“MA
QUALCUNO VUOLE VENIRE A SERVIRMI OPPURE NO? MA PORCA MISERIA,
NON LO SAPETE CHE IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE?!” Appoggiato
al bancone di un
compro-oro, Ryo stava strepitando come una ragazzetta isterica,
sbattendo i
pugni sulla pellicola logora di simil-legno, che aveva visto giorni
migliori.
Accanto
a lui, Hideyuki si tappava le orecchie, stringendo al
contempo denti e occhi quasi quelle urla in quel modo potessero
risultare meno
nocive per la sua salute psico-fisica.
“Senti,
Ryo…” L’occhialuto poliziotto
sospirò, mettendosi le mani
nel logoro impermeabile. “Non c’è
nessuno, o di te non gliene frega nulla.
Perché non torniamo un’altra volta?” O
magari lasciamo perdere.
“No,
non se ne parla nemmeno! Si tratta di una questione di
principio! Rivoglio quell’anello indietro, e se vogliono i
soldi indietro li
chiedano a tua sorella! Lei non aveva il diritto di venderlo! Quello
era il mio anello di fidanzamento,
ed è stata lei a
lasciare me!” Mentre parlava
nervosamente, così velocemente che le parole sembravano
quasi ingarbugliarsi le
une con le altre, Ryo sbatté nuovamente il pugno sul
bancone, facendo volare in
aria la vecchia e logora ricevuta della gioielleria che aveva
ritrovato, dopo
accurate ricerche, nella sua beneamata Mini, mischiata a vecchie
ricevute,
multe, incarti di cibo e di sigarette e accendini ormai scarichi.
Quando
il foglietto, su cui faceva bella mostra di sé la cifra di 121.000 Yen,
ricadde nuovamente
sul tavolo, Hideyuki si allungò sulla spalla del partner, e
dopo aver sollevato
un sopracciglio con fare interessato, fece un sorrisetto malizioso,
ridacchiando, all’indirizzo di Ryo.
“Dì
un po’, ma gli anelli li compri quando ti va nel caso ti
venga
voglia di fidanzarti?” gli
domandò,
ridendo sotto i baffi.
“Ma
la pianti di dire assurdità? Lo sai benissimo che quello lo
avevo comprato apposta per tua sorella!” Ryo lo
guardò con curiosità, quasi non
capisse cosa l’amico volesse dire, poi però vide
Hideyuki fare un sorrisetto,
mentre tamburellava con un dito su una cosa in particolare, un dato
che, col
tempo, si stava ormai sbiadendo… ,a che tuttavia era ancora
abbastanza ben
visibile.
La
data di acquisto. Risalente a parecchi anni prima - e di
parecchio precedente al tempo in cui Ryo aveva deciso di comportarsi da
uomo e
dire a Kaori che voleva provare ad avere una relazione con lei.
“Ehm…”
Ryo prese a sudare, goccioloni che gli scendevano dalle
tempie mentre il suo migliore amico se la rideva di gusto; poi
però un pensiero
fugace gli balenò per la mente, e si avvicinò ad
Hideyuki. I due uomini erano
ad un solo respiro di distanza, quando Ryo prese ad incombere
sull’amico,
sghignazzando con la stessa espressione di un genio malevolo.
“Vorresti
dirmi che tu a Saeko l’anello non lo hai ancora
comprato?” Lo schernì. “Che non lo tieni
nascosto da nessuna parte?”
Hideyuki
strinse i denti, volgendo lo sguardo altrove. Non se la
sentiva di parlarne, né tantomeno di scherzarne, e Ryo
avrebbe dovuto sapere
quanto quel tira e molla tra lui e la sua (ex) donna lo facesse
imbestialire;
erano anni che lui e Saeko si mettevano insieme, si lasciavano, e poi
tornavano
insieme, e dopo che alcune settimane prima, all’ennesima
richiesta dell’uomo di
rendere ufficiale il loro rapporto, lei aveva risposto che non era
pronta e che
aveva ancora bisogno di preparare
psicologicamente papà, lui ha certe idee su che tipo
d’uomo le sue figlie
debbano sposare Hideyuki se n’era andato sbattendo
la porta, seccato che
lei non lo amasse abbastanza da lottare per la loro relazione. Lui era
rimasto
fermo nella sua decisione, e lui e Saeko avevano preso ad essere di
nuovo solo
colleghi… anche se lei sembrava sentire la sua mancanza. Ma
Hideyuki non si
sarebbe piegato, non stavolta: adesso spettava a Saeko offrirgli la sua
mano
perché l’uomo la accettasse.
Peccato
che, quando lei aveva provato a
fare un mezzo passo verso di lui, avessero
finito per litigare di nuovo, quando a Maki era quasi scappato
ciò che era
successo con Yuka e con quel finto poliziotto… lui aveva
accusato il padre di
lei di essere superficiale, lei gli aveva risposto che parlava a
sproposito, parole
erano state gridate,
porte erano state sbattute, e lui era tornato a dormire sul
divano-letto di
Kaori.
“Sai,
non mi sei mai sembrato il tipo da fidanzamento,” Hideyuki
gli domandò, desideroso di riportare l’attenzione
sull’amico e su sua sorella.
“Figuriamoci se ti ci vedevo a cercare
anelli…”
Ryo
sbuffò; si appoggiò mollemente sul bancone,
mentre ancora
tamburellava, nella speranza che arrivasse qualcuno – ma
nulla. Guardò il
collega, ed immaginò che fosse giunto il momento di parlare
– e che comunque,
il buon Makimura non avrebbe mollato l’osso tanto facilmente,
soprattutto visto
e considerato che non sembrava voler parlare di Saeko.
“L’avevo
preso per lei,”
Ryo gli rispose, con una scrollata di spalle che voleva far pensare che
gli
importasse poco o nulla di cosa stava accadendo e di cosa aveva fatto
in
passato. “Kaori era da quando era piccola che la faceva
andare con tutta quella
storia della proposta perfetta, no?”
“Eri,
ma dove
andiamo?” Camminando con gli occhi coperti dalle mani
dell’amica, Kaori
procedeva sul terreno erboso, incerta sui tacchi, fasciata in un
elegante abito
da sera azzurro polvere.
“Non
preoccuparti, è una sorpresa!” L’amica
le disse, col sorriso sulle labbra e
nella voce. “E adesso, tieni gli occhi chiusi!”
Eriko lasciò andare Kaori, che,
come promesso, mantenne gli occhi chiusi una volta che si furono
fermate. Un
brivido la percorse da capo a piedi quando avvertì una
carezza sulla pelle nuda
del braccio, ed avvertì il calore che sapeva associare a Ryo
e Ryo solo.
Sorrise,
stupita,
mordendosi le labbra, e quando una musica di violini
attaccò, lei aprì gli
occhi, e se lo trovò di fronte. Vestito in un elegante
completo grigio, la
guardava timido ed impacciato, come fosse stato un ragazzino.
“Ryo?
Ma cosa…”
Tante lucine si alzarono all’improvviso, riempendo il prato e
rendendolo
magico, come una radura incantata; Ryo la prese per mano e la condusse
vicino
ad un tavolino di metallo bianco, apparecchiato per due con una coppa
di
cristallo contenente una peccaminosa crema al cioccolato con due
cannucce, e
accanto due calici di quello che sembrava champagne.
Lo
sapeva- Kaori
sapeva cosa stava accadendo, ed il cuore le martellava nel petto per
l’emozione.
Era
perfetto, era
come l'aveva sempre immaginato, sognato, come lo aveva raccontato ad
Eriko ed
Hideyuki tante volte da quando era ragazzina.
Si
voltò a
guardarlo, e trovò Ryo inginocchiato a terra, con in mano
una scatola di
velluto nero aperta, su cui faceva bella mostra di sé un
sottile anello in oro
bianco con un piccolo diamante al centro.
“Kaori,
vuoi…
ecco, vorresti…. Vorresti, vorresti sposarmi?” Le
chiese infine, dopo aver
balbettato per minuti che gli erano parsi ore.
Scoppiando
a
piangere, Kaori gli gettò le braccia al collo.
Hideyuki
lasciò ricadere il capo sulla spalla, guardando
l’amico
con un misto di tenerezza e rimpianto; quando si erano lasciati, Kaori
aveva
ritenuto Ryo, a suo modo, responsabile- aveva detto che non era stato
abbastanza maturo, che non era pronto. Che non voleva la
responsabilità della
famiglia. Ma adesso il poliziotto iniziava a chiedersi se anche la
sorella non
avesse avuto la sua parte di colpa: forse che Kaori vivesse
l’amore in modo
infantile, idealizzandolo in modo esagerato, pretendendo che
l’uomo che aveva
desiderato essere suo cambiasse in tutto e per tutto per lei? Nulla di
quella
proposta parlava di Ryo, un tipo più da convivenza che da
matrimonio, e che
comunque avrebbe visto meglio chiedere alla sua donna di sposarlo negli
attimi
di vita vissuta, con un bacio magari, ma senza anelli, pura
spontaneità.
Che
fosse per questo che le piaceva tanto questo Shinji… lui era
già come lei si era immaginata l’uomo ideale da
ragazzina, prima ancora di
incontrare Ryo: intelligente, fascinoso, carismatico,
maturo… e per di più,
ricco, elegante e raffinato, ed i rispettivi genitori li avevano sempre
visti
bene insieme. Quale donna non avrebbe fatto pazzie per uno come lui?
Anche se
Hideyuki iniziava a domandarsi se non fosse troppo
perfetto, soprattutto per Kaori… dov’era la
passione, il fuoco? Shinji non
sembrava essere in grado di darglieli… ma con Ryo era stata
tutta un’altra
cosa.
Ryo
l’aveva fatta vivere, e adesso… adesso sembrava, a
volte,
essere solo in grado di sopravvivere, e la cosa lo faceva soffrire,
perché era
certo che Kaori si meritasse di più dalla vita- ma non
poteva certo
impicciarsi, né Ryo né Kaori avrebbero apprezzato
intrusioni sue o di
chicchessia.
“Ah!
Alleluya! Finalmente!” Ryo esclamò
all’improvviso, sbraitando
talmente tanto ad alta voce che fece accapponare la pelle al socio, e
urlare la
giovane donna dai lunghi capelli neri che stava passando nel retro, e
che aveva
appena intravisto. “Signorina, venga subito qui, devo parlare
con qualcuno del mio anello!”
Sibilò all’indirizzo della
giovane, che, tremante – soprattutto alla vista della pistola
nella fondina –
si avvicinò al bancone.
“Ehm..
cosa… come posso aiutarvi?” Domandò,
arrossendo lievemente,
una reazione che fece sbuffare Hideyuki che iniziava a stufarsi di
vedere le
donne svenire alla vista del suo socio.
“La
mia ex fidanzata è venuta qui a vendere l’anello
di
fidanzamento!” continuò, facendole vedere la
ricevuta. “Dato che è stata lei a
lasciarmi, avrebbe dovuto restituirmelo, e non controllando voi siete
passabili
di denuncia per ricettazione!”
La
donna impallidì; fece alcuni passi indietro, andando a
sbattere
con la schiena contro una vetrina espositiva mezza vuota, lasciata
socchiusa;
era tesa e nervosa, e Hideyuki non mancò di rendersene
conto; lentamente,
scostò l’impermeabile, mostrando alla donna che
anche lui era armato- e
provvisto di distintivo.
La
donna strinse i denti.
“Ryo…” Hideyuki
sibilò, a
bassa voce, lo sguardo tagliente incatenato a quello della donna, che
muoveva
lentamente, quasi al rallentatore, una mano, nella speranza che il suo
movimento fosse impercettibile.
“Non
mi interessa se la legge dice che di un regalo si può fare
quello che si vuole… quello è un anello di
fidanzamento! Il galateo parla
chiaro, se la donna rompe il fidanzamento è tenuta alla
restituzione
dell’anello! E lei adesso se l’è venduto
per… no, non voglio nemmeno pensarci!”
Ryo ribatté, non comprendendo esattamente cosa
l’amico volesse dire.
“Senti,
Ryo, per
curiosità, quanto avevi pagato il mio anello di
fidanzamento?” Kaori gli
domandò, giocherellando con una penna.
“Guarda
che lo so
pure io che non è elegante chiedere il costo di un
regalo!” Ryo, da dietro la
scrivania, nascosto da una miriade di fascicoli, sbuffò. Poi
però alzò lo
sguardo verso di lei, e sollevò un sopracciglio.
“Come mai all’improvviso ti
interessi del mio
anelo
di fidanzamento, Kaori? Vuoi fare il paragone con quello del nuovo
fidanzatino
perfettino?”
“Guarda
che mi
preoccupo della gentaglia che frequenti, cretino. Credo che tu sia
stato
truffato.” Kaori gli tirò fuori la ricevuta di un
compro-oro, e la passò sotto
al naso di Ryo. “Sono andata a venderlo e me lo hanno
valutato una miseria,
nemmeno trentamila yen!”
“Cosa?!
Ma io l’ho pagato cinque volte tanto! Se
c’è qualcuno che
si è fatto fregare quella sei tu, Kaori!” Ryo
afferrò la ricevuta, stringendola
tra le mani mentre, in piedi, i dentro stridevano. “E
comunque, avresti dovuto
ridarmelo, l’anello, o tenertelo, non venderlo!”
“E
farmi pagare
le nozze con Shinji dal mio fidanzato o da mio fratello? Non se ne
parla! “
“Ryo…”
L’amico sibilò a
denti stretti, facendogli cenno col capo verso la donna; la bellezza
velocemente cercò di afferrare qualcosa che teneva nascosto
dietro la schiena,
e alzata la mano pronta a colpire, Ryo, compreso finalmente cosa stesse
accadendo – con grande gioia del compagno –
agì prontamente. Rapido, estrasse
la sua arma, sparando un singolo colpo per disarmare la donna senza
tuttavia
ferirla, e mentre lei, intontita, si massaggiava la mano, Hideyuki la
raggiunse
dall’altra parte del banco con un balzo, e dopo aver dato un
calcio al pugnale
la ammanettò.
“Certo
che però potevi dirmelo prima che era una rapina,
eh…” Ryo
sbuffò, in modo teatrale, prima di
guardare la bellissima donna, avvolta in un completo pantalone nero che
faceva
risaltare le sue forme. “Allora, bellezza, cosa stavamo
combinando?”
La
donna – giovane e bellissima, Ryo lo poteva facilmente
ammettere – voltò lo sguardo altrove, quasi
indispettita; nello stesso momento,
i due poliziotti avvertirono una certa commozione provenire dal retro
del
negozio, ed Hideyuki, veloce, face per andare a vedere cosa stesse
accadendo,
ma un uomo- un armadio sui venticinque, trent’anni, lo
buttò a terra con una
gomitata prima ed un calcio nello stomaco poi, mentre la donna guardava
la
scena arrabbiata ed inferocita.
Prima
che fossero riusciti a raggiungerlo, se n’era già
andato in
sella ad una scattante motocicletta, che agile si muoveva nel caotico
traffico
cittadino, sfrecciando tra i veicoli fermi nel traffico di Tokyo.
“Quel
dannato traditore doppiogiochista… e mia nonna crede che
sposerò quel… quel….quel cretino
codardo?!” La donna strillò; iniziò a
gridare,
a strillare, isterica, inferocita, e sembrava non voler smettere, mai,
per
nessun motivo al mondo…
Continuò
a strillare anche una volta che furono arrivati alla
centrale, dove, ammanettata, la accompagnarono nella sala
interrogatori, ma
nulla: lei continuava a imprecare, inferocita, contro la sua famiglia e
contro lui, e
che sarebbe morta prima di sposarlo…
“Cos’è,
hai spezzato un altro cuore?” Kaori domandò
scherzosamente
a Ryo, mentre sedeva davanti allo specchio cieco, studiando la donna
che
continuava a sbraitare isterica e furibonda; Saeko era dentro, con
Hideyuki, ed
entrambi si stavano tappando le orecchie, stringendo denti e occhi
nella
speranza che quello aiutasse a
placare
cosa stava accadendo.
“Spiritosa,”
Lui le rispose, un po’ scocciato. “Ero andato a
riprendermi il mio anello, quando
invece del gioielliere mi sono trovato davanti questa che faceva piazza
pulita
di tutti i gioielli. Aveva anche un partner ma il tuo fratellino se
l’è fatto
scappare.”
“Il
tuo…. Vuoi dire…” Lo sguardo della
donna cadde sulla sua mano
sinistra, quasi avesse potuto trovare lì la risposta alle
sue domande,
quell’anello che per troppo poco tempo aveva indossato.
Guardò
Ryo, lo squadrò, lo studiò, cercando di capire
cosa lo
avesse davvero mosso ad agire in quel modo, cercare di riavere qualcosa
che da
tempo non era più suo: cocciutaggine, orgoglio ferito? Per forza, si diceva Kaori, rifiutando
che Ryo avesse ragioni ben
più profonde per voler riavere quell’anello - che
per lui, che aveva
sempre detto di non credere al
matrimonio, non avrebbe dovuto significare nulla. E invece, ora
sembrava quasi…
quasi rammaricato. Ma era perché lo aveva
venduto… o perché avrebbe preferito
incassare lui, quei soldi?
“Sappiamo
chi è la tua estimatrice?” Gli domandò
curiosa; stava
usando un tono un po’ civettuola, quasi infantile –
lo stesso che aveva usato
da ragazza quando lo voleva manipolare nel fare qualcosa per lei o lo
voleva
prendere in giro.
“Solo
il nome di battaglia, a quanto pare si fa chiamare Ladra
305 ed ha una lista di precedenti
lunga da qui all’Europa… Saeko dice che potrebbe
appartenere ad una banda,
perché ha trovato lo stesso modus operandi in casi anche di
quindici, vent’anni
fa… e dubito che la nostra bella scassinasse le serrature
con le spille di
sicurezza del pannolino.” Ryo sogghignò,
sghignazzando. “Ah,
e sappiamo anche che a quanto pare pure
il suo di matrimonio è
saltato… il
complice che l’ha mollata? Era
il suo
ragazzo.”
La
coppia, in piedi l’uno accanto all’altra davanti al
finto
specchio, così vicini che quasi si sfioravano, che potevano
avvertire l’uno il
calore dell’altra, tornò a prestare attenzione a
cosa stava accadendo dentro, a
Saeko che, imperterrita, fredda e glaciale come solo lei poteva essere,
si
apprestava ad interrogare la giovanissima donna, ammanettata al
tavolino di
metallo.
“Signorina…
mi scusi, ma sa, non so come chiamarla…” Le disse
con
un sorriso disarmante, che stupì tutti. Le si sedette
davanti, improvvisamente
cambiando, dimostrando di essere una manipolatrice nata non solo quando
si
trattava di uomini ma anche con elementi del cosiddetto gentil sesso-
non che
al dipartimento qualcuno avesse mai osato definire lei o Kaori in quel
modo.
La
ladra non rispose, si limitò a guardare in basso,
rattristata,
sembrava svuotata, delusa… ma dalla vita, o
dall’uomo con cui pensava che
avrebbe passato il resto dei suoi giorni?
“Ascolti…”
Saeko posò la mano su quella della donna, guardandola
dolce, mentre Hideyuki invece assumeva un’aria sempre
più severa e dura,
rendendo palese il loro gioco di poliziotto buono e poliziotto cattivo.
Ma la
stagionata poliziotta immaginava che avrebbe potuto funzionare: la
ragazza
sembrava abbastanza abbattuta e sconvolta da fidarsi di lei.
“Non esistono i
fantasmi. Tutti hanno un’identità, e presto o
tardi scopriremo la sua, e quella
del suo…fidanzato.”
Saeko
sottolineò la parola in modo quasi sibilante, ponendo su di
essa l’accento; la donna sembrò quasi svegliarsi
dal torpore furibondo in cui
era caduta, e strinse i denti, mentre due grosse lacrime le lasciavano
gli
occhi: era la reazione in cui Saeko aveva sperato.
“Se
dovessimo arrivare a lui… non mi meraviglierei se decidesse
di
parlare. Se la vendesse… la abbandonasse, come ha
già fatto.”
“Kasumi.”
La donna sospirò, il volto basso, le mani strette,
unite, quasi in preghiera. “Il cognome che ho usato
maggiormente negli anni è
Aso, ma… non sono certa che sia il mio vero cognome. La mia
famiglia fa questo…
lavoro da tempo. Non so nemmeno più io chi sono veramente,
se non la Ladra
305.”
“Abbiamo
controllato i dossier,” Hideyuki interruppe;
camminò
deciso verso di lei, mentre, dall’altra parte del vetro, Ryo
lo guardava, come
fosse fiero dell’amico e partner. “I compro-oro da
quattro soldi non sono mai
stati obbiettivi nelle vostre corde. Cos’è, avete
sentito la crisi pure voi?”
“Noi
non scegliamo cosa rubare- noi veniamo
ingaggiati per farlo. Un uomo mi ha pagata milioni di Yen
perché
andassi in quel buco e rubassi per lui una moneta antica. Quel buzzurro
del
proprietario nemmeno sapeva cosa aveva tra le
mani…”
“Una
moneta antica?” Saeko domandò, stupita, mentre
Kasumi faceva
cenno di sì col capo.
“Una
moneta romana, per la precisione in puro oro. Rarissima.
Unica.” Spiegò. “Una leggenda narra che
chi la possiede sarà incoronato capo
del Clan dei Gitani…”
“Chi?”
Ryo si domandò ad alta voce dall’altra parte del
vetro,
alzando un sopracciglio. Kaori sospirò, un po’
esasperata: a volte, il suo ex
era un po’ cieco a cosa non accadeva proprio
sotto al suo naso, mentre conoscere a menadito la cronaca nera
dell'intero
Giappone era la sua specialità.
“Una
banda di Rom, provenienti dalle ex Repubbliche sovietiche,
lavorano tra la Bulgaria e la Slovenia, principalmente, ma hanno
cellule in
tutta l’Europa centrale e meridionale. Hanno un comportamento
mafioso, e per
questo erano stati allontanati dal resto della loro
comunità- ma non per questo
hanno cessato di delinquere.”
“Quindi…”
Iniziò lui, spronando la sua ex a continuare nella
spiegazione, tenendo tuttavia l’orecchio teso ad ascoltare
cosa accadeva dietro
al vetro.
“Siamo
stati contattati da uno dei pretendenti al titolo di
Capofamiglia….” La ladra continuò nel
suo racconto. “Il vecchio patriarca è
morto e adesso i suoi quattro figli si contendono l’impero,
nonostante
tecnicamente sia solo il più grande ad averne diritto.
Ma… ma il figlioletto
minore vorrebbe essere lui a dettare legge. Dice che è
così che il padre
avrebbe voluto, perché era il figlio prediletto. Il ragazzo
aveva scoperto che
la moneta era da qualche parte in Giappone ed ha incaricato il mio clan
di
recuperarla.”
“E
ci siete riusciti?” La donna domandò, lasciando
calare
leggermente la maschera. Kasumi si guardò intorno; le era
stato insegnato a
detestare la polizia, odiarla, l’amore ed il rispetto era
solo per la
famiglia. Ma…
lei era stata abbandonata.
Nessuna
si aspettava che potesse tradire il sangue del suo sangue
ma… non avevano forse fatto lo stesso con lei?
Poteva
fidarsi solo di coloro che le erano di fronte.
Sghignazzando
malevola, si avvicinò a Saeko. “Allora, signora
detective… vuole sapere dove avverrà lo scambio?
Duemila yen che quel cretino
del mio ex non ha minimamente pensato a cambiare luogo e ora
dell’appuntamento!”
“Eh?
E questo cos’è?” Kaori
domandò a Ryo
quando, alcuni giorni dopo, a sera, le luci nella loro unità
quasi tutte
spente, soltanto loro e pochi altri rimasti dopo che avevano finalmente
finito
di compilare tutte le scartoffie del caso, lui le lasciò
scivolare una busta
sulla scrivania. Ryo le rispose con una scrollata di spalle, e quando
lei la
aprì, si trovò davanti un assegno, intestato a
lei- Kaori Makimura. “Ma, Ryo,
un assegno? Io non…”
“Quello
è il reale valore dell’anello che ti avevo
regalato. Avevi
ragione, su tutta la linea: mi avevano fregato alla grande. Ma
soprattutto, era
tuo ed era giusto che,
se ti servivano i soldi, lo usassi per te.” Le rispose,
scrollando con
noncuranza le spalle, seppur il suo volto fosse macchiato dal segno
della
tristezza. “Quindi, lasciami fare questa cose per te, va
bene?”
“Ryo,
non è giusto...ti ho lasciata io e quindi avresti dovuto
tenerlo tu, non darmi dei soldi...” La donna provò
a spiegargli, nascondendo le
sottili e delicate labbra dietro al foglietto. “E poi, lo hai
almeno
recuperato?”
Ryo
si morse la guancia, volgendo per un solo attimo lo sguardo
altrove, e si schiarì la voce. “Ehm, dovevano
già averlo venduto a qualcun
altro, un vero peccato, eh? Eh, eh, eh…”
“Oh…”
Kaori abbassò gli occhi, e a Ryo parve di vedervi dentro
come una nota di tristezza, di rammarico, ma durò solo una
frazione di secondo:
poi, lei si ricompose nuovamente. “Io… io non me
la sento di accettare, sono
davvero troppi soldi…”
“Senti,
mettiamola così: è il mio regalo di compleanno,
dato che
oggi festeggi… e dato che trent’anni si
festeggiano una volta sola, invece di
regalarti qualche cazzata che non userai mai e che magari tra due
giorni
butteresti via, ti do qualcosa che ti serve davvero!” Senza aggiungere altro,
senza permetterle di
dire la sua, Ryo si incamminò lungo le scale; mani nelle
tasche dei pantaloni,
sospirava mentre giocherellava con la scatola di velluto nero,
contenente
l’anello di fidanzamento: lo aveva ritrovato, ed era riuscito
a tenerlo fuori
dalle prove, e lo avrebbe tenuto ancora con sé, per un
po’... o forse per
sempre.
Perché
forse quella proposta l’aveva fatta perché Kaori
la
desiderava, ma quell’anello lui l’aveva acquistato
perché lui lo aveva
voluto, perché aveva visto quella gemma in vetrina ed
aveva pensato a lei, e questo sarebbe stato sempre vero, una delle
poche verità
da cui, almeno nel suo animo, Ryo non sarebbe scappato… mai
e poi mai si
sarebbe potuto disfare di quell’anello, simbolo del loro
amore.
“Tutto
bene, vecchio mio?” Sobbalzando, Ryo si voltò, e
trovò
Hideyuki che gli stringeva la spalla. Si limitò a
sorridergli, di un sorriso
triste, mesto, e sospirò, alzando gli occhi verso il cielo
di Tokyo, da cui non
si vedeva alcuna stella, troppe erano le luci artificiali della
città.
“No
ma… me la caverò.” Lo pensava davvero,
dopotutto, se l’era
sempre cavata, qualsiasi cosa la vita gli avesse messo davanti, lui era
sempre
sopravvissuto. Era sempre andato avanti. Lo avrebbe fatto anche
stavolta: solo,
sarebbe stato più complicato del solito. Più
doloroso.
“Ryo…
perché non provi a parlare con Kaori? O se
vuoi….” L’amico
tentennò, impacciato, ma parlando dal più
profondo del cuore, desideroso di
vedere la sua famiglia per quanto strampalata che fosse, felice ed
unita.
“Potrei farlo io.”
Ma
Ryo scosse il capo: forse, ormai, era troppo tardi. Forse
davvero era ora di andare avanti, guardare in faccia la
realtà, affrontare i
fatti.
Kaori
era stata pronta a
vendere il suo – loro- anello di fidanzamento,
questo la diceva tutta,
mostrava che le cose con Shinji andavano ben oltre che avere
semplicemente al
dito l’anello dell’altro: forse era davvero giunta
l’ora di rassegnarsi.
“Beh,
se ti può essere di consolazione, sarai casinista quanto
vuoi, e anche rozzo, un po’ ignorante, e non possiedi nemmeno
un grammo di
stile..” Hideyuki iniziò, facendo arrabbiare Ryo,
che si gonfiò nemmeno fosse
stato un palloncino. Però poi l’occhialuto
poliziotto gli sorrise, e gli fece
l’occhiolino prima di scoppiare a ridere.
“Però credimi, preferirei avere te
come cognato a quel pallone gonfiato di Shinji!”
Mentre
si incamminavano verso le loro auto, entrambi gli uomini
scoppiarono a ridere.
Uniti
come solo loro potevano essere- fratelli senza condividere
il sangue.
Ryo
alzò lo sguardo, e nel cielo vide una singola stella
illuminare il firmamento, quasi avesse voluto mostrare la strada ai
viandanti,
ai navigatori. Era forse un segno? Il destino gli diceva di non perdere
la
speranza, che c’era ancora qualcosa che poteva fare per
riavere Kaori nella sua
vita, al suo fianco?
Mano
sulla spalla del vecchio amico, si incamminò verso un bar,
pronto ad offrire all’altro cuore solitario da bere:
chissà, forse si
sbagliava, e c’era ancora, davvero, speranza per tutti
loro...