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Autore: sissi149    23/09/2021    4 recensioni
Yayoi Aoba deve vedersi a cena con una coppia di amici di vecchia data, mentre Jun Misugi deve incontrare un amico in uno dei ristoranti più raffinati di Tokyo. Tutto sembra ben organizzato, cosa potrebbe andare male in queste due serate?
[spin off de L’incognita del primo incontro: 100 metodi risolutivi, drabble 9. Non è necessaria la lettura, poiché la drabble è rielaborata ed incorporata nel testo.]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jun Misugi/Julian Ross, Nuovo personaggio, Yayoi Aoba/Amy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nelle settimane passate, in qualche modo, tra lezioni, allenamenti, amici e lavoro, Yayoi e Jun erano riusciti a pranzare finalmente insieme, trascorrendo piacevolmente il tempo.
Soprattutto, avevano continuato a sentirsi in maniera continua: la chat occupava ormai diverse schermate dei loro cellulari in cui parlavano delle più disparate cose. Durante quelle conversazioni a Yayoi sembrava di stare su una nuvoletta rosa e che il resto del mondo non esistesse. Nell’ultimo messaggio Jun le aveva detto di aver terminato il libro preso in prestito e che sarebbe passato a restituirlo in giornata.
La bibliotecaria guardò l’orologio un poco delusa: mancavano due minuti alla fine del suo turno e di Misugi non si era vista nemmeno l’ombra. Fece mente locale ed era assolutamente certa di averlo avvisato che quel giorno avrebbe lasciato la biblioteca in anticipo.
Mise la borsa in spalla e salutò la collega che la sostituiva.
“Hey! Stai già andando via?”
Misugi era arrivato alle sue spalle, di nuovo.
“Comincio a pensare che quello di arrivare di soppiatto sia un vizio. Ti avevo detto che oggi avrei finito prima.”
L’uomo annuì.
“Pensavo di fare in tempo a restituire questo. – le fece vedere il volume – Lo lascio alla tua collega e arrivo.”
Si avvicinò alla postazione di restituzione e sbrigò in fretta la pratica.
Yayoi lo aspettava vicino alla porta della stanza con impazienza. Non poteva biasimarla, avrebbe anche potuto arrivare qualche minuto in anticipo, se non avesse perso un sacco di tempo a trovare un parcheggio.
Era la prima volta che la vedeva con i capelli sciolti e dovette ammettere che gli piacevano particolarmente così. Deglutì a vuoto.
“Hai avuto tutta la giornata, dovevi arrivare all’ultimo minuto? – lo redarguì Aoba – O non volevi incrociarmi?”
“Spero tu stia scherzando! – borbottò Jun mentre attraversavano la prima sala verso l’uscita – Ho il pomeriggio libero ed ho pensato di venire per l’ora in cui uscivi, così potevamo andare da qualche parte. Sempre che ti vada.”
Yayoi ammorbidì l’espressione.
“Certo che mi va. Devo solo accompagnare le mie sorelle a casa da scuola, poi sono libera.”
Il calciatore aprì la porta a vetri che dava sulla scalinata e si scostò per lasciarla passare per prima, in un gesto che era abituato a fare.
“Grazie. Di solito da qui vado con il bus urbano.”
“Se vuoi ho l’auto, è un po’ lontana.”
“Tanto abbiamo tempo.”
Si incamminarono con passo tranquillo. La temperatura era ormai decisamente primaverile, la passeggiata era piacevole anche senza giacca o spolverino.
Jun cercava di mantenere un basso profilo, sperando non ci fossero in zona fotografi che potessero riconoscerlo e scattargli delle foto a tradimento. Una volta salito in macchina si sentì più rilassato.
“Ti mostro la strada.”
Aoba gli indicò con sicurezza le vie da percorrere finché non arrivarono davanti ad una scuola elementare, lasciando Misugi a bocca aperta.
“Le tue sorelle sono molto più piccole di te.” Gli scappò ad alta voce.
La bibliotecaria si voltò verso di lui:
“E tu stai morendo dalla voglia di sapere tutta la storia.”
L’uomo provò un piccolo moto di vergogna per non essersi saputo trattenere, sapeva da qualcosa che lei si era fatta sfuggire che la storia familiare di Yayoi non fosse del tutto lineare.
“Non sei tenuta a dirmelo, sono questioni private.”
Aoba gli sorrise, senza biasimo negli occhi.
“Se non avessi voluto parlartene, non ti avrei lasciato accompagnarmi qui.”
Guardò per un istante fuori dal finestrino e prese un lungo respiro prima di iniziare:
“La mia mamma si è ammalata ed è morta quando avevo otto anni. Alcuni anni dopo papà ha conosciuto un’altra donna, si è risposato e poi sono nate le bambine: una fa la terza elementare e la più piccola la prima.”
Jun rimase in silenzio, non sapendo bene cosa rispondere. Yayoi diede una passata con le mani alla gonna.
“Non è stato facile all’inizio, ma ora siamo felici: la mia matrigna è una donna straordinaria e le mie sorelle sono adorabili.”
I bambini cominciarono ad uscire da scuola, così la donna aprì la portiera.
“Aspettami qui, è meglio. La casa dei miei è a cinque minuti a piedi da qui. Prometto di fare presto.”
“Sarà meglio, o troverai un povero scheletro deperito al mio posto.”
Yayoi fece una linguaccia, poi si allontanò.
Misugi la osservò salutare allegramente le bambine, prenderle per mano e avviarsi insieme a loro.
Sospirò per l’ennesima qualità che aveva scoperto in Aoba: la vita non era stata tenera nemmeno con lei, eppure da quando la conosceva, l’aveva sempre trovata sorridente o con una battuta durante le loro chat, aveva una grande forza d’animo.
Quando la portiera si riaprì, Jun sobbalzò, talmente era assorto nei propri pensieri.
“Eri perso con gli angeli?”
“Spiritosa! Hai fatto presto.”
“Te l’avevo detto. Dove si va di bello?” Chiese allacciandosi la cintura, aveva veramente voglia di passare del tempo con lui, di poter chiacchierare senza accorgersi delle ore che passavano, come era successo la sera in cui si erano conosciuti.
Il calciatore mise in moto la macchina e si immise nel traffico.
“Se non ti dispiace, eviterei posti aperti o troppo alla moda: in questo periodo i paparazzi sono un po’ fissati con i calciatori. Non amo finire sui giornali quando faccio cose normali.”
Aoba si tormentò una ciocca di capelli.
“L’altra faccia della popolarità. Immagino non sia facile da gestire.”
“Con noi della Generazione d’oro vanno ad ondate: alcune stagioni ce li troviamo appostati sotto casa, in altre non ci seguono più di tanto. Ovviamente ora siamo in piena caccia al calciatore.”
Yayoi scoppiò a ridere:
“Mi sto immaginando un tizio con giacca da safari e fucile che vi insegue.”
Anche il calciatore cominciò a ridacchiare: gli piaceva un sacco quando se ne usciva così, trovando il lato buffo in qualcosa.
“In ogni caso anche a me non dispiacerebbe un posto tranquillo per oggi: in biblioteca, quasi sapessero che avrei fatto orario ridotto, sono arrivati tutti quelli che di solito fanno impazzire a trovare i libri.”
“Hai voluto saltare tre  ore di lavoro? – La punzecchiò – Ti piacciono gli acquari?”
Yayoi annuì, anche se sperava in un posto meno affollato: vero che difficilmente avrebbero trovato giornalisti tra le vasche, ma ci sarebbe stata così tanta gente…
Parcheggiarono vicino all’ingresso dei dipendenti dello Shinigawa Aquarium.
“Hey, non è il giorno di chiusura di questo?”
Jun spense il motore dell’auto.
“Sì, ma un mio vecchio compagno di scuola lavora qui e ogni tanto mi fa entrare lo stesso. Gli faccio uno squillo per dirgli che ci siamo.”
Non dovettero aspettare molto, nel giro di pochi minuti l’amico di Misugi venne ad aprire.
“Jun!”
“Kozo!”
I due si abbracciarono con affetto, la loro era un’amicizia piuttosto stretta.
“La galleria è libera?”
“Sì, gli addetti alla pulizia degli ambienti hanno finito dappertutto e io sono già passato lassù a dare da mangiare.”
“Perfetto!”
“Jun – l’amico lo richiamò – hai solo un’ora. Finisco con le vasche tropicali e poi devo installare gli allarmi e chiudere.”
Il calciatore sollevò un pollice a mostrare di aver compreso, si sarebbe fatto bastare il tempo che Kozo gli concedeva. Poi guidò Yayoi attraverso i corridoi che conosceva alla perfezione, popolati di acquari pieni di pesci provenienti da ogni parte del mondo, fino a raggiungere quella che lui chiamava galleria: un tunnel costruito in modo da attraversare le vasche e dare la sensazione di trovarsi sott’acqua, con gli animali che nuotavano non solo ai lati, ma anche sopra la testa dei visitatori.
“È stupendo!” Esclamò Aoba, perdendosi ad osservare i delfini che nuotavano e roteavano. La vista toglieva davvero il fiato.
“Speravo ti sarebbe piaciuto, io lo adoro.”
Jun appoggiò una mano su un vetro e dopo qualche istante un delfino si avvicinò ed agitò una pinna, come se stesse salutando, come se l’avesse riconosciuto.
“Questo è Momo! – lo presentò a Yayoi – È il primo delfino che è stato portato in questa galleria, si può dire che ormai si sia abituato a vedermi passare di qui.”
“Non sei qualcuno che un delfino potrebbe dimenticare tanto facilmente.” Rispose  maliziosa.
Misugi si voltò ed appoggiò le mani sui fianchi:
“Mi stai prendendo in giro?”
“Nooooo.” Assicurò la ragazza, con tono tutt’altro che convincente.
Fece ancora pochi passi ed iniziò a canticchiare:
Le alghe del tuo vicino
Ti sembran più verdi sai
“Che canzone stai cantando?” Domandò il calciatore perplesso.
Yayoi si voltò ed allargò le braccia:
“Non la conosci? È quello che canterebbero le mie sorelle in un posto del genere: una delle canzoni de La Sirenetta!”
“Sono passati anni dall’ultima volta che l’ho visto!” Ribatté Jun, i suoi dvd dei film Disney erano finiti in uno scatolone in soffitta da molto tempo.
“Male!
Vorresti andar sulla terra,
non sai che gran sbaglio fai.”
“E siamo in diretta dal karaoke dell’acquario.”
Aoba incrociò le braccia, piccata per essere stata interrotta.
“Sai che non sei credibile da arrabbiata?”
La donna sciolse le braccia e le lasciò andare lungo i fianchi.
“Pensa, fino a poco tempo fa la più piccola delle mie sorelle era convinta che io fossi Ariel! Una volta l’ho pure trovata nella mia vecchia camera che cercava il nascondiglio del granchio Sebastian.”
Misugi scoppiò a ridere talmente forte che dovette tenersi la pancia, mentre buona parte dei delfini lo guardava con fare interrogativo.
“Insomma, non ci si annoiava mai a casa tua.”
“Esattamente.”
“E come mai era convinta di questo?”
“Per questi! – Aoba prese una grossa ciocca di capelli e la agitò – Le uniche due persone che aveva mai visto con i capelli rossi eravamo io e la sirenetta. Quindi ha fatto due più due secondo la logica che solo i bambini hanno.”
L’uomo dovette ammettere che quello della piccola Aoba non era un ragionamento del tutto fallace.
“Più avanti c’è un altro tunnel come questo, con le tartarughe.”
Yayoi non se lo fece ripetere e cominciò ad avviarsi.
Osservandola allontanarsi aggraziata, con la gonna a pieghe che frusciava, avvolta dai delfini che nuotavano, Jun non trovò difficile pensare di poterla scambiare per una sirena.
Sentì la gola farsi secca, cominciando a temere che forse un’ora non gli sarebbe stata sufficiente.
La bibliotecaria raggiunse la sala successiva e rimase a bocca aperta nell’osservare le varie testuggini, alcune raggiungevano dimensioni notevoli.
“Chissà quanti anni avranno queste.”
“Non ne ho idea, proverò a chiedere a Kozo la prossima volta che lo vedo.”
Aoba era affascinata dai movimenti delle tartarughe, ancora più che dai delfini. Il posto aveva attorno a sé un aura quasi di magia, Misugi aveva calato proprio un bell’asso dalla manica con l’acquario.
All’improvviso un pensiero spiacevole le attraversò la mente. Cercò di fare una battuta, tentando di mostrarsi ironica, per non dargli troppo peso.
“Porti sempre qui le ragazze per fare colpo?”
“No.” La risposta era stata secca, tagliente.
Yayoi si appoggiò con la schiena contro la vetrata, dietro di lei una tartaruga si spaventò e di colpo si richiuse nel guscio.
Si sentiva divisa a metà: da una parte era felice di non essere all’interno di uno schema collaudato di conquista, dall’altra quel “no” così diretto la faceva dubitare di essere mai stata presa in considerazione, di non aver capito nulla delle ultime settimane. Le fece male, più di quanto avrebbe immaginato.
Jun le si affiancò alla sinistra, appoggiandosi a sua volta al vetro, era più facile raccontare quello che voleva che capisse senza doverla guardare in faccia.
“Di solito non porto nessuno qui. Ci vengo quando ho bisogno di restare solo e riflettere. L’acqua ed i pesci hanno un effetto tranquillizzante su di me. È un po’ il mio rifugio segreto.”
E lo stava mostrando a lei, forse non si era sbagliata.
La mano del calciatore sfiorò la sua: una scossa le corse lungo la schiena, mentre il cuore cominciò a martellarle nel petto.
Jun mise il proprio palmo contro quello della ragazza ed intrecciò le dita con le sue, chiudendole poi. Era azzardato, ma era il momento di fare una mossa, se aspettava ancora avrebbe perso l’occasione, ne era certo. Sentì le dita di Yayoi chiudersi a loro volta, ad accettare la sua richiesta muta. Il cuore gli mancò un battito, ma non se ne preoccupò, in quel momento andava bene così.
Restarono per un po’ immobili, senza parlare, a godersi la dichiarazione silenziosa ed a lasciarsi invadere da un nuovo benessere e dalla consapevolezza che entrambi provavano lo stesso sentimento.
Quando fu pronto a lasciare quella piccola bolla di sicurezza, Misugi si mise di fronte a lei ed appoggiò le labbra sulle sue, delicatamente.
“Sai di buono, sai di…”
“Ciliegia. È il mio lucidalabbra.” Sussurrò Yayoi, riaprendo gli occhi che nel frattempo aveva chiuso per gustarsi meglio il bacio.
“Ariel non dovrebbe aver perso la voce quando è diventata umana?” Chiese Jun con una punta di malizia.
“Se vuoi che non parli più, baciami ancora.” Lo provocò, incrociando le mani dietro il suo collo.
Le loro labbra si incontrarono una, due, tre, dieci, infinite volte, come se non dovessero smettere mai di trovarsi, mentre le tartarughe volteggiavano intorno a loro.






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E ce l'hanno fatta! Si sono baciati!
Nella mie intenzioni la faccenda si sarebbe chiusa qui, una mini storiellina su come è nata la relazione tra questi due in questo lato del multiverso, MA Ewan ci ha messo lo zampino, per cui settimana prossima avremo l''ultimo appuntamento con un capitolo extra.
  
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