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Autore: eclissidiluna    10/09/2021    1 recensioni
Seguito di "Gratitudine", qualcosa che era rimasto "in sospeso" e che alla fine, nella mia testa, si è concluso. SPOILER SU TUTTA LA SERIE COMPLETA per i vari riferimenti.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Ben Breaden, Dean Winchester, Lisa Breaden, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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Sam guida da ore, controllando, di tanto in tanto, i suoi passeggeri. Un’occhiata dallo specchietto retrovisore e uno sguardo veloce a quel posto solitamente “suo”, raramente occupato da Dean.

Angelo e nephilim sui sedili posteriori, dondolano ad ogni curva, come pupazzi di gomma. Sam li ha adagiati di peso, uno accanto all’altro. Non hanno mai ripreso conoscenza.

Dean alterna momenti in cui è vigile ad altri di dormiveglia agitato.

Quando l’Impala si è bloccata, con uno stridio di freni, Dean, intravedendo immacolate porte scorrevoli, ha scosso la testa, facendo cenno di proseguire. Con il suo solito piglio ritrovato, ha “ordinato” a Sam di raggiungere il bunker, per occuparsi di Castiel e…di Jack. Sam ha borbottato un “Dannazione, Dean!” ma poi, rinunciando ad ogni tentativo di farlo desistere, si è concentrato nuovamente sulla strada.

Quel ragazzo è come un figlio. Per entrambi. Dean non può passarci, di nuovo.

Sam non può passarci, di nuovo.

Un ospedale…ok. Ma vicino casa. E’ sufficiente ricordarsi di respirare “a metà”, senza espandere troppo la gabbia toracica. Dean vuole esserci quando Jack si sveglierà. Perché Jack deve svegliarsi.

Ogni minuto che passa può essere prezioso per Jack. Dean, invece, può continuare a respirare “a metà”. Per ore.

E così ha fatto. Sempre più superficiale. Sempre più corto, fin quando, talvolta, si è persino scordato di farlo.

 “Andrà bene” ha biascicato e, il portone del bunker, è stata l’ultima cosa che ha visto. Poi è collassato sul sedile. Sam ha ringhiato qualcosa, a mezza bocca, lasciando che Mary e Bobby, insieme agli altri cacciatori, si occupassero di Jack e Castiel. Mary, in silenzio, ha sfiorato il volto lucido del maggiore e quello cereo del minore.

Sam è ripartito, spingendo il piede sull’acceleratore.

Andrà bene.

---

Le luci al neon sono terribilmente fredde e oltremodo accecanti. Cosi crudelmente estranee eppure amaramente note. Sam non è solo. Altri aspettano.

Definizione tragicamente sarcastica: “sala d’attesa”.

Attendere. Aspettare. Aspettare quella notizia che ti fa perdere un battito o quella che ti fa riacquistare colore.

Una dottoressa avanza decisa, raggiungendo quel drappello di persone che, come lui, non sanno cosa…aspettarsi. Alta, secca, labbra sottili… un giunco con gli occhiali. I capelli di un castano naturale spento, raccolti in una coda di cavallo che, probabilmente, risale all’inizio del turno. Non deve aver avuto né il tempo né la volontà di “risistemarla”. Andare in bagno per sciacquarsi il viso, per bagnarsi i polsi, per provare refrigerio semplicemente poggiando i palmi sulla ceramica. Gesti meccanici, di routine, che non comprendono lo “step acconciatura”. Il camice bianco sembra non essere il suo, di una taglia più grande. Come se ci fosse “smagrita” dentro, a furia di notti trascorse a lottare contro Morte, venendo a patti con lei, sottraendole chi tenta di salvare. In un modo o nell’altro, vincente o perdente, attraversa comunque quell’atrio, con un unico compito: porre fine all’attesa.

Si avvicina con aria mesta a una signora di mezza età che si muove nervosamente, accanto a un giovane. Sam si stupisce di quanto gli ricordi Jack. Stessa chioma ambrata, un po’ mossa, stesse iridi chiare, innocenti e un po’ perse. La donna, sostenendosi al ragazzo, scoppia a piangere, mentre gli occhi di lui si fanno più smarriti.

Sam rivede se stesso. In un corridoio molto simile a questo. Il caffè che cade sul pavimento. E John che cade all’Inferno. Conclude dolorosamente che, da qualche parte, in una sala operatoria, un mietitore abbia portato con sé un padre.

L’esile figura che pare uscita da un quadro di Modigliani, si avvicina a lui. E Sam, sforzandosi di essere ottimista, sa che l’attesa è finita.

“Come sta? Mio fratello come sta?!” chiede con impeto, combattendo contro l’ansia che gli fa pulsare le tempie. La dottoressa lo scruta attenta, rispondendogli con una domanda, dimostrando di aver letto  scrupolosamente la cartella di Dean, consapevole di parlare con la “persona di riferimento” del ricoverato.

“Signor Sam, giusto?”

Riferimento”. L’uno dell’altro. In un modo che nessuno potrà mai comprendere. Mai, fino in fondo.

Sam annuisce sorpreso di quel tono confidenziale. La gentilezza, l’empatia forse le sono congeniali quando deve comunicare qualcosa di grave. Rammenta che, poco prima, l’ha vista mettere la mano sulla spalla di quel ragazzo. Improvvisamente la vorrebbe più formale.

“Lo ha soccorso lei, vero?” e c’è ancora quel tono amichevole, in qualche modo affettuoso. Dovrebbe metterlo a proprio agio ma, al contrario, ha l’effetto della candela che si spegne soffocata da un brivido, quando si palesa un fantasma.

Sam deglutisce e intuisce la ragione del quesito “Sì…ho fatto…ho fatto qualcosa…ho sbagliato qualcosa…me ne sono accorto…” ammette, lasciandosi andare, sconfitto, sulla sedia.

Il lungo collo aggraziato ha una leggera movenza, come se “accompagnasse” le corde vocali, impegnate nell’esporre. “Sam…può capitare anche a un professionista esperto e non emotivamente coinvolto…non ha nulla da rimproverarsi…”.

 La dottoressa Margaret ha un paio di anni in più di lui ma, il ruolo che le tocca, le conferisce un’aria ben più matura. Sam la immagina decisamente più… “vecchia”. Questa sorta di “ipotesi anagrafica” non fa che aggiungere paura alla paura. Ha di fronte una specie di “Mary”, con capigliatura liscia color nocciola. Con la sensibilità di una “madre”, gli annuncerà la tragedia. Nonostante le buone intenzioni, lui ha danneggiato Dean…in modo irreparabile. E lei è lì per mettere a nudo la sua inettitudine.



Sam si morde il labbro, ad occhi semichiusi, quasi come se, il non metterla completamente “a fuoco”, potesse zittire quel che non vuole sentire.

 Margaret riconosce il terrore di palpebre incerte che restano sulla “difensiva”.

Margaret e’ avvezza a comunicare pessime notizie ai familiari dei pazienti. L’accolgono con la rispettosa trepidazione che si riserva ad una sapiente Dea. Ancor prima che traduca il proprio sguardo in parola.

Margaret ama il suo lavoro. Non lo cambierebbe per nulla al mondo. Ma, essere “oracolo”, è la parte più difficile. Quella che, nel tempo, le ha fatto perdere chili e guadagnare un’ulcera tenuta a bada dagli antiacidi. Una costola fratturata, rispetto alla media dei “verdetti” emessi…è una “buona notizia”.

Gli sorride, manifestando l’intenzione di giustificarlo e, nel contempo, rassicurarlo “Sam…ha salvato suo fratello! Purtroppo, durante la manovra, una costola si è fratturata

Margaret è un medico “speciale”. Sceglie con cura le parole. Ancor prima della cura da prescrivere.


12 palloncini azzurri, con la scritta “Buon Compleanno”.

Nell’istante in cui li riponeva, nel comodino della sua stanza di adolescente, ha deciso che sarebbe diventata medico.

Suo fratello Thomas andava pazzo per il basket, adorava il burro di arachidi e sognava ad occhi aperti, leggendo i libri di Kipling. Aveva il coraggio di Bagheera e il caschetto bruno di Mowgli ma Shere Khan glielo ha strappato un po’ alla volta. Perché ci sono zampate che ti ghermiscono a tradimento, senza pietà.

Thomas “la saluta” ogni giorno, tra il badge dell’ospedale e la carta di credito. La sua ultima foto. Una bandana da pirata e il sorriso sdentato di chi mirava ancora al canestro, organizzando nei dettagli il compleanno che, sapeva, non avrebbe festeggiato. 12 palloncini azzurri, le aveva chiesto. Azzurri come il cielo che continuava ad inseguire, oltre quella finestra dalla grigia maniglia. Margaret li ha comprati. Il giorno stesso.
Ma Shere Khan è stata più svelta di quella crocetta sul calendario.

12 palloncini azzurri.Li ha portati con sé. Dalla stanza condivisa al campus, fino all’alloggio da single.
Oggi sono un po’ sbiaditi e la scritta, su alcuni, si fatica a leggere. Ma restano nel cassetto.  Troverà il coraggio di riempirli di vita, soffiandoci dentro il dolore che è ancora tornado in bottiglia. Margaret immagina che, prima o poi, riuscirà a lanciarli in aria, a giocarci, facendoli rimbalzare, in attesa dello scoppio. E forse, quello schiaffo che fa vibrare il timpano, non farà più così male.

Margaret ama quel vecchio film, decisamente tra i suoi preferiti, che racconta la biografia di Patch Adams.  Se lo rivede, ogni tanto, dopo aver dato da mangiare al gatto che, confondendosi con il grigio maglione di lana, si accoccola vicino a lei, su quel divano al centro del salotto minimal.
Margaret, ogni volta, versa una lacrima. Non si abituerà mai. A quel film. Non si abituerà mai…ad essere “oracolo”. Un “naso rosso” può rendere la sfinge più umana.

Sceglie con cura le parole, Margaret. La costola di Dean “si è fratturata”. E’ una costola indisponente. Ha “fatto tutto da sola”.

Ha fratturato una costola durante la manovra” non farebbe che acuire ferite che non si alleviano con Toradol in vena. Quell’ausiliare “Avere”, ambiguamente accusatorio, non preciserebbe nulla sulla diagnosi.

Una costola indisponente. Nulla di più.

“Dobbiamo evitare complicazioni polmonari. Per questo lo tratteremo qualche giorno, in modo che la situazione respiratoria non risulti più così compromessa. Ci vorrà un po’ di pazienza e una dose massiccia di antidolorifici ma si salderà. Dovrà solo stare a riposo. A proposito…che lavoro fa suo fratello?” conclude, quasi allegramente.

Sam riflette. Ha costruito la cassa di Malak nel capanno degli attrezzi di Donna. Gli si materializza, al volo, l’immagine di Dean con fiamma ossidrica e occhialini protettivi.
“Lui…lui…è…nel settore dell’edilizia…”
“Ingegnere, architetto?”
“No…sul campo, diciamo…in prima linea…capo squadra in cantiere… carpentiere”. Non può definirlo “costruttore” di trappole per arcangeli ma, carpentiere, suona accettabile.
“Be’…allora è decisamente fuori discussione che torni al lavoro in tempi rapidi!”
“Fuori discussione…certo!” e Sam già pensa a cosa dovrà escogitarsi per tenere Dean lontano dalla caccia. Del resto, con Jack in quelle condizioni, tutte le attenzioni dovranno essere su di lui. Niente “distrazioni”, solo incantesimi per ricondurlo a loro.

Riavere Jack…potrebbe essere un viaggio epico dall’esito incerto e dalle conseguenze nefaste.

Margaret osserva Sam, attenta e comprensiva “Se vuole può vederlo…sistemarsi accanto a lui, assisterlo.”
“Si…si, grazie…” conferma Sam, alzandosi e preparandosi ad un’altra notte al capezzale di Dean.
Un’altra.

Sam si chiede quando la smetterà di essere pungolato da quei neon che abbagliano la pupilla, gelando il sudore che s’insinua tra le ciglia.
“Signor Sam…?”
“C’è altro?!” e Sam si volta, visibilmente preoccupato. Eccola…la “pessima notizia”. La dottoressa, persona squisitamente cortese, deve averlo visto talmente provato da optare per una “rivelazione” a piccole dosi…ma ora arriverà la verità. Una punta d’osso. Una scheggia ad un passo dal polmone di Dean. Lo trapasserà.

Dean…salvato da Jack, protetto da semisconosciuti, estratto dall’oceano da Castiel.

Ucciso da suo fratello.
Alla fine è sempre lui, l’“anello debole”.

Sam barcolla e Margaret, d’istinto, gli afferra il braccio, come a voler evitargli di cadere. Sam per un attimo si stupisce che, senza particolare difficoltà, abbassando un poco lo sguardo, possa incrociare i suoi occhi, andando oltre le spesse lenti che li schermano. 

“Sam…si sieda un attimo”
“No…preferisco…restare in piedi…” chiarisce Sam come se, la postura eretta, gli permettesse di far arrivare più velocemente il sangue al cervello, consentendogli di non crollare.
“Sam… volevo solo precisare che non deve sentirsi in colpa. Non pensi a cosa ha fratturato…pensi che, se non lo avesse fatto, ora suo fratello non sarebbe in quel letto! Una costola fratturata è una buona notizia!”

Sam si siede. Ora, sedersi, gli sembra un’ottima idea. Tutta la tensione si scioglie. L’adrenalina accumulata nelle ultime 48 ore lascia spazio a una stanchezza indicibile, resa sopportabile dalla consapevolezza di aver fatto…la propria parte. Lo ha salvato. Anche lui. Come Jack, come Castiel, come tutti quelli che hanno donato un chicco di anima per Dean.

 “Non sarebbe in quel letto”…vero. Sarebbe su una pira funebre. E, se Jack non si fosse immolato, confidando nel prossimo, Dean sarebbe in una cassa. Vivo, per Michele. Morto, per il resto del mondo.
Vista così, in effetti, quella costola che, per un po’, terrà Dean “fermo”… è una buona notizia!

“Grazie…dottoressa… Evans” bisbiglia Sam, soffermandosi sul cartellino identificativo. Ha bisogno di “dare un nome” a quella Dea che non accusa ma discolpa.
“Ora stacco, ho finito il turno ma domani mattina sarò qui. Mi occuperò personalmente di monitorare le condizioni di suo fratello. Dalle sette e trenta...il tempo di leggere gli ultimi parametri, rilevati durante la notte…mi troverà in reparto e l’aggiornerò. D’accordo?”
“Grazie…” ripete Sam e, in fin dei conti, la dottoressa Evans non sembra più così “vecchia”. Comincia a scorgere la sua “vera età”. Probabilmente più giovane di Dean ma con quelle stesse rughe guadagnate nella fatica quotidiana della…”caccia”.

Anche Margaret ha i suoi mostri da combattere…malattia, fatalità, senso d’impotenza. Spossata dai ritmi frenetici della medicina d’urgenza, piegata dalle troppe “cattive notizie” che, come in una logorante partita di tennis, lancia e ribatte, colpendo chi “attende”, su quelle… sedie nere che, tristemente identiche, "raccontano" ognuna la propria storia.

“E lei cerchi di riposare un po’…non ha un bell’aspetto e non vorrei ritrovarmi a disporre anche il suo ricovero!” gli raccomanda Margaret, bonaria.
Sam sorride consapevole che, in quell’ironia, c’è la possibilità concreta di…occupare un posto letto.

---

La notte trascorre con il respiro carico d’affanno di Sam e quello trattenuto di Dean. Le prime luci dell’alba, filtrando dalla taparella, fanno intravedere all’uno il viso dell’altro. “Non hai chiuso occhio, vero?” chiede premuroso Sam, stiracchiandosi. “A quanto pare neanche tu…” asserisce Dean scrutando il viso segnato del minore.
Sam annuisce senza commentare “Come ti senti?” ma a Dean preme ricevere informazioni. Non fornirne su di sé.
“Jack? Cas?”
“Non ti preoccupare, sono al bunker e Rowena si è già messa al lavoro”.             
Dean si augura che quella strega, ormai diventata “di famiglia”, possa sistemare le cose.

 Immaginare Jack immobile, perso per sempre, gli fa dimenticare di deglutire. La tosse arriva senza preavviso, sconquassandogli il petto. Diventa pallido e coglie il suo pallore riflesso nella smorfia impaurita di Sam. Si affretta a dire un sibilante “E’ ok…”.
Sam, accettando quell’ “Ok”… “d’ufficio”, gli porge il bicchiere con la cannuccia. Dean esegue, tentando di apparire disinvolto nel dissetarsi mentre la gola si fa clessidra e l'acqua sabbia.

“Fra un’ora inizierà l’orario di visita. La mamma non aspetta altro…” annuncia Sam, consapevole di cosa significhi per Dean..

“La mamma…” mormora Dean come se, il solo pensiero di Mary “restituita”, rendesse tutto superabile. La mamma è stata un dono di Amara. La mamma è tornata. Tornerà anche Jack.

Jack, nato dall’amore incondizionato di Kelly. Lei lo ha messo al mondo convinta che, quel sacrificio, non sarebbe stato vano, certa che, quel figlio destinato a non conoscerla, avrebbe fatto grandi cose. A dispetto del seme che lo aveva generato!

Castiel non ha avuto il minimo dubbio sulla bontà di Jack, sulla sua capacità di essere miracolo. Sam ha rivisto in Jack quel “lato oscuro” con cui lotta da quando è nato ma questo non gli ha impedito di accettarlo. Lo ha amato conoscendone le potenzialità e superando la diffidenza.
Per Dean è stato più difficile.

Dean era scettico. Sicuro che, quell’ibrido, potesse essere nient’altro che una calamità naturale. L’ennesima Apocalisse da affrontare. Ma, quando lo ha visto vomitare sangue, raggomitolato in fremito ininterrotto, ha compreso che Jack ha gli occhi di Castiel, la forza di Sam e l’avventato coraggio dei Winchester.
Oggi sa che Kelly ha fatto la scelta giusta. E mai potrebbe perdonarsi se, a causa sua, Jack non potesse più…fare grandi cose.

  “Vado a prendere un caffè e a cercare la dottoressa Evans”
“E com’è? Vale la pena cercarla?” chiede Dean, scacciando l’angoscia e rialzandosi un po’ sui cuscini, destreggiandosi tra il tubicino della flebo e il lenzuolo stropicciato. Sam gli si avvicina, aiutandolo a sistemarsi semiseduto.
“Non è il tuo tipo…alta, magrissima… praticamente priva di “forme”, occhiali sul naso e montatura retrò…insomma…una nerd con il camice bianco!” conclude Sam, soddisfatto nel constatare che, in quella posizione, il torace di Dean pare ampliarsi con meno fatica.
“Giusto…non è il mio tipo ma magari è il tuo!” e Dean abbozza un sorriso sghembo che per Sam è panacea.

Una costola si aggiusta. La vita, senza Dean, sarebbe estremamente più complessa da…aggiustare. Poi Sam lo sente sospirare, non in profondità perché Dean sa che non può ancora permetterselo ma è comunque un respiro “diverso”, indice di sollievo.

“Sai Sam, è bello…”

“Cosa?”

“Avere la testa libera, finalmente. Non…non sapevo più come ci si sentisse a non combattere, ogni giorno, ogni momento…con lui…” e Dean chiude per una frazione di secondo gli occhi, come a volersi godere a pieno…il “silenzio”.

Sam deglutisce. “Ne siamo usciti Dean…anche stavolta. Ora però non affaticarti, cerca di riposare…io torno subito”

E Dean annuisce, avvertendo una fitta intensa. Stringe i denti, riuscendo a ingoiare un lamento.  A Sam farebbe “male” quel gemito. Meglio non respirare. Ha sostenuto un’apnea forzata per diversi minuti, per il capriccio di un Arcangelo, può superare i 60 secondi, per tutelare “la salute mentale” di suo fratello!.

Appena Sam esce e la porta si chiude Dean butta fuori l’aria, trattenuta per resistere allo spasmo. Un crepitio di carta stagnola passata sul fuoco…ma quel parassita di Michele è andato a farsi fottere! E allora il suo polmone può essere cucinato “al cartoccio”, infilzato in uno spiedo, girato e rigirato. Passerà.

Scruta il soffitto. Gli piacerebbe sapere chi ha detto quel . Ha un vago ricordo delle centinaia di persone aiutate. Sono visi indefiniti. Qualche storia gli è rimasta più impressa di altre. Il resto… semplice routine. Gli “affari di famiglia”. Mettersi sempre all’ultimo posto per salvare degli innocenti. Ma gli innocenti riprendono in fretta la loro vita. E i Winchester restano una parentesi surreale tra il lavoro, lo studio, l’amore… è così, funziona così. E’ difficile immaginare qualcuno tanto incauto da fidarsi di “un’allucinazione uditiva” che ti chiede di rinunciare ad un pezzo della tua anima per uno di cui, probabilmente, ricordi a malapena il nome!

Se ancora lo ricordi.

Però, se può guardare quella volta asettica, dalle tinte smorte, vuol dire che per qualcuno, più pazzo di lui, quel Dean Winchester ha avuto significato. Tenta di riposare, come gli ha suggerito Sam.

La testa è…vuota. Si scopre a ridere pensando a quanto, quell’aggettivo “vuota”, detto ad alta voce, susciterebbe l’immediato sarcasmo di Sam! Ma Dean sa cosa significa…

 non c’è più un megalomane urlante che scalcia contro una “porta” malferma.

Può riposare.

 ---


La convalescenza trascorre più in fretta del previsto. In meno di una settimana Dean può tornare al bunker, con il beneplacito della dottoressa Evans.

Margaret ha sempre parlato con Sam dell’evolversi della prognosi, tranquillizzandolo e assicurandosi che avesse a disposizione una poltrona, di quelle un po’ più comode. E’ addirittura passata al “tu”. Probabilmente, quel fratello così devoto, l’ha colpita parecchio. Sam ha cominciato a “farsi strada” tra il maglioncino grigio e il pelo arruffato di Einstein. Non le dispiacerebbe invitarlo una sera, a guardare…
Patch Adams”.

“Sammy, non fare lo stupido! Possiamo evitare la carrozzina fino all’uscita?!” sbotta Dean, esasperato.

“Non si discute, stavolta facciamo come dico io! Ti tocca. Dopo tutto quel che mi hai fatto penare con questa storia del “suicidio non suicidio”, me lo devi!” e Sam sghignazza per essersi concesso quella piccola, innocua “vendetta”.

Dean grugnisce come un lupo mannaro, alzando i piedi sulle pedaline, rinunciando a rendere più problematico il tragitto che lo separa dalla…libertà!

“Sam!”

Sam si blocca e a Dean tocca uno scossone che non fa altro che rendere più fastidiosa la… penitenza!

 Sam, a quel richiamo, si ferma immediatamente.

“Abbiamo dimenticato qualcosa? C’è altro, riguardo la terapia a domicilio?”

“No…no…è tutto a posto, solo che…ecco, questo è il mio biglietto da visita e ti ho lasciato il mio numero privato, sul retro. Per un dubbio sui farmaci, eventuali complicazioni inattese…insomma, per qualsiasi cosa …non esitare a chiamarmi”

Sam, imbarazzato, prende il bigliettino da quella mano candida e affusolata e balbetta un “grazie” insicuro e intimidito, mentre s’impone di non dar peso alle occhiate ammiccanti, estremamente eloquenti di Dean!

Sam, congedandosi da Margaret ricomincia a spingere la carrozzina e, prevedendo lo scherno del maggiore, lo anticipa “Se dici una sola parola giuro che ti faccio arrivare all’uscita in un batter d'occhio…un razzo supersonico con le rotelle!”
Dean, mantenendosi serio a fatica, replica, fingendosi offeso “Sam!? Ma per chi mi prendi?! Non ho detto nulla…”
Ma poi non “regge”. Non può perdere un’occasione tanto ghiotta “Certo che…Sammy…per qualsiasi cosa…” ripete “in falsetto”, imitando Margaret “non credo si riferisse alle mie cure mediche! Andiamo! Ormai hai una certa età, non sei più un ragazzino! Possibile che per te, i messaggi “in codice” delle donne, siano così complessi da decifrare?! Più del Verbo di Dio?!”

“Dean! Smettila! E’ un medico, molto preparato professionalmente e umanamente, che si è preso a cuore il tuo caso…nulla di più!

“Secondo me si è “presa a cuore” qualcun altro! Ma va bene…se vuoi far finta di niente…comunque il numero tienilo…non si sa mai. E’ vero, non è il mio tipo ma, al bisogno, in mancanza d’altro…”

Lo scappellotto a mano aperta, si “schianta” sulla testa di Dean…un colpo dritto, preciso, in piena nuca.

“Ahi! Ma sei impazzito?! Ho ancora il post-sbronza di quell’Arcangelo che mi ronzava in testa!”

“Bene…così per un attimo non penserai a Michele e ti concentrerai sul bernoccolo!”

Ma Dean non demorde “Dai, Sammy…che male ci sarebbe? Una sera di svago… potresti chiamarla…”

“Abbiamo ben altro a cui pensare…”

Dean s’incupisce. “Lo so…Jack…”

“Già…”

Non è permesso conservare…un numero di telefono, “sognando” una cena “a due”, in un ristorante “vero”, di quelli che prenoti “per far colpo”. Sam sa che la realtà è ben diversa…fast-food con tovagliette di carta e bicchieri sbeccati. Sam che ordina un misto di verdure (immancabile l’asterisco che riporta alla nota a fondo pagina: “prodotto congelato”) e Dean che, esaminando la foto di un poveretto sgozzato, si riempie la bocca di patatine, chiedendo un’aggiunta di salsa barbecue, alla cameriera che mastica chewingum.

Realtà. Non sogno.

Sam coglie la bruciante amarezza del maggiore, nel modo in cui Dean inghiotte un rantolo, intrappolato di fretta. Suo fratello non ha bisogno di questo. Non dopo Michele. Non dopo Jack. Ha bisogno di credere che può esserci una serata “normale”, una tavola elegantemente apparecchiata, con tanto di tovaglia di lino e posate che brillano.

Dean ha bisogno di sperare. Come lui.

 “Ma non ti azzardare a chiamarla tu! Ho detto che adesso le priorità sono altre ma questo non significa che…non sia il mio tipo! Intesi?!”

Dean sorride e si augura che, quel cipiglio risentito, non sia semplicemente il tentativo di distoglierlo dall’ennesimo dramma che li travolgerà. Si autoconvince che Sam, per una volta, possa davvero “chiedere” qualcosa per sé. “Sognare”.

“D’accordo, fratellino! Ti lascio campo libero!”

Dean, appena fuori dall’ospedale, assapora l’aria che non odora di disinfettante. Persino lo smog non sembra tanto male! Inala lentamente, con atti respiratori poco estesi, per non provare disagio. E’ una sensazione piacevole.

Non è sott’acqua. Non è la custodia di Michele. Non è in un buio senza ritorno.

“Ehi! Ora puoi alzarti, vecchietto!!”

L'invito di Sam gli arriva alle orecchie come un brano rock in radio, di quelli che mette quando guida Baby, ignorando totalmente i gusti del minore. E’ “musica”…calda, ritmata, familiare.

Come ha potuto pensare di poter resistere, in fondo all’oceano, senza quella voce?!

Dean si alza in piedi, tirando il fratello a sé. Sam riceve quell’abbraccio “muto” che non necessita di spiegazione. Sam pone particolare attenzione a non ricambiare la stretta, per non infierire sullo sterno di Dean. Resta con le braccia che s’incrociano sulle sue spalle, accarezzandole appena, senza appoggiarsi. Dean, commosso, comprende quell’ulteriore riguardo e lo invita a rilassarsi “Sammy…non sono di vetro…sai che ho visto ben altro…”.

 Dean non è di vetro. Dean è stato smembrato all’Inferno per trent’anni. Ucciso più volte. E, per mesi, è diventato il giocattolo preferito di Michele… Sam si lascia andare a un abbraccio più vigoroso.

Una costola fratturata è una buona notizia. Margaret glielo ha fatto capire il giorno stesso in cui si sono conosciuti.

Margaret, come Sam, sa che le “buone notizie” non sono…scontate.

Mai.

---

Rivedere Castiel in piedi è un’emozione forte. “Cas…amico…grazie…”

Castiel non dice nulla. Lo stringe con la passione di un uomo, non di un tramite. Anche lui ha temuto per Dean. Sapeva che la sua grazia non avrebbe fatto in tempo a…finire l’opera di “salvataggio”. Sam è stato più potente del suo tocco angelico.

“Dean, amico mio!”

“Sono felice che tu stia ricaricando le batterie…Sam mi ha   detto quanto ti sei sfiancato per…” ma Castiel lo interrompe “Lo rifarei Dean…all’istante. Non ho bisogno di ringraziamenti. Non tra di noi!”

Dean annuisce, sentendo gli occhi pungere. “E…e lui?”

Castiel abbassa lo sguardo. “Rowena sta facendo di tutto ma per il momento non ci sono sviluppi. Non è morto…è come addormentato. Ma la sua anima…ecco…non ho idea di cosa resti della sua anima…se dovesse svegliarsi, non sarà il Jack che conosciamo…non più…” conclude Castiel, cupo.

Dean sente un dolore al torso. E non è la costola. 

“Ci siamo già passati con me…risolveremo anche questo. So come ci si sente a non avere più la propria anima…so come ti sentivi tu, a restarmi accanto…troveremo un modo. Dean…guardami…hai capito, Dean?!”

Dean si scuote, catturato dagli occhi del fratello. “Sì…ho capito…ho capito Sammy.” E la frustrazione, il rammarico per essere causa di quel male, cedono il posto all’incrollabile fede del minore.

Sam sa che, dentro a quel corpo incredibilmente statico, una parte di Jack resiste.
Sam si convince che questa, per Margaret, abituata a dichiarare “ora del decesso…”sarebbe… una buona notizia.

E allora per Sam, un Jack senz’ anima ma vivo, è una buona notizia.

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Lisa da un paio di settimane indaga al pc. Individua online tutte le news più “strane”. Non ha mai voluto sapere troppo del “lavoro” di Dean. E’ stato uno degli errori che ha commesso nel loro rapporto. Uno tra tanti.
 Ma sa che, quel che Dean definiva “caso”, aveva a che fare con sparizioni, presunti attacchi di bestie feroci…ha deciso di partire da lì. E’ un po’ poco…come cercare un ago in un pagliaio, eppure da qualcosa bisognava pur iniziare. E lei voleva “iniziare”.

Sospira, armata di cartina e indelebile, segnando in rosso le città con potenziali “mostri”. All’improvviso sente la chiave girare nella toppa. E’ Ben…ed è…in largo anticipo! Lisa ha appena il tempo di nascondere la piantina in una rivista di medicina Ayurvedica e di chiudere il portatile, lasciandolo però acceso.

“Ben…ti aspettavo per cena…”

“Ciao mamma, sì…ma alla fine è saltata la lezione di Filosofia Teoretica e così ho anticipato il rientro per il weekend. Avevo solo voglia di tornarmene a casa” sbuffa il giovane, facendo “planare” le chiavi sul mobile dell’ingresso.

“Ah…bene…bene…” balbetta Lisa.

“Mi prepari un panino? sono affamato!” e Ben si fionda sul divano, accendendo la TV e lasciando cadere lo zaino sul pavimento. Lisa non vorrebbe abbandonare incautamente la sua postazione ma non sa proprio cosa inventarsi. “Un panino…certo…ma non vuoi prima farti una doccia...per rilassarti?”

“Assolutamente no! Per favore mamma…la doccia dopo…adesso ho solo lo stomaco che reclama e poi come farcisci tu i panini!” e Ben pare lusingarla per evitare di alzarsi e prepararselo da solo!

“Va bene…va bene…” cede Lisa, alzandosi, tesa.

Non hanno più affrontato l’argomento. Da quella telefonata. Le ha detto che vuole solo dimenticare. Ora che Ben ricorda può consapevolmente scegliere di non ricordare. E lei rispetta la scelta di suo figlio ma non può condividerla. Lui ha rifiutato di pronunciare quel “Sì”, le ha praticamente chiesto di fare lo stesso.

Non è ancora il momento di discuterne. Troppo recente. Ancora troppa rabbia in Ben.

Quando Lisa è in cucina Ben, tra lo zapping incontrollato e un’occhiata al telefonino, viene attratto da quel foglio spiegazzato che esce dal magazine a cui Lisa è abbonata da anni. Incuriosito, scopre che, quel triangolino colorato appartiene a qualcosa di decisamente più…grande! Si ritrova tra le mani la mappa degli Stati Uniti. zeppa di cerchiolini rossi. Legge un paio di nomi evidenziati e comprende immediatamente. Apre il portatile e…bingo!

Lisa fa il suo ingresso in salotto, con un hot dog in una mano e la birra nell’altra “Ho pensato che una birra ti avrebbe fatto…” ma, appena vede Ben al tavolo, davanti al portatile aperto, il sorriso le si smorza e termina la frase quasi sottovoce “piacere…”

“Mamma…dobbiamo parlare e credo che avremo bisogno di più di una birra!”
 
 
   
 
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