Serie TV > Altro
Ricorda la storia  |      
Autore: Chiccagraph    08/10/2021    0 recensioni
[Vis A Vis]
«Cosa c’è in quella scatola?»
«Qué?»
«Nella scatola» ripete Zulema, arricciando le labbra pensierosa. «Nel mobile c’è una scatola che non sono riuscita a prendere. Cosa c’è dentro?»
Le spalle di Macarena si abbassarono impercettibilmente, mentre tirava un sospiro di sollievo.
All’occhio attento di Zulema non sfuggì quel movimento.
«Niente» risponde sorridendole, innocente.
«Mph» Zulema si passa una mano sulle labbra e poi fulminea si alza in piedi e riprende a saltare sul letto cercando di afferrare la scatola.
Genere: Erotico, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 




«Qué mierda…»

Zulema è in piedi sul letto – in equilibrio sulle punte - mentre con una mano, aggrappata all’anta dell’armadio, spingendosi il più in alto possibile, cerca di raggiungere la scatola che è finita alla fine del mobile.

Con le punta delle dita continua a sfiorare il bordo rigido della scatola senza riuscire ad afferrarla.

Il letto è cosparso da un’infinità di camicie di flanella che sicuramente la rubia non ricorda di aver comprato. La donna continua ad accumularle come se fossero delle figurine panini e ormai ogni cassetto o armadio della roulotte è pieno zeppo di quelle maledette camicie a quadri.

Aveva chiesto a Macarena di liberare un po’ di spazio per poter sistemare le cose della bambina, che da giorni occupavano il pavimento sotto il tavolo della cucina, obbligandole a mangiare sedute di lato.

Inutile chiedersi se la rubia l’avesse ascoltata.

D’altronde non l’aveva mai fatto in dodici anni, perché mai avrebbe dovuto iniziare ora?

Non ne poteva più di vedere quelle buste in giro e visto che la donna non si decideva a riporle da qualche altra parte, ci avrebbe pensato lei.

Non credeva che il mobile sopra al letto fosse così profondo e già così pieno di vestiti e oggetti vari - che non vedevano la luce del sole da almeno un anno.

La scatola continuava a sfuggirle dalle mani, spostandosi in orizzontale per il ripiano.

Con uno sbuffo di frustrazione iniziò a saltellare sul materasso cercando di afferrarla nel momento in cui si trovava in aria.

È proprio così che Macarena l’ha trovata quando rientrò a casa con le buste della spesa.

«Zule, aiutami a portare dentr-» Macarena si blocca sulla soglia della porta accigliata, mentre vede l’altra donna zompettare sul letto. «Cosa stai facendo?»

«Sto» un saltello «svuotando» un altro saltello «l’armadio, non si vede?» dice, atterrando - nuovamente a mani vuote - sulla pila di vestiti sul letto.

«Sì… ma perché?» Macarena non può fare a meno di chiederle mentre sorride vedendo la donna riprendere a saltare con ancora più grinta.

«Ah, maledizione!» Zulema impreca, dopo una serie di tre salti consecutivi. Con un gesto stizzito dà un calcio alle camicie accumulate sul bordo del letto facendole cadere sul pavimento.

Macarena non può far a meno di ridere ad alta voce all’espressione imbronciata dell’altra donna.

«Qué?»

«Nulla. Mi chiedevo solo cosa stessi facendo» risponde sorridendo.

«Sto cercando di svuotare questo maledetto armadio, visto che tu» le dice puntandole il dito contro, «stai continuando ad accumulare buste e pacchi per tutta casa»

Macarena si gira verso destra, guardando le buste sul pavimento, e poi nuovamente a sinistra, soffermandosi con lo sguardo sul cumulo di vestiti che ricopriva ogni superfice del letto e del pavimento.

«Ok, ti avevo detto che l’avrei-»

«Vete a la mierda!» dice, tirandole addosso il primo indumento che riesce ad afferrare.

La camicia colpisce Macarena – che riprende a ridere - in pieno viso, innervosendo Zulema ancora di più, e poi cade a terra formando una pozza di colore ai suoi piedi.

Zulema si accuccia sul letto e inizia a raccogliere manciate di vestiti, tirandoglieli addosso. La prima maglia colpisce il ripiano della cucina, la seconda il tavolo, alcune finiscono ai piedi della bionda e altre la colpiscono nuovamente.

«Zulema. Zulema. Basta!» dice Macarena, cercando di afferrare al volo gli indumenti, a mano a mano che venivano lanciati in aria.

Si abbassa schivando l’ultima maglia e poi velocemente corre verso la donna afferrandola per le braccia e impedendole qualsiasi altro movimento.

«Smettila!»

«Tu smettila!»

Era sempre così con Zulema, ormai avrebbe dovuto saperlo che quando ci si metteva era testarda come un mulo.

«Senti, ho capito… hai ragione. Metto tutto in ordine e svuoto l’armadio»

Zulema la guarda alzando un sopracciglio, in un’espressione di puro stupore.

Raramente la bionda le dava ragione per qualcosa. Era il loro gioco preferito quello di stuzzicarsi e tormentarsi fino all’esaurimento. Questa resa improvvisa di Macarena era una novità.

Le stava forse nascondendo qualcosa?

Zulema continuava ad osservarla mentre Macarena tirandosi su dal letto, iniziava a impilare le varie camicie una sull’altra prima di posizionarle sul comodino al lato del letto.

Con lo sguardo continuava a guardarsi intorno come se fosse alla ricerca di qualcosa.

«Cosa c’è in quella scatola?»

«Qué?»

«Nella scatola» ripete Zulema, arricciando le labbra pensierosa. «Nel mobile c’è una scatola che non sono riuscita a prendere. Cosa c’è dentro?»

Le spalle di Macarena si abbassarono impercettibilmente, mentre tirava un sospiro di sollievo.

All’occhio attento di Zulema non sfuggì quel movimento.

«Niente» risponde sorridendole, innocente.

«Mph» Zulema si passa una mano sulle labbra e poi fulminea si alza in piedi e riprende a saltare sul letto cercando di afferrare la scatola.

«Zulema!» urla la bionda, «Zulema cosa stai facendo?»

«Prendo quella maledetta scatola» mormora affannosamente tra un salto e l’altro.

Macarena cerca di fermarla, ma non appena si avvicina, Zulema, sfrutta il suo corpo come perno spingendosi con una mano sulla sua spalla e con l’altra mano riesce finalmente ad afferrare un angolo della scatola e trascinarla fuori.

Quando posa i piedi sul materasso perde l’equilibrio e cade all’indietro. La scatola le sfugge dalle mani e, rotolando due volte su sé stessa, si ferma capovolta all’ingiù tra i vestiti e le lenzuola arruffate.

Macarena cerca di raggiungere la scatola prima della mora, ma Zulema è scaltra e spingendosi sul materasso - facendo su e giù con il bacino - allontana la scatola dalla donna e la blocca con le sue gambe intorno alla vita, impedendole di muoversi.

«Zulema, smettila di fare la stronza»

«Cosa c’è nella scatola?» chiede sempre più eccitata.

Qualsiasi cosa nasconda la scatola al suo interno, sta mettendo in imbarazzo Macarena, e non c’è cosa che ama di più che vederla avvampare in questo modo.

Zulema la spinge con le gambe verso il muro e rotolandosi su sé stessa raggiunge la fine del letto. Macarena cerca invano di raggiungere la scatola prima di lei, ma camminando sul letto è più lenta rispetto a Zulema e arriva appena in tempo per sfiorare la parte posteriore della scatola, quando la donna la afferra e la allontana dalle sue mani.

«Dammela!» le intima.

«No» Zulema sorride, prendendola in giro.

«Zulema, ci sono cose personali dentro»

Macarena è ancora in piedi sul letto quando Zulema rigira la scatola tra le mani e lentamente solleva il coperchio.

Guarda incuriosita all’interno del contenitore mentre – tenendo la scatola con la mano destra – passa le dita attraverso il suo contenuto.

La prima cosa che nota è la loro Polaroid. Era convinta che Macarena l’avesse buttata, bruciata, strappata – qualsiasi cosa pur di dimenticare quella folle notte di Capodanno – e invece non solo l’aveva conservata, ma addirittura la custodiva gelosamente all’interno di una scatola.

Le sue labbra si incurvarono automaticamente in un sorriso nostalgico alla vista della foto. Le teste che si sfioravano – inclinate l’una verso l’altra -, i suoi occhi che guardavano timidamente verso Macarena nel momento in cui la macchinetta aveva scattato la foto, immortalando per sempre quello sguardo stupido e sognante.
Era la loro unica foto insieme e Zulema era davvero contenta di sapere che anche per lei significasse qualcosa.

Scartò un altro paio di foto, una collanina d’oro con un ciondolo ovale, un quaderno dalla copertina colorata e poi alla fine tirò fuori un sacchetto grigio chiaro, con la stampa di alcuni disegnini simpatici.

Macarena la guardava inorridita mentre teneva in mano quel sacchetto, ispezionando il suo contenuto da fuori.

«Ok, ora basta. Dammelo» dice Macarena irritata, mentre cammina verso si lei con la mano protesa in avanti.

«Uhm, uhm»

Zulema lasciò cadere la scatola ai suoi piedi e con la mano libera afferrò la zip e in un unico gesto aprì il sacchetto.

Macarena cercò di afferrarlo invano mentre Zulema alzava il braccio in aria per sfuggirle.

«Hija de puta»

Zulema si girò di spalle, schivando l’attacco di Macarena e tirò fuori dal sacchetto il suo contenuto.

Non poteva credere ai suoi occhi.

«Joder» dice, sorridendo verso la bionda tenendo tra le mani l’oggetto in silicone.

Macarena avvampò immediatamente alla vista del giocattolo, maledicendosi internamente.

«Questo è un…» gira l’oggetto su sé stesso per capire bene cosa fosse. Da un lato c’era una specie di petalo, il silicone era morbido e soffice al tatto, la fine di questa parte più morbida si ricongiungeva con il corpo dell’oggetto, formando una piccola curva, che terminava con una parte più dura e rigida. Sul fondo il disegno di uno smile e in rilievo una scritta. «Lingua vibrante» legge ad alta voce, lentamente.

«Una lingua vibrante?» ripete nuovamente alzando il tono della voce.

«Non dovresti mettere le mani nelle cose degli altri, non te l’hanno insegnato?» Macarena schiva la domanda facendo un’altra domanda.

Zulema alza lo sguardo mentre una risata le scoppia in viso.

Si passa l’oggetto tra le mani accarezzando la parte più morbida tra il pollice e l’indice, provando ad immaginare che sensazione avrebbe dato se passato nei punti giusti.

«Posso riaverlo?»

Zulema continuava ancora ad osservarlo curiosa, ignorando completamente le proteste della bionda.

«Non ti facevo persona da… lingua vibrante» sussurra, accarezzando con la voce le ultime parole.

Non si sarebbe arresa facilmente, questo Macarena lo sapeva bene.

«Perché vuoi dirmi che tu non li usi?» chiede, la voce cucita con una punta di sarcasmo.

Zulema continua a sorridere spostando lo sguardo dalla donna che aveva di fronte, all’oggetto che teneva saldamente nel pugno della mano. Inclinò leggermente la testa di lato, studiandola, e poi la scosse leggermente verso destra e sinistra.

«Non li usi?» chiede nuovamente Macarena sbalordita dalla silenziosa negazione della donna.

«Ho sempre considerato il sesso come un gioco a due. Giocare da sola non mi piace» risponde con un’alzata di spalle.

Macarena continua a fissarla con gli occhi sbarrati.

Non era possibile.

Zulema non aveva mai fatto sesso con una donna prima di lei, ma in fondo anche lei prima del carcere non era mai stata a letto con una donna; era molto riservata – probabilmente la donna più riservata che conosceva, nonostante avesse passato metà della sua vita chiusa in prigione, in un luogo dove la parola privacy faceva rima con “perdita assoluta di ogni libertà personale” - e continuava a nascondere con una dedizione quasi maniacale la sua nudità, nonostante Macarena avesse osservato e assaggiato molto da vicino il suo corpo.

Ma questa era tutta un’altra storia… possibile che Zulema non si toccasse?

Macarena sbatté gli occhi mentre contemplava incredula la donna davanti a lei.

«Tu non ti tocchi?»

«Non ne ho bisogno»

«Cosa significa che non ne hai bisogno?»

Ora iniziava a preoccuparsi.

«Te l’ho detto, non mi piace giocare da sola e quando ne ho voglia trovo qualcuno con cui divertimi»

«Sì, ok… ma delle volte capita che siamo bloccate in questo posto per settimane» dice, esasperando la parola settimane. «Cavolo, dopo i messicani non ci siamo mosse per un mese e mezzo… Co-come hai fatto?»

Zulema passò le mani alla base dell’oggetto e premendo con il pollice sullo smile, lo azionò. La parte in alto iniziò a oscillare, muovendosi armoniosamente tra le vibrazioni, accarezzando l’aria.
Un leggero ronzio riempì lo spazio della roulotte, occupando prepotentemente ogni pensiero di entrambe le donne.

«Zulema, basta. Spegnilo» dice, esasperata.

«Ti eccita?» chiede, un barlume di malizia le attraversa gli occhi.

Macarena non sapeva come rispondere a questa domanda. Era entrata da poco nel secondo trimestre ed era pressoché un eufemismo dire che fosse eccitata ventiquattro ore su ventiquattro.
Aveva passato da poco lo scoglio dei primi tre mesi, e ora aveva iniziato a sentir riaffiorare la sua libido in maniera sempre più prepotente. Questo era uno dei motivi che l’aveva indotta a comprare quel vibratore.

Aveva bisogno di fare sesso. Ne aveva bisogno con più frequenza del previsto, e di sicuro la presenza di Zulema non l’aiutava a mantenere la calma.

La donna continuava a stuzzicarla, prendendola in giro per il puro gusto di farlo.

Era perfettamente consapevole dei pensieri poco casti che quotidianamente attraversavano la mente della bionda, e invece di aiutarla, la punzecchiava ripetutamente, rendendole la vita impossibile.

Macarena le aveva detto che quella notte di sesso tra loro era stata una pura tontería, ma adesso desiderava con tutta sé stessa di essere accarezzata nuovamente da quelle dita sottili ed esperte.

Bramava le sue labbra, il suo tocco, il suo sapore e il ricordo la stava facendo diventare pazza.

Aveva provato ad accompagnarsi con diversi uomini per distrarsi, d’altronde era proprio così che era finita in questa situazione. Ma ora che la pancia stava crescendo, aumentando con lei le sue paure e le apprensioni verso la nuova vita che portava dentro di lei, non riusciva più a sfogarsi.

Aveva bisogno di rilassarsi, di non pensare al maledetto sorriso compiaciuto di Zulema e di godersi un orgasmo decente, ma in queste ultime settimane, per lei, era diventato quasi impossibile raggiungere a pieno l’appagamento che tanto agognava.

Una volta rilasciata dal carcere aveva cambiato idea riguardo al sesso. Non lo considerava più il completamento ultimo di una relazione d’amore. Il sesso non serviva per legare le persone, ma solo per sciogliere quel nodo in gola che in alcuni giorni sembra non farti respirare.

Per lei il sesso era impersonale, una ginnastica genitale di corpi che si toccano e si compenetrano come in una tavola anatomica. Puro nichilismo.

Ora invece, perseguitata dal ricordo incessante di Zulema, non riusciva più a trovare un attimo di pace. E adesso che la donna aveva scovato il suo piccolo segreto, sarebbe stata ancora più difficile la loro convivenza.

Con il senno di poi avrebbe dovuto trovare un nascondiglio migliore per quel giocattolino.

Il vibratore continuava a muoversi tra le sue mani, ad un determinato ritmo, poi Zulema fece nuovamente pressione con il dito sulla parte finale cambiandone l’intensità.

«Interessante» dice, mordendosi il labbro inferiore.

«Posso riaverlo ora?»

Zulema tiene premuto il pollice sulla parte inferiore, e dopo alcuni secondi il giocattolo smette di tremare.

Continuava a guardala, studiandola.

«Sono stufa dei tuoi giochetti. Dammelo» dice Macarena, irritata, percorrendo la distanza che la separa dall’altra donna.

Quando cerca di raggiungere il sex toy che la mora tiene stretto tra le sue mani, Zulema si sposta di nuovo, strisciando con la schiena sul ripiano della cucina.

«Che diavolo stai facendo?»

Zulema continua a non risponderle, solo la guarda con un sorriso appena accennato.

Macarena cerca di bloccarla, poggiando entrambe le mani sul pianale, ai lati del corpo della donna.

Ora sono incredibilmente vicine.

Così vicine che Macarena può sentire l’odore della sua pelle. Un profumo così forte che non segue altre vie se non quella dell’ossessione.

Olio di Argan e fiori d’arancio mischiati con quell’aroma inconfondibile di tabacco che ormai aveva cucito sulla pelle.

«Zule…» ripete scocciata.

La bionda prova nuovamente ad afferrare l’oggetto, ma l’unica cosa che raggiunge sono manciate d’aria, perché Zulema continua a spostare il braccio in ogni direzione possibile per sfuggirle.

A questo punto, stufa, annulla la distanza che le separa e, spingendosi in avanti, poggia i suoi fianchi su quelli dell’altra donna, inchiodandola al mobile.

Non c’è più aria che le separa se non quella che fuoriesce dalle loro labbra.

Macarena le afferra il gomito con una mano, mentre con l’altra, mantenendo la stessa posizione, raggiunge la mano di Zulema.

La donna non cede la presa e risponde stringendo la sua mano libera sul collo della donna.

«Stiamo litigando o flirtando?» chiede Macarena in un sussurro.

«La mia mano è letteralmente avvolta intorno al tuo collo»

«Questo non risponde alla mia domanda»

I loro sguardi si incontrano e sono vittime entrambe dello stesso incantesimo – o maleficio.

Prima che possa nuovamente parlare viene messa a tacere da Zulema, che la bacia avidamente spingendola contro il lato opposto della roulotte.

I suoi fianchi raggiungono il pianale opposto, e sono subito seguiti dalle anche di Zulema che la immobilizzano spingendola via e attirandola al tempo stesso.

Appena i loro corpi si toccano Macarena emette un sospiro. Le labbra si separano per pochi istanti per poi ricongiungersi insieme come due magneti.

Dio, ha un sapore ancora più delizioso dell’ultima volta pensa Macarena, mentre assapora le sue labbra.

Ha passato talmente tanto tempo a fantasticare su di lei che deve aprire gli occhi per essere certa che stia succedendo davvero, e che non sia soltanto uno dei suoi tanti sogni ad occhi aperti.

Macarena lascia la presa dal braccio, e con la mano le accarezza il fianco, avvicinandola. Le afferra dapprima le ossa, stringendo manciate di carne tra le dita e poi allenta la presa sfiorando appena il filo di pelle tra la felpa e i calzoncini; insinua l’altra mano tra il velluto nero dei suoi capelli e inclina il viso approfondendo contemporaneamente il bacio.

Il profumo di Zulema è ovunque.

Nella sua bocca, tra le sue mani, nei battiti del suo cuore che sente accelerale ogni volta che le loro lingue si sfiorano.

Si separano solo per riprendere aria, il petto si alza e si abbassa mentre la gabbia toracica si espande alla disperata ricerca di ossigeno.

Macarena le accarezza il viso, gli zigomi, le labbra, la punta del naso… e come un dejà vu la sua mente si ritrova capovolta in quella notte di quasi un anno fa.

Le era bastato sfiorare il filo teso del suo profilo affinché i ricordi risuonassero immediatamente nella sua mente.

Zulema le avvolge le braccia intorno alla vita, girandola di spalle. Le labbra sembrano chiudersi verso il suo collo, ma si fermano a metà strada e il suo respiro, che le accarezza la pelle, è tutto ciò che sente. Proprio lì, proprio sotto il suo orecchio.

Macarena sente tutto il suo corpo irrigidirsi, e poi, quando le labbra atterrano sulla sua pelle incandescente, sussulta piano, con le dita che afferrano strettamente il ripiano.

Le nocche diventano bianche mentre il sangue defluisce dalla punta delle dita e affluisce nel suo ventre.

Ed è così che l’aria intorno a loro diventa più pesante, rendendo più difficile anche respirare.

Macarena trema e si gira lentamente tra le sue braccia.

«Zule»

Non è una domanda, piuttosto una richiesta.

«Rubia», sospira, e le sue labbra sono così vicine alle sue. Intrufola le mani sotto la camicia e la sua pelle è così calda e liscia sotto i suoi polpastrelli che quasi non riesce a controllarsi.

Macarena sussulta al contatto con le dita fredde.

E poi le labbra si scontrano di nuovo, affamate.

Zulema la spinge attraverso la stanza, contro il muro accanto al tavolo della cucina. Macarena si sente drogata, sballata dal suo odore e dal modo in cui le sue labbra si adattano perfettamente alle sue. E la sua camicia è troppo facile da sfilare, e in poco tempo raggiunge il cumolo di vestiti sparso sul pavimento.

Zulema si prende un secondo per osservarla, perché non ha mai visto nessuno così perfetto. E adesso che i suoi pensieri non sono offuscati da nessuna droga, è solo il suo desiderio che la muove, un istinto primordiale che le attraversa ogni terminazione nervosa del corpo.

«Toccami» sussurra Macarena, desiderando ardentemente di sentire nuovamente le sue mani su di lei. L’afferra per le spalle e la tira giù con lei sul pavimento. «Toccami» ripete di nuovo, come un canto delle sirene.

Il suo collo odora di fiori, e la sua pelle ha un sapore che non ha mai assaggiato prima… sembra che non ne abbia mai abbastanza.

I rumori che fa sono sufficienti a farla impazzire.

E poi le mani della bionda sono nuovamente tra i suoi capelli, le labbra di Zulema contro la sua clavicola, la sua spalla, il suo petto, e sorride mentre la sente spingerla più in basso verso il suo stomaco.

E poi più giù.

Zulema si ferma a guardarla mentre l’accarezza dolcemente con il pollice, facendolo poi scivolare in mezzo alle gambe tese. Accarezzando il tessuto che la separa dal suo sesso. La testa di Macarena si gira di lato, le palpebre si chiudono lentamente. Ed è allora che Zulema si rende conto di quanto anche lei ne abbia bisogno. Non è solo la rubia a pregarla per ricevere il suo tocco, ma è lei stessa che non può combattere il richiamo della sua pelle.

Striscia sul suo corpo raggiungendo nuovamente con le sue labbra quelle rosse e gonfie di Macarena. Con la mano percorre il suo corpo, accarezza una dopo l’altra le costole fino a raggiungere l’addome sodo che sotto il suo tocco si contrae, tremando con trepidazione.

Si prende gioco di lei toccandola quel tanto che basta per farla sussultare, ma mai fino in fondo; e poi, quando meno se lo aspetta, scivola la mano sotto l’elastico delle mutande, lasciandosi accogliere dal suo calore – le dita scivolano dolcemente sul suo nucleo bollente.

Lascia scivolare con deliberata lentezza un dito dentro di lei, ed è accolta dalla risposta del suo corpo che si contrae in uno spasmo muscolare, accompagnato dal suono della sua voce che geme il suo nome.

Ha le ciglia bagnate quando la guarda, il suo corpo trema a ogni tocco, a ogni carezza, a ogni bacio.

«Dio» sussurra, e i suoi occhi sono due pozze di lussuria, così intense e profonde che quando Zulema la guarda le sue dita si fermano per un momento, si bloccano seguendo l’onda degli spasmi del suo corpo, e, quando Macarena si rende conto di quello che sta succedendo al suo corpo, scoppia in un sorriso.

Le guarda le labbra e gli occhi, e Zulema fa la stessa cosa passando lo sguardo dalle sue labbra ai suoi occhi, e ancora e ancora e ancora fino a che senza rendersene conto inciampano nuovamente contro un bacio.

«Per favore» sussurra, le sue labbra ancora premute contro quelle di Zulema. «Per favore, non fermarti».

Zulema tira fuori il dito, fino alla punta e poi lo rispinge nuovamente dentro, aggiungendone un secondo.

Continua il suo gioco, fino a che Macarena non la prega in preda alla disperazione.

In fondo, l’attesa del piacere non è essa stessa il piacere?

Le loro labbra si incontrano a metà strada, si schiantano e si leccano e la bionda grida che ha bisogno di lei, quindi senza aspettare oltre Zulema si spinge nuovamente dentro di lei. Prima lentamente, poi velocemente, gentile, forte, non le interessa più niente. Il suo unico scopo è quello di vedere gli occhi della donna allacciati di puro piacere.

Il sesso con Zulema è vizioso, peccaminoso… crea dipendenza, come una droga.

E Macarena non vuole altro che essere drogata di quella pura beatitudine.

Una mano si aggroviglia alla base della testa, tra i suoi capelli, mentre l’altra scende sul suo fianco, aggrappandosi alla spigolosità del suo bacino.

Allarga le gambe per permetterle di andare più in profondità e, quando Zulema arriccia le dita al suo interno, una miriade di puntini colorati esplodono dietro le sue palpebre chiuse. Le sue unghie affondano nella carne e spinge il corpo della donna sul suo, in modo che i loro petti si uniscano.

Gira la testa a destra e a sinistra in preda alle convulsioni e quando crede di non poter più contenere la palla di fuoco che le sta scoppiando dentro al ventre, inarca la schiena e si lascia andare in lungo e prolungato lamento. Geme qualcosa – per lo più parole sconnesse –, invoca Dio e il nome della donna che ha suonato il suo corpo come le corde di un’arpa.

La melodia è così intensa che crede di morire.

Sicuramente questa è l’esperienza più vicina alla morte che abbia mai sperimentato. E se glielo chiedessero sceglierebbe di morire così, con le dita di Zulema conficcate in profondità dentro di lei e il suo respiro sul collo.

Sta ancora cercando di riprendere aria e di rilassare il corpo teso in un delizioso fascio di nervi, quando sente un ronzio insistente intorno a lei.

Si passa una mano lungo i capelli sudati, scostandoli dal viso, e poi qualcosa la colpisce dentro di lei, e la fa rabbrividire.

Le labbra formano una perfetta O quando Zulema posiziona il giocattolo tra le sue gambe.

Non è pronta per ricominciare, è troppo presto. È troppo sensibile.

Quando il vibratore l’accarezza, Macarena, aspira forte ingoiando boccate d’aria inesistente.

Zulema le blocca con una mano la coscia, impedendole di chiudere le gambe, e inizia a massaggiarla impostando la prima velocità. Le vibrazioni sono lente, prolungate. Accarezzano la pelle lasciandole brividi in superficie.

Si sofferma sul suo bocciolo per qualche secondo e poi scende verso il basso, accarezzandola come se fosse una lingua.

Il clitoride si innalza nuovamente gonfio e duro quando la lingua vibrante lo accarezza, facendolo sbocciare tra le sue labbra.

Un suono sommesso abbandona le sue labbra.

Una preghiera.

Una supplica.

Non sa se implorare la resa o supplicare la morte.

Il corpo riprende a tremare ritmicamente sotto quello di Zulema, e la donna non può fare a meno di guardarla e manovrare il giocattolo tra le sue pieghe.

Gli occhi di Macarena sono chiusi, le sue labbra socchiuse, e le sue guance sono così arrossate che Zulema si chiede se sarà mai in grado di tornare pallida di nuovo.

Zulema ruota il vibratore, impostando un’altra velocità, e quando lo riposiziona nuovamente sul clitoride un grido esplode nella gola di Macarena.

Ed è proprio quando credeva di non poter più reggere oltre che sente la lingua calda e scivolosa di Zulema accarezzarla nella parte più intima di lei.

Il vibratore continua a tormentarla, mentre la donna utilizza la sua lingua, in tandem con le vibrazioni, seguendo lo stesso ritmo.

Affonda, lecca, succhia il più ritmicamente possibile.

E Macarena arriva al punto in cui sente il suo corpo spezzarsi, mentre è attraversato da una potente sensazione di piacere fisico e mentale.

Una scarica elettrica, un’esplosione.

Una sensazione talmente tanto forte che le toglie il respiro.

Alcuni potrebbero chiamarla: apnea orgasmica.

È sicuramente così che la ricorderà lei.

Le dita dei piedi si chiudono a riccio, il corpo trema, scuotendola fino nel profondo, e non sa se allontanare la testa che ha tra le gambe o spingerla ancora più vicino.

A causa dai suoi lamenti e urla sconnesse, si rende conto solo dopo qualche istante che il vibratore ha smesso di funzionare.

Nessun suono si sente nella stanza, se non quello dei suoi respiri spezzati.

Riapre gli occhi mettendo a fuoco il soffitto.

Le luci intorno a loro.

Cerca di ricordare dove si trovano, e come siano finite qui.

È rossa in viso e il suo petto continua a salire e scendere ritmicamente.

Quando riacquista abbastanza lucidità si tira sui gomiti e fissa lo sguardo sulla donna accovacciata tra le sue gambe.

Zulema si passa la mano sulla bocca, pulendosi le labbra.

«È stato decisamente meglio di un giocattolo, no?»

Macarena la guarda a bocca aperta, completamente sopraffatta da quello che questa donna le ha appena fatto. Dalla quantità di sensazioni che ha innescato nel suo corpo.

Guarda in basso sorridendo, quasi timida.

Dovrebbe vergognarsi ora, soprattutto per il modo in cui aveva ancorato i capelli della donna non permettendole di staccare il viso dal suo sesso nemmeno per un secondo.

Ma è Zulema e il solo osservarla - con la frangia umida di sudore attacca alla fronte, il respiro ansante e le labbra bagnate dei suoi succhi - le smuove un sentimento che è ancora più forte della vergogna.

Appoggia i palmi delle mani al pavimento e facendo leva sui polsi sposta il suo corpo in avanti, colpendo quella della donna, invertendo le loro posizioni.

Zulema cade all’indietro, poggiando a sua volta i gomiti per terra.

«Molto meglio» dice Macarena, prima di catturarle nuovamente le labbra con le sue e ingoiarne il suo sussulto.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Chiccagraph