NdA: stavo spulciando tra vecchie storie più o meno incomplete quando ho ritrovato questo pezzo vecchio di un anno (che doveva, per l’appunto, essere l’inizio di una fic). Poi l’ho riletto e ho pensato che in realtà non era necessario continuarlo. Non tutte le storie raggiungono una fine, non tutti gli amori finiscono bene e sì, a volte scopri che il ragazzo che ti piaceva al liceo ha preso un cane e ti dici, be’, davvero non era destino che funzionasse - a volte basta davvero poco per superare certe cose. Però poi ho pensato che proiettare tutto su Yaku e Kuroo, che hanno una relazione basata sugli opposti e a cui canonicamente piacciono gatti e cani, sarebbe stato divertente. 

(Vagamente spoiler per chi non avesse finito il manga!)

Buona lettura!

Il punto

(ma forse è meglio così)

«Il punto è-», inizia. Yaku è appena atterrato a Tokyo. Stavolta è venuto a prenderlo Kuroo, nessun altro poteva. Traditori. Yaku ha affrontato un lungo viaggio, è stanco e ha avuto troppo tempo per pensare. A Kuroo. Al fatto che sarebbe andato lui a prenderlo all'aeroporto. E sarebbero stati costretti a restare da soli per la prima volta dopo anni. Yaku ha affrontato un lungo viaggio, ha avuto troppo tempo per pensare e adesso ha troppe cose da dire. E farebbe meglio a restare zitto, davvero, perché sente – è innegabile che ci sia – una terribile tensione che minaccia di spezzarsi in qualunque momento. Tanto vale farla a pezzi. Yaku ha avuto troppo tempo per pensare. «-che a te piacciono i cani. I cani. A Ekaterinburg ho sei gatti. Sei. Come ho pensato che avrebbe potuto funzionare?»

In realtà questa è una domanda retorica, perché tra di loro non c’è mai stato niente, quindi non ha mai dovuto funzionare niente, ma quel niente aveva finito con l’inghiottirlo e il rimorso non faceva che dargli fastidio. Meglio buttare fuori certe cose che tenersele dentro. Kuroo ha riso. No, non l’ha visto, perché sta ostinatamente fissando il paesaggio che diventa più familiare ogni secondo che passa. Anche la risata Kuroo, un latrato impossibile da ignorare, è disgustosamente familiare. Ecco. Kuroo non ride. Latra. Come i cani. Gli piacciono tanto i cani. Il che è incredibilmente ironico, perché duranti gli anni del liceo loro erano i gatti. Non cani. Gatti. A Yaku sono sempre piaciuti i gatti. E gli mancano, adesso, i suoi gatti. Preferirebbe essere in Russia con loro. I suoi gatti non si mettono a ridere mentre riflette ad alta voce sui suoi sentimenti per Kuroo. Kuroo sì. Lo odia per questo.

«Non sono sicuro che quello sia il punto, Yakkun.»

Oh, invece sì che lo è. A Kuroo non piacciono i gatti. E non gli piace nemmeno Yaku. Gliel’ha detto dopo la sua disastrosa, affrettata confessione. Due giorni prima di partire. Se si concentra, riesce ancora a ricordare il tono agrodolce con cui gli ha detto ti voglio bene, Yakkun, però non mi piaci. Però i cani sì. Due mesi fa Kuroo ha preso un cane. Adesso è piccolo, stupido, peloso, ma nei prossimi anni diventerà una bestia bavosa. Anche Kenma lo odia, ma nessuno è riuscito a dissuaderlo. Quindi Yaku no. Ma il cane sì. Il primo gatto Yaku lo ha adottato due giorni dopo essere arrivato in Russia: gironzolava vicino alla sua palestra e lo ha seguito finché non si è convinto a portarlo a casa - sua madre non gli ha mai permesso di avere gatti, prima. Ma adesso è da solo, in una città sconosciuta, in una terra straniera, con la consapevolezza che tutto l’amore che ha provato per Kuroo non è bastato affinché lo ricambiasse. Ma forse è meglio così. A Kuroo piacciono i cani.