Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Brume    21/09/2021    4 recensioni
Sono passati parecchi mesi da quel giorno. Dallo strappo.
Molte cose sono accadute; alcune, come la faccenda di Saint Antoine, ha lasciato indelebili ricordi.
Fersen è rientrato in Svezia per ordine del suo Re; Girodelle ha rinunciato, consapevole del sentimento che lega Andrè ed Oscar, a quest’ ultima.
Sono tempi difficili, sia per la Francia che per loro...ed è soprattutto Oscar a sentire il peso di questi eventi, pubblici e privati; un peso che la sta dilaniando , distruggendo. Per questo il giorno seguente al suo compleanno decide di partire per Arras: sa che presto le cose cambieranno, che non avrà più molto tempo così, prima che accada l'irreparabile e che quel nefasto presagio nel suo cuore prenda forma e diventi realtà, decide di prendersi del tempo per sè. Ha bisogno di capire, di parlare, di un abbraccio, di essere sè stessa.
Almeno per qualche giorno.
Almeno per qualche istante.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mille scuse e altrettanti ringraziamenti! 
Entrambi: Fenice64, Tetide, Dorabella, Etienne86, Galla88, Kiara69 , Epices, Valeria78.
Ho letto tutte le vostre preziose recensioni, i vostri punti di vista, ogni singola parola: Grazie! Quando avrò un pò di tempo, giuro che passerò da tutti. 
Grazie di cuore, B.




Cap.3
  Ci vediamo a casa

 

"Comandante! Comandante!"

Una voce concitata unita a forti colpi alla porta riempì l'aria è quel tepore che li vedeva ancora stretti, l'uno all'altra, sotto le colti create dai pesanti mantelli.

Andrè fu il primo ad aprire gli occhi; pallido, balzò in piedi, svegliando inevitabilmente Oscar e  poi si avviò con passi distesi verso la porta, che aprì non senza fatica dopo aver imprecato i santi i quel giorno e di quelli a venire. 

Quando vi riuscì, davanti a sé trovò due dei suoi compagni d' armi che lo squadrarono da capo a piedi.

“Andrè, ci siamo dati ai bagordi? Quante bottiglie hai scolato mentre il Comandante dormiva?” domandò uno di questi. L’ uomo fece finta di niente e sorrise. "Jerome! Bastian!" esclamò poi,  facendoli entrare. 

I visi dei due ragazzi erano rossi, la pelle seccata del vento della notte pareva percorsa da piccole ferite.

"Cosa è  accaduto?" domandò; un gran mal di testa - dovuto a tutto quel trambusto-  si fece sentire con dolorose fitte. I due uomini entrarono, lasciando i cavalli li dove erano. 

"Andrè, dove sta il comandante? Dobbiamo assolutamente parlare con lui" dissero, quasi all ' unisoni.

"...sta...sta arrivando" rispose impacciato lui, sperando che Oscar arrivasse quanto prima e che i due non notassero nulla di strano.

"...è successa una cosa….Alain...Alain non si presenta in caserma da giorni" disse Bastian sottovoce.  " bisogna che tornate subito a Parigi….oh, buongiorno comandante!!!” 

Andrè girò su sè stesso: Oscar stava arrivand in quel momento,  il viso liscio ed i capelli in ordine così come il resto del suo abbigliamento.

"Grazie Andrè per avermi preceduta. Dunque...che è successo ad Alain? " chiese.

Andrè la osservò: era tornata lei, era tornato il comandante fidato ed integerrimo lontano anni luce dalla donna che aveva conoscito la sera prima.

"...Alain non si presenta in caserma da giorni...abbiamo ricevuto disposizioni di raggiungervi e chiedervi di tornare in città " rispose  Bastian.

Oscar guardò Andre.

I suoi occhi parvero chiedergli quasi scusa, per un frazione di secondo la delusione passò attraverso le iridi chiare.

"...Andrè...prepara i cavalli. Dobbiamo partire " disse quindi la donna; senza battere ciglio quindi lui recuperò uno dei mantelli, si sistemò ed uscì seguito fai due compagni.

Oscar rimase quindi sola.

Quel risveglio , un risveglio che nella sua immaginazione avrebbe dovuto regalare ancora qualche tenerezza, fu decisamente brutale; sospirò, si guardò intorno…

Il fuoco, le cui braci sotto la cenere regalavano ancora un pò di caldo, si stava pian piano estinguendo; il vassoio con la cena...il suo mantello…

La donna osservò quella casa. 

I marmi scuri così come il legno dei cassettoni e dei mobili; le scale che portavano al piano superiore, ed al piano basso una serie di locali, la porticina che dava sulle stanze destinare alla servitù….

Sospirò. Lo aveva immaginato diverso, questo  rientro. Sperava di avere ancora un pò di tempo per loro, di rubare ancora qualche prezioso istante e perchè no, parlare del futuro…. pazienza si disse recuperando il suo  mantello e sistemandosi  le vestì. Quando  uscì da quella casa e scese le scale, dove gli altri l' attendevano, si fermò ancora un attimo facendo vagare gli occhi  per raccogliere un pò di questi ricordi. Fu ancora una volta Andrè a riportarla alla realtà.

“Sono pronto, Oscar " disse: era già a cavallo e teneva il suo per le redini. Lei gli sorrise. Bastian e Jerome attendevano poco più avanti.

"Arrivo" rispose lei, avvicinandosi e salendo in sella.

Andrè la guardò, senza  dire nulla.

 Solo un lungo sguardo passò tra quegli occhi, un lungo silenzio ne seguì.

 L'indecisione,la voglia di condurre le bestie in una direzione contraria era forte. Dovette combattere non poco in quelle frazioni di secondo per non mandare il suo mondo e la sua vita all’ aria...si, forse lo avrebbe fatto.

Ma non ora. 

Non è ancora tempo, pensò. 

Fu così’ che, in tutta fretta, si chiuse non solo la porta della magione ma pure quella parentesi che molto a loro aveva regalato; troppo in fretta e  senza nemmeno avere il tempo di realizzare cosa fosse accaduto in quei due giorni fuori dal mondo Oscar e Andrè rientrano nei rispettivi ranghi. Certo: ciò che era accaduto era  l’ inizio di un qualcosa che solo il tempo avrebbe spiegato, molte cose sarebbero accadute ancora. La consapevolezza di essere legati e di un sentimento che andasse oltre la ragione, diritto al cuore, li avrebbe accompagnati per il resto dei loro giorni.

“Qualcuno sa... cosa potrebbe essere successo?” domandò la donna, dopo due ore buone di cammino silenzioso e di continuo rimuginare; si erano fermati per sistemare una cinghia della sella di Andrè che si era allentata e ne avevano approfittato per fare quella che con tutta probabilità sarebbe stata l'unica sosta della giornata.

Bastian si fece avanti. I suoi occhietti vispi che tradivano la giovanissima età si fecero accesi.

“De Soisson si è assentato una decina di  giorni fa, questo credo lo sappiate. Sua sorella Diane doveva sposarsi” disse, battendo i piedi per il freddo nonostante quella giornata appena iniziata fosse, a dispetto delle precedenti, completamente libera di nubi e con un sole caldo in cielo.

Oscar guardò Andrè.

“Si, lo sapevo ” rispose Oscar. I suoi piedi disegnavano cerchi nella neve che si stava ghiacciando.Bastian attese che finisse la frase e che gli rivolgesse lo sguardo. Quando avvenne, riprese a parlare. 

“Avrebbe dovuto rientrare l’altro ieri e fin qui...nulla di strano; alcune voci tuttavia dicono sia potuto succedere qualcosa” disse il ragazzo.

“...Che...che cosa, esattamente?” intervenne Andrè, molto preoccupato per l’ amico, facendosi più vicino a Bastian.

“Sai come è la gente...sai come siamo noi popolani" disse sorridendo" ci divertiamo a fare gli affari degli altri e le voci!.... Ecco,  mia sorella lavora al forno con  una ragazza,  la cui cugina vive nello stesso palazzo di Alain, e chi vive lì dice sia accaduto qualcosa. Dicono che Diane non si sia sposata e che la famiglia, da quel giorno, non esca più di casa. Potrebbe essere fuggito, potrebbe essere accaduta una disgrazia” intervenne Jerome.

Oscar alzò gli occhi al cielo. 

"...e voi mi siete venuti a chiamare per un pettegolezzo? Non potevate mandare qualcuno?" rispose quasi scocciata. Bastian e Jerome si fecero da parte. 

Oscar osservò la splendida distesa bianco che all'orizzonte andava a fondersi con un blu ceruleo  limpido come non mai; osservò alberi e cespugli sparuti che facevano capolino qui e la. 

Davvero  quei due ragazzi erano giunti fin lì per un pettegolezzo? 

Pensò che avrebbe voluto iniziare diversamente quella giornata, magari tra le braccia di Andrè: tra i suoi pensieri comparvero, quindi, le immagini di ciò che tra loro era accaduto. Il loro primo bacio, il suo primo bacio; le risate, gli abbracci, quelle carezze sul suo viso. Lei che avrebbe voluto donarsi completamente ma che alla fine non ne aveva avuto il coraggio, il viso di Andrè che sorrideva dolcemente dicendole che l’ avrebbe attesa….

“Oscar….Oscar!”  la chiamò Andrè, quasi sottovoce, per farla tornare alla realtà "magari è accaduto seriamente qualcosa!c”

“...Ci sono Andrè, ci sono...non alzate la voce. In ogni caso..si, potrebbe. Alain non è tipo da fuga o strani scherzi….” rispose la donna. 

“Comandante...cosa...cosa facciamo ora?” domandò Bastian.

Oscar risalì in sella.

“ Andiamo a Parigi: che altro vuoi fare?  Voi rientrerete in caserma, io e Andrè passeremo da Alain” disse. 

 

Oscar e Andrè si lanciarono uno sguardo complice e, un pò delusi ed un pò rassegnati, ripreso la via verso casa. Sarebbe stato troppo bello, restare ancora li, fuori dal mondo pensò la donna mentre l’ aria gelida percorreva il suo volto. La stessa cosa balendò nella testa di Andrè.

Si...Sarebbe davvero stato magnifico, riuscire a restare ancora quel giorno in quella casa, parlando di loro, del loro destino, del loro domani.

Andrè...anche lui era distante, immerso nei suo pensieri; di tanto in tanto, cavalcando accanto a lei, i loro sguardi continuarono ad  incrociarsi  un pò per caso, un pò volutamente. Più di tanto non potevano fare, non potevano osare.  

“Andrè...quando arriveremo in caserma vorrei tu venissi nel mio ufficio… “ disse lei approfittando di un momentaneo allontanamente fisiologico dei due uomini che li accompagnavano.

“Va bene, Oscar” rispose tenendo lo sguardo verso e con il cuore in subbuglio. Lei notò la cosa.

“C’è qualcosa che non va? Sei strano. Non mi guardi….” ammise lei ed 

Andrè sorrise, forzatamente.

“Sto solo pensando a noi….a come sarà...dopo tutti i nostri discorsi” rispose.

Oscar abbassò lo sguardo. 

Avvicinò il cavallo di qualche passo, allungò la mano verso quella dell’ uomo.

“Sarà come deve essere, Andrè. Io non ritiro e nemmeno ritratto le mie parole. Cercherò...cercheremo di fare del nostro meglio...n’est pas?” rispose. 

“Certo, Oscar… sono solo preoccupato…” disse lui.

“E di cosa?” chiese lei, sorpresa. Certo, lo era anche lei: sarebbe obiettivamente complicato gestire qualsiasi cosa si fosse evoluto tra loro,ma ce l'avrebbero fatta.

“Faremo come abbiamo sempre fatto, Andrè. Io...devo ancora decidere molte cose; ormai...ne sento l’ esigenza, vorrei davvero riflettere...su ciò che ti ho detto. Sulla mia vita” rispose.

Le mani di Andrè strinsero forte quelle di Oscar, per poi lasciarle giusto un attimo prima che arrivassero Bastian e Jerome.

“Dai..andiamo. Non vedo l’ ora di potermi fare un bel bagno” disse Andrè alzando il bavero del mantello e attendendo che i due risalissero a cavallo.



 

Quando arrivarono a Parigi, distrutti dal viaggio, era ormai notte. 

La città  li accolse con un frotta di ubriachi che tagliò loro il passaggio, urlando frasi sconnesse contro il Re e la Regina ed ovunque, in ogni angolo, erano riversi uomini, donne, bambini: appoggiati ai muri dei grandi palazzi  queste figure quasi trasparenti, magre e smunte, dormivano un sonno profondo o così preferì pensare Oscar. Alcuni erano talmente magri che si poteva contare loro le ossa e i lineamenti del viso parevano quelli di un teschio; i topi, con il loro sguardo maligno, attendevano che l’ odore della morte li raggiungesse per poter iniziare il loro banchetto.

“Non ti sei ancora abituata, eh?” disse Andrè con voce bassa, triste. 

Oscarsi girò in direzione dell’ uomo.  

Era pallida, gli occhi fuori dalle orbite.

Andrè la fissava con occhi tristi. 

“...Come potrei farlo? Come potrei accettare queste cose? Come...come siamo arrivati a questo? ” chiese al contempo  ascoltando l’ incedere lento dei cavalli e le voci che si alzavano da case e taverne.

“Da molto, molto tempo. Ricordi quel discorso che ti feci, appena arrivata la tua Regina? Davanti agli sperperi, dopo aver visto l’ ennesimo vestito di seta passare sotto le sue mani, aspettai di uscire e poi ti dissi che ci avrebbe mandato alla rovina.”

La voce di Andrè era sera. Il suo sguardo, malinconico. 

Oscar abbasso la testa e sfiorò il crine del cavallo con la mano guantata.

“Si, lo ricordo. Molto bene. Ricordo anche che feci finta di nulla: Fersen era appena partito….”

A sentire quel nome Andrè parve quasi incupirsi; sperò che lei non lo stesse osservando e attese, prima di risponderle. Non voleva essere troppo duro.

“...Forse, avesse avuto vicino qualcuno con più testa…non sarmmo arrivati qui” disse. Poi, all’ improvviso,  fermò il cavallo; erano quasi arrivati.

Scese, lo legò ad alcuni anelli che trovò nel muro delle abitazioni alla sua destra e si guardò ancora una volta in giro.  Una serie di palazzi, più o meno della stessa altezza, si stagliavano contro il cielo. Tutti avevano visto tempi migliori.

“..E’ qui vicino , credo sia quello laggiù “ disse indicando un portone semi- divelto.”  Dammi il tuo cavallo, ci penso io” 

Oscar tergiversò un attimo. Il suo sguardo andò a posarsi su alcune vetrine i cui vetri erano andati in frantumi, dalle quali una frotta di persone faceva man bassa di pane; dopo di chè, scese da cavallo. e di aggiustò gli abiti guardandosi intorno  mentre che Andrè sistemava i cavalli.

Il suo sguardo, lo sguardo di una donna improvvisamente consapevole di un amore, osservò i dintorni, le case in decadenza. Ascoltò le voci, le urla ed i pianti dei bambini che arrivavano un pò da tutte le parti. Quella realtà che non aveva mai e poi mai voluto ammettere le comparve davanti agli occhi sottoforma di dolore.

Perchè? Lei...è così bella, gentile...perchè la mia Regina ha ridotto il popolo alla fame? Perchè sta succedendo questo?  si chiese mentre le lacrime riempirono gli occhi.

Perchè è tutto così...perchè..perchè proprio ora la vita mi pone davanti tutto ciò, perchè? 

Il suo Andrè, silenzioso, la raggiunse.

“....Oscar, è meglio andare. Dobbiamo anche rientrare in caserma,è davvero tardi e siamo stanchi” disse Andrè, porgendogli la mano: in quell'istante non indossava ancora divisa,  rimasta a casa, a palazzo. 

Lei era...anzi, loro non erano altro che due semplici persone. 

Un uomo e una donna.

Oscar ricacciò indietro le lacrime e prese la mano di Andrè.

Insieme entrarono nel palazzo di Rue des Fours . Dovevano raggiungere l’ utlima porta. 

Come aprirono la porta, in un angolo, nello spazio angusto e lercio  accanto la scala di legno che alla loro destra inziava a salire  era disteso un uomo ed accanto a lui alcune bottiglie; un piccolo cane dormiva ai suoi piedi. Subito un odore forte, acre, giunse alle loro narici. Entrambi presero i fazzoletti e li portarono al naso, prendendo le scale e tappandosi il naso.Molte persone, udendo i loro passi, si affacciarono e presto su ogni pianerottolo una madre, un uomo o un vecchio fecero la loro comparsa. 

“State cercando i Soisson? Sono all’ ultimo piano. Per fortuna siete arrivati: a nessuno di noi hanno risposto, e dal loro apartmento giunge una puzza insopportabile, come potete sentire” disse una di queste figure, una vecchia tutta rattrappita che spuntava a malapena dalla porta.

Andrè ed Oscar si guardarono, spalancando gli occhi: un triste presagio li avvolse. Meno di cinque minuti dopo, entrarono nella soffitta e ciò che videro e sentirono li avrebbe accompagnati per il resto dei loro giorni.

 

La madre di Andrè, una donna che avrà avuto a malapena quarantacinque anni, sedeva composta su una sedia, il capo chino  coperto da un fazzoletto. Fissava un punto non ben precisato delle proprie ginocchia, coperte da una gonna lisa e sporca; uno scialle copriva invece il corpetto e le spalle della signora.

Andrè si avvicinò, inginocchiandosi , per potere scorgere il suo sguardo; nell’ appartamento la puzza di….morte era tangibile. 

“Madame….Stiamo cercando Alain: dove si trova?” domandò con voce tremante.

Attese: nulla. 

Non un alito.

Ripetè la domanda un paio di volte. 

La risposta fu sempre il silenzio.

Oscar, in piedi accanto a lui, cercava intanto di capire da dove provenisse quell’ odore; ad aiutarla arrivò la donna, che alzò  improvvisamente lentamente il braccio, con il dito ossuto ad indicare  una tenda.

Andrè si alzò in fretta, urtando la il tavolo alla sua sinistra;  corse subito in quella direzione, aprì la tenda: Alain stava li, in ginocchio, accanto al corpo della sorella ormai in decomposizione.

“Alain...Alain, alzati!” disse Andrè afferrandolo per le spalle , senza guardare il corpo gonfio e sformato e le mosche che lo circondavano. Alain non emise nemmeno una voce e André tutta risposta ricevette una spinta che a momenti lo buttò a terra.

“Lasciami stare. Vai via” disse rabbioso l’ amico.
Il suo viso parve una maschera, deformato dal dolore, dalla barba sfatta.

Andrè non lo volle ascoltare e tentò di avvicinarsi ancora una volta...ed anche questa volta venne fermato. In quella stanza maleodorante e fissando la scenda, Oscar si rese per la prima volta cosa significasse morte e dolore. Piano piano arretrò, quasi presa da una sensazione di panico, andando ad inciampare contro una trave del pavimento, sollevata, e finendo ruzzoloni.

Andrè rivolse subito lo sguardo alla donna.

“Non è nulla. Cerchiamo di portare Alain fuori di qui” disse lei sottovoce. Era pallida. Tremendamente pallida.

Andrè rimase dunque vicino all’ amico; bisbigliando parole alle sue orecche e abbracciando le grandi e possenti spalle, dopo una ventina di minuti riuscì a farsi guardare in faccia.

Andrè tirò un sospiro di sollievo.

Abbracciò Alain,  lo portò via da quella scena.

 Cercò ancora di parlare con la madre, ricaduta nello stato catatonico in cui

 l'avevano trovata;  insieme ad Oscar, alla sua Oscar, dopo una mezzora varcarono le scale di quella casa e la lenta processione scese le scalesotto lo sguardo stanco e pietoso degli ultimi curiosi rimasti che, ad ogni passaggio, muovevano le mani facendo il segno della croce. 



 

Quando rientrarono in caserma, ormai faceva l’ alba. 

Da più di ventiquattro ore non dormivano nè mangiavano ed i loro corpi reclamavano riposo ed il loro stomaco cibo che non sarebbero riusciti comunque a deglutire; fu un rientro mesto, di tanto in tanto interrotto dal vociare della popolazione che ancora possedeva un lavoro ed era per la strada , pronti ad affrontare un nuovo giorno.

“...Vai a riposare, Andrè. Controllerò i turni e vedrò di ricavare una serata libera, di modo che si possa rientrare a casa, magari domani” disse con voce fioca.

“Tu come stai? Cosa farai ora?” chiese.

Lei alzò  lo sguardo stanco dal selciato della piazza d’ Armi. Alcuni soldati della brigata passarono loro accanto mentre altri uscivano per il turno di guardia.

“Ora andrò nei miei alloggi, mi darò una rinfrescata. Oggi non dovrebbero esservi grandi cose...chiederò a D’ Agout, in ogni caso” rispose  guardandolo negli occhi.

Andrè sorrise e, approfittando del fatto che non ci fosse nessuno, la trascinò con sè dietro una delle colonne. L’ abbracciò forte , la baciò; poi posò la fronte su quella dell’ amata.

“Ci vediamo a casa, allora, una di queste sere” rispose tuttavia sereno.

“Si, Andrè. Ci vediamo a casa” rispose lei, avviandosi a malincuore verso il suo lavoro ma con il cuore che batteva a mille, tenendosi strette quelle quattro semplici parole: Ci vediamo a casa.
   
 
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