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Autore: Zobeyde    28/09/2021    7 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LEZIONI DI MAGIA





Jim se ne stava seduto al centro del palco nella Grotta delle Meraviglie, solo e immusonito, a esercitarsi negli impalmaggi con la sua moneta; Arthur era tornato al lavoro, ma alcuni membri della compagnia si erano trattenuti in gruppetti a discutere sulla decisione del direttore:
“Avrebbe potuto almeno consultarci!” si era lamentata Vanja Svanmör, inviperita. “Lavoriamo per lui da anni, il nostro parere non conta nulla?”
“E poi, che ne sa quello spilungone lì di vita da circo? È un fermo!”
“Mi auguro che il Folletto sappia quello che fa.”
A quel punto, avevano cominciato a bombardare Jim di domande: come aveva conosciuto Blake? Era davvero uno stregone? E soprattutto, ci si poteva fidare di lui?  Il ragazzo aveva cercato di rispondere a tutti pazientemente, ma a una certa si era stufato di essere messo sotto torchio e si era trovato un posto tranquillo dove riflettere.
I lembi dell’ingresso si scostarono piano, lasciando entrare un ventaglio di luce.
«Finalmente ti ho trovato.»
Solomon Blake avanzò silenzioso tra le sedie disposte ordinatamente fino al palco, con Wiglaf, il suo corvo-demone albino, appollaiato sulla spalla. «Devo ammettere che questo posto ha un aspetto diverso senza quella folla di scalmanati: dovresti selezionare il tuo pubblico invece che cercare di attirare quanta più gente possibile.»
Si chinò per raccogliere un finto rubino da una cesta e lo esaminò da vicino. «Del resto, la magia non è per tutti.»
«È venuto a ricordarmi quanto faccia schifo il mio show?» borbottò Jim, restando sulle sue. «O per riscriverlo completamente, visto che adesso è il mio capo?»
«No, volevo invitarti a pranzo per discutere del tuo programma di studi: prima cominciamo e prima potrete ripartire. Ci stai?»
Come se avessi scelta.
Jim intascò la moneta con un sospiro. «Ok.»
Riattraversarono il campo, accompagnati dagli sguardi torvi dei dritti. Almeno per una volta, pensò Jim, artisti e operai avevano trovato qualcosa in comune: la diffidenza verso l’intruso che era piombato nel loro piccolo mondo, turbandone gli equilibri.
Si sforzò comunque di ignorarli e seguì Blake fino alla sua vettura, dove li attendeva l’enorme chauffeur biondo; aprì la portiera posteriore per lo stregone e la richiuse dietro Jim. L’abitacolo era foderato in pelle e legno lucido, e odorava di nuovo.
«Il suo amico è lo stesso Valdar che ho incontrato ieri?» domandò Jim, mentre il gigante prendeva posto al volante e le sospensioni dell’auto gemevano sotto il suo peso.
«Ho applicato su di lui una trasfigurazione momentanea» spiegò lo stregone, lisciando distrattamente le piume sul petto di Wiglaf. «Volevo un arrivo discreto.»
«Discreto?» ripeté Jim. «Cazzo, poteva chiamare una fanfara già che c’era!»
«Mi pare di cogliere una certa ostilità da parte tua.»
Jim inspirò profondamente; intanto, la Rolls-Royce aveva lasciato il piazzale, sollevando una gran nuvola di polvere.
«Non lo può fare, ok? Non può arrivare qui con la sua auto di lusso e la sua valigia piena di soldi e sconvolgere la vita a tutti!»
«A me non sono sembrati così sconvolti.»
«Rodrigo è rimasto nascosto tutto il tempo, credeva fosse dell’ufficio immigrazione! Sono tutti arrabbiati perché di punto in bianco è arrivato lei a dettare ordini, e indovini a chi danno la colpa?»
Il corvo sulla spalla di Blake fece schioccare il becco, infastidito dal suo tono di voce eccessivamente alto.
«Mi hai chiesto di non separarti dalla compagnia» ricordò lo stregone. «Ogni scelta che compiamo porta con sé delle conseguenze. Così è anche nella magia, è bene che tu lo tenga sempre a mente.»
Jim trattenne a stento la collera. «Perciò, era il suo modo contorto di darmi una lezione?»
«Era l’unica strada percorribile» ribatté Blake, con voce ferma. «I tuoi amici sono troppo orgogliosi per ammetterlo, ma avevano bisogno di quel denaro: in questi quattro giorni non siete riusciti a coprire neanche la metà di quanto avete speso e il direttore ha un sacco di debiti. Certo, potrebbe stare alla larga dal gioco d’azzardo e dal whisky per un po’, ma sappiamo entrambi che non lo farà.»
«Questo non le dà il diritto di immischiarsi!» sbottò il ragazzo. «Non ci serve la beneficenza.»
«Forse, ma a te serve un’istruzione. E non ho obbligato il signor O’Malley ad accettare.»
Jim sbuffò. «Maurice per i soldi farebbe qualunque cosa: a nove anni ha cercato di rifilarmi a una coppia a cui era scomparso il figlio per intascare la ricompensa. Ed erano cinesi!»
«Tutti abbiamo una leva, e il tesoro è e sarà sempre la leva di ogni folletto: non giocare questa carta a nostro vantaggio sarebbe stato da sciocchi.»
«A suo vantaggio, vuole dire.»
«Non capisco dove sia il problema» disse lui, assumendo stavolta un tono leggermente piccato. «Sono ricco, la mia famiglia lo è da generazioni. Ma da dove provengo, il denaro non ha alcun valore; perciò, se posso aiutare qualcuno che ne ha più bisogno sono ben lieto di privarmene. E poi, hai promesso di fidarti di me.»
Jim non trovò argomenti validi con cui ribattere e rivolse l’attenzione fuori dal finestrino, chiudendosi in un silenzio ostinato. Con la coda dell’occhio, vide che Blake stava rovistando sotto la giacca.
«Come prova delle mie buone intenzioni» disse, allungandogli una scatolina di velluto nero.
Jim aggrottò la fronte. «Che cos’è? Un regalo?»
«Una specie.»
Il ragazzo sospirò ancora, ma accettò quel segno di pace; portare il broncio non avrebbe risolto niente. Quando aprì la scatolina, però, rimase interdetto. «È un anello.»
«Non è di tuo gradimento?»
«Non starà correndo troppo? Ci siamo appena conosciuti…»
«È un Vincolo» spiegò lo stregone. «Di amicizia e lealtà reciproca: sei il mio protégé adesso ed è bene che tutti lo sappiano.»
«Tutti chi?»
«Chiunque: cacciatori di streghe, demoni, altri stregoni. Te l’ho detto, quelli come noi non giocano secondo le regole dei Mancanti: se uno stregone è nei guai non si rivolge certo alla polizia.»
Jim prese l’anello e se lo rigirò tra le dita; era d’argento brunito, pesante, scolpito a forma di zampa di uccello. Di artiglio.
«E portare questo mi garantirà protezione?»
«Finché non sarai in grado di garantirtela da solo.»
«E quelli del circo?» Jim sollevò lo sguardo. «La protezione vale anche per loro?»
«Non potevo assicurarmi che ne indossassero uno in ogni momento: il contratto firmato da O’Malley ha la stessa valenza. Questo ti fa sentire meglio?»
Jim preferì non dare voce ai suoi pensieri. Ricordò la minaccia ai Winters: “Il Corvo Bianco tornerà a farvi visita.”
Occhio per occhio. Non era il modo in cui si esprimevano in genere gli insegnanti. Era il gergo dei gangster, quelli in completi gessati armati di mitra. E gli stregoni? Era fatto così anche il loro mondo? 
In cosa mi sto invischiando? Infilò l’anello.
«Passiamo a un’altra questione» riprese Blake. «Anche se avrei preferito risolvere tutto oggi: domattina Valdar ti riaccompagnerà al treno, così potrai preparare i bagagli.»
«Quali bagagli?»
«Per il tuo trasferimento alla magione, naturalmente. Porta solo gli affetti personali, troverai tutto ciò che ti occorre…»
«Non ha detto che dovevo venire a stare da lei!»
«Credevo fosse implicito.»
Il ragazzo serrò le braccia al petto. «No.»
«“No” cosa?»
«Non mi traferirò alla magione. Quel posto mi mette l’ansia e…e poi non riesco a dormire in un letto diverso dal mio. Ho bisogno della mia cabina, dei cigolii del treno.»
Lo sguardo di Blake fu attraversato da un lampo di contrarietà. «Le lezioni si terranno alle otto in punto: hai tanto da recuperare e poco tempo a disposizione. Vuoi davvero che Valdar ti passi a prendere tutte le mattine?»
«Verrò da solo e sarò puntuale.»
«È una bella sfacchinata a piedi.»
«Antonio ha una bicicletta, gliela chiederò in prestito.»
Lo stregone tirò su col naso, palesemente risentito; estrasse di tasca l’orologio e, come aveva fatto prima di fronte alla compagnia, aprì il coperchio e gli diede la carica. Jim iniziava a sospettare che fosse una specie di tic nervoso.
«Otto in punto» decretò infine, richiudendo il coperchio col pollice. «Un secondo di ritardo e ti materializzo direttamente in biblioteca, che tu sia presentabile o no.»
 
 
Arrivati alla tenuta, Valdar si ritirò nel suo seminterrato, mentre Blake condusse Jim in biblioteca; mentre riattraversavano le sale, vuote e malamente illuminate della grande casa, il ragazzo si accorse di un dettaglio che il giorno prima gli era sfuggito. «Dove sono finiti tutti gli specchi?»
Indicò la tappezzeria vittoriana del corridoio, dove era ben visibile l’alone più scuro lasciato da una cornice ovale. «Li ha tolti lei?»
«Sì.»
«Non sarà mica un tipo superstizioso.»
Blake assunse un’espressione difficile da decifrare. «Sono oggetti poco affidabili, non prestarci attenzione.»
Jim non capì cosa volesse dire, ma per il momento lasciò cadere la questione.
In biblioteca, trascorsero circa un’ora a parlare di libri: Jim si era aspettato una certa mole di studio, ma di fronte a quella torre di volumi, grossi come enciclopedie, che lo attendeva sul tavolo, si sentì svenire.
«Glossario alchemico di primo livello» lesse, sfogliandone uno, e poi ancora: «Effemeridi e mappe celesti, Introduzione alle rune …ma a che serve questa roba?»
Lo stregone lo raggiunse con altri libri sottobraccio.
«Serve a capire il “cosa”, il “come” e il “perché”: solo quando avrai appreso in che maniera opera la magia potremo concentrarci sulla pratica.»
«Però finora ci sono riuscito anche senza» obiettò Jim con aria astuta. «Potremmo saltarla quella parte…»
«No, tu finora hai improvvisato: fai cose a caso finché non succede qualcosa. I maghi non agiscono così, non gettano in aria una moneta sperando che non distrugga loro stessi e l’intero universo.»
Blake batté una mano sulla pila. «Studierai i fondamenti del pensiero magico e gli archetipi su cui si regge la realtà. Ti spiegherò come interagiscono tra di loro e in che maniera un mago interviene per manipolarli. Alla fine, redigerai una relazione. Per iscritto» aggiunse, e tutto l’entusiasmo di Jim si sgonfiò all’istante come un sufflè.
Ma Blake non aveva preparato per lui solo una montagna di libri da studiare. Gli fece trovare un set completo di pennini, inchiostri e persino acquerelli; poi, gli diede un baule composto da un mucchio di scomparti e cassetti, contenente ampolle e barattoli simili a quelli impiegati da Margot per i suoi unguenti. C’erano anche un mortaio, una coppa d’argento, un quaderno rilegato in pelle nera e…
«Mio Dio!» Jim estrasse un coltello dall’impugnatura in osso e una lama che misurava metà del suo avambraccio. «E questo cos’è?!»
«È un athame, un pugnale rituale.»
«Un momento, qui nessuno ha parlato di pugnalare la gente!»
«Infatti non pugnalerai proprio nessuno» disse Blake con un sospiro paziente. «L’athame non serve per colpire o tagliare, ma per dirigere le energie.»
«Perciò, niente sacrifici» chiarì Jim, per essere sicuro. «Niente rapimenti di neonati o cannibalismo…»
«Per l’amor del cielo!» esalò lui, levando gli occhi al soffitto. «Dimentica tutte le assurdità che hai sentito sulle streghe: la magia moderna ha abolito i rituali legati al sangue da molti secoli.»
Ripose il coltello e tirò invece fuori il quaderno nero. «Questo qui è il vero pezzo forte: il tuo primo grimorio. Ne terrai diversi durante la vita, dove segnerai i tuoi progressi, le osservazioni sulla natura e sugli incantesimi che man mano imparerai. E quelli che inventerai, se ci riesci.»
«Cioè come in un diario?»
«Se vogliamo. I più importanti testi su cui si basa la nostra letteratura non sono che grimori appartenuti a stregoni sapienti. Opportunamente revisionati, s’intende.»
«E quindi un giorno qualcuno potrebbe imparare da quello che io scriverò oggi?» chiese Jim, scettico.
«Perché no? Per i maghi ogni mente è preziosa: anche un semplice discepolo può apportare qualcosa di nuovo alla tradizione.»
 

Blake tenne lezione per le successive ore, mentre Jim prendeva appunti sul suo grimorio, sforzandosi di capirci qualcosa. Gli sembrava tutto enormemente difficile e lo stregone dava per scontate un mucchio di cose che fino a quel momento aveva ignorato: termini mai sentiti, postulati che andavano contro ogni legge fisica. Alla fine della mattinata, riuscì a riempire una mezza paginetta di frasi sconnesse e aveva l’impressione che gli fosse rimasto solo un gran mal di testa e una fame da lupi.
Il pranzo fu servito nella sala col ventilatore meccanico, illuminata malamente da una lunga fila di candelabri; a Valdar, spiegò Blake, dava fastidio la luce elettrica.
Non appena ebbero preso posto, l’orco comparve sulla soglia spingendo un carrello, di nuovo nel suo aspetto mostruoso. Jim si sforzò di restare impassibile mentre la creatura posava, con tutta la delicatezza in suo potere, i piatti di porcellana a tavola: frittelline di baccalà in salsa piccante, minestra di piselli servita con crostini di pane e prezzemolo, trota al forno con le patate. Il ragazzo non poté non rimanere ammirato da tanta maestria, ma il fatto che lo chef fosse rimasto immobile alle sue spalle a fissarlo lo stava facendo sudare freddo.
«Ehm, grazie Valdar.» Azzardò un sorriso. «Sembra tutto squisito!»
L’orco emise un grugnito sdegnato e passò a servire lo stregone; Blake ringraziò sommessamente, poi infilò una mano sotto la giacca e ne estrasse una boccetta trasparente a forma di prisma, con all’interno uno strano liquido nero come benzina. Bevve una lunga sorsata, trattenendo a stento una smorfia, e Jim ipotizzò potesse trattarsi di una qualche medicina. Valdar, intanto, dopo averlo fulminato con un’altra occhiataccia, fece un inchino e lasciò la stanza.
«Ma che problemi ha quel tipo?»
«Dagli un po’ di tempo» disse lo stregone, versandosi dell’acqua. «È strano per lui avere ospiti, deve solo abituarsi alla tua presenza.»
«Perciò siete sempre stati solo voi due?»
Lui posò la caraffa, e una strana malinconia gli velò lo sguardo. «Ultimamente.»
Non sembrò intenzionato ad aggiungere altro, così Jim scrollò le spalle e si concentrò sul pranzo.
E lì iniziò il dramma: cosa cavolo doveva farci con tutte quelle posate? Ce n’erano decisamente troppe, con forme strane, in argento e con la svolazzante “W” di Winters incisa sui manici.
Blake si accorse che era in difficoltà e sorrise con divertita indulgenza. «Dall’esterno verso l’interno» suggerì. «Il cucchiaio sempre nella mano destra, la forchetta piccola e il coltello a spatola per il pesce. Oh, e il posto dei gomiti non è sulla tavola: non siamo selvaggi.» 
Tutto sommato non se la cavò male, anche se la trota lo mise a dura prova con tutte quelle lische. Arrivati al dessert, il ragazzo domandò:
«Prima ha detto che ci sono altri stregoni, perché allora non ne ho mai incontrati?»
Blake bevve un sorso d’acqua prima di rispondere. «La maggior parte di loro ha rinunciato da tempo a convivere pacificamente coi Mancanti, ecco perché.»
«Perciò che fanno, si nascondono?»
«Non proprio» tergiversò lui. Prese un’altra breve pausa. «Esiste un luogo, fondato mille anni fa per tenere al sicuro la nostra gente e il suo sapere.»
«Un momento, quindi c’è una specie di…regno dei maghi?» La rivelazione per Jim fu a dir poco scioccante.
«Non un regno. Una città.»
«Sul serio?! E dov’è?»
«Non sulle mappe comuni» rispose lo stregone, laconico. Ma ormai aveva risvegliato la curiosità di Jim, che lo guardava con tanto d’occhi, e fu costretto a continuare: «Tra le Alpi svizzere, al centro del cosiddetto Triangolo bianco[1]Il suo nome è Arcanta, la Città Nascosta.»
«E i Mancanti lo sanno?»
«Lo sospettano. Arcanta nacque principalmente per impedire ai Mancanti di distruggere ciò che rimaneva della conoscenza magica: quando il Nuovo Credo si impose sul Vecchio Mondo, templi, accademie e biblioteche pagane vennero dati alle fiamme, chi praticava la magia bandito o trucidato. Perciò, sotto la guida di tre illustri maghi, i Fondatori, la nostra gente cercò un posto sicuro, un luogo dove la magia potesse essere esercitata ancora in libertà e sicurezza.
Da allora, gli esoteristi di tutto il mondo si sono avventurati alla sua ricerca, da Cagliostro ad Aleister Crowley, ma nessuno l’ha mai trovata: Arcanta è protetta da antichi incantesimi e l’accesso è consentito solo ai veri maghi, naturalmente.»
«Lei viene da lì?»
«Ci ho vissuto per un po’.»
«Non riesco proprio a immaginare un posto del genere!» ammise il ragazzo, emozionato. «Mi ci porterà un giorno, vero?»
«Forse» rispose Blake, lentamente. «È passato del tempo dall’ultima volta che ci sono stato.»
Jim avrebbe voluto chiedergli come mai, ma aveva notato che lo stregone diventava evasivo sulle informazioni che lo riguardavano strettamente.
Infatti, cambiò subito argomento: «Ci sono un paio di altre questioni da chiarire prima di cominciare l’apprendistato. Innanzitutto, sappi che esigerò sin da subito molto da te. Come ti ho detto, hai tante cose da imparare in poco tempo; quindi, non ammetterò negligenze. Mi sono spiegato?»
Jim annuì senza esitazione: in altre circostanze, non avrebbe tollerato una simile presa di autorità da parte di un tizio che conosceva appena, ma il mondo che gli aveva aperto si presentava troppo vasto e strabiliante e non aveva intenzione di lasciarselo sfuggire.
«Secondariamente, mi aspetto che tu sia in grado di gestire il tuo tempo e la mole di studio in maniera autonoma» proseguì. «Come ti ho accennato, ci sono certi affari che mi terranno impegnato e potrà capitare che mi assenti qualche giorno: starà a te portarti avanti col lavoro. Le stanze al pianterreno e la biblioteca saranno sempre a tua disposizione, a qualsiasi ora, così come il giardino d’inverno e il laboratorio di alchimia…»
«C’è anche un laboratorio?!»
«Ti fornirò una piantina. A tal proposito, l’ala ovest della casa è inagibile… per via di un esperimento non andato a buon fine.»
«Che tipo di esperimento?»
«Nulla di grave, ma è meglio se ne stai alla larga. Per sicurezza.»
«Credevo che gli stregoni non commettessero mai errori» commentò Jim, non senza ironia.
Stavolta, invece di indispettirsi, Blake sogghignò: «Oh, li commettono eccome. Ma la maggior parte delle volte, cercano di farlo con stile.»

 
 

[1] Triangolo magico formato da Lione, Torino e Praga.
  
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