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Autore: sea_flower    06/10/2021    0 recensioni
“Va bene,” disse, poi cambiò atteggiamento e divenne quasi timida: “Ti aiuto, farò tutto quello che posso per mettere insieme i pezzi del puzzle, però c'è una cosa che vorrei in cambio.”
(modificata)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Da perderci la testa

1

 

Cara Rose,

mi congratulo tanto per l'Eccezionale nel tuo ultimo compito di Erbologia. Mi scoccia sapere i tuoi risultati, che sono sempre eccellenti, dai professori piuttosto che da te, ma non posso rimproverarti più di tanto, dato che le notizie sul tuo andamento scolastico sono immancabilmente lodevoli. Non essere così modesta, io e tuo papà siamo molto fieri di te e vorremmo che ci dicessi subito delle tue vittorie. Abbiamo allegato un regalino per l'occasione.

Scrivici presto,

Mamma

Il regalino era uno dei tanti arrivati durante l'anno: una piuma rosso scuro decorata qua e là con sottili fili d'oro, molto elegante. Scorreva a meraviglia sulla pergamena e l'inchiostro non sbavava neanche di un millimetro. Non che Rose, esperta scrittrice qual era, rischiasse mai di sbavare.

“Accidenti, che bella.”

Rose chiuse la piuma nella confezione del regalo e la infilò nel cassetto della scrivania. All’interno erano sistemate altre scatoline simili, accompagnate ciascuna da una lettera. “Un po' eccessiva per prendere appunti in classe, no?”

“Nessuno ti prenderebbe in giro, qualunque cosa tu faccia,” disse Dominique, “hanno troppa paura di non poter più copiare da te. Io ovviamente, che condivido il tuo stesso sangue, non ho di che preoccuparmi. Posso sfotterti come mi pare e piace.”

Le due risero insieme. In divisa Grifondoro e zaino in spalla agitarono piano le bacchette per spegnere le candele, poi uscirono dalla piccola stanza del dormitorio. Altre ragazze stavano scendendo le scale verso la Sala Comune, incrociando la popolazione maschile, fino alla Sala Grande. Fuori pioveva e le nuvole incupivano il cielo. Un altro giorno di scuola ad Hogwarts era cominciato.

Rose alzò un sopracciglio, quando un biglietto piegato ad aeroplano le arrivò sotto il naso. Il professore di Pozioni, fortunatamente, era impegnato a sistemare il cappello a punta sulla testa, pesante per la pioggia che l’aveva inzuppato. Rose lesse il nome del mittente e si voltò automaticamente verso le finestre: stravaccato sulla sedia senza nemmeno il libro aperto davanti, Albus la guardava attraverso gli occhiali sorridendo.

Lei trattenne una risata e lesse il foglietto, non senza una certa fatica nel decifrare la calligrafia; poi lo mise in tasca e continuò a prendere appunti, ora che il professore aveva avuto la brillante idea di togliersi il cappello e riprendere la lezione.

Alla fine dell’ora, Albus la raggiunse mentre con gli altri usciva dall'aula. “Allora?”

“Non avevi scritto di vederci a pranzo?”

“Sì, ma non hai risposto,” Albus le rimase alle calcagna mentre salivano le scale verso il terzo piano, “Dai, Rosie, per favore...”

Il ragazzo fu interrotto da Dominique, che si aggrappò al suo mantello per non cadere nella voragine creata dal movimento della scala mobile. “Cosa ci fa Albus Potter” disse lei nell’affanno “vicino a due Grifondoro? Pensavo che a voi Serpeverde facessimo schifo.”

“Questa è un'esagerazione, mia cara” si difese il ragazzo, sfoderando un sorriso magnetico, “Non sto con voi solo per non mettervi sulla cattiva strada. Ci tengo troppo alle mie cugine...”

“Sei un lumacone bavoso,” Dominique alzò gli occhi al cielo, “Ma ti perdono, perchè sei carino e perchè mi dirai tutto su Zabini e la sua ultima ragazza.”

Il Serpeverde allungò la mano e la Grifondoro gliela strinse, suggellando il patto sotto il naso disinteressato di Rose, la quale cercava solo di non arrivare tardi a Trasfigurazione.

“Ci vediamo alle dodici al cortile della Torre dell'Orologio, come hai detto tu,” decretò.

Albus le baciò di slancio una guancia: “Grazie, grazie, grazie!” e le baciò anche l'altra.

“Che lumacone...” ridacchiò Rose mentre lui andava via, saettando tra gli studenti che non resistevano a guardare di sottecchi il bel Potter.

Rose e Dominique si sedettero ai primi posti dell'aula di Trasfigurazione, incastonata in una torre circolare. La pioggia batteva contro i vetri delle arcate ed erano state accese più candele del solito, così da illuminare i banchi e la cattedra. Gli alti soffitti erano immersi nell'oscurità e la McGranitt torreggiava davanti alla lavagna con sguardo severo.

“Cosa dovete fare alla Torre?” bisbigliò Dominique, muovendo la bocca il minimo possibile.

Anche Rose rimase immobile: “Non lo so, mi ha chiesto aiuto con qualcosa.”

“Vuoi che venga con te? Non mi fido.”

Rose le lanciò uno sguardo interrogativo. L'ombra della McGranitt le passò accanto e le due Grifondoro si affrettarono a prendere il compito di 'composizione dei volatili e come trasformarli in gomma'.

Dominique passò silenziosamente un biglietto da un banco all'altro. C'è qualcosa di strano sotto.

Controllando attentamente ogni movimento della McGranitt, che avrebbe potuto trasfigurare le loro dita in salsicce, Rose fece gesto di non esagerare.

L'altra insistette con un altro foglietto. Albus nasconde qualcosa di brutto.

Rose lo infilò nella manica della divisa mentre l'ombra della McGranitt si avvicinava. La donna arrivò di fronte a loro e allungò la sua mano rugosa per ritirare le pergamene, poi si girò di spalle e andò alla cattedra. In quel frangente, Dominique mandò a Rose, che cominciava a sudare freddo, l'ennesimo biglietto. Da lontano c'era Malfoy che ti fissava.

Rose rilesse la frase un paio di volte prima di accartocciarla nel pugno della mano. Nonostante il disappunto della cugina, la Grifondoro scelse di andare all'appuntamento.

A mezzogiorno si sistemò in un angolino, in attesa. Sotto le volte del portico, ai piedi della Torre dell'Orologio, quello era l'unico quadrato in cui la pioggia non arrivava. Solo le punte delle scarpe erano colpite da qualche goccia, mentre i pantaloni e il maglione erano caldi e asciutti. Mentre aspettava, Rose si faceva e rifaceva la coda ai capelli, indecisa su come sistemarli. Finalmente Albus spuntò dalla porta del castello, accompagnato da un altro Serpeverde. Con una piccola magia, Potter creò un ombrello protettivo e i due la raggiunsero in silenzio. Per un po' nessuno parlò.

Rose si rifece la coda. “Beh, non sono io che devo delle spiegazioni,” disse, armeggiando con l'elastico e i ricci.

Albus si rilassò e si aprì in una risata. “Meglio non farti innervosire, eh, Rosie? Dopotutto sono qui per chiederti un favore.”

Lei scosse il capo e sorrise: “Non preoccuparti, ti ascolto”. Ignorò completamente la terza persona presente, che restava nascosta dietro Albus a fissare la fontana del cortile.

“Ecco, è una cosa particolare,” iniziò il cugino. Rose lo notava spesso, che Albus aveva un modo di fare magnetico: parlava con disinvoltura, con postura rilassata e sicura, gesticolando e passandosi la mano tra i capelli scuri, come se non prendesse nulla sul serio, nemmeno quello che ora le stava dicendo. “Dall'inizio dell'anno ricevo degli strani messaggi, cose di poche parole, che pensavo fossero scemenze. Vedi, da soli non hanno senso, ma visti tutti insieme potrebbero voler dire qualcosa. Ma non so cosa. Guarda,” inaspettatamente, le porse una decina di lettere. Erano piccoli rettangoli blu con la scritta in stampatello. Su ognuno c'erano al massimo tre o quattro parole.

Oggi gocce di Aloe,” lesse Rose, scorrendo tra le letterine, “Biancospino nella colazione... qualcuno ti mette queste cose nel cibo? Acqua di luna, questa ha un sapore amarognolo, ti sei accorto di ingerirla?”

Albus fece spallucce. “No, mai, ma ripeto che da soli non significano nulla, anche se gli avessi mangiati o bevuti. Non ci sono scritti nomi di pozioni, solo ingredienti. Poi però ieri è arrivato questo.”

Le porse un biglietto come gli altri, ma con le parole sottolineate. “Fiore cadavere.” 

Persa a riflettere, Rose si voltò verso il centro del cortile, dove la fontana in disuso veniva pestata dalla pioggia. 

“Non l'avevamo mai sentito,” disse Albus, “allora abbiamo fatto qualche ricerca in biblioteca. Il Fiore cadavere è rarissimo, serve per poche difficili pozioni che dal nome, purtroppo, non suonano bene.”

“Avete fatto delle ricerche... intendi voi due?”

“Sì, ecco, Scorpius è l'unico che sa di questa cosa.”

Per la prima volta, Rose scambiò uno sguardo con Malfoy, che inaspettatamente alzò una mano e la scosse a mo' di saluto, sorridendole in maniera forzata, forse ironica.

Come se fosse stata accusata di qualcosa, Rose incrociò le braccia al petto e tornò ad ignorarlo. “Io cosa c'entro in questa storia, allora?” chiese seccamente, “Parlane con un professore, con Neville, o con i tuoi genitori. Vai in infermeria, o al San Mungo, fai degli esami e scopri se sei… il prossimo Prescelto.”

“Non posso!” asserì Albus, faticando a trovare le parole, “Non posso perché... ecco... mi vergogno. È una cosa piuttosto... stupida, non credi? Dai, Rosie, non farmi andare dai miei, ne farebbero un problema enorme.”

“E allora?” Rose ammorbidì la voce, sentendo che Albus non la stava prendendo in giro, “Vuoi che mi metta a investigare?”

“Certo che no,” Albus le accarezzò il braccio come se lei fosse una sua spasimante, “Vorrei che mi aiutassi a capire che pozione è quella che sto lentamente ingerendo, se è pericolosa, se non lo è, solo questo.”

La Grifondoro fece un lungo respiro e annuì, non prima di avergli staccato la mano dal braccio, perché non c’era bisogno che la manipolasse. 

“Va bene,” disse. Poi cambiò atteggiamento e divenne quasi timida. Albus le piaceva, ma la metteva a disagio con quella sua sicurezza ostentata. “Ti aiuto, farò tutto quello che posso per mettere insieme i pezzi del puzzle, però c'è una cosa che vorrei in cambio.”

“Rosie!” Albus spalancò gli occhi, ridendo, “Non pensavo fossi quel genere di persona! Quindi è vero che noi serpi siamo contagiose!”

“Non lo faccio per me!” si difese subito, “Lo faccio per tua sorella, dato che a te non importa un bel niente. E non guardarmi così, sai benissimo di cosa sto parlando. Te lo ripeto da mesi: è troppo piccola per il vostro stupido Club e non dovrebbe partecipare alle vostre feste. Non dovrebbe nemmeno mettere piede nella Stanza delle Necessità, meno che mai con dei Serpeverde dell'ultimo anno.”

Albus ancora rideva. “Non siamo mica dei mostri! Comunque non posso farci niente, è la regola,” si strinse nelle spalle, “I fratelli o sorelle dei membri sono automaticamente membri a loro volta.”

Per quanto fosse infantile, Rose stette al gioco: “Bene, allora estendi il privilegio anche ai cugini, così posso controllare che non le succeda niente.”

La risata di Albus risuonò in tutto il porticato, fece due giri del cortile e salì in cielo. Perfino Malfoy, che pareva una statua, non riuscì a nascondere un'espressione di pura incredulità.

“Tu vorresti...” Albus era piegato in due, “Tu vorresti partecipare alle nostre feste...” si asciugò una lacrima dietro agli occhiali, “Sentirti chiedere una cosa simile è... impagabile...”

“Sfotti, sfotti,” mugugnò Rose, “Comunque se vuoi una mano questo è il prezzo. Ecco, sono ufficialmente una Serpeverde, contento? Ora non è così incredibile che venga ad una vostra festa.”

Albus rideva, cercava di contenersi, ma finiva per ridere ancora più forte. Malfoy se lo trascinò dietro fino alla porta del castello, non prima di averle detto un'ultima cosa: “Domani sera all'ottavo piano, devi pensare ad una 'stanza dove rigare dritto'.”

“Intelligente,” commentò piattamente Rose.

“È stata una mia idea,” disse Malfoy, visibilmente divertito.

 

Mia piccolina,

complimenti! Un altro Eccezionale da aggiungere alla collezione! Dopotutto hai preso dalla mamma, ma spero che ti stia anche divertendo oltre che stare sui libri. So che la mamma ti ha regalato una piuma... povera te, ne sarai sommersa, perciò ti mando qualcosa dai Tiri Vispi, ma non dirglielo.

Un abbraccio da papà.

Ps. dai sempre un'occhiata a tuo fratello, che si è messo in testa di andare da Charlie ad allevare draghi. Fagli presente che prima deve saper usare la bacchetta per fare magie, oltre che per scaccolarsi.

Il giorno dopo, durante la colazione, Rose leggeva la posta del mattino aspettando che la cugina la raggiungesse in Sala Grande. Con la lettera di suo papà in mano, alzò lo sguardo verso il fondo della tavola Grifondoro, dove Hugo stava per l'appunto grattandosi la nuca con la punta della bacchetta; intanto i suoi amici lo accerchiavano, tutti concentrati su un giornale aperto alla pagina del Quidditch. Dopo una serie di urla di vittoria e imprecazioni, alcuni presero dei galeoni da Hugo, altri invece dovettero pagarlo profumatamente. Il suo caro fratellino, che faceva il finto tonto soprattutto a scuola e con i genitori, stava segretamente facendo affari da anni.

“Prima o poi finirà ad Azkaban,” sussurrò una voce, facendo risuonare nell'orecchio di Rose un risolino limpido firmato Lily Potter. La minuta Grifondoro si sedette accanto alla cugina e si servì del succo di zucca, “E sarà la zia Hermione in persona a metterlo dentro.”

“Se mamma scoprisse il giro di scommesse di Hugo, Azkaban sarebbe la minore delle punizioni.”

Le due brindarono ridendo, poi Lily diede all'altra una leggera gomitata: “E se Hermione scoprisse che la sua figlia prediletta partecipa ad una festa Serpeverde molto segreta e molto illegale?”

Rose si strozzò con il succo. Lily agitò le mani per scusarsi della battutaccia: “Scherzo, scherzo! Sono contenta che vieni, posso però sapere chi ti ha convinta? Voglio dargli una medaglia. Mi hai sempre detto di evitare come la peste quelli dell'ultimo anno...”

“Come fai a saperlo?” la interruppe Rose, con una sottile nota di panico, “pensavo ci fosse un certo riserbo intorno al Club.”

“Beh, me l'ha detto David,” Lily ci pensò su “Che l'ha saputo da Sam Tabbot, il portiere dei Corvonero. Ti spiego, lui è fidanzato con Pam, che è amica della sorella del compagno di stanza, quello che sta insieme a Thomas Wale, il battitore della squadra di Albus, che è dentro il Club.”

Rose fece un lungo respiro, massaggiandosi una tempia. “Quindi lo sa tutta la scuola...”

“Macchè!” Lily emise una risata cristallina, adorabile se Rose non stesse contemplando l'ipotesi di scappare con Hugo in Romania. La piccola Potter continuò allegramente: “Nessuno può fare la spia, soprattutto con persone che non vengono alle feste. Vedi, prima di entrare è obbligatorio fare... un giuramento. Non chiedermi nulla, capirai tutto stasera!” estasiata, Lily abbracciò la cugina, mentre la Weasley avrebbe voluto riempirla di domande ed essere pronta per qualsiasi bravata i Serpeverde avessero pianificato. L'unica sua garanzia, minuscola e non molto sicura, era Albus. 

Lily, una fatina dai capelli rossi, lasciò la Sala Grande. Poco dopo Dominique prese il suo posto, commentando: “Quella lì è un po' troppo giuliva per stare con gli amici di Albus, che sono tutti maggiorenni. Ho appena finito di parlarci e mi sembrano uno più pervertito dell'altro.”

Rose alzò un sopracciglio, stupita del contatto tra due mondi opposti, e l'altra ricordò cosa le aveva promesso Albus: “Mi ha parlato di Zabini e della sua ultima fiamma... oltre che di una serie di aneddoti del suo gruppetto di teppisti. Lo sapevi che Thomas Wale è stato in punizione per aver mostrato le chiappe al Prefetto dei Tassorosso? Già, si è calato le braghe nel mezzo delle scale mobili le quali, muovendosi, hanno permesso a chiunque di vedere il culo peloso da più angolazioni. Come puoi dedurre anche tu, abbiamo a che fare con dei geni di primo livello.” Dominique si abbuffò di ciambelle, aggiungendo: “Sfortunatamente sono gli unici che sanno come usare la Stanza delle Necessità, ma fortunatamente, ai party ci sono anche persone con un briciolo di buon senso. Dovremmo perciò riuscire ad evitare quei Troll per tutta la durata della festa,” concluse in un sorriso soddisfatto, che Rose ricambiò timidamente.

“Speriamo,” mormorò, “Sì, speriamo di non incontrare neanche uno di quei Serpeverde...”

Dominique annuì vigorosamente, mangiucchiando un pezzo di brioche dal piatto della cugina. Lei invece, aveva all'improvviso perso l'appetito.

Alla fine delle lezioni, il dormitorio Grifondoro era immerso nella quiete. Rose entrò nella sua camera con in mano un piccolo vassoio, su cui due fette di torta al cioccolato promettevano delizie. All'esterno, dove il vento ghiacciava i polmoni, la pioggia bagnava le pietre del castello e da qualche parte dietro le nuvole il sole stava calando. Nella stanza, alcune candele accese illuminavano i letti e scaldavano le membra. La ragazza sistemò il vassoio sulla scrivania e osservò il sedere di Dominique. Coperto dalla gonna, spuntava indaffarato da sopra il suo baule.

“Ho preso la torta,” Rose si sistemò a gambe incrociate sul suo letto trapuntato, “I muffin erano finiti. Quest'anno non sono così buoni come una…”

Dominique emerse energicamente dal baule, con una maglietta di pizzo e una gonna di jeans in mano. “Come ho fatto a comprare queste mostruosità? La metà del mio guardaroba è da buttare.”

“Vuoi piantarla di sistemare i tuoi vestiti?”

“Scusa, scusa, è che ho trovato certe cose... guarda, questo è un vestito di paillette. Paillette! La cosa peggiore è che mi ricordo esattamente quando e perché li ho comprati. Se c'era un'occasione speciale dovevo avere qualcosa che mi facesse apparire migliore degli altri e, per le mutande di Merlino, pensavo davvero di esserlo, perché indossavo quella cosa. La verità è che ero disperata, volevo solo che qualcuno mi facesse un complimento.”

“Io ti coprivo di complimenti, ma immagino che non li cercassi da tua cugina.”

Dominique sorrise amaramente, poi sventolò il vestito per aria: "Paillette!" e lo lanciò via, concentrandosi su cose migliori, come la fetta di torta al cioccolato. “Potevi prenderne di più,” commentò, tra un boccone e l'altro.

“E tu potevi trovarmi un completo per la festa, ma eccoci qui, tu senza più torta e io senza più speranze.”

Dominique alzò gli occhi al cielo e indicò una sedia vicino alla finestra, dove erano piegati dei panni. “Le tue speranze sono lì ad aspettarti da un'ora. Sei tu che hai impiegato tre anni a prendere due misere fettine di torta. Sarebbe questo il ringraziamento?” disse leccandosi i polpastrelli, mentre Rose si alzava a controllare l'outfit. Non potè nascondere una grande emozione.

“È un po' grande per te di una o due taglie, ma conosco l'incantesimo per stringerlo,” assicurò Dominique.

“Sai anche ri-allargarlo?”

“No, ma te lo regalo. Tanto a quanto pare sono piena di cose da mettere... e da gettare.”

Rose fissava l'abito con un sorrisino ebete stampato in volto. Si guardò allo specchio con la sagoma davanti a sé: la primogenita Weasley, quella sempre uguale, forse solo un po’ più studiosa, ma una come tante. Ora abbellita da seta bordeaux elegante – riusciva quasi a immaginare di apparire femminile

Avrebbe voluto dire qualcosa ma non sapeva cosa. Mulinava dentro il petto una nuova strana emozione e lei non riusciva ad afferrarla.

“Sono proprio stupida,” mormorò. Non smetteva di sorridere, i muscoli facciali andavano da soli.

“Sei come tutte noi ragazze normali,” Dominique rise, “Finalmente!”

Quella dolce e scottante emozione la fece sentire come se fluttuasse a metri da terra, sopra tutti gli altri, sopra tutta Hogwarts, sopra l'intero il continente.

“Non ti ho mai vista così,” Dominique rise sotto i baffi, “È come se avessi sbloccato un nuovo livello e fossi entrata in un nuovo mondo da esplorare.”

“Sì, mi sento un po' spaesata,” Rose si coprì la faccia con i palmi delle mani, “E ridicola!”

L'altra le fece l'occhiolino e Rose desiderò sprofondare nelle viscere del castello – si affrettò quindi a iniziare i compiti per svuotare la testa da immagini romantiche e illusorie. 

Dai Tiri Vispi Weasley, suo papà le aveva regalato una Puffola Pigmea, viola e grande come una noce; era un po' spelacchiata, forse a causa del viaggio in volo via gufo. Rose la collocò sulla scrivania accanto alle candele, sopra la sciarpa della sua Casa piegata a mo' di cuccia. Al caldo, la Puffola si rilassò subito e si addormentò, restando così serena...

Mentre trascorrevano le ore, il cielo si adombrava e le studentesse iniziavano a scendere dalle camere alla Sala Grande per la cena. Al contrario, Dominique entrò nella camera in ciabatte e accappatoio, il viso truccato finemente e i lunghi capelli biondi sistemati in un alto chignon.

“Vai, è il tuo turno, siamo già in ritardo!” disse freneticamente, andando al suo baule ed entrandoci con i piedi. Scese delle scale e scomparve nel pavimento, in un ampio spazio stipato di vestiti, scarpe, accessori e molto altro di cui Rose ignorava l'esistenza.

Questa non alzò nemmeno la testa dalla pergamena. “Dammi dieci minuti, tanto la festa è tra due ore – ”

ADESSO! E dopo la doccia, raggiungimi qui sotto!”

“Non so se ho voglia di entrare nella tua valigia degli orrori...” brontolò, ma dovette obbedire sotto minaccia. Quando tornò in camera, in accappatoio e con i capelli bagnaticci, non fece in tempo a scendere l'ultimo gradino del baule che Dominique le puntò la bacchetta contro. “Sicco!” le asciugò i capelli, “Intexere!” creò due piccole trecce che, dalle tempie alla nuca, adornavano i ricci rossi. “Instaura!” le allungò le ciglia e le colorò le guance di un leggero arancione, che si intonava agli occhi azzurri. Infine, con un “Accio!” richiamò a sé una sfilza di orecchini, cambiandone uno dopo l'altro, poi ci ripensò ed ebbe la bella idea di farle mettere il vestito: stava per toglierle l'accappatoio di dosso, quando Rose urlò “Protego!” nel panico più totale.

Gli orecchini caddero tutti a terra, Dominique rimbalzò indietro e solo la barriera protettiva le impedì di rilanciarsi contro l'amica. Rose ringhiò “Nox” e piombarono nel buio.

Lumos,” mormorò dopo qualche minuto.

Dominique, che era pronta a imprecare, restò invece a bocca aperta senza emettere un suono: Rose le stava davanti, indossando l'abito di seta bordeaux che ora le calzava a pennello. Sembrava un'altra e faceva un po’ paura. Diversa, più luminosa – certo, gli occhi spalancati erano gli stessi di prima.

Dominique l'abbracciò teneramente. “Stai benissimo.”

“Non sembro un Troll?”

“Sì, e io sono Paciock," sbuffò Dominique, passandole un paio di orecchini d'oro e dei fini tacchi neri. L'abito di Rose le arrivava alle caviglie, seguiva la curva dei polpacci e delle anche, fasciando il seno fin su alle clavicole, lasciando le spalle e le braccia scoperte.

“Sei sempre stata stupenda,” le disse Dominique, “E sono felice che ti senti a tuo agio anche senza la divisa scolastica.”

Rose si stringeva le braccia al petto, cercando un equilibrio sui piedi piegati a quel modo. “Non so se mi sento a mio agio, ma... ci provo.”

“Sicura? Se vuoi cancelliamo la festa e –”

Rose prese per mano l'amica. “No, voglio andare,” sorrise, “Però mi devi accompagnare, perché senza di te non riuscirei a stare in piedi.”

Dominique le accarezzò una guancia e l'aiutò a prepararsi, coprendola di complimenti e strappandole delle risate che sciolsero il nodo che sentiva nello stomaco. Il cuore di Rose andava a mille mentre ogni gesto, ogni passo, ogni spazio sembrava scottante di elettricità. Perfino l'ottavo piano del castello di Hogwarts, che era un immenso deserto impolverato, pareva meraviglioso e tremendo allo stesso tempo: dai piccoli lucernari tra le arcate Rose poteva vedere le stelle.

Come da accordi, lei e Dominique aspettarono Lily per entrare insieme e farsi spiegare le regole del gioco. Coperte da lunghi mantelli, stavano in piedi come stoccafissi nella penombra, sperando che la cugina si desse una mossa. 

Ogni tanto spuntava dal portone d'ingresso un gruppo di ragazzi e ragazze, tutti ben vestiti e concentrati a fare meno rumore possibile. Si piazzavano davanti al muro di mattoni e, comparsa una porticina argentata, vi entravano vittoriosi. Altri invece non riuscivano a far apparire nulla e, maledicendo Salazar Serpeverde, erano costretti ad aspettare il gruppo successivo. Accorgendosi poi delle due Grifondoro e riconoscendole come le Weasley più solitarie di tutto il clan, non avevano neanche la decenza di evitare alcuni commenti ironici. Quando arrivò Lily, leggera come una piuma, Dominique era pronta ad azzannare una o due giugulari.

“Eccomi! Scusate, ho incontrato un paio di amici e mi sono fermata a... perché avete addosso quelle tende?”

“Sono mantelli,” ringhiò Dominique, “Non ci sembrava il caso di girare per la scuola in vestito da sera, ma a quanto pare nessuno si è posto lo stesso problema.”

Lily indossava un abito nero aderente, una collana di perle e scarpe da ginnastica. I lisci capelli cadevano morbidamente sulle spalle e per quanto fosse bizzarro, l'accostamento di stili diversi era molto carino. Rose pensò per l'ennesima volta che Lily era troppo piccola, dolce e ingenua per trovarsi lì.

“Beh, sono certa che anche con dei mantelli vi faranno entrare...”

“Il vestito elegante ce l'abbiamo sotto,” a Dominique stava per esplodere una vena del collo.

“Ah, che bello, fatemi vedere!” Lily scostò un lembo del mantello di Rose e scoprì parte del vestito. “Accidenti, Rosie...”

Rose sentì, oltre il fresco della sera che si infilava sotto il cappotto, anche i polpastrelli della cugina che tastavano la seta, scorrendo su e giù le costole, vicino all'ombelico. Le venne la pelle d'oca, sentendosi esposta, quasi nuda.

“Andiamo, o arriverà l'alba,” disse Lily, conducendole al muro di mattoni, “Ricordate di pensare a una 'stanza dove rigare dritto'.”

Ma Rose era troppo agitata per concentrarsi, improvvisamente ogni lembo di pelle era acceso, in allarme, in subbuglio. 

Quando apparve la porticina argentata, che si aprì di scatto sulla Stanza delle Necessità, fece un passo all'interno, un piccolo passo tremolante sul tacco nero, stringendosi nel mantello.

“Quello te lo devi togliere,” disse Malfoy, porgendo una mano verso di lei.

Dominique era bella da far schifo. Era stata benedetta da setosi capelli biondi, un volto simmetrico, il corpo formoso, piccole mani eleganti e gambe chilometriche; ma più di tutto, negli anni aveva acquisito un'espressione solenne, come se in qualunque situazione, qualsiasi cosa facesse o dicesse, in fondo in fondo, la sapeva sempre più lunga degli altri. Guardarla negli occhi intimidiva il più arrogante, destabilizzava perfino il più spocchioso Serpeverde dal sangue blu. 

Non era sempre stata così, ma i diciassette anni dovevano averla fatta crescere di colpo. Rose l'ammirava e a volte, involontariamente, la invidiava. 

Quando all'ingresso Dominique si spogliò del mantello e scoprì un leggero abito bianco con intarsi dorati, l'ambiente s'illuminò, e i suoi capelli riverberarono la luce delle candele, facendo vibrare l'aria.

Immediatamente, un ragazzo strisciò al suo fianco: “Tesoro, finalmente sei arrivata. Devi venire più spesso a trovarci…”

“Sparisci,” decretò la Grifondoro, prendendo Rose per mano e trascinandola ad un tavolino riparato. L'intera stanza, delle dimensioni della Sala Grande, pullulava di giovani imbellettati – c'era chi chiacchierava in cerchio, chi portava drink fumanti in bicchieri di cristallo, altri che ballavano mano nella mano al suono suadente del grammofono. Al posto delle finestre, alti specchi riflettevano l'atmosfera oscura e febbricitante che si respirava.

Lily era subito corsa a salutare degli amici e, bassa com'era, era scomparsa nella folla. Rose la cercò con lo sguardo, trovando invece la figura snella di Scorpius Malfoy poco lontano: parlava con un paio di amici e rideva – e aveva ancora il suo cappotto in mano. Non era riuscita a ringraziarlo, un po' perché Dominique l'aveva rapita, un po' perché quell'improvvisa vicinanza, tra lei che tremolava sui tacchi e lui che alzava le sopracciglia per la sorpresa, l'aveva ammutolita. Ripensando all'espressione di Malfoy, com'era cambiata nel momento in cui gli aveva porto il mantello...

“Perfetto,” bofonchiò Dominique, “L'abbiamo persa. Vado a prendere un paio di burrobirre e la cerco,” si alzò, sempre stupenda, sempre richiamando l'attenzione di chi le stava intorno, e sempre disinteressata a quei taciti complimenti. Quando non riusciva a trattenersi dall'invidiarla, Rose pensava che se avesse avuto quel potere sugli altri forse ora sarebbe una persona diversa, popolare, con mille esperienze da raccontare. Forse non sarebbe una studentessa modello e una figlia tanto amata. 

Ma ora che aveva attraversato quella porta argentata Rose, seduta in abito da sera al tavolino di un locale illecito, con un Serpeverde che le teneva il mantello, poteva cambiare pelle. Poteva diventare serpente.

Dominique tornò con le burrobirre, Lily e un corteo di amici, amiche, conoscenti, compagni di Quidditch e lontani parenti. Cominciarono le chiacchiere con alcuni convenevoli, battute e frecciatine, passando ai brindisi, racconti di storie improbabili e balletti di gruppo. Perfino Dominique dovette ammettere che a quelle losche festicciole dei Serpeverde, da cui era meglio stare alla larga, c'era tutto sommato da divertirsi.

Dopo chissà quanto, in uno slancio di coraggio, Rose si recò da sola al bancone del bar: collocato in mezzo alla sala, era una tavola circolare di marmo nero che ruotava attorno ad una grossa colonna di cristallo, tappezzata di alcolici e pianticelle da cocktail. Tra il bancone e la colonna, uno spazio permetteva a due ragazzi, che Rose riconobbe come i Prefetti di Tassorosso, di muoversi e servire i festaioli. In solitudine in mezzo a tanta gente, lei aspettava con un leggero imbarazzo che uno dei due le preparasse un Pink Mandragola. All'improvviso le si affiancò un certo Morgan di Corvonero che le disse di averla riconosciuta come la sorella di Hugo, il quale era un suo grande, anzi grandissimo amico.

“Non pensare male,” lui si portò una mano alla nuca, “Non faccio scommesse sul Quidditch o sulle corse degli Ippogrifi, almeno non più – ho smesso al quinto anno.”

“Buon per te,” disse Rose, forzando un sorriso.

“Sì, buon per me!” lui rise, prendendo confidenza, “Stavo perdendo tutti i galeoni della borsa di studio! Comunque ormai sono all'ultimo anno e non mi interessano più quei giochi da ragazzini. Hugo però è un gran furbo, sì, proprio un furbone: quando perdevo mi diceva sempre di riprovare, che sarebbe stata l'occasione vincente. E all'epoca aveva solo tredici anni,” rise ancora più forte, “Mi sono fatto fregare da un bambino! Ma ora è tutto passato, siamo buoni amici, anzi ottimi. Gli do perfino consigli sul gioco, da buon Corvonero, ma io non partecipo... no, non scommetto, ho imparato la lezione.”

Rose sorseggiò con la cannuccia il Pink Mandragola che nel frattempo era arrivato, rosa e denso, versato in un lungo bicchiere a forma di clessidra.

Il ragazzo la guardava con insistenza e l'emozione eccitante che le dava indossare un bel vestito elegante si trasformò in una sensazione viscida.

“Scommesse, feste proibite... Hogwarts è caduta un po' in basso, vero? Tu che dici?” Morgan si avvicinò maggiormente, spalla contro spalla, “Scommetto che con Albus Silente non succedevano queste cose, mentre la McGranitt ha il polso più debole... ah, mi hai sentito? Ho fatto ancora una scommessa!” ridendo, le mise una mano dietro la schiena, poggiando il palmo sul suo fianco, “Forse certe cattive abitudini non muoiono mai...” disse piano.

Rose, con lo sguardo fisso sulla punta del naso, sorseggiò aggressivamente il drink fino a raggiungere il fondo. Sentiva il respiro del Corvonero sulla tempia, tra i capelli che Dominique aveva sistemato in una treccia.

“Weasley, devi venire con me.”

Rose e il Corvonero si voltarono di scatto nella direzione della voce. Appoggiato con un gomito sul bancone e con la bocca piegata in un sorriso infastidito, Scorpius Malfoy torreggiava su entrambi.

“Devi seguirmi,” ripeté, “Per il patto di segretezza.”

“Lo farà dopo,” ribatté il Corvonero, stringendole il fianco, “Ora sta parlando con me.”

Malfoy non lo guardò nemmeno. “Il patto va fatto il prima possibile, nessuna eccezione, perciò Weasley, devi – ”

Rose lo interruppe dandogli le spalle, per rivolgersi a Morgan: “Scusami, ma è giusto così,” si svincolò dall'abbraccio, “Tanto le scommesse non mi fanno ridere e no, la McGranitt non ha il polso debole. Molto probabilmente sa di queste feste e preferisce occuparsi di cose ben più importanti.”

Rose sentì le sue guance andare in fiamme, ma strinse i pugni e tornò a guardare Malfoy, il cui sorriso era meno infastidito di prima e molto più divertito.

“Andiamo?”

“Ti faccio strada,” le disse con tono soddisfatto, come se avesse vinto qualcosa.

Rose lo seguì a zig zag nella folla. Pregava Merlino di non slogarsi una caviglia su quei tacchi che iniziavano a indolenzirle i piedi, e osservava le spalle larghe del Serpeverde, il collo protetto dal colletto della camicia, la nuca e i capelli biondi, ben pettinati, un po' da snob. 

Si ritrovarono accanto alla porta argentata, in un angolino in penombra, davanti a un comò di marmo nero sul quale stavano una piuma e un quaderno colmo di firme.

Lei sospirò: “Immaginavo fosse una cosa del genere, piuttosto che un Patto Infrangibile.”

“Non siamo così malvagi,” disse Malfoy, aprendosi in un sorriso.

Rose rimase in silenzio, ma quando il Serpeverde le porse la piuma dicendo “Devi scrivere il tuo nome,” lei, che avrebbe preferito una scena da film romantico, sbottò: “Non devo fare proprio nulla,” asserì, infiammandosi. 

Prese la piuma, ma si fermò a riflettere. “Non sono in dovere di obbedire a te, a quel Morgan, o a chicchessia,” Rose si maledisse per la scelta del lessico, che la fece balbettare, “E non c'è da essere fieri se ho preferito seguire te piuttosto che stare con quell'altro, perchè onestamente ho solo scelto il minore di due mali: uno che si permette di toccarmi e uno che si permette di dirmi cosa fare. Perciò smettila di sorridere a quel modo, per favore.”

Fu il turno di Malfoy di ammutolirsi. Ignorandolo, Rose firmò con l'inchiostro incantato il suo nome, sbavando a destra e a manca, i polpastrelli sudaticci. Forse il Pink Madragola cominciava a fare effetto. Forse stava sperimentando troppe situazioni nuove in poche ore e iniziava a desiderare di filare in biblioteca, in divisa scolastica, barricandosi tra i libri. Le mancava la sua Puffola Pigmea, a cui non aveva ancora dato un nome. Le mancavano perfino le lettere dei suoi genitori.

“Ora devo tornare dagli altri...” deglutì e sgusciò via da Malfoy, il quale provò a dirle qualcosa che lei fece finta di non sentire. Si riparò tra le braccia della sua cara e familiare amica Dominique, che l'accolse affettuosamente. Con la testa sulla sua spalla e le braccia attorno alla sua vita, si accoccolò e riprese a respirare normalmente, mentre Dominique rideva ascoltando la conversazione di alcuni compagni seduti allo stesso tavolo.

“Tutto bene, Rosie?” le chiese poi dolcemente, “Oltre ai ragazzi che ronzano intorno a Lily, devo castrare quelli che girano intorno a te?”

Rose nascose il viso nell'incavo del suo collo e rimase a riflettere senza sapere cosa rispondere. Senza sapere più nulla.

“Sono solo un po' stanca,” mormorò.

“Vuoi andare via?”

“Sì, per favore. Ti dispiace?”

“No, tranquilla. Prendo i cappotti e andiamo. Tanto non ho più voglia di sentire altre discussioni sul miglior dolce di quest'anno.”

“La torta al grinzafico!” stava urlando un Grifondoro agitando la mano e rovesciando mezzo whisky incendiario su un Tassorosso dall'espressione indignata.

“Muffin al vischio affumicato, imbecille,” ribatté questo e dalla foga finì addosso a Lily e alle sue compagne, che scoppiarono a ridere quando la sua giacca prese fuoco da una delle candele su cui si era sporto.

“Fate silenzio,” si aggiunse una Corvonero, sventolando la bacchetta per lanciare un Anguamenti, ma mancando il bersaglio una decina di volte, bagnando mezza tavolata. “Non c'è competizione tra i vostri dolci melmosi e il Tiramisù al geranio zannuto di Zonco – ”

“Ma quello non è di Hogwarts, idiota!” ci fu un grido, poi uno scivolamento, una bacchetta si incastrò in una sedia e qualcuno ruttò.

Dominique tornò con i mantelli e Rose si abbottonò fino all'ultimo bottone, coprendosi anche i peli del mento, sentendo fin nelle ossa un aggressivo bisogno di scomparire – soprattutto di far scomparire quel vestito bordeaux sottile come carta velina, che chissà perché si era messa, dato che sembrava una zoccola...

“Come procede?” chiese Dominique, riferendosi al circo di ubriachi.

“Credo che Lily sia sotto il tavolo.”

Una scarpa da ginnastica attaccata ad una caviglia usciva da sotto e pian piano, facendo retromarcia a carponi, il corpo di Lily uscì allo scoperto, scosso dalle risate.

“Tempo di andare a nanna,” Dominique la prese dal gomito, Rose dall'altro.

Mentre uscivano ci fu un gran baccano in fondo alla sala, qualcuno esultava, o imprecava, o malediceva Merlino e Lily bloccò le cugine, incuriosita ed eccitata da una nuova possibile avventura. Ma anche se si fosse presentata una folle vicissitudine che in futuro Rose avrebbe raccontato ai suoi numerosi amici suscitando applausi di ammirazione... non era più sicura di volere nulla del genere.
 



 

La sala studio di Hogwarts era uno spazioso ambiente dalle pareti in legno massello, dove le ore scorrevano nella quiete seguendo un ritmo regolare e ripetitivo: come un polmone, si riempiva di studenti al pomeriggio, svuotandosi pian piano la notte fino al termine delle lezioni del giorno successivo, quando inspirava nuovamente, e così giorno dopo giorno. I frequentatori erano sempre le solite persone, quelle che si armavano di piuma e pergamena, svaligiavano sezioni della biblioteca e si piazzavano in gruppetti attorno ai tavoli, le spalle ricurve in avanti e il naso appiccicato ai libri. Tutti si conoscevano almeno di vista, sapevano le abitudini l'uno dell'altro e avevano trovato un certo equilibrio: tra chi si soffiava il naso per le allergie, chi brontolava ripetendo le formule magiche, chi doveva costantemente tenere a bada il proprio rospo, si lasciavano in pace accettando silenziosamente le reciproche bizzarrie. L'importante era non monopolizzare le candele disponibili, o si rischiava di battersi in duello.

In un sistema che funzionava regolarmente senza intoppi, disordini e sorprese, Albus Potter e Scorpius Malfoy, ritti nel bel mezzo della sala, spiccavano come due boccini d'oro in un campo di pluffe. Mai tante pupille si erano contemporaneamente alzate dai libri, mai tante piume si erano bloccate a metà frase.

La stessa Rose si agitò all'istante, colta nel suo rifugio più sicuro da mille emozioni sconosciute che le diedero un bello schiaffo in faccia. Se sperava di scappare dall'avventura, quello era Malfoy che le ricordava di non poterlo fare: lei aveva fatto una promessa ed era tempo di mantenerla.

Si sistemarono in biblioteca intorno a un tavolino rotondo, tra un paio di vecchi e grossi tomi di Pozioni. Albus stava raccontando qualcosa, forse di una lite la sera prima, nella Stanza delle Necessità. Qualcuno aveva schiantato qualcun altro. Molti avevano riso, altri avevano sguainato le bacchette. Ma per Rose le mani di Malfoy erano molto più interessanti: le dita intrecciate tra loro sul tavolo, un paio di anelli d'argento, le vene sul dorso. Erano belle mani grandi, da stringere quando avrebbero passeggiato insieme sotto i fiocchi di neve, una sera ad Hogsmeade, tra le lanterne dei negozi.

Dei tre studenti solo Albus aveva aperto bocca – e non l'aveva più richiusa da almeno mezz'ora, su argomenti che c'entravano ben poco con ingredienti e pozioni magiche.

“Ehi, ma io ho allenamento!” proruppe infine, guardando l'orologio al muro, “Vogliate scusarmi, dovrete continuare da soli.”

“Ma...” Rose spalancò gli occhi, “E la ricerca? Non ti interessa scoprire se ti stanno minacciando di morte?”

“Per ora sto bene, perciò non mi preoccupo,” le fece l'occhiolino e se ne andò tranquillamente, lanciando un saluto lascivo ad una ragazza che incrociò sull'uscio della biblioteca.

“Fa sempre così,” disse Malfoy, “Non conosci tuo cugino?”

“Non ci frequentiamo spesso.”

“Come?”

“Cosa?” Rose dovette alzare lo sguardo su quello di Malfoy, che la osservava intensamente.

“Non ho capito,” disse lui, “Hai sussurrato.”

“Oh.”

Rose tornò a fissargli le mani, grandi e così rilassate, mentre quelle di lei, nascoste sotto il tavolo, si torturavano a vicenda in una gara a quale dito si spezzava per primo. Se continuava così avrebbe dovuto ingessarle e poteva dire addio alla passeggiata ad Hogsmeade sotto la neve tra le lanterne...

“Ti va di cominciare a leggere Pozioni dell'altro mondo?” propose Malfoy, “Il titolo sembra promettente.”

Nel mutismo più totale, Rose si sporse di un centimetro sul libro aperto tra loro. Malfoy sfogliava alla ricerca del Fiore cadavere, l'ingrediente che Albus aveva ricevuto via biglietto anonimo, e le pagine finemente scritte e decorate gli scorrevano tra le dita.

Pian piano, Rose acquistò un respiro regolare e si sentì a suo agio. I ricordi della sera prima svanivano mentre si creava un momento nuovo, in cui lei era nel suo ambiente abituale e soprattutto lui non mostrava quel ghigno malizioso che aveva usato alla festa. Riuscendo finalmente a concentrarsi sul testo, Rose si focalizzò su piante e animali fantastici, alla ricerca di un nesso tra gli ingredienti spediti ad Albus. Prese spontaneamente un altro tomo pesante e cominciò daccapo, pensando ad alta voce.

“Pochissime pozioni durano mesi interi, pochissime. E molti ingredienti vengono assimilati ed espulsi dal corpo. Credi che ogni volta ne venga aggiunto uno alla pozione, o che dia ad Al un ingrediente al mese? Non ha senso, è solo un gioco? L'acqua di luna e il biancospino compongono l'Intruglio Confondente, mentre il biancospino e l'aloe il Decotto Dilatante, ma queste non c'entrano con il Muco di vermicoli scritto su questo foglietto... senza contare che il muco e la lavanda possono creare un Distillato Soporifero... Passami quel libro, ecco, guarda, il Corno di Bicorno serve nella Pozione Invecchiante.”

“Hai elencato pozioni abbastanza semplici.”

“Sì, perché sono tutti ingredienti semplici. Se si tratta di uno studente che vuole fare uno scherzo, immagino non si sia impegnato a cercare qualcosa di complicato.”

“E il Fiore cadavere? Io non sapevo nemmeno che esistesse.”

“È l'unico che non saprei collocare...”

Malfoy si alzò. “Cerco altri libri, più vecchi e grossi, che di solito hanno più risposte.”

“Non sempre,” Rose lo seguì tra gli alti scaffali, “Anzi, spesso tante parole non dicono nulla.”

“Invece quelle che dici tu hanno sempre un significato.”

Rose si immobilizzò con la bacchetta a mezz'aria. Voleva attrarre un piccolo libricino, ma si voltò verso Malfoy con l'Accio bloccato in gola.

“Prego?”

“Le tue parole,” ripeté Malfoy calmo, il tono quasi incolore, “O meglio, le tue poche parole.”

Rose sentì il cuore in gola, che pulsava fin dentro le orecchie: “Mi stai accusando di qualcosa?”

“No, perché dovrei? Al contrario, l'accusato sono io.”

Ricordi e sensazioni della festa scoppiarono come un petardo nella mente di Rose, mentre cercava di mantenere un minimo di contegno. Mise la bacchetta in tasca con malcelata disinvoltura, ma sbagliando l'ingresso: sembrava si stesse grattando il sedere.

"Umpf," fu tutto quello che disse la studentessa modello.

“Non volevo essere uno stronzo arrogante, ma quel Corvonero ti stava appiccicato– ”

“E allora? Non posso avere un Corvonero appiccicato?”

“Certo che sì, puoi fare quello che ti pare – ”

“Grazie del permesso, papà.”

Malfoy incrociò le braccia al petto esprimendo la prima emozione del giorno: era offeso.

“Io non obbligo le persone a fare quello che voglio. E mi dispiace di averti dato questa impressione.”

“E perché eri tutto contento quando ti ho seguito?”

“Pensavo fosse ovvio: perché mi piaci.”

Perché mi piaci.

Rose stava facendo a botte con se stessa – quali dolci parole aveva appena udito – ma alla fine, invece che sciogliersi come il burro al sole, tenne alta la testa.

Malfoy continuò, avvicinandosi, “E pensavo che il sentimento fosse reciproco, dato il modo in cui mi guardi.”

Sentendosi un'idiota, Rose sbottò: “E come ti guarderei?”

“Con gli occhi a forma di cuoricino,” le sussurrò il Serpeverde all'orecchio, con quel ghigno vincente sulla faccia che la fece allontanare immediatamente.

“Vaffanculo.”

“No, vaffanculo a te,” ribatté lui.

“Bene, allora vaffanculo a entrambi.”

Trovandosi d'accordo, i due si chiusero nel silenzio. Ma non se ne andarono, anzi restarono con il naso all'insù a navigare tra i libri mentre sporadici studenti passavano e, forse riconoscendoli - i famosi Weasley e Malfoy - , si zittivano a loro volta. Insomma, si poteva sentire il fruscio di una bacchetta mossa dall'altra parte della biblioteca.

“Usciamo un secondo,” bisbigliò Malfoy.

“Me lo stai ordinando?”

“Era un suggerimento. Per favore, Weasley...”

Lui la guidò verso la piazza della Torre dell'Orologio. Muti, uno accanto all'altra, fecero un paio di piani di scale e uscirono all'aria aperta, dove la fontana in disuso li aspettava. Si sedettero sul bordo, vicini.

“Avevo ragione?” chiese lui.

“A mandarmi a fanculo?”

“A pensare che ti piaccio.”

"Umpf."

Malfoy scoppiò a ridere, “Weasley, davvero sei una di poche parole! E ancora meno di parole cortesi.”

“Con te che ti comporti da scemo non ho niente di cortese da dire.”

“Mi sono già scusato.”

“Le scuse non valgono quando dopo ci si comporta nello stesso modo.”

“Prima mi hai innervosito.”

“Come ti ha innervosito il Corvonero di ieri sera,” precisò lei, “Perciò tutte le volte che ti arrabbi diventi uno stronzo arrogante?”

Malfoy fece un lungo respiro, come se stesse chiedendo a Salazar la forza di non rispondere male.

“Questo è un sì. Splendido.”

Malfoy le puntò il dito contro, “Tu diventi una stronza sarcastica! Mi fai incazzare anche di più di quel Corvonero che ti mette le mani addosso senza il tuo consenso.”

“Sì, beh, non lo faccio apposta!”

“Nemmeno io se è per quello!”

“Quindi continuiamo così, a fare gli stronzi? Splendido,” lei batté le mani sulle ginocchia dalla frustrazione.

“Potrei baciarti.”

Rose si era dimenticata che lui le aveva detto di piacergli, che si era dichiarato e che lei aveva praticamente ricambiato. Che le fantasie su Malfoy potevano diventare realtà, per davvero, veramente. Che lui le stava a qualche centimetro di distanza, alto, bello, con delle mani stupende… 

Con le quali le prese il viso e la baciò. 

 
   
 
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