#Writober 2021 ~ pumpBLANCK list ~ 5 ottobre, prompt: Neve
7# Minami/Haruka | Headcanon | Prompt: Neve | 325 parole
Isumi Haruka
ammirava i lenti fiocchi di neve cadere dal cielo e Natsume Minami, al suo
fianco, constatò ancora una volta quanto il compagno fosse
carino.
Teneva il naso
all’insù e la bocca schiusa, dalla quale usciva il respiro come fosse vapore. Il
cappellino con la cuffietta per le orecchie era adorabile come lui e un pesante
golfino chiaro lo proteggeva dal freddo.
«Isumi-san, sei
carino», decise di esprimere il suo pensiero per attaccare bottone ed ebbe modo
di vedere quei begli occhi concentrati sulla neve che si spostarono rapidamente
su di lui, sgranati.
«Minami, sei
qui! Non ti avevo sentito arrivare…» riferì, mettendo anche il broncio e un
leggero rossore colorò quelle gote pallide, cosa che fece sorridere il ragazzo
più grande.
«Ti piace la
neve?» chiese, sistemandosi una ciocca bionda che era sfuggita al suo copricapo
di velluto.
«Non so se mi
piace, ma stavo pensando che mi ricorda… te», confessò Haruka, distogliendo un
po’ lo sguardo per l’imbarazzo.
«Uh, davvero?
Sono così freddo?» sospirò, fingendo di non aver capito.
«N-non per
quello, non fraintendere!» sbottò. «È delicata, ipnotica e poi
è-».
«Bellissima come
me?» concluse la frase Minami, prendendolo per mano e facendolo voltare verso di
lui, sotto i fiocchi di neve danzanti.
«Haru è così
carino e dolce. Tra poco vado a dirlo anche agli altri», lo provocò
improvvisando una specie di valzer.
«Non te lo
permetterò!» s’imbronciò nuovamente il center, senza però scostare le mani del
compositore dai suoi fianchi.
«Scherzetto»,
sussurrò l’altro, facendogli l’occhiolino.
C’era una bella
atmosfera tra loro, invero, e non solo perché bianchi fiocchi di neve li
circondavano, ma anche perché ormai conosceva Haruka e sapeva che non era
davvero offeso.
Minami continuò
a tenerlo vicino a sé finché non squillò il cellulare dell’altro: era il segno
che dovevano far finire quei piacevoli minuti soltanto per loro, venendo
riassorbiti da una frenetica quotidianità che, in fondo, era il prezzo da pagare
se volevano essere i migliori.