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Autore: eclissidiluna    25/09/2021    1 recensioni
Seguito di "Gratitudine", qualcosa che era rimasto "in sospeso" e che alla fine, nella mia testa, si è concluso. SPOILER SU TUTTA LA SERIE COMPLETA per i vari riferimenti.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Ben Breaden, Dean Winchester, Lisa Breaden, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Lisa deglutisce, sentendosi “scoperta”. Sa che Ben ha davanti agli occhi un “prova” da manuale, di quelle inconfutabili. La foto, il trafiletto con titolo in grassetto, carattere 20 la “inchiodano”. La sua “crocifissione” passerà attraverso lo sguardo di risentimento e delusione di chi ama di più al mondo. 
Ma anche le madri sbagliano.

Proteggere non mette al riparo dall’errore. Quella sorta di “ombrello parafulmini” può diventare insospettabile conduttore di elettricità. E, quando te ne rendi conto, la saetta ha già colpito la punta del parapioggia, aperto con tanta sicurezza. Restano brandelli di tela che, definire impermeabile, pare ardito e involontariamente sarcastico. Ti pieghi all’acquazzone, a quello scroscio che appiccica i capelli sulla fronte e rende le ciglia pesanti… e lo affronti. Insieme a chi non volevi si bagnasse.

A volte una madre deve infradiciarsi. Insieme al proprio figlio.

“Mi dispiace Ben…lo so…lo so che non lo hai perdonato e anche per me non è stato facile ma io… ho fatto la mia scelta. Ho intenzione di ritrovarlo.  Non so se ci riuscirò, non so se è ancora vivo, se dopo tutti questi anni può avere un senso rivederlo, ma…” e Lisa si svela, completamente, senza riserve. Ben non è più un bambino da difendere e tutelare, rannicchiato sul suo petto, mentre lei avverte la pressione di braccia cicciottelle che non lasciano la presa. Quelle braccia si sono irrobustite, facendosi muscolose e pronte a sostenere.
Ben oggi può giudicare ma può anche comprendere.

“E’ una fake news” la interrompe Ben, quasi distrattamente, lasciando Lisa interdetta e confusa.
“Cosa?! A cosa ti riferisci?!”
Ben, con un movimento rapido, gira il portatile in modo che lei possa vedere la pagina su cui si è “bloccata”. La “prova inconfutabile”.

“Il gruppo di ragazzi attaccato dal “presunto” lupo mannaro, con tanto di video su YouTube… quelle ferite, superficiali ma simili a unghie d’orso, se le sono procurate loro! Sono stati “smascherati” da altri adolescenti, circa un mese fa! Cosa non si farebbe per un attimo di celebrità e qualche visualizzazione in più! Assurdo, non trovi?!” asserisce convinto Ben, scuotendo la testa, in segno di disapprovazione.  Quindi, proseguendo con il tono dell’accademico, relatore a un convegno sull’utilizzo consapevole della “rete”, consiglia e ragguaglia “Mamma, controlla la data di pubblicazione dell’articolo, vedi gli eventuali collegamenti con la fonte dell’informazione, cerca le notizie in modo più mirato…e poi ci sono siti “più attendibili” di altri, per questo genere di cose…”
Lisa lo ascolta affascinata, sempre piò stupita dalla sua reazione, così distante dall’ira funesta che aveva ipotizzato.
“Grazie…grazie dei suggerimenti ma…non sei arrabbiato?!”
Ben le sorride, allegro.
“E perché dovrei essere arrabbiato?! In due raddoppiamo le possibilità di trovare Dean!”

Lisa perde un battito, ha un tuffo al cuore come quando in aereo c’è un vuoto d’aria. Come quando, in un sabato pomeriggio, arrivi al punto più alto delle montagne russe e, serrando gli occhi, ti prepari alla discesa. “Tu…tu lo stai cercando, Ben…allora vuol dire che…che tu…”
Ben la osserva con tenera complicità.
“Ho fatto ciò che era giusto fare, mamma. Al telefono mi hai detto che non avresti pronunciato quel “” ma dovevi già averlo detto… forte e chiaro, vero?”
Lisa annuisce, ragionando sulla decisone presa. Lo rifarebbe. Altre cento volte.
“Te ne avrei parlato con più calma…eri troppo sconvolto per capire…” mormora Lisa. E il senso di protezione riaffiora, infrangendosi su un guscio che si è fatto corazza. Più coriaceo di quel che Lisa possa immaginare.
“Lo ero mamma…ero terribilmente sconvolto ma, alla fine, ho avuto ben chiaro cosa fare…” e lei non coglie incertezza in quella voce maschile che, a volte, le pare ancora estranea. “Spero solo che i nostri “Si” lo abbiano salvato…” conclude Ben e, stavolta, il tono è vibrante.

Lisa non può che condividere quell’incognita dolorosa che s’insinua nelle loro menti affaticate. Ricucire una memoria lacerata è roba di alta sartoria. Nutrire dei dubbi, sul fatto che Dean possa “essere ritrovato”, è un peso che opprime.
 “Ben… Dean è forte…ha aiutato tanta gente...sono certa che non siamo i soli ad aver risposto all’appello!”
“Ho bisogno di guardarlo negli occhi, ho bisogno di risposte…” ammette stancamente Ben, sospirando.
“Lo so, Ben…lo so…” e Lisa teme ma al contempo gioisce di quel “bisogno”.
 Poi per stemperare, gli propone il panino imbottito rimasto intatto. “Dai, non dirmi che ti è passata la fame?!”
Ben ritrova il buonumore.
“Scherzi?! Dammi qui che te lo divoro in un paio di bocconi!” risponde, addentando l’hot dog con palese voracità “E poi, lavorare al pc, mette appetito!” enfatizza, a bocca piena.
“E stasera non faremo altro, ok?!” propone Lisa, entusiasta e volenterosa di “apprendere” le potenzialità e gli inganni di Internet.
“Ok, mamma! Vai a mettere un paio di birre in fresco che ho un bel po’ di “dritte” da darti!”
“Ok…ok…esperto di fake news!” rimarca Lisa ridendo, avviandosi in cucina. Dalla porta semiaperta, mentre controlla svogliatamente la dispensa, si concede uno sguardo “nuovo” su suo figlio. Meno apprensivo e più consapevole.

Ben…un ragazzino che faticava a sentirsi compreso dal gruppo, che poteva cadere vittima del primo bulletto di quartiere, oggi è un uomo che passa, con estrema disinvoltura, dalla lezione di pesi in palestra, a quella sulle origini del popolo Maya, dallo studio approfondito delle fonti iconografiche alla moderna tecnologia!

Ben con le dieci dita che danzano sulla tastiera, Ben che “smanetta” al pc per cercare chi è poco più di un fantasma. Perché Dean ha voluto essere tale. Perché lei glielo ha permesso. Due egoisti. In modi diversi ma uniti dal medesimo egoismo. E gli anni scorrono. Come le pagine online, come quel susseguirsi di “finestre” aperte. Ma non c’è una freccia che ti fa tornare indietro. Purtroppo.

Ben è cresciuto. Lei è invecchiata. Dean è un fantasma. E forse non solo per metafora.
Potrebbe finire così quel viaggio a ritroso, in bilico tra passato e presente. 
 il futuro potrebbe condurli a un finale “sbagliato”. Sam…sconfitto, davanti a una lapide.

E a lei, quel ragazzone dai capelli un po’ troppo lunghi, non parrà più una minaccia. Probabilmente la fronte sarà un po’ stempiata e quegli occhi capaci di catturare Dean, di portarlo con sé, di “strapparglielo”, le sembreranno meno ostili e più spenti. Il minore dei Winchester sarà invecchiato. Come lei.

“Ben…devo dirti che…”
“Sì?”
“…ecco…mi dispiace tanto ma…”
“Ma?”
“Sono finite le birre! “
Ben fa spallucce. “Pazienza mamma, ci faremo bastare queste! E poi andremo di caffè nero per restare svegli!”

Lisa fa un cenno di assenso a quell’idea che suona grandiosa. Resteranno svegli. Dopo tutto i fantasmi si possono incontrare con più facilità…di notte.
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Ben e Lisa hanno elaborato una lista di tutte le notizie più “strane”, recenti e il più possibile “affidabili” e presumibilmente “appetibili” per dei cacciatori: bizzarre uccisioni, cadaveri rinvenuti in dimore che vantano fama di essere infestate, scene del crimine piuttosto “splatter”, con qualche indizio inquietante…ma ci vorrebbe la “sfera di cristallo” per scoprire, tra la miriade di situazioni “da brivido” scovate qua e là, quella che è “il caso”, “in modalità” Winchester. Lisa è sempre più sconfortata ma Ben insiste, perdendo la vista davanti allo schermo. Non vuole arrendersi. Non può arrendersi.

Ben sfrutta persino la pausa pranzo per continuare a “lavorare”, usufruendo della rete wi-fi della facoltà. E’ così che attira la curiosità del suo docente di Antropologia Antica.
“Ah, vedo che hai una passione per le storie da brivido! Ma sei sicuro che, queste tue ricerche online, siano attinenti all’elaborato opzionale da portare all’esame?!” gli domanda, il dottor Sullivan, piuttosto dubbioso e indagatore.
“Be’…si…mi sto concentrando sull’influenza delle antiche leggende di magia sulla civiltà odierna. In realtà esiste ben altro che il noto voodoo, ci sono parecchie credenze e forme rituali ancora praticate e temute… non le pare uno spunto di discussione interessante?” argomenta Ben, in modo dettagliato e convincente. Il professore lo scruta apprezzando ogni parola.

E’ il migliore del suo corso. Appassionato, attento, meticoloso. Ben gli ricorda perché ha deciso di dedicare la sua vita all’insegnamento quando avrebbe potuto esplorare il mondo come Indiana Jones. Ma alla fine, analizzare antichi papiri o condurre studi etnografici comparati, è meno avvincente di quel mestiere che, quotidianamente, gli pone una sfida continua. Orientarsi nella mappa di giovani cuori in subbuglio è decisamente più complesso. Non c’è bussola. Non c’è percorso lineare. Non c’è diario di bordo che possa venire in soccorso. La passione, l’amore per la materia che insegna, l’ascolto dei suoi allievi, è l’unica traccia da seguire. Per Sullivan ogni esame va oltre la preparazione didattica. Va oltre quel voto numerico che è obbligato ad assegnare. Per Sullivan, lo studio mnemonico e la rielaborazione personale non bastano. Ci vuole quella fiamma nello sguardo. Quella che aveva lui quando, tra una tavoletta dalle antiche iscrizioni e la “cotta” per quella coetanea, iscritta ad Archeologia, forse sognava ancora di indossare il cappello di Indy.
Sullivan non si è sposato. Non ha avuto figli e alla fine ha girato poco il mondo, di certo non quanto avrebbe voluto. Ma ci sono ancora studenti che gli fanno gli auguri a Natale e che, a loro volta, sono diventati insegnanti.

Sullivan si è fatto conquistare da pietre preziose che puoi “raccogliere” restando a pochi passi da casa, rinunciando a luoghi esotici e lontani. E’ sufficiente osservare attentamente chi occupa i sedili di quell’arena, dal sapore mitologico.
Ben ha due gocce di giada al posto degli occhi. Sullivan le ha “portate” alla luce, con lo spirito dell’archeologo mancato e dell’antropologo che ha scelto di essere…restando in cattedra.

“Sì, in effetti…è un’ipotesi accattivante, anzi…” il dottor Sullivan pare riflettere “rumorosamente”, come se, sulla sua testa, comparisse una nuvoletta da fumetto, con l’onomatopea “mumble, mumble”. Un talentuoso studente va incoraggiato, va stimolato, anche superando i limiti della…legalità.

“Ecco, Ben…sto agendo d’istinto e forse me ne pentirò ma…” il professore si asciuga la fronte con un fazzoletto a quadretti che s’intona al suo papillon “ti lascio il numero di un mio collega. So che lui, ogni tanto, collabora, con il Governo Federale…mi raccomando, massima discrezione, sono informazioni top secret…me lo ha rivelato durante una cena in cui eravamo entrambi un po’…be’ avevamo esagerato con il buon vino…lui era appena tornato da un anno sabbatico…” e Ben sorride…Sullivan è il docente ideale. Un professore “sopra le righe”, di quelli che non temono di scoprire il proprio “lato umano”, di quelli che ti tramettono emozioni mentre spiegano e ti fanno dire “Ho scelto il corso giusto!
“Potrebbero darti un’idea di come, l’antico esoterismo, s’ “inserisca” nei crimini di oggi…” conclude Sullivan.

Ben ha un sussulto, chiude il portatile e si concede di sperare. Non c’è nulla di razionale in quella speranza. Nulla di concreto. Nulla.
Si affida a qualcosa che è indefinibile, come la pelle d’oca che percepisce sotto la manica della felpa. “Collabora…il suo collega collabora con l’FBI?!” domanda abbassando la voce, con l’intenzione di approfondire.
“Sì… ti lascio il suo riferimento…del resto, sei uno dei miei allievi migliori, Ben…meriti un trattamento di favore!”  conferma il docente che, ormai, ha deciso di non ritrattare le informazioni fornite. Scrive di fretta un bigliettino controllando, scrupolosamente, il numero sulla rubrica del cellulare. Non è tipo da “condividere” un contatto online! Carta e penna…alla vecchia maniera. Ben prende il foglietto e si stupisce di quanto la mano tremi, mentre lo afferra. Ringrazia educatamente Sullivan che non ha mai fatto mistero di considerarlo il suo “pupillo”. Quel numero di telefono potrebbe valere più di un trenta e lode.

Ben ritorna davanti al pc ma la testa, ormai, è altrove. Infilata a forza in un mixer capace di ridurre in poltiglia frutta e verdura, trasformandole in uno di quei centrifugati energetici, dal colore imprecisato che gli propina Lisa. Ricordi ritrovati e centinaia di input ricavati dalla rete si aggrovigliano come connessioni sinaptiche, degne della scenografia di Avatar, uno dei suoi film preferiti.

FBI… antichi rituali, casi insoluti, morti misteriose, vittime dai corpi devastati…
FBI…la mamma…Dean.  Lisa che non risponde al telefono. Ben che chiama Dean di nascosto. Perché sua madre vuole sapere poco di quel “lavoro” ma lui, con l’inconsapevolezza dell’infanzia, vorrebbe saperne i dettagli, anche quelli più macabri e segreti.
FBI…Bobby che li ospita e lui che, con lo spirito di Sherlock, scova finti tesserini del Governo Federale, della polizia ambientale o della previdenza sociale …

Sperare. Come non credeva di poter imporsi di fare. Non più.
Sperare con la volontà di quel ragazzino che non si rassegnava alle insensate “ripicche d’amore” di Lisa e Dean, coppia troppo fragile per resistere alle insidie di una moderna Odissea. Sua madre, giovane e bella, non poteva accettare di essere la Penelope della situazione, in attesa di un Ulisse sempre pronto ad inabissarsi. E poi c’era lui, un Telemaco ancora troppo piccolo per far valere le proprie ragioni.

Gli restava la speranza… quando suonava il campanello.
Poi, quando Nessuno ha deciso di essere davvero…nessuno, il campanello è diventato una semplice seccatura che distoglieva dai videogiochi.

Il brulicare di studenti, il loro vociare, le bici che sfrecciano nel vialetto del campus, il megafono che ricorda alle matricole i prossimi impegni del comitato studentesco…tutto viene inghiottito nel cervello che si fa imbuto. Ben prende un respiro profondo per vincere la nausea che, poco più di un mese fa, con il viso a mezz’aria sul water, gli ha fatto ritrovare se stesso.

Sperare.
---
Ben si presenta all’appuntamento con una cartellina zeppa di articoli di giornale e un volume di circa trecento pagine sotto il braccio. Ci vuole un’ora buona di conversazione (quasi come un vero e proprio esame!) perché l’uomo si rilassi, incantato dall’eloquenza e dalla preparazione di Ben. Così, quando ne ha conquistato la fiducia, il giovane sferra il colpo ai reni “Mi scusi ma il dottor Sullivan mi ha detto che lei conosce degli agenti federali…insomma, so di chiederle molto ma se potesse darmi un loro riferimento…sarebbe davvero un cameo per la mia tesi!”
Il professore s'irrigidisce, scrutandolo con sospetto. “Si…il collega mi ha accennato…però non posso assolutamente esaudire la sua richiesta, sono informazioni riservate…e poi, detto tra noi, non sono tipi affidabili! Non l’aiuterebbero granché…”
“Però, da quanto ho dedotto, sono una specie di agenti alla X-Files…conoscerli, semplicemente contattarli…potrebbe essere un’occasione, potrei far loro alcune domande e…” insiste Ben.
“Le assicuro, mi dia retta, non ne vale la pena. Si spacciano per “pezzi grossi” dell’FBI, fanno promesse che non mantengono…in particolare uno dei due, buona parlantina, battuta pronta, fare da saccente ma ben poche conoscenze!” evidenzia Morrison, vagamente rancoroso.
Ben deglutisce.
“E il partner?”
“Uno spilungone con taglio hippy…però più preparato del suo collega che potrei definire tanto fumo e niente arrosto!”
.
Ben, tradito da uno scatto che non riesce a controllare, fa cadere la caraffa d’acqua sui ritagli di cronaca nera che, in una manciata di secondi, diventano grottesco mosaico, sul pregiato mogano della scrivania.
“Mi scusi!” balbetta mortificato, radunando i residui di giornale, prima che s’incollino al tavolo.

Il docente coglie imbarazzo e agitazione e quello studente gli suscita una crescente simpatia “Intende svolgere un lavoro davvero accurato per la sua tesi…ha deciso di lavorarci fin da ora che è praticamente all’inizio del suo percorso universitario. Deve essere molto importante per lei…questo argomento…” sottolinea, con una certa ammirazione.
“Sì…lo è…è davvero molto importante…” gli occhi si fanno liquidi e Ben teme di apparire ingenuo e decisamente “strambo”…quanti suoi compagni di corso, definendo il tema scelto per la propria relazione finale, si commuoverebbero?! Al contrario, quel sentimento che non riesce a trattenere, è il suo “lasciapassare”.

“Non nutri alte aspettative…è certamente più preparato lei di quei due messi insieme…” borbotta Morrison “però…ho deciso di infrangere le regole...l’aiuterò. Ho un riferimento…è il detective certamente meno valido dal punto di vista accademico ma è anche quello più “chiacchierone”…credo che potrebbe accettare di rispondere a qualche domanda…” ipotizza il professore.

Un altro numero telefonico. Lo stesso tremore nello stringere il post-it. Un fremito ancor più violento di quello provato quando è stato Sullivan ad allungargli un foglietto dal block-notes. Ben deve battagliare con pollice e indice che, disobbedienti, faticano a chiudersi a pinza.

“Ha tutta la mia stima, giovanotto. Sono pochi gli allievi come lei…aveva ragione il professor Sullivan a elogiarla tanto! Le auguro buon lavoro, Ben. Le auguro di trovare cosa sta cercando.”
“Me lo auguro anch’io, signore…” asserisce convinto, Ben.
---
Seduto su una panchina. O meglio in piedi?
Si…meglio stare in piedi.
No…gira la testa…deve sedersi.
Però si respira meglio in posizione eretta.

Ben non riesce a comporre quel numero. Una parte di lui vorrebbe digitare un’altra sequenza numerica che conosce a memoria… ma poi, alla seconda cifra, si blocca. E se si rivelasse un buco nell’acqua?! Perché restare delusi in due?!
 Arriva un tempo in cui i figli proteggono i genitori.

Il pollice decide prima che Ben cambi, per l’ennesima volta, posizione. A volte ossa e muscoli del nostro corpo comandano il cervello. E non viceversa.

Suona libero e Ben prega che non scatti la segreteria. Non avrebbe il coraggio di rivivere quell’ansia una seconda volta. Dovrebbe attendere almeno un giorno. Ci vuole coraggio per restituire un nome a…Nessuno.

“Pronto?”
Riconoscerebbe quella voce tra mille. Un po’ più ruvida, un po’ più stanca, un po’ più lontana…ma è la sua!

“Ehi?! Chi parla?!” ripete Dean e Ben fuga anche il più piccolo dubbio. Serra occhi e pugni. Non può perdere il controllo. Non ora che è a un passo da lui. Mantenere la calma. Espirare. Rispondere senza tremare, anche se le scarpe da ginnastica sprofondano nella zolla di terra del parco, facendosi radici precarie in un albero che oscilla, pronto a cadere.

“Salve, sono l’assistente del dottor Morrison. Avrei bisogno del suo aiuto per una faccenda piuttosto delicata…ha detto che posso fidarmi di lei…che si occupa di casi diciamo…particolari…” e Ben sente pulsare le vene del collo e si obbliga a non urlargli addosso ciò che si affaccia alla bocca, come un rigurgito amarognolo e acido.
 
Dean ha bisogno di cacciare. Vuole dimenticare Michele. Vuole rimettersi in gioco. Anche se la costola ammaccata, ogni tanto, ancora gli spezza il fiato. Anche se Sam non fa che ripetergli di restare a riposo e di concentrarsi su Jack. Ma lui non può “concentrarsi” su Jack. Fa troppo male. Entrare nell’infermeria del bunker, vederlo sempre più pallido e scavato…comincia a essere intollerabile. Lui non è forte come Sammy.

Quando Jack è spirato…la prima volta, Sam è riuscito a restargli accanto. Dean no.
Ora non è morto. Ma è come se lo fosse. E Dean è vivo ma è come morto. Ucciso dal senso di colpa.

Il carpentiere…deve tornare al lavoro.
Dean ha voglia di sfogarsi, di prendersela con qualche mostro o spettro incazzato.

“Si, certo…mi dica dove possiamo incontrarci…” risponde Dean, con la spavalderia che lo connota.
Ben alza la posta in gioco, deve provarci.
“Le darò le indicazioni necessarie ma la prego, agente, il professore si è raccomandato di venire da solo, per non dare troppo nell’occhio…e, ovviamente, in incognito…” e Ben sa che potrebbe essere una mossa azzardata, Dean potrebbe insospettirsi ma, quella richiesta, è il tentativo estremo di non ritrovarsi Sam…tra i piedi!

Dean è troppo confuso e frustrato per allarmarsi. Morrison gli è sempre sembrato un po’ “bizzarro”…del resto, è grazie a lui se è ancora vivo…e poi perchè distrarre Sam da Jack? Non è Sam quello che "ha bisogno d'aria" e di uscire dal bunker.

Da solo. Come ai vecchi tempi. Come quando John gli aveva lasciato l’Impala e Sam era ancora convinto di potersi sottrarre all’ “attività di famiglia”.
“Va bene, nessun problema. Verrò da solo…” conferma, senza pretendere ulteriori motivazioni.

"Allora...a presto..." mormora Ben, in un sussurro.
"A presto e mi saluti il dottor Morrison!" esclama Dean, quasi entusiasta.
"Sarà...sarà fatto" asserisce Ben, interrompendo la comunicazione, sprofondando sulla vicina panchina. L'albero ha ceduto.

Ben ha trovato cosa stava cercando.

Telemaco si metterà al timone e stavolta non saranno ammesse deviazioni. Solo spiegazioni.
Nessuno tornerà a Itaca.
   
 
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