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Autore: raffychan    03/10/2021    1 recensioni
"Un ballo in maschera, organizzato a Villa Agreste per festeggiare i vent'anni del rampollo della famiglia Agreste. Di certo non era quello che Adrien si aspettava come festa di compleanno, ma era pressoché difficile se non impossibile far cambiare idea al proprio padre. I preparativi per il grande evento erano durati quasi due settimane: gli addobbi, il buffet, le luci e le musiche, tutto doveva essere perfetto e ovviamente, doveva rispettare le scelte del padrone di casa dal momento che, come sempre, il suo unico figlio non poteva dire la sua nemmeno sulla sua festa di compleanno."
Piccola premessa: in questa storia, che sarà di pochi capitoli, non esistono i Miraculous e quindi nemmeno Tikki, Plagg, Ladybug, Chat Noir e Papillon, in pratica è una AU scritta perché, beh, ne avevo voglia. Mi sono ispirata alla favola di Cenerentola perchè è una delle mie preferite e alla fine ho deciso di scriverci su una bella favoletta con protagonisti Adrien e Marinette.
Genere: Poesia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloè, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nathalie Sancoeur, Sabine Cheng, Tom Dupain
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nuovo capitolo, questa volta con il punto di vista di Marinette. Prima di lasciarvi urge una piccola spiegazione: questo capitolo non inizierà da dove si è concluso il capitolo primo, ovvero quando Marinette scappa dopo che Adrien si è presentato, ma da prima che Marinette arrivi al luogo della festa. Ho dovuto fare così perché solo in questo modo potevo spiegare alcune cose che nel capitolo precedente non erano molto chiare, come il fatto che Marinette non arrivi a capire che il festeggiato è Adrien, nonostante la festa si tenga a Villa Agreste.
Ringrazio chi ha letto e commentato il capitolo precedente e come sempre commenti e critiche sono ben accetti.
Buona lettura.
Raffychan.


CAPITOLO 2


“Quindi ricapitolando: dieci vassoi di macarons, cinque di vol au vent ripieni, biscotti al cioccolato in quantità industriale, la torta a tre piani...dovrebbe esserci tutto” constatò Marinette, guardando di nuovo la lista e poi il carico di dolci pronto per essere impacchettato e portato al luogo della festa.

“Perfetto, carichiamo tutto sul furgone” disse Tom, battendo energicamente le mani e iniziando ad incartare i vari dessert e stuzzichini.

“Papà, una domanda, ma la festa precisamente dove si tiene? Ti rendi conto che ancora non me l’hai detto, e dire che mi hai assunta come cameriera” esclamò Marinette, mentre aiutava il padre a trasferire la pasticceria sul furgone.

Tom rise guardando la moglie fargli l'occhiolino, annuendo di rimando. “Tesoro, te l’ho detto, è una sorpresa, abbi pazienza.”

“Sarà, ma non capisco perché tutta questa segretezza, non siamo nemmeno invitati” constatò Marinette “E ti ricordo che per aiutarti ho dovuto interrompere i miei studi, pretendo un aumento di stipendio!”

“E da quando ti pago?” chiese Tom, guardando la figlia.

Marinette rise, avvicinandosi a lui abbracciandolo, per quanto la statura del padre glielo concedesse. Non era di certo un uomo dalla corporatura “normale”, vista la sua altezza e i suoi bicipiti, per non parlare delle mani grandi che avrebbero potuto mettere KO chiunque. Tuttavia, Tom Dupain era sopratutto un uomo dal cuore d’oro e dolce, proprio come i dolci che preparava e, cosa più importante, amava la sua famiglia.

Sua moglie Sabine, al contrario, era uno scricciolo se paragonata al marito, ma sapeva il fatto suo quando si trattava di proteggere la propria famiglia, viste le sue origini cinesi e la conoscenza che aveva nelle arti marziali. In più era lei che gestiva con maestria il negozio tenendo i conti e facendo rientrare tutte le spese.

Negli anni insieme la loro gioia era stata colmata con l’arrivo della loro unica e ineguagliabile figlia Marinette che proprio in quel momento decise di sfidare il padre. “Allora facciamo così, per averti aiutato in queste due settimane, pretendo doppia razione di croissant a colazione” esclamò Marinette, sfoggiando i suoi occhioni da cucciola. Tom sospirò, sapendo che era inutile controbattere: quando sua figlia gli chiedeva qualcosa e soprattutto con quello sguardo, era impossibile dirle di no. “Diventerai una piccola balenottera” rise l’omone, accarezzando il capo scuro di sua figlia.

“Motivo per cui ho preso l’abitudine di andare a correre, l’esercizio fisico in questi casi aiuta a smaltire le calorie!”

“Marinette, non dimentichi qualcosa?” chiese Sabine, avvicinandosi alla figlia con una busta in mano.

La ragazza guardò la madre chiedendosi a cosa la donna si riferisse, dal momento che aveva deciso di preparare tutto la sera prima appunto per non dimenticare niente. “No mamma, stavolta posso dire con certezza di aver preso tutto!” esclamò, portando le mani sui fianchi fiera di se stessa e della brillante idea che aveva avuto. Nonostante fosse cresciuta e si stesse avvicinando al compimento dei venti anni, Marinette continuava ad avere la pessima abitudine di sognare ad occhi aperti, finendo inevitabilmente per combinare qualche disastro come dimenticare qualche libro, addormentarsi sulla scrivania finendo per svegliarsi in ritardo, capitolare a terra senza un preciso motivo.

“Sicura?” chiese di nuovo Sabine, porgendo la busta rosa alla figlia. Marinette guardò dentro la busta, non riconoscendo l’involucro al suo interno.

“Mamma, che cos’è?” Sabine sorrise, portando un dito alle labbra e facendo l'occhiolino alla figlia

“È un segreto, diciamo solo che potrebbe tornarti utile” disse, baciando la ragazza sulle guance.

“Mamma, cosa hai in mente?”

“Niente tesoro. Su forza, o faremo tardi. “

Caricato tutto sul furgone, partirono alla volta del luogo della festa, mentre Marinette guardava fuori dal finestrino, osservando le strade di Parigi scorrere davanti a lei. Amava la sua città, così ricca di monumenti, di storia, di arte e bellezza, così come amava stare ore fuori al suo balcone a guardare l’imponente cattedrale di Notre-Dame, osservando la maestosità e l’eleganza di quella costruzione che da sempre era uno dei simboli della città. Adorava anche il libro ad essa dedicato nonostante il finale tragico, con la morte della bella e sfortunata Esmeralda.
Certe volte si chiedeva se sarebbe mai riuscita a trovare qualcuno che l’amasse così intensamente, proprio come lo sfortunato gobbo Quasimodo amava la sua Esmeralda. Non che non avesse avuto dei pretendenti in vita sua, come il suo amico di classe Nathaniel che amava l’arte e il disegno come lei, per non parlare di Luka, così misterioso ma anche così bravo con la chitarra. Aveva composto per lei una melodia e le aveva dato il suo nome, un gesto che di certo non era passato inosservato a lei e nemmeno alle sue amiche. Quante volte la sua migliore amica Alya le aveva suggerito di uscire con il bel musicista, immaginando il momento in cui entrambi si sarebbero baciati, ma Marinette non avvertiva lo stesso sentimento che Luka provava per lei. Le piaceva, questo era certo, e gli voleva molto bene, ma Luka non aveva fatto scattare il lei quella scintilla.

Sospirò lasciando che il vento muovesse i suoi capelli, mentre la sua mente tornava indietro nel tempo. Chiuse gli occhi ricordando il momento esatto in cui lui era entrato nella sua vita: il suo viso, i suoi capelli dorati, i suoi occhi verdi e così intensi e la mano di lui così calda che toccava la sua. Alzò la mano portandola al viso mentre sentiva le guance che iniziavano a bruciare.

Se si fosse concentrato bene, avrebbe potuto quasi sentire di nuovo quel tocco delicato e la sua presenza vicino a lei, così come tutte le emozioni che aveva provato nel momento esatto in cui i loro occhi si erano incontrati. 

“Io sono Adrien, Adrien Agreste, al vostro servizio Milady”

“Adrien Agreste” sussurrò, senza farsi sentire dai suoi genitori.

Quel nome e quel volto erano rimasti impressi nella sua mente per sette lunghi anni. Non l’aveva più rivisto se non su qualche rivista, dal momento che Adrien era il modello di punta della Maison di moda del padre: il famoso stilista Gabriel Agrestre. Indubbiamente un uomo dal grande talento, capace di creare abiti dalle forme uniche ed eleganti, ma allo stesso tempo un uomo così misterioso da non rivelare in alcuna intervista nemmeno un’informazione sulla sua vita privata. Tutti erano a conoscenza della morte della moglie Emilie Agreste avvenuta durante un incidente stradale.
Tuttavia, Gabriel Agreste non aveva lasciato spazio ad altro: l’unico gesto dell’uomo era stato ringraziare tutte le persone che gli avevano mostrato compassione per il tragico evento. A partire da quel momento, lo stilista non aveva più reso pubblico alcun dato sulla sua vita o su quella del suo unico figlio Adrien, ad esclusione degli scatti fotografici realizzati per le nuove linee di abbigliamento maschile che creava. Grazie a quelle foto Marinette poteva rivedere il suo primo amore. Era però nota a tutti l’amicizia tra il modello e la figlia del sindaco di Parigi, ma oltre a quello nient’altro era stato dichiarato né da lui e nemmeno dalla stessa Chloè Bourgeois.

Il volto di Adrien adornava ormai da anni le pareti della camera della ragazza e Marinette era diventata un’esperta a scovare ogni volta una nuova foto del ragazzo ed ognuna era gelosamente conservata o appesa sui muri della sua stanza. Era l’unico modo che aveva per rivederlo, per vedere come fosse cambiato in quegli anni constatando che il lavoro da modello di certo gli giovava, dato che diventava sempre più bello. Eppure, osservando quotidianamente le foto, aveva pian piano scorto sul viso del ragazzo un velo di tristezza. Di certo dovuta alla prematura perdita della madre, eppure continuava ogni giorno a chiedersi se quello che vedeva nelle foto fosse il vero Adrien e non una maschera che il ragazzo si era costruito per non manifestare troppo quel dolore che lei era riuscita a scorgere in quegli occhi.

Non era lo stesso sguardo che le era capitato di vedere anni prima, quando i loro occhi si erano incontrati. Quegli occhi erano limpidi, dolci e sembravano quasi ridere mentre la stavano guardando, facendola sentire un po' in imbarazzo. Ciò nonostante, Marinette non era riuscita a distogliere lo sguardo da essi. Quando poi le loro mani erano venute a contatto, Marinette aveva sentito come un tuono rimbombare dentro di lei e un calore improvviso salirle sulle guance.

Che fosse stato il classico colpo di fulmine di cui molti parlavano, questo Marinette non sapeva dirlo. Di certo i suoi genitori avevano capito che quell’incontro non era stato dimenticato dalla figlia, viste tutte le volte che avevano scoperto Marinette fantasticare sulle foto del ragazzo parlando di lui senza saperlo, sognando il momento in cui lo avrebbe rivisto, come in uno di quei vecchi film in bianco e nero.
Marinette sperò in cuor suo che quell’incarico che i suoi genitori avevano accettato arrivasse proprio dalla famiglia Agreste.

“Sarebbe un sogno.” sussurrò, senza farsi sentire dai suoi genitori e immaginando il momento dell’incontro con il suo bel principe: un bell’abito, lui che la invitava a ballare, le loro mani unite, lui che la stringeva forte, i loro volti che lentamente si avvicinavano e alla fine l’agognato bacio.
Nemmeno si stava rendendo conto che nel mentre aveva unito le labbra a mo’ di bacio, almeno fino a quando non sentì la madre chiamarla interrompendo il suo ennesimo sogno ad occhi aperti.

“Marinette, che stai facendo?”

“Io? Niente.”

“Beh sarà il caso che torni sulla terra, siamo arrivati.” dichiarò Sabine, indicando con il dito l’enorme villa.

Marinette rimase a bocca aperta mentre osservava quella casa così imponente “Ma è enorme!”

La villa in questione era disposta su due piani, e solo la facciata davanti contava almeno una decina di finestre. In alto ai lati, c’erano due grandi cupole di colore grigio , mentre al centro c’era un altro piano con un tetto in classico stile parigino. Per accederevi si doveva superare un grande cancello in ferro battuto, con mura in pietra che circondavano l’intero perimetro. Di sicuro lì ci abitava qualcuno di importante, pensò.  
Marinette vide il padre schiacciare un pulsante rosso posto a fianco del cancello, sul quale però non vi era scritto alcun nome. Rimase sbigottita quando vide un grande occhio nero, sicuramente una telecamera di sicurezza, spuntare dal nulla da dentro al muro e fissare il padre, mentre una voce femminile dal timbro meccanico domandava chi fossero.

“Siamo della pasticceria Dupain-Chen, siamo stati assunti come catering” annunciò Tom con una punta di titubanza: quella telecamera era abbastanza inquietante.

La telecamera scomparve da dove era apparsa, mentre il grande cancello si apriva davanti a loro, dando la possibilità alla ragazza di dare un’occhiata al giardino prima di arrivare alla scalinata posizionata al centro della villa. Ad aspettarli davanti all’entrata c’era era una donna magra, con un completo nero, occhiali dalla montatura rettangolare e capelli racchiusi in uno chignon basso. Il volto era serio e non lasciava trasparire nessuna emozione.

Marinette deglutì, scendendo dal furgone insieme ai suoi genitori, mentre osservava la donna avvicinarsi a loro

“Benvenuti! La festa si terrà nel salone centrale, potete parcheggiare il furgone nel retro dove accederete direttamente alla cucina dalla porta di servizio. La festa inizierà alle venti precise, vi prego di essere puntuali con i preparativi. Chi di voi è incaricato di servire gli ospiti?” chiese la donna osservando, o per meglio dire, squadrando ognuno di loro con i suoi occhi di ghiaccio.

Marinette sentì un brivido di freddo percorrerle la schiena mentre alzava la mano “I.…io” la donna la guardò senza cambiare la sua espressione.

“Bene, mi segua, le mostro dove può cambiarsi”

“O..ok” preso il suo borsone, Marinette seguì la donna, salutando i genitori .

A differenza loro, a lei era stato concesso di accedere alla villa direttamente dalla porta principale, dandole così modo di osservare l’arredo al suo interno.
“Wow” esclamò cercando di non farsi sentire da quella donna alquanto inquietante, osservando le mura bianche, il salone, la scalinata e i quadri appesi.
Alzando gli occhi vide il grande lampadario di cristallo al quale alcuni operai stavano finendo di montare le luci e gli addobbi per la festa. Altri stavano sistemando i lunghi tavoli ai lati della sala: sicuramente quelli sui quali i suoi genitori avrebbero dovuto sistemare a dovere ogni dolce che avevano preparato.

Marinette guardò la schiena della donna seguendola e continuando a chiedersi chi fosse il famoso festeggiato e se mai potesse domandarlo a lei senza fare la figura dell’invadente. Dopotutto doveva lavorare lì, ed era un suo diritto sapere chi li aveva assunti, no?!  Prese un lungo respiro per infondersi un po' di coraggio

“M...mi scusi...ma ...di chi è la festa?” si bloccò di colpo quando vide la donna fermarsi e voltarsi lentamente verso di lei, di nuovo Marinette sentì un brivido gelido percorrere la sua schiena

“Del figlio del padrone di casa” dichiarò la donna, continuando a tenere quello sguardo di ghiaccio fisso sul suo volto.

Si ok, a questo ci era arrivata anche da sola, dato che sulla torta che suo padre aveva preparato c’era il numero venti decorato con dei macarons dorati, di certo il padrone di casa non poteva essere un ragazzo così giovane, ma almeno sapere il cognome. Stringendo la cinghia del suo borsone, e preso un altro respiro, Marinette decise di approfondire la sua ricerca, sperando nel buon senso civico della donna “Ma come si…”

“Siamo arrivati! Può cambiarsi qui, mi raccomando la puntualità!” così dicendo, la donna la lasciò sola, mentre Marinette cercava di ringraziarla fallendo miseramente: niente da fare, quella donna la metteva davvero in soggezione.

Sbuffando, entrò nel camerino e tirò fuori la sua uniforme da cameriera che lei stessa aveva cucito, senza far caso che nel borsone aveva infilato anche la misteriosa busta che sua madre le aveva consegnato prima di partire. Si cambiò in silenzio, acconciandosi i capelli in una chignon alto, lisciando la gonna rosa e il grembiule bianco con sopra ricamato il suo personale logo.

Un’altra cosa che Marinette adorava fare, oltre a preparare dolci insieme a suo padre, era creare abiti. La sua passione per la moda era nata quando lei aveva poco più di dieci anni: ricordava perfettamente il momento in cui aveva visto in tv una sfilata di moda, rimanendo folgorata da quei capi così belli ed eleganti. Ovviamente abitare nella capitale della moda aveva inciso molto sulla sua passione, dato che dovunque andasse, trovava negozi con abiti firmati dai più grandi stilisti: Yves Saint Laurent, Armani, Lagarfeid, Chanel e ovviamente il suo stilista preferito, Grabriel Agreste.

Eh già, il padre della sua prima cotta era anche il suo stilista preferito, colui che lei venerava e sperava un giorno di poterlo conoscere non solo perché nei suoi sogni lei sarebbe diventata sua nuora, ma anche perché Marinette confidava nel fatto di poter avere un mentore come Gabriel Agreste e imparare da lui tutti i trucchi del mestiere. Si era iscritta al prestigioso Institut français de la mode per mandare avanti il suo sogno di diventare un giorno una stilista affermata come Gabriel Agreste. Un giorno avrebbe anche lei creato abiti da far indossare ad Adrien e ovviamente tra i capi da lei disegnati ci sarebbe stato anche l’abito di nozze del matrimonio tra lei e Adrien.
Di nuovo i sogni di Marinette vennero interrotti da un improvviso bussare.

Trasalì tornando bruscamente alla realtà, chiedendo chi fosse.

“Marinette, sono tua madre, posso entrare?” Dopo essersi calmata, Marinette si avvicinò alla porta e l’aprì.

“Mamma, che succede?” Sabine sorrise entrando nel camerino, osservando la figlia nella sua tenuta da lavoro. Era fiera della ragazza, così creativa, intelligente e decisa in quello che voleva. L’aveva sempre appoggiata, insieme al marito, perché sapeva che la loro preziosa figlia sarebbe riuscita a realizzare tutti i suoi sogni con le sue sole forze. Beh, forse non tutti, c’era un sogno che in quel caso aveva bisogno del supporto da parte loro. La donna le si avvicinò, accarezzandole il viso

“Sei bellissima, tesoro” disse con quel tono amorevole che ogni volta riusciva a sciogliere il cuore di Marinette.

“Grazie, mamma”

Guardò la figlia ricambiare il sorriso, scommettendo quello che voleva che mentre era sola, la mente della ragazza era di nuovo partita verso chissà quale film romantico, ovviamente con protagonista il suo principe dalla capigliatura dorata, che per uno scherzo del destino, era proprio il festeggiato di quella sera. Era stato difficile per lei e suo marito tenere nascosta l’identità del ragazzo a Marinette, ma volevano farle una sorpresa e nello stesso tempo evitare che lei andasse in paranoia, sapendo che avrebbe rivisto il suo primo amore.

Avevano deciso di prenderle un abito da sera, girando tra i vari negozi per trovare un modello del colore giusto. E l’abito scelto era adatto a lei, e Sabine non vedeva l’ora di vederlo indosso alla figlia. Ovviamente era stata ben attenta a non farlo vedere a Marinette, nascondendolo fino a quel giorno. Insomma, lei e suo marito si sentivano molto le fate madrine della situazione e ovviamente la cosa li divertiva molto.

“Allora, sei pronta?” chiese la donna, guardando la figlia annuire e avviandosi con lei verso il salone. Marinette si avvicinò al tavolo dove il padre stava finendo di sistemare gli ultimi dolci.

“Et voilà” esclamò Tom, fiero del proprio lavoro

“Bene, mancano solo i macarons e la torta, ma quella deve uscire al momento opportuno” Tom guardò le due donne, battendo energicamente le mani mentre osservava la figlia, anch'essa ormai pronta “Marinette, perché non vai a prendere tu i macarons mentre io e tua madre finiamo di sistemare le ultime cose?”

“Certo papà” corse verso la cucina, stando ben attenta a non inciampare da qualche parte. Non era il caso di mostrare il suo didietro a dei perfetti sconosciuti grazie ad una delle sue memorabili cadute.

Raggiunta la cucina, Marinette iniziò a disporre perfettamente i macarons uno sopra l’altro, proprio come suo padre le aveva insegnato. Fiera anch'essa del suo lavoro, prese il vassoio tornando verso il salone e appoggiandolo delicatamente sul tavolo. Tornò in cucina per prepararne altri: in tutto dovevano essere sei. Sua madre l’aiutò nell’operazione.

“Finito?” chiese Tom

“Ne manca solo uno” Rispose Marinette

“Bene, mentre tu finisci, io e tua madre andiamo a completare le decorazioni per la torta” Marinette annuì, osservando i genitori allontanarsi mentre lei rimaneva nel salone.

Guardò quella tavola imbandita con l'acquolina in bocca, c’erano persone che dopo un po' iniziavano ad avere una certa intolleranza a ciò che ogni volta dovevano cucinare, ma Marinette non si sarebbe mai stancata di mangiare dolci a volontà. Soprattutto se prepararti dalle mani esperte del padre. Però quei macarons erano una sua personale creazione.

Tornò in cucina dove i genitori stavano iniziando a decorare la torta, prese l’ultimo vassoio di macarons da portare in sala. Stava adagiando anche quest’ultimo su uno dei lunghi tavoli senza rendersi conto di non essere più sola. Sussultò notando una figura avvicinarsi ad uno dei tavoli del buffet e intuendo subito le sue intenzioni. Eh no, non poteva mandare all’aria il suo duro lavoro! Chiunque fosse.

Prese un cucchiaio di legno lasciato sicuramente lì dal padre e si avvicinò piano alla figura che continuava a darle le spalle. Nello stesso momento osservava quasi ipnotizzata quei capelli dorati e quelle spalle alte e muscolose racchiuse in un completo blu damascato. Scosse la testa, cercando di tornare alla realtà, picchiando con forza quella mano molesta che aveva avuto l’ardire di avvicinarsi ad uno dei suoi macaron.
   
 
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