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Autore: beat    01/09/2009    5 recensioni
“Tesoro...è tardi! È ora di andare a dormire..”
“Ma ci sono ancora le nuvole!”
“Lo so...”
“Avevi detto che se ne sarebbero andate!”
“Tesoro, su...torna dentro!”
“No! Voglio vedere la luna!”
Un singhiozzo, trattenuto a stento.
“Voglio vedere la luna!”
Lacrime calde, copiose e inarrestabili.
“Voglio vedere il mio papà!”
[Roy, Glacier, Elycia]
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa fiction non è stata scritta a scopo di lucro.

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- Nick Autore: beat
- Titolo: The Moon in the Darkness
- Personaggi: Roy Mustang; Glacier Hughes; Elycia Hughes
- Genere: Introspettivo, Triste
- Rating: Verde
- Avvertimenti: One-shot


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“Tesoro...è tardi! È ora di andare a dormire..”

“Ma ci sono ancora le nuvole!”

“Lo so...”

“Avevi detto che se ne sarebbero andate!”


“Tesoro, su...torna dentro!”


“No! Voglio vedere la luna!”

Un singhiozzo, trattenuto a stento.


“Voglio vedere la luna!”

Lacrime calde, copiose e inarrestabili.

“Voglio vedere il mio papà!”







The Moon in the Darkness



Gli ultimi metri Roy li percorse come in trance.
Se solo si fosse fermato a pensarci, probabilmente non avrebbe più trovato il coraggio di bussare a quella porta.
Tre colpi veloci, lievi, come sperando che dall'interno non l'avessero sentito. Non sapeva ancora se era in grado di affrontare quel momento.
Da dietro la porta avvertì dei passi leggeri e per un ultimo, folle, istante Roy pensò di dileguarsi. Ma le gambe non ne volevano sapere di muoversi e così si costrinse a tirare fuori il miglior sorriso che in quel frangente poteva mostrare.

“Buonasera Glacier!”

La donna rimase visibilmente sorpresa per quella visita inaspettata.
Ma nondimeno ne fu profondamente lieta.

“Buonasera Roy.”

Da quel mesto giorno in sui si erano svolti i funerali di Maes, Roy Mustang non aveva ancora trovato il coraggio di andare a trovare la famiglia Hughes.
Si sentiva colpevole, dannatamente responsabile per quello che era accaduto al suo migliore amico. E anche se sapeva nel profondo del suo cuore che nessuno, nemmeno la stessa Glacier, l'avrebbe mai accusato di nulla riguardo la morte di Hughes, Roy si sentiva ugualmente colpevole.
Al funerale aveva solo con molta fatica sopportato lo sguardo infinitamente triste di Glacier e tutte le volte che gli occhi si erano posati sulla piccola Elycia aveva distintamente avvertito un groppo in gola, talmente pressante da mozzargli il respiro.
E lo stesso in quel momento, in bilico sulla soglia di casa Hughes.

Dopo un momento di tentennamento dovuto alla sorpresa, Glacier si riscosse e, tornando ad essere la premurosa padrona di casa che di solito era, invitò Roy ad accomodarsi.
Meccanicamente Mustang la seguì in salotto, dove venne fatto accomodare su uno dei divani. Venne poi lasciato solo per qualche minuto, mentre Glacier spariva in cucina per preparare del the.
Roy non la trattenne, ben immaginando la sua sorpresa e la sua confusione. Lui stesso era terribilmente confuso.
Non sapeva bene nemmeno lui perché alla fine si fosse deciso ad andarle a trovare. Non sapeva se poteva essere di conforto, o anche solo di un qualche aiuto. In quel momento si sentiva l'essere più inutile dell'universo.

Dopo qualche minuto Glacier tornò, in mano un vassoio su cui erano poggiate due tazze colme di the.
Ne passò una a Roy, prese l'altra per sé e si sedette di fronte all'ospite.
I due sorbirono in silenzio la bevanda, cercando di scaldarsi, ognuno immerso nei propri pensieri, entrambi incapaci di rompere quel pesante silenzio. Non incrociarono nemmeno gli sguardi, se non per caso, che comunque venivano distolti immediatamente.
Roy cercò di fissare la sua attenzione su altro. Con ostentato interesse prese a vagliare tutti i dettagli dell'arredamento della stanza. Non era cambiata poi molto dall'ultima sua visita. Solo qualche soprammobile in una posizione diversa, e una nuova foto sul caminetto. Di nuovo sentì la gola chiudersi alla vista del volto sorridente di Maes. Aveva il posto d'onore su quella mensola, circondato dalle foto della figlia e della moglie.

Quando anche le tazze furono vuotate, Roy non trovò più scusanti per evitare di parlare. Con deliberata lentezza posò la tazza sul vassoio, mentre prendeva un respiro profondo.

“Mi dispiace.”

Non gli veniva in mente altro. Qualunque altra cosa avesse detto, alle sue orecchie, sarebbe suonata come una giustificazione, una scusa, una sfacciata ammissione di colpa.
Ma la sola, unica cosa dolorosamente vera, era che gli dispiaceva. Tutto quello che era successo era uno dei dispiaceri più grandi di tutta la sua vita.
Glacier gli sorrise di rimando. Un sorriso appena accennato, compromesso dagli occhi estremamente lucidi.

“Grazie per la visita. Non ci speravo quasi più.”

Roy arrossì leggermente, vergognandosi per quella terribile mancanza, anche se sapeva che Glacier non l'aveva detto con cattiveria o come accusa.
Era una donna onesta e sincera, anche se a volte decisamente troppo buona.

Fu come se l'imbarazzo di entrambi si fosse miracolosamente sciolto, e i due presero a parlare molto più tranquillamente. C'era ancora una palpabile rigidezza tra di loro, una freddezza di modi data dalla tristezza e dall'immancabile residuo imbarazzo: a ben pensarci, i due non avevano quasi mai avuto a che fare uno con l'altra, se non con la costante presenza di Maes al loro fianco.
Tuttavia, l'incontro si svolse molto meglio del previsto: Roy era riuscito a non farsi sopraffare dai sensi di colpa e Glacier non avrebbe potuto essere più gentile e comprensiva.

Solo al momento dei saluti, Roy tornò a sentirsi profondamente impacciato. Mancava ancora una cosa da fare prima di concludere quella visita.

“Posso salutare Elycia?”

Per quanto avesse sempre rimproverato Maes ogniqualvolta l'amico cominciava a tirare fuori manciate e manciate di fotografie della figlioletta, Roy doveva ammettere che quel piccolo gesto, alle volte decisamente irritante e fuori luogo, gli mancava ogni giorno di più.
Il suo comportamento così pavido nei confronti della famiglia Hughes gli aveva precluso anche di sapere come e quanto era cresciuta la sua figlioccia.
Glacier gli rivolse uno sguardo carico di tristezza, e Roy non poté fare a meno di preoccuparsi.

“Che c'è? Elycia non sta bene?!”

Glacier si affrettò a negare, rassicurandolo che la bambina era in ottima salute.
Ma evidentemente non era quello il problema. Roy non sapeva quanto una bambina di tre anni appena potesse aver capito della situazione, ma dallo sguardo angosciato della madre aveva inteso che la piccola sapeva.

Glacier invitò Roy a salire le scale. La porta della stanza di Elycia era aperta e Roy poté scorgere la bambina seduta su di una sedia sul balconcino. Aveva il naso per aria, completamente assorta nell'osservare il cielo stellato.
Non si era accorta che i due erano entrati nella stanza e fu solo quando la madre la chiamò dolcemente che la piccola si rese finalmente conto della loro presenza.
Per un attimo, quando i suoi grandi occhi videro la figura di Roy, si illuminarono.
Eccitata, la bambina scesa dalla sedia e si precipitò da loro.

“Zio Roy!”

La piccola corse ad abbracciarlo. Roy si inginocchiò per stringerla a sé.
Come gli era mancata!

“Zio Roy, zio Roy! Vieni fuori! Questa sera non ci sono le nuvole, la luna si vede benissimo!”

E con l'insistenza tipica dei bambini, afferrò per una manica Roy, cercando di tirarlo verso la porta-finestra. Roy assecondò la bambina, lanciando però uno sguardo interrogativo alla madre.
Vide Glacier trattenere a stento le lacrime, ma silenziosamente gli fece cenno di fare quello che Elycia voleva.

“Guarda, guarda zio!” e indicò la luna, che brillava alta sopra il tetto della loro casa.

Anche Roy alzò il naso e dovette constatare che in effetti quella sera la luna era davvero stupenda. Tonda e grande, come non la si vedeva da un po'.

“Papà! Guarda! C'è lo zio Roy!”

Roy abbassò di scatto la testa, per fissare Elycia. La bambina sorrideva, sventolando la manina in direzione della luna, salutandola.
Di nuovo Roy cercò Glacier con lo sguardo. La donna li aveva raggiunti sul balcone, stringendosi sulle spalle uno scialle ricamato.
Si avvicinò a Roy, parlando sottovoce per non disturbare la bambina, così presa dalla luna.

“Crede che suo padre sia andata sulla luna.”

“Cosa?”

“Un'idea di Maes...” sorrise tristemente lei “Una delle sue tante storie. Credo che gliela avesse raccontata proprio la stessa settimana in cui è...” la parola gli morì in gola.

Soffocò un singhiozzo e Roy le posò gentilmente una mano sulla spalla.
Riprendendosi un poco, Glacier continuò.

“Da quel giorno, ogni sera Elycia se ne sta qui fuori a guardare la luna. Quando non sa che l'ascolto, sento che le parla anche. Come se la potesse sentire...come se fosse proprio Maes. Le manca terribilmente!”

Gli occhi di Glacier si riempirono di lacrime e, per non farsi vedere così triste dalla figlia, silenziosamente rientrò in casa.
La piccola non si era accorta di nulla.
Con gentilezza, Roy prese in braccio la bambina, sedendosi sulla sedia e facendo accomodare lei sulle sue ginocchia. Per un po' rimasero in silenzio tutti e due. Elycia era così presa dall'osservare la luna che quasi non si era accorta che Roy l'aveva presa in braccio.
Presa a cullare la piccola, sperando che si addormentasse. Ormai era tardi, ed era ora che andasse a dormire.

“Zio Roy?”

“Che c'è Ely?”

“Papà mi sente lo stesso? Anche se è così lontano?”

Roy deglutì a vuoto. Non era bravo con queste cose.
Non sapeva raccontare le bugie ai bambini.

“Che cosa ti aveva detto tuo padre?”

“Lui diceva di sì. Che se si pensa tanto tanto tanto alle persone sulla luna, allora loro ci possono sentire!”

Roy sorrise appena, carezzandole la testa.

“E tu pensi tanto tanto tanto al tuo papà?”

Elycia gli mostrò un enorme sorriso.

“Sì! Tanto tanto tantissimo!”

“Allora ti sente di sicuro!”

La piccola sembrò contenta di quella risposta, e per qualche altro minuto non disse più nulla. Solo dopo un po', timidamente attirò di nuovo l'attenzione di Roy.

“Zio?”

“Sì?”

“Ma io come faccio a sentire lui che mi dice?”

Roy sospirò.
E adesso che le diceva?
Non poteva darle false illusione, ma non se la sentiva nemmeno di dirle la verità.
Che suo padre era morto e non le avrebbe mai più detto nulla.
Elycia aveva gli occhi lucidi, le lacrime traboccanti.
Doveva sentire terribilmente la mancanza del padre.
Roy abbracciò la bambina, stringendola forte a sé.

“Puoi sentirlo solo non sei triste. Quando sei nel tuo lettino e dormi, se hai fatto la brava e non sei triste, allora riuscirai a sentire quello che ti dice!”

Le lacrime di Elycia presero a scorrerle sulle guance paffute e fu con un enorme sforzo di volontà che Roy si trattenne dal piangere lui stesso.
La piccola si strinse maggiormente a lui, singhiozzando, abbracciando quella divisa così simile a quella che indossava sempre anche il suo papà. Ma mai come in quel momento le era sembrata più ruvida.

Ci volle un po' prima che la piccola smettesse di piangere. Quelle lacrime l'avevano così sfibrata che si era addirittura addormenta.
Con delicatezza Roy la affidò alla madre, che con la massima gentilezza la mise a letto, rimboccandole le coperte fino al naso.
Roy l'accarezzò sulla testa un'ultima volta, prima di lasciarla ai suoi sogni, in cui sperava sinceramente avrebbe incontrato il padre.

“Sogni d'oro, piccola Elycia. Salutami tanto il tuo papà quando lo vedi...”




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Angolo dell'Autrice:

Dedicata a Mariagiulia, Anna e, soprattutto, ad Elisabetta.



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Grazie a chi vorrà lasciare una recensione e a quanti leggeranno e basta.

Beat




   
 
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