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Autore: My Pride    24/09/2021    2 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Scars of the past Titolo: Scars of the past
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 1508 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Jonathan Samuel Kent, Damian Bruce Wayne

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Malinconico

Avvertimenti: What if?, Slash
Solo i fiori sanno: 9. Crisantemo: vita
Writeptember: 1. Il passato ritorna || 3. Missing Moment
Quella volta in cui: "Mi dispiace, non lo sapevo. Mi aveva(no) detto che ormai era acqua passata"


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Jon fece scivolare un dito lungo la spalla destra di Damian, percorrendo con la punta del polpastrello la cicatrice che ne percorreva la pelle centimetro dopo centimetro. Lo sentì rabbrividire inconsciamente sotto il suo tocco, ma non venne scacciato mentre scivolava finalmente verso il petto.
    Prima ancora che stessero insieme, aveva avuto svariate volte l'occasione di vedere tutti i segni sul suo corpo, eppure finiva con l'averne sempre di nuovi e lui si ritrovava a memorizzarli di nuovo, carezza dopo carezza. Alcune volte le cicatrici si incrociavano le une alle altre, in sottili filamenti pallidi che sembravano incisi nella pelle, e Jon non poteva fare a meno di corrugare la fronte con aria corrucciata. Nonostante sapesse che da parte sua sarebbe stato ipocrita dirgli di non mettersi in pericolo, non poteva di certo smetterla di essere in pena per lui quando si impelagava in missioni in cui non poteva raggiungerlo. Ancor meno poteva evitare di preoccuparsi per la sua incolumità, che fossero degli eroi o meno. E tutte le cicatrici che aveva erano la prova tangibile di quanto avesse dovuto subire sin da bambino.
    Braccia, gambe e schiena erano percorse da un reticolo di linee pallide e sottili, alcune sembravano persino cicatrici di fori di proiettile, e di tanto in tanto, quando toccava i segni sulla sua pelle, finiva sempre col chiedergli quando si era fatto una determinata cicatrice e come gli era stata inferta, e difficilmente Damian si tirava indietro dal raccontarglielo, sapendo che con lui poteva parlare di tutto e che non lo avrebbe giudicato per questo. Conosceva il suo passato, gliene aveva parlato. Ma ce n'era una in particolare che Damian aveva sempre cercato di non fargli toccare mai: una grossa cicatrice proprio al centro del petto. Fino a quel momento non aveva mai avuto il coraggio di chiedere come se la fosse procurata e, ogni qual volta la sfiorava anche solo per sbaglio, il ragazzo si irrigidiva e sussultava, fissandolo con uno sguardo stralunato e gli occhi ingigantiti dalla confusione.
    Jon aveva provato a parlarne anche con la sua famiglia, lo ammetteva; non sapendo cos'altro fare per alleggerire il peso che Damian sembrava portare nel cuore, e non essendo a conoscenza della cosa, aveva pensato che parlarne con loro avrebbe in qualche modo aiutato ma, guardandosi l'un l'altro, gli avevano detto che era ormai acqua passata e che non avrebbe dovuto preoccuparsene più del dovuto. Peccato che se ne preoccupasse eccome.
    In tutti gli anni in cui lo conosceva, quello era il solo momento in cui vedeva Damian così... vulnerabile. Doveva essere una cosa appartenente al suo passato con la Lega, poiché erano gli unici attimi in cui sembrava alzare immediatamente le difese e sentiva il bisogno di giustificare le sue azioni. Gli aveva più volte ripetuto che non ne andava fiero, che doveva convivere ogni giorno con tutta la morte che aveva procurato e con il sangue che gli sporcava le mani, ma che aveva imparato ad essere migliore di come l'aveva sempre voluto sua madre. E Jon non faceva altro che dirgli di essere fiero di lui, perché era vero. Era fiero di lui, ma si sentiva impotente quando alzava quel muro emotivo che lo teneva fuori da ciò che provava. Muro che, in quel momento, era finalmente crollato e gli aveva permesso di poggiare una mano sulla cicatrice che segnava il suo petto, il quale aveva cominciato ad alzarsi e ad abbassarsi senza sosta.
    «Questa... quando te la sei fatta?» chiese infine, senza aggiungere altro. Attese semplicemente in silenzio che fosse Damian il primo a parlare, avendo avvertito il battito impazzito del suo cuore e il respiro che aveva trattenuto un secondo dopo. Era un argomento delicato, lo sapeva, riusciva a capirlo. Ma era anche la prima volta che Damian lasciava che si spingesse fino a quel punto, fino a fargli toccare quella pelle ruvida e frastagliata e la cicatrice irregolare che gli deturpava il petto.
    Damian si prese un attimo. «Ricordi quando... ti parlai di Apokolips?»
    «...lo ricordo», ammise Jon. La prima volta che aveva accennato a quel posto, era stato su quel pianeta vivente di nome Ygarddis. Era passata praticamente una decina d'anni, da allora. «Mi dicesti che era un vero inferno, e che tuo padre ti aveva riportato a casa dopo essere venuto fin laggiù a prenderti».
    «Ma non ti ho mai spiegato perché». Stavolta Damian poggiò la propria mano su quella di Jon, cercando il suo sguardo. Il suo cuore batteva ad un ritmo sempre maggiore, ma sembrava più che deciso a non allontanarlo, intenzionato a fargli capire quanto si fidasse di lui da arrivare a parlarne. «Durante la battaglia contro Leviatano, lottai contro un clone che veniva chiamato Eretico... mia madre gli ordinò di uccidermi». Vide Jon spalancare gli occhi dalla confusione e aprire la bocca, ma lui allungò l'altra mano per impedirgli di parlare, ricambiando il suo sguardo. E, nel vedere quelle iridi spaventate, Jon capì di dover tacere. «Combattemmo assiduamente, cercai di tenergli testa nonostante le frecce conficcate nelle mie braccia, nella mia schiena... ma non servì. La sua spada mi trafisse. Proprio qui. In questo punto», sussurrò, premendo il palmo dell'altro contro quell'orribile cicatrice, e Jon deglutì. Era abituato ai segni che deturpavano il corpo di Damian, non li aveva mai trovati disgustosi come lui temeva... ma quella sembrava bruciare contro la sua mano, come se fosse stata marchiata a fuoco sulla pelle del compagno.
    «...cosa stai cercando di dirmi, D? » esalò infine, osando porre quella domanda che aleggiava fra loro, simile ad una spada di Damocle pronta ad abbattersi su entrambi.
    Damian difatti sospirò pesantemente, indugiando ancora qualche momento sotto il suo sguardo: si raschiava il labbro inferiore, si stringeva nelle spalle; gli occhi verdi saettavano da una parte all’altra e sembravano sparuti come quelli di un cervo abbagliato dai fari di un’auto in corsa, ma alla fine pronunciò quelle poche parole come se esse potessero cambiare le sorti del mondo.
    «Che sono morto, Jonathan».
    Bastò quell’unica sentenza per far sì che l’espressione di Jon divenisse indecifrabile. Con quella mano ancora premuta contro il petto di Damian, la cicatrice che adesso sembrava letteralmente in fiamme sotto il suo tocco, faticava a credere a ciò che gli era stato appena confessato, come se ritenesse impossibile che una madre potesse uccidere il suo stesso figlio. 
Fu Damian stesso ad allontanare la mano, cominciando a sentire un bruciante dolore all’altezza del petto. Era come se quella cicatrice avesse ricominciato a fargli male, come se fosse stata la voce costante di un passato che non aveva intenzione di abbandonarlo e che tornava ancora e ancora, insistente, martellante, un fantasma che lo stringeva tra gelide dita e gli mozzava il fiato nei polmoni fino ad impedirgli di respirare.
    «Nonostante l’avessi supplicata di richiamare l’Eretico… quel giorno mia madre mi uccise. Avevo dieci anni», continuò, cercando di prendere lunghi respiri. L’aria sembrava essere diventata stantia, irrespirabile, rovente quasi quanto le fiamme di Apokolips. «Ho visto l’inferno, e non è un eufemismo. Ho ancora gli incubi di catene che mi trascinano tra le fiamme, di scheletri che mi urlano che il mio posto è con loro». La nausea gli artigliò lo stomaco, e fu solo la fermezza di Jon, che in silenzio gli aveva afferrato una mano, che gli impedì di svenire, ancorandolo alla realtà. E dovette trarre un altro lungo respiro, umettandosi le labbra secche. «Per quanto sia risorto, la cicatrice non è sparita. È un segno indelebile di quanto accaduto. È il segno del mio fallimento».
    Il silenzio cadde come un macigno. Nessuno dei due osò proferire un’altra parola, come se ognuna di esse fosse stata risucchiata dal turbinio di emozioni che li aveva investiti e, per la prima volta, fu proprio Damian a distogliere lo sguardo.
    «Damian», lo richiamò a quel punto Jon, ma l’altro si ostinò a guardare altrove, le unghie dell’altra mano conficcate nel suo avambraccio. «D. Guardami», insistette, afferrandogli il viso per costringerlo lui stesso. Si fissarono negli occhi, e Jon non seppe dire cosa fosse l’emozione che leggeva in quelli verdi di Damian. «Mi... mi dispiace se ti ho fatto ricordare una cosa del genere, non lo sapevo e non volevo che ti sentissi così
. Ma eri solo un bambino, maledizione... solo un bambino che è rimasto coinvolto nell’assurda guerra dei suoi genitori. Se qualcuno ha fallito, sono stati loro nel non riuscire a proteggere il loro stesso figlio».
    Il labbro inferiore di Damian tremò impercettibilmente, le spalle di irrigidirono; a quel punto lo abbracciò e gli artigliò la schiena, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. Non si mosse e non proferì parola, il suo corpo non fu nemmeno scosso dai singhiozzi, ma Jon poté ugualmente sentire le lacrime rigargli silenziosamente il viso mentre ricambiava quell’abbraccio.
    Il suo passato non lo avrebbe abbandonato, ma gli sarebbe stato accanto per far sì che non gli facesse del male mai più
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Missing Moment rivisitato di una scena tra Jon e Damian nel capitolo 14 di Super Sons, ma anni dopo.
Grazie a quella santa donna di ShunDiAndromeda che sopporta i miei scleri

Damian cerca sempre di non farsi prendere dallo sconforto, almeno non davanti a Jon, ma quando si tratta del suo passato, e soprattutto della sua morte (in fin dei conti quand'pè morto aveva soltanto dieci anni e si era schierato dalla parte del bene), alla fine non può fare altro che cedere e lasciarsi andare. Ed è una fortuna che ci sia proprio Jon al suo fianco... è letteralmente complementare, per lui, e il modo in cui il loro rapporto si evolve è qualcosa che mi piace anche nei fumetti stessi
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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