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Autore: pampa98    03/10/2021    3 recensioni
[Storia scritta per il Writober di fanwriter.it]
Il giorno delle loro nozze gli aveva chiesto – rigorosamente da dietro una porta: infrangere le tradizioni porta sfortuna! – qual era il suo colore di capelli che preferiva. Remus le aveva detto che la trovava incantevole in ogni modo, ma lei aveva insistito e alla fine lui aveva risposto:
«Rosa. Li avevi così la prima volta che ci siamo visti.»
Da quel giorno non aveva più cambiato tonalità.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Prompt 3: Angst.

LUCE ROSA



 

Non voleva che venisse.
Aveva dato un bacio sui capelli blu di Teddy, stretto in braccio a sua madre, e poi aveva baciato lei. Un arrivederci, le aveva detto; un addio, quello che sarebbe stato in realtà. Ma andava bene così: Dora avrebbe vissuto una lunga vita felice, avrebbe cresciuto il loro bambino rendendolo un uomo buono e coraggioso come lei ed entrambi avrebbero ricordato – sperava con affetto – quell’uomo che li aveva amati più della sua stessa vita.


~  ~  ~
 
«Resti a cena?»
Remus alzò gli occhi verso quella voce. No, avrebbe dovuto rispondere: era assorto nei suoi pensieri, preoccupato per Sirius che sarebbe rimasto solo dopo la partenza dei ragazzi, e non si era reso conto dell’ora. Stava per parlare, ma quando vide Tonks con i capelli rosa e grigi e una lunga proboscide sul viso, non riuscì a trattenere un sorriso divertito.
«Non è scomoda?» chiese.
Lei si strinse nelle spalle, ma riportò il suo volto alla normalità. Gli sorrise, sedendosi davanti a lui.
«Non è male. Una volta l’ho usata per bere: è stato strano, ma divertente.» Appoggiò i gomiti sul tavolo e il volto sulle mani, rivolgendogli un grande sorriso. Non era la prima volta che Remus lo vedeva – rivolto ad altri o a se stesso – e come sempre si spaventò nel constatare ciò che provava. Gli piaceva quel sorriso. Gli piaceva ascoltare i racconti di Tonks, gli piaceva la sua energia positiva e il suo essere imbranata. Gli piaceva lei, troppo.
«Mi sembravi triste» disse lei, ignorando i tormenti che albergavano nel cuore dell’uomo, «e ho pensato che la proboscide potesse tirarti un po’ su. Ho avuto ragione.»
Remus scattò in piedi come se la sedia stesse prendendo fuoco.
«Sono solo un po’ stanco, Tonks, ma grazie lo stesso. Ora scusami, è meglio che vada.»
«Ma Molly ha detto che stasera posso cucinare con lei!» Anche Tonks scattò in piedi. «Sarebbe bello se tu… Cioè, se io...» Il suo volto assunse la tonalità di un pomodoro – non per sua volontà, pensò Remus.
«Mi piacerebbe se restassi per cena!» esclamò infine. «So cucinare. Più o meno. Kingsley ha già assaggiato qualcosa preparato da me ed è ancora vivissimo, quindi non sono pericolosa, davvero!»
Una parte di Remus avrebbe voluto cedere. Bramava ogni secondo che poteva trascorrere con quella ragazza, la cui luce era in grado di rischiarare anche l’oscurità più nera. Ma non era così egoista da dare ascolto a quella parte, perché non gli era sfuggita la perenne ricerca di Tonks per la sua compagnia, né il modo in cui lo guardava o come fosse spesso distratta ma immediatamente presente quando lui parlava. Se avesse ceduto ai suoi desideri, Tonks lo avrebbe accolto a braccia aperte e si sarebbe condannata per l’eternità. Remus non poteva farle questo.
«Ho sentito bene?» Sirius era appena comparso sulla porta della stanza. Mise un braccio intorno alle spalle di Tonks, con un grande sorriso in volto. «La mia cuginetta cucinerà per tutti? Remus, devi assolutamente restare. Non ho intenzione di morire da solo. Se devo rischiare la pelle, tu dovrai farlo insieme a me.»
Quell’ultima parte la pronunciò fissando Remus negli occhi, con fare minaccioso. Forse davvero la cucina di Tonks era pericolosa, ma il vero motivo dietro a quella richiesta era semplicemente che Sirius non capiva.
«Tu le piaci, lei ti piace. Che altro importa?» gli aveva detto un giorno, quando lo aveva preso da parte dopo che lui e Tonks si erano appartati a parlare – Remus si era appartato e lei lo aveva trovato – lamentandosi del fatto che non gli avesse detto che si era fidanzato.
Remus aveva cercato di spiegare a Sirius che essere un Lupo Mannaro era una maledizione non solo per la persona interessata, ma anche per tutti coloro che la circondavano. Tonks avrebbe condotto una vita da reietta al suo fianco, la sua luce si sarebbe affievolita col tempo fino a spegnersi.
A Sirius non importava e sicuramente nemmeno a Tonks – non adesso e forse mai.
«Per favore.»
Era già caduto molte volte in quella trappola innocente: gli occhi di Tonks che lo guardavano con affetto, desiderosi della sua vicinanza. Vinto, tornò a sedersi.
Solo questa volta, si disse. Non potrà fare troppo male.
 

~  ~  ~
 

I capelli di Dora erano sparsi sul pavimento, incorniciandole il volto in un mare rosa. Il giorno delle loro nozze gli aveva chiesto – rigorosamente da dietro una porta: infrangere le tradizioni porta sfortuna! – qual era il suo colore di capelli che preferiva. Remus le aveva detto che la trovava incantevole in ogni modo, ma lei aveva insistito e alla fine lui aveva risposto:
«Rosa. Li avevi così la prima volta che ci siamo visti.»

Da quel giorno non aveva più cambiato tonalità.
«Ops! Ciao, maritino.» Bellatrix si voltò a guardarlo, l’espressione corrucciata in un finto dispiacere. «Scusami, non sapevo saresti arrivato. Ti avrei permesso di salutarla, altrimenti, prima di ucciderla. Be’, suppongo che ormai sia tardi» disse, dando un leggero colpo con il piede al corpo esanime.
Remus alzò la bacchetta e pronunciò quelle due parole che non credeva avrebbe mai usato. Non immaginava che un giorno avrebbe potuto odiare un altro essere umano al punto di volerlo uccidere con le sue mani. Ma, d’altronde, non immaginava nemmeno che avrebbe visto la luce spegnersi per sempre nel giro di un istante.


~  ~  ~
 

Era stato via per due settimane. Le parole di Harry lo avevano sconvolto. Si sentiva tradito e umiliato: come aveva potuto dargli del codardo? Possibile che nemmeno lui capisse ciò che albergava nel suo cuore? Non aveva condannato solo Dora: aveva condannato anche una persona che doveva ancora venire al mondo, e forse in modo peggiore di quanto avesse fatto con la madre.
Un padre – un uomo – migliore non avrebbe messo al mondo una creatura innocente per farla solo soffrire. Ma Remus aveva fallito. Si era lasciato trasportare da Dora, dal suo amore incondizionato e dalla pura e semplice gioia che Remus provava ogni volta che le era vicino. Aveva abbassato la guardia, ancora una volta, e ancora una volta aveva compiuto la scelta egoista: la sua felicità in cambio di quella di coloro che amava.

Stare lontano dal bambino ed evitargli la vergogna di avere un mostro come padre era la cosa più saggia da fare. Sapeva di aver sbagliato, a essere scappato nel cuore della notte come un ladro, ma aveva imparato a conoscere i suoi limiti: Dora era sempre in grado di fargli vedere il bello nel mondo, anche laddove non c’era – in lui, soprattutto.
Una parte di sé era davvero convinta che avesse fatto la cosa giusta. Ma le parole di Harry continuavano a risuonargli in testa, continuava a vedere il sorriso di Dora e sentiva James e Sirius rimproverarlo per aver abbandonato la sua famiglia. E anche quella parte di sé che li ascoltava era convinta che avessero ragione.
Entrò in casa di notte, come quando vi era uscito. Estrasse la bacchetta e fece luce. Notò che era tutto come lo aveva lasciato, salvo una macchina giocattolo con un oggetto posato sopra di essa – un regalo di Arthur, pensò. Salì le scale e si fermò davanti alla camera da letto. Dora doveva essere addormentata a quell’ora e non voleva svegliarla. Ma non ce ne fu bisogno.
La porta si aprì e Dora comparve sulla soglia. I capelli rosa erano arruffati e la sua lunga vestaglia con i colori di Tassorosso non nascondeva la sua pancia prominente. Remus si preparò alla rabbia, al dolore, a essere cacciato da quella casa e da quella vita, per sempre.
«Bentornato, Remus» gli disse, rivolgendogli un sorriso dolce. «Vieni a letto. Domani possiamo parlare.»
Remus si lasciò guidare sul materasso. Ricordò di togliersi le scarpe e la giacca, prima di stendersi accanto a Dora sotto le coperte. Si voltarono su un fianco, i loro sguardi intrecciati e i corpi il più vicino possibile. Dora sollevò una mano ad accarezzargli il volto, tracciando con le dita la forma del suo profilo e delle cicatrici indelebili che avrebbero spaventato chiunque – ma non lei. E Remus crollò. Pianse il suo dolore, la sua maledizione e il suo amore che ancora lo portava a credere che, forse, poteva permettersi di essere felice.



~  ~  ~

 

L’anatema non lasciò mai le sue labbra. Qualcuno lo colpì alle spalle prima che potesse uccidere la donna che gli aveva portato via la sua amata Dora. Va bene così, pensò, mentre cadeva a terra. Teddy potrà essere fiero dei suoi genitori e Harry si prenderà cura di lui. Lo crescerà come avrebbe desiderato essere cresciuto: in una casa amorevole, piena di gioia e di magia.
Harry sarà la luce di mio figlio, come Dora è stata la mia.

   
 
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