sopra della mia pinta. Lei non solo ricambiò il sorriso, ma saltò giù dal bancone e mi si avvicinò, lanciandomi occhiate maliziose. Il mio cuore accelerò i battiti e sentii il sangue bollirmi letteralmente nelle vene. Non ero preparato a questa nuova versione di Rebecca, ma Dio solo sapeva quanto mi piacesse. Avrei voluto prenderla tra le mie braccia e baciarla, davanti a tutti, ma mi costrinsi a frenare i miei sensi, almeno fino alla fine dello spettacolo. Mi sembrava ancora un sogno, eppure l’avevo baciata. Il giorno seguente sarei dovuto partire per tornare a Glasgow e raggiungere gli altri. Il nostro nuovo tour mondiale stava per iniziare e saremmo stati via da casa per parecchi mesi. Non volevo lasciare Becky, non adesso che ci eravamo appena trovati. Ma sapevo che mi avrebbe aspettato e, magari, sarebbe pure potuta venire a trovarmi, quando non fossimo stati troppo lontani da Londra. L’importante era che le facessi chiaramente capire di avere intenzioni serie, e sapevo di potercela fare. Superato lo scoglio del primo bacio, tutto sarebbe stato più semplice.

 

La ‘Serata Coyote Ugly’ si era finalmente conclusa. I ragazzi dell’addio al celibato se n’erano andati, tutti un po’ brilli, ma decisamente soddisfatti, Joey aveva chiuso il locale e io e gli altri ci eravamo fermati per aiutarlo a sistemare, come al solito. Dopo aver riposto l’ennesimo bicchiere sulle mensole dietro al bancone, mi voltai a guardare Craig, impegnato a trasportare all’esterno i fusti vuoti di birra. Aveva insistito per dare una mano anche lui e, alla fine, Joey aveva ceduto.
“Bene, ragazzi. Ormai siamo a posto, potete andarvene a dormire” annunciò il mio amico, iniziando a spegnere le luci. “Grazie di tutto”.
“Figurati” ribattemmo noi, in coro, dopodiché lo salutammo, chi con una pacca sulla spalla, chi con un bacio sulla guancia, e salimmo le scale verso i nostri appartamenti.

Appena entrata in casa, mi buttai sul divano, esclamando “Sono esausta”.
Craig venne a sedersi accanto a me. “Immagino” osservò. “Però sei stata bravissima”.
Mi voltai a guardarlo, sorridendo, e lui mi accarezzò una guancia.
“Credi che ci lasceranno tranquilli?” chiese, ironico.
Annuii, trattenendo a stento una risata. “Nessuno ha più bisogno di me, adesso” spiegai e, avvicinandomi ulteriormente a lui “Sono tutta tua”.
Craig non se lo fece ripetere due volte e, dolcemente, mi prese il viso tra le mani, iniziando a baciarmi, con passione. Chiusi gli occhi, assaporando il momento che aspettavo ormai da mesi, poi mi lasciai trasportare e iniziai a passargli le mani tra i capelli. Pochi istanti dopo, ero sdraiata sul divano, con Craig sopra di me.
“Se sei stanca, possiamo…” azzardò.
“Non pensarci nemmeno” gli intimai, facendolo ridere di gusto.
Il ragazzo si alzò e, sfilandosi la maglietta, mi porse una mano.
“Allora vieni” disse, aiutandomi ad alzarmi dal divano. “Tanto vale metterci comodi, ti pare?”
Io annuii e, con il cuore che mi martellava nel petto, lo seguii in camera da letto.

 

Mi svegliai a causa della luce del sole che filtrava attraverso le tapparelle, e sentii un suono fastidioso accanto al mio orecchio destro. Mi voltai, per cercare di capire cosa fosse, e mi ritrovai davanti lo sguardo divertito di Becky, che accarezzava il suo gatto.
“Era lui che urlava?” domandai, ancora mezzo addormentato.
La ragazza annuì. “Credo abbia fame” spiegò, poi si alzò e, infilandosi una vestaglia azzurra, si avviò verso la cucina.
“Vado a dargli la pappa, altrimenti ci prenderà per sfinimento. Intanto metto su il caffè” annunciò, sorridendo.
Mi rizzai a sedere e, dopo essermi infilato i boxer, accesi il cellulare, che avevo lasciato sul comodino. Immediatamente, comparvero cinque messaggi identici, che mi informavano che Sean aveva provato a chiamarmi. Sospirai. Cosa diavolo voleva? Prima che potessi fare qualsiasi cosa, il telefono iniziò a suonare e sul display comparve il numero del mio amico.
Accettai la chiamata “Pronto”.
“Si può sapere dove diavolo sei?” sbottò Sean, seccato. “Sto provando a rintracciarti da ore”.
“Sono a Londra,” risposi “da Becky”.
Sean rimase un istante in silenzio, probabilmente immagazzinando l’informazione, dopodiché disse “Okay, senti. A quanto pare è previsto uno sciopero aereo, per oggi, e l’unico volo per Glasgow garantito è quello delle 10:30”.
Mi guardai intorno, alla ricerca di un orologio.
“Che ore sono adesso?” domandai.
“Le 9:00” rispose Sean “Quindi sbrigati a venire all’aeroporto”.
Riagganciai, piuttosto seccato. Dannazione. Sapevo di dover partire, ma non credevo di dover fare tutto di corsa. Cercando di organizzarmi, raggruppai i miei vestiti, sparsi qua e là per la stanza, e chiamai il servizio taxi, per farmi mandare una macchina all’indirizzo di Becky. Quando tutto fu sistemato, mi alzai e la raggiunsi in cucina. Non appena si voltò a guardarmi, si accorse che qualcosa non andava.
“Problemi?” chiese, preoccupata.
Scossi la testa. “Non proprio. Solo uno stupido sciopero che mi costringe a correre in aeroporto prima del previsto” spiegai.
Becky sorrise e mi porse una tazza di caffè, che io accettai, ma posai subito sul tavolo.
“Mi dispiace” dissi, prendendole una mano e tirandola a me.
Rebecca scosse la testa. “Non importa. Non potevi prevederlo”.
“Sembra che ci sia una congiura che non ci permette di stare insieme” osservai, facendola sorridere.
“Stanotte siamo stati insieme” mi fece notare lei.
Annuii. “Già. Ed è stato bellissimo”.
Becky arrossì e distolse lo sguardo. Era così tenera quando si imbarazzava per qualcosa. Le presi il viso tra le mani e la baciai.
“Grazie” sussurrai.
“E di cosa?” chiese, sorpresa.
Alzai le spalle. “Di tutto”.
In quel momento sentimmo un clacson provenire dalla strada. Becky si affacciò alla finestra.
“Il tuo taxi è arrivato” annunciò.
Io annuii e presi la valigia, pur controvoglia. Davanti alla porta ci fermammo a guardarci.
“Ti chiamo” promisi.
Becky annuì.
“Fai buon viaggio” mi augurò, dandomi un timido bacio sulle labbra. Non riuscendo a resistere, lasciai cadere a terra la valigia, la presi tra le braccia e la baciai, lasciando libero sfogo a tutta la passione che avevo in corpo. Rebecca si abbandonò completamente tra le mie braccia, e passò le sue dietro alla mia schiena, stringendomi forte. In quel momento, mi ricordai della scatoletta con il ciondolo che le avevo comprato all’aeroporto. Ce l’avevo in tasca e mi dava un certo fastidio. La presi e, prima di scappare di sotto, a prendere il taxi, gliela misi in mano.
“Questa è per te, mia bellissima regina di Marte” spiegai e, dopo averle dato un ultimo bacio, scesi di corsa, con il cuore che scoppiava di gioia e una voglia matta di urlare al mondo che ero innamorato della ragazza più speciale sulla faccia della Terra.

 

Mi richiusi la porta alle spalle e aprii la scatoletta che Craig mi aveva messo in mano poco prima di scappare, restando in contemplazione del bellissimo ciondolo che conteneva. Ripreso possesso delle mie facoltà mentali, lo tirai fuori e me lo agganciai, tenendolo stretto in mano, quasi sperassi di poter sentire la sua presenza. Il suono del campanello mi fece sobbalzare. Aprii e mi trovai davanti Joey, sorridente.
“Voglio tutti i dettagli” sentenziò, entrando e dirigendosi verso la cucina, dove iniziò a trafficare con la macchina del caffè.
Senza protestare, richiusi nuovamente la porta e lo seguii, sedendomi sul tavolo. Il ragazzo mi porse una tazza di caffè appena fatto e mi spronò “Allora?”
“Chiederti di farti gli affari tuoi ti sembrerebbe fuori luogo, vero?” lo canzonai.
Joey mi rivolse uno sguardo scettico. “Se non ne vuoi parlare, va bene. Ma non mi sembra che lui si sia preoccupato troppo di nascondersi, quando ti ha controllato le tonsille con la lingua, sulla porta”.
Strabuzzai gli occhi. “Ci stavi spiando?” sbottai.
“Non sia mai!” rispose lui, offeso. “Avevo sentito il taxi e, supponendo fosse per voi, stavo venendo ad avvertirvi”.
Sospirai e bevvi un sorso di caffè. “Beh, hai visto tutto quello che c’è da sapere, allora” sentenziai.
Joey mi si avvicinò, poco convinto. “Quindi state insieme, adesso?” chiese.
Alzai le spalle. “Suppongo di sì. Non abbiamo avuto il tempo per parlarne” ammisi.
“Beh, ma che ti ha detto? Che ti ama?”.
Scossi la testa. “No, a dire la verità non mi ha detto nulla” confessai.

Joey mi passò un braccio attorno alle spalle e, stringendomi a sé, mi rassicurò “Probabilmente, con il trambusto della partenza, non ne ha avuto modo. Ma sono certo che lo pensa. Vedrai che te lo dirà presto” poi, parlando più a se stesso che a me, aggiunse “Pensa che Philip ci ha messo due mesi a dirmi che si era innamorato di me. Due mesi. Quasi non ci speravo più”.

 

Arrivai in aeroporto appena in tempo e passai tutto il resto della giornata a correre da una parte all’altra, cercando di sistemare le ultime cose prima dell’inizio del tour. Finalmente, alla sera, riuscii a fermarmi un secondo e la prima cosa che feci, fu chiamare Becky.
“Pronto” rispose lei, con la sua voce dolce.
“Ciao” esordii.
“Ehi” salutò lei, riconoscendomi. “Ce l’hai fatta a prendere l’aereo?”
“Per un pelo” spiegai. “Ti è piaciuto il ciondolo?” chiesi.
È bellissimo, Craig. Non dovevi” mi ringraziò.
“Ma figurati” minimizzai.
Parlammo un po’ del più e del meno, le raccontai la mia giornata frenetica e lei mi spiegò di come avesse accompagnato Lizzie a fare shopping. Poi ci salutammo, augurandoci la buonanotte, e le promisi di richiamarla il giorno seguente.
“Ciao, Craig. Sogni d’oro” disse lei.
“Sogni d’oro anche a te, mia bella regina di Marte. Un bacio”.

Riattaccai, sospirando, e mi lasciai cadere sul letto. Avrei tanto voluto dirle che la amavo alla follia, ma non mi sembrava carino confessarle una cosa così importante per telefono. Scossi la testa. Come al solito, mi stavo preoccupando per niente. Fino a ieri, non sapevo nemmeno cosa provasse lei per me, mentre oggi non solo l’avevo baciata, ma avevamo fatto l’amore ed era stato fantastico. Quei quattro mesi di tour sarebbero passati più in fretta di quanto immaginassi e avrei finalmente potuto dirle quanto la amavo.

 

  
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