Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Keyra    01/09/2009    1 recensioni
Ho trovato un orecchino sotto il tuo letto. Non so di chi sia, non lo voglio sapere. Non te l'ho mai detto, perché so che non ci sono spiegazioni. Spiegazioni che possano migliorare la situazione. In quel preciso momento, ho smesso di amarti. E' stato tre mesi fa.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao. Come stai? Lo so, è inutile che chieda a me stessa cose a cui non posso rispondere. Sto parlando da sola, chiusa in una stanza che non mi è mai sembrata così pesante.
O forse sto parlando con te, che mi stai accanto? Ma stai dormendo, è possibile parlare con qualcuno che sta dormendo? Ti vedo respirare piano, la bocca leggermente aperta, gli occhi di cui mi sono innamorata tre anni fa nascosti da un velo di carne.
Da quanto tempo non mi rispondi sul serio, quando mi dici "Sto bene, e tu?". Lo so che non è così, lo so che c'è qualcosa che non va. Lo so che tra noi due si è spezzato un filo, che qualcosa, una bufera di promesse abbandonate al tempo, ci ha investito mentre tornavamo a casa seduti davanti al parabrezza. Lo so che hai fermato la macchina e mi hai gridato che la colpa non è solo tua, che stai lottando per non lasciarmi andare. Ma che io è come se fossi già andata via, come se il mio treno lo avessi già preso.
Già, come sto? Come sto io? Non me lo sono più chiesto, da quando ci sei stato tu, con me. Dalla prima volta in cui Bea ci ha presentati a quella festa in riva al mare, ricordi? Era sera, e la luce del falò ci balzava sulla faccia allegra, scoppiettante, felice di assistere al primo incontro di due innamorati. Ti ho guardato arrostire la carne sulla brace, attento ai tuoi movimenti, ti scrollavi di dosso la tua vanità per liberarti dal calore del fuoco. E quella raggiungeva tutte noi che ti guardavamo intento a lavorare con precisione, eravamo ammaliate dal tuo fisico alto e asciutto, i capelli chiari cortissimi, le spalle che sporgevano silenziose sotto la camicia.
Poi ti sei allontanato e Bea mi ha preso la mano, mi ha trascinato tra te e i tuoi amici. Vi conoscevate per qualche strana coincidenza, per qualche intreccio di conoscenze adolescenziali, eri l'amico-dell'amico-dell'amico-di Bea, e tu mi hai guardato con i tuoi soliti occhi, che però ancora non conoscevo. E anche se era buio, anche se alla luce del fuoco risultavano quasi diabolici, me ne sono subito innamorata.
Il giorno dopo mi sono svegliata su un asciugamano bagnato, di notte la marea si era alzata, e le onde ci avevano investito senza che neanche ce ne accorgessimo. Sentivo un brusio di voci attorno a me, mentre ancora tenevo gli occhi chiusi che reclamavano di voler dormire, ma la sabbia mi si appiccicava sui vestiti e sulle gambe nude, li ho aperti e ti ho visto che mi porgevi la mano.
- Dài, togliti di qui. Sei tutta bagnata, le onde ti hanno presa, dammi la mano -
L'ho afferrata con tutta me stessa, e ho sentito la tua elettricità scaricarsi lungo il mio braccio e atrofizzare poi tutta la mia spina dorsale. Avevo visto i tuoi occhi, e non riuscivo a spiegarmi come potessero essere così belli. Mi ricordavano qualcosa che non riuscivo a spiegare. Quanto tempo dopo ho capito di cosa si trattasse? Due, tre settimane dopo? Quel pomeriggio in cui mi hai portato sulla spiaggia, e non c'era più nessuno ormai, era quasi sera. Ho guardato il mare e poi i tuoi occhi e mi si è acceso il cuore. I tuoi occhi assomigliavano al mare quando la luce del tramonto batte sopra la sua superficie, creando infiniti riflessi bianchi sulla distesa di acqua blu.
- Sono i tuoi occhi! - ho gridato, e mi hai preso per una pazza, mi hai stretto le braccia ai fianchi e mi hai baciata. Ed è stato il bacio più bello della mia vita. Sentivo una folla impazzita di cavalli galopparmi dentro il petto, una scia di pietre rotolare giù lungo il mio corpo... altro che farfalle nello stomaco.
Non siamo stati una coppia banale, ma neanche troppo anormale. Siamo stati due sedicenni innamorati della loro prima cotta, più dell'idea che dell'amore effettivo che l'uno provava per l'altro; siamo stati due diciassettenni in fibrillazione per le loro prime esperienze, i loro primi viaggi da soli, chiusi in una camera d'albergo; siamo stati due diciottenni cresciuti, che pian piano hanno cominciato a capire cosa vuol dire, stare in coppia, che non ci sono solo momenti in cui vorresti toccare il cielo con un dito; e poi, ora, siamo due diciannovenni che non sanno più dove sbattere la testa, perché si sono accorti che quel cielo, loro, non lo toccheranno mai. Nonostante la scia di promesse che ci ha inseguiti per questi tre anni.
Cosa volevi dire quando hai detto, davanti al parabrezza bagnato dalla pioggia, che sono diventata come un cane cieco? Ci ho pensato tutta la notte. Me lo sono chiesto e richiesto, ma non mi viene in mente nulla. E se io sono un cane cieco, tu chi sei, allora?
Ti ricordi quando mi hai portato a fare il primo giro in macchina? Avevi appena preso la patente, sei venuto a prendermi a casa, sono uscita perché sentivo qualcuno che suonava con insistenza il clacson, ed eri tu. Sono corsa verso di te, per abbracciarti, mi hai preso in braccio e mi hai adagiata sul sedile.
- Pronta per il più bel viaggio della tua vita? -
- Dàài, dove mi porti? -
- In un posto che so io -
- Cosa vuol dire in un posto che so io? Dààài! -
Dopo un'ora di macchina hai frenato davanti a un campo di fiori. Lo abbiamo attraversato a piedi e siamo arrivati lungo un sentiero in mezzo agli alberi. Tu mi precedevi, tenendomi la mano, io ti seguivo come se, sì, fossi stato un cieco, e tu il mio cane. Non mi avevi bendata, non ce n'era bisogno, non conoscevo quel posto. Poi cominciai a sentire il rumore del fiume, dell'acqua che sbatte sulle pietre che intralciano la corrente. Siamo arrivati su un piazzale erboso, proprio davanti al fiume. Mi hai guardato contento e mi hai baciata e non hai più smesso fino a quando ci siamo sdraiati sul prato. Abbiamo fatto l'amore, incuranti del fatto che potesse arrivare qualcuno, perché in quel momento ci siamo amati alla follia. Eravamo noi e la natura, fusi in un insieme di gesti e baci, senza parole, senza ragione. Eravamo animali che si rotolavano nell'erba, ebbri di piacere e dei loro corpi, ci saziammo a vicenda per scolpire la nostra fame. Non facevamo l'amore da settimane.
Ora capisco perché mi hai detto che sono come un cane cieco. Non servo più a niente, giusto? Sono come un cane che non potrà condurti in nessun luogo, perché non ha la forza e la voglia necessaria per farlo. Allora perché non mi abbandoni per strada? Perché non mi porti ancora una volta, dopo le tante altre in cui ci siamo stati, in quel posto in riva al fiume, anche solo per quella strada, prima del campo di fiori, e mi scarichi come la gente fa con un bastardo in mezzo all'asfalto? Non dirmi che ti sei affezionato troppo a me, perché allora sarebbe davvero come trattarmi uguale a un cane.
Ho sempre pensato di avere qualcosa in più di te. Sì, l'ho detto, finalmente l'ho detto. Sei cinico, sei materialista, non sai vivere come vorrei vivere io. Io prenderei la valigia, la riempirei di qualche vestito, andrei all'aeroporto e lì deciderei, solamente lì, quale aereo prendere, dove andare. Mi butterei a capofitto in un viaggio in mezzo al mare, non penserei che gli squali potrebbero mangiarmi, perché qui di squali non ce ne sono, e non mi preoccuperei se potesse arrivare una tempesta che spazzerebbe via la barca, perché potrebbe anche arrivare un terremoto e spazzarmi via la casa, e comunque non ci avrei pensato. Non avrei fatto niente per evitarlo, perché semplicemente non lo sapevo. Tu invece ti fermi, ti blocchi, sei sempre quel muro di ghiaccio che non si lancia nelle avventure. E non sai esprimere cosa provi, se ti scrivessi tutto quello che sto dicendo a me stessa penseresti che sono una pazza, invece so solo pensare qualcosa che vada oltre allo "sto bene, sto male, ti amo, ciao".
La prima volta che me l'hai detto, ti amo, ho avuto paura che stessi buttando al vento il tuo orgoglio. E infatti è stato così, una parte di te se n'è andata. Quella parte stronza ed egoista non l'ho più vista. Hai voluto condividere tutto con me, da quel momento. Ma una parte del ragazzo di cui mi ero innamorata, non c'era più. Perché mi avevi detto ti amo. Per questo. Perché avevi creduto che mai l'avresti detto a nessuna, e attorno a questa promessa che avevi fatto a te stesso avevi costruito la tua vita, la tua personalità. E poi era sfumata, e mi ero ritrovata davanti un ragazzo non più come prima.
Ti ho amato, ti amo, certo. Perché nonostante tutto sono sempre stata accecata da te. Non saprei perché, non saprei da cosa. Ma tu eri la mano che mi stringeva forte il cuore in ogni situazione.
Ma ho sempre avuto questa sensazione... che tu non potessi capire ciò che veramente provavo io. Una volta, ti scrissi "Nel tuo buio, io mi accendo". Ed era così, davvero. Avevi una situazione complicata dietro di te, un periodo per niente facile, eppure mi avevi aperto gli occhi raccontandomi della tua vita e avevo capito che non esisteva un solo modo di vivere. Avevo capito che non esistevo solo io. Ma tu quella frase non l'hai capita. Mi hai chiesto cosa significasse, e le mie ginocchia sono cedute per la delusione. Sapevo che quella frase, per quanto criptica, era un'esplosione di significati. Era impossibile non capirla. Solo uno stupido non ci sarebbe riuscito. Ho dovuto spiegartelo, sì. Mi stai chiedendo se ti sto dando dello stupido? Forse, in certi casi. Ci sono persone che sono portate a capire alcune cose, che per quanto uno possa usare una maschera di ermetismo nel parlare, loro comprendono ogni parola che dice. Tu non eri una di quelle. Eri semplice, schietto. Hai sempre preferito parlare in modo diretto, senza fronzoli di troppo. E non nascondo che avevi ragione, l'hai sempre avuta. Mi piaceva quando per calmarmi mi davi ragione, ma sapevo che non ci credevi davvero. Lo facevi solo per chiudermi la bocca. Strappavi con forza la zip della cerniera e mi cucivi con un ago le labbra che continuavano ad aprirsi e protestare. Tu hai sempre avuto ragione.
Ora cos'è successo? Cosa è piovuto su di noi, su quella coppia tanto felice e perfetta? Cosa è accaduto a quei due che si rotolavano nudi nell'erba, calpestando le pietre, senza sentire il dolore? Cosa è successo a noi due, che abbiamo consumato la nostra passione per la prima volta sotto le stelle di Capodanno, sul terrazzo di casa tua? A noi due, che abbiamo lottato, abbiamo fatto a calci e a pugni per mandare avanti la nostra storia. Abbiamo grattato via con le unghie il lerciume che ci cascava addosso, tutto ciò che di estraneo a noi piombava nelle nostre vite. Ora perché l'abbiamo lasciato entrare?
Ho trovato un orecchino sotto il tuo letto. Non so di chi sia, non lo voglio sapere. Non te l'ho mai detto, perché so che non ci sono spiegazioni. Spiegazioni che possano migliorare la situazione.
In quel preciso momento, ho smesso di amarti. E' stato tre mesi fa.
Sono andata a una festa, io e Pietro ci siamo baciati. Non te l'ho detto.
E' strano, è sempre stato l'unico in cui hai riposto fiducia. L'unico a cui hai permesso di starmi accanto. Perché sapevi che era come un fratello per me. La tua gelosia ti ha reso cieco, e mi hai messo nelle mani del tuo avventore. Non pensare che lo sapessi. Quel bacio è stato spontaneo. Non avevamo bevuto, no. Appoggiati alla grata del balcone, ci raccontavamo la nostra vita. Poi ci siamo guardati e ci siamo baciati. Niente di più naturale. Ho sentito il sapore della sigaretta in bocca. Odio le sigarette, lo sai, come le odi tu, ma in quel momento non ci ho nemmeno pensato. Avevo avuto la mia rivincita.
Ho bevuto litri d'acqua perché tu non ti accorgessi di qualcosa. Quando sei venuto a prendermi, sono scesa e mi hai baciato. Non ti sei accorto di niente, ho pensato al bacio che avevi dato a quell'orecchino. Sapevo che non era stato solamente un bacio.
Poi non ho visto Pietro per una settimana. Un giorno, l'orecchino e la sua padrona sono tornati a bruciarmi viva l'anima. Sono corsa a casa sua e l'ho baciato, lì, sulla porta.
Siamo finiti a letto, sì. Quando eravamo nudi tra le lenzuola, mi ha detto che l'aveva sempre sognato. Che io ero il suo desiderio irraggiungibile. Ha persino notato la mia costellazione di nei sul collo. Neanche tu te n'eri mai accorto.
Mi ha chiesto cos'avrei fatto, gli ho risposto che non lo sapevo. Che io ti amavo ancora.
Sono passate due settimane, stasera abbiamo avuto quella discussione. Il nostro futuro andato in pezzi, i nostri sogni frantumati per una stupida discussione davanti al parabrezza bagnato dalla pioggia.
E ho capito davvero, che non ti amo più. Non ti amo più perché non so cosa ci è successo. Prima, quando litigavamo, sapevo il motivo. Ora abbiamo lasciato andare le catene che ci legavano e ognuno ha preso la sua strada. Non ti accorgi di come io ho la mia vita e tu hai la tua?
Permettimi di correggerti, ma credo che entrambi siamo diventati cani ciechi, cani ciechi che continuano per la stessa strada, ma nel loro intimo pensano entrambi a una via alternativa. Permettimi di lasciarti andare per la tua strada. Non ho dormito tutta la notte, mentre tu ora sei qui che respiri piano, come se fosse già tutto finito. Chissà se sotto questo letto c'è qualcos'altro di lei, oltre che un orecchino. Forse, se provassi a concentrarmi, arriverei a sentirne l'odore.
Non ti rimprovero, ho fatto lo stesso. Mi sono buttata tra le braccia di un altro perché di te non ne potevo più.
Non ti sto lasciando, non in questo senso. Ti sto permettendo di andare per la strada che vuoi tu. Non ti sto abbandonando come fa la gente con i bastardi, no. Ti sto dando la possibilità di disfarti di questo cagnolino sozzo e cieco.
Dove sono i post-it? Ho voglia di lasciartene uno, così saprai dove sono.
Ho ancora tante cose da fare, prima di dirti addio.
 
 
 
 
 
 
 
"Sono andata a cercare la ragazza dell'orecchino. In caso la trovassi, la ammazzerò. Se vuoi, posso dirti il nome del ragazzo che puoi - se vuoi - ammazzare te.
Sono un cane cieco, che spera di trovare la sua strada. Senza che il padrone gli tenga la mano.
 
In un futuro, chissà..."











ANGOLO AUTRICE:
anche questa ff l'ho scritta per un contest, "dillo con un post-it". Mi sono classificata terza, e vabè, non si può aveer tutto dalla vita :)
Ah, e in caso non l'aveste capito..l'ultima frase, quella del post-it, è ironica.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Keyra