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Autore: Lum1ya    09/10/2021    1 recensioni
Dopo qualche minuto che scorreva con il pollice la schermata del suo telefono, Will lo posò sul tavolo con il display rivolto verso il basso. Satura di vedere foto dalle vetrine delle meravigliose vite altrui sui social, decise di fare una cosa piuttosto insolita per quel periodo storico, all’alba del 2020 seduta al tavolo di un caffè-libreria: iniziare a scrivere su un taccuino.
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Attenzione: questa storia tiene conto degli eventi del fumetto solamente fino al termine dell’arco del libro di Ludmoore. Per gli eventi successivi si basa sulla fanfiction “Ritorni” di MaxT, che quindi vi consiglio di leggere prima di questa!
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric, Cornelia Hale, Orube, Wilhelmina (Will) Vandom
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8

Cassandra non si sentiva così felice da mesi. L’ultima volta che si era sentita così, con le farfalle nello stomaco e la testa che le girava se pensava a chi gliele faceva venire, era stata quando mesi prima Cedric aveva passato un intero pomeriggio nel suo laboratorio, osservandola creare varie pozioni ed estrarre qualche campione da studiare. Non era lì per curiosità sua ma per carpire informazioni che gli sarebbero servite per un incarico, questo Cassandra lo sapeva bene, ma mostrare a Cedric ciò che sapeva fare nel suo laboratorio l’aveva fatta sentire una dea. 

Quel giorno si sentiva proprio come quel pomeriggio lontano, ma le farfalle nello stomaco non gliele aveva messe Cedric. Quella mattina si era svegliata nella sua camera al palazzo blu di Meridian come ogni giorno, ma non era da sola: accanto a lei giaceva Zharel, con il quale aveva passato una bellissima serata che si era conclusa in modo per lei inaspettato. Fino al giorno prima era convinta che sarebbe sprofondata nei sensi di colpa se ci fosse andata a letto, e invece no: fosse stato per lei non avrebbe mai più lasciato la stanza per quel giorno. 

Purtroppo il suo dovere nei confronti della regina di Meridian e in particolare del suo consorte aveva avuto la meglio ed era uscita all’alba per andare nel suo orto di erbe officinali a prendere i germogli di ekrinas, che le servivano per una delle pozioni per Caleb e dovevano essere raccolti di mattina presto. 

 

Passati i primi minuti di scorno per aver dovuto lasciare un uomo meraviglioso nel suo letto, una volta arrivata nel suo orto nel bel mezzo della foresta a ovest del palazzo il suo umore aveva iniziato a migliorare di nuovo. Non era mai stata un’appassionata di botanica, ma a Meridian aveva scoperto un certo piacere nell’osservare le sue piantine crescere ogni giorno, prendersene cura e ricavarne dei potenti estratti, e passare del tempo nella foresta e nel suo orto le piaceva. 

Dopo aver messo nel suo cestino di vimini un numero sufficiente di germogli di ekrinas, si infilò il guanto che portava sempre con sè quando andava nell’orto ed si chinò per prendere anche qualche kollatas. Ormai era lì, tanto valeva approfittarne per fare un po’ di inventario. 

Ah, Zharel! Come aveva fatto ad essere così cieca fino ad allora? Aveva sempre pensato che gli ufficiali dell’esercito di Elyon fossero tutti delle zucche vuote che pensavano solamente a menar le mani e a contare le donne con cui andavano a segno. Zharel invece l’aveva sorpresa con una mente piuttusto acuta e curiosa e l’aveva riempita di domande riguardo la vita sulla Terra. Le tecnologie terrestri l’avevano decisamente impressionato, anche se non riusciva a capacitarsi del fatto che dove aveva vissuto lei non c’erano un re e una regina. 

Oltre ad essere intelligente era anche molto bello, il che non guastava affatto. La sua era una bellezza diversa da quella umana, con la pelle verde chiarissimo attraversata da numerose striature verde più scuro, gli occhi viola e i capelli d’argento raccolti in una miriade di treccine, ma per il resto le sue forme erano completamente antropomorfe e statuarie, fatta eccezione per le orecchie a punta.

Cassandra finì di riempire il cestino di vimini con i bulbi di kollatas e si rese conto di avere probabilmente un sorriso ebete stampato sul viso. Non vedeva l’ora di ritornare al palazzo e sperava che Zharel non se ne fosse già andato. Prese il suo cestino e si raddrizzò in piedi. 

Decise di tornare al palazzo attraversando la foresta dall’altra parte rispetto a quella da cui vi era entrata, e poi entrare a palazzo dalla torre a nord-ovest, che era dalla parte in cui si trovava il suo laboratorio al piano terra. Lì avrebbe lasciato il cestino e poi sarebbe corsa nella sua stanza. 

Era quasi a metà del suo percorso nella foresta, quando sentì un fruscìo di foglie che segnalava la presenza di qualcuno a pochi passi da lei. Si bloccò sul posto, cercando di capire se fosse un animale o una persona. 

Passi, erano decisamente passi di una persona. 

Non aveva nulla di cui aver paura: era stata nella foresta tante volte e conosceva praticamente tutti quelli che gironzolavano attorno al palazzo. Probabilmente era una delle ragazze delle cucine che andava a prendere qualche erba aromatica. 

I passi si fecero più vicini e da dietro un albero dal grosso tronco vide finalmente comparire una figura, ma non era quella di una delle ragazze delle cucine.

«Cedric!» esclamò Cassandra nel riconoscerlo.

Ma quando era tornato? Non era proprio come quando l’aveva visto l’ultima volta: se lo ricordava con la barba, pendagli di rame e argento da tutte le parti e vestito in modo simile ai Guerrieri di Basiliade, invece ora sembrava essere tornato il Cedric di un tempo, senza barba e ferraglia e con una veste dal taglio tipico di quelle di Meridan, lunga e finemente decorata. Non l’aveva più visto indossare le vesti di Meridian dal giorno del suo Legame con Orube. Era comunque una veste strana, perché invece di essere azzurra o verdolina come praticamente ogni materiale di Meridian, era di una tonalità sul rosso. 

Cedric le sorrise, allargando le braccia. «Kendrel!» la chiamò con il suo vero nome. Cassandra arricciò il naso e si accigliò. Non la chiamava Kendrel da anni, doveva avere qualcosa di grave da dirle. Eppure non sembrava: Cedric continuava ad avanzare deciso verso di lei, sorridendole in modo strano.

«Sapevo che eri qui! Ma com’è che te ne vai in giro così?» continuò lui, squadrandola malizioso dall’alto in basso, come se volesse mangiarsela con gli occhi. Cassandra si sentì a disagio. Ma che diavolo aveva per la testa? Era ubriaco? Fece un passetto indietro per ritrarsi da quel Cedric che le sembrava poco in sè, ma lui la raggiunse e le prese il viso tra le mani. «Lo sai che da umana mi fai impazzire!» disse. Cassandra sgranò gli occhi, ma non fece in tempo a ribattere perché lui la attirò a sè e la baciò. 

Non era un bacio timido e tentativo, come il primo bacio che Zharel le aveva dato la sera prima. No, era un bacio sicuro, quello di qualcuno abituato a baciare la propria amante e a ricevere risposta. Quando Cedric le schiuse le labbra con la lingua, attirando il corpo di lei contro il suo, Cassandra fu assalita per un istante dal desiderio di abbandonarsi a quel bacio. Quante volte aveva sognato quel momento? Ma qualcosa non tornava. Forse stava sognando anche allora? Eppure si sentiva così presa da Zharel fino a un minuto prima, che razza di scherzi le faceva la mente? O forse il guanto che usava per raccogliere i kollatas si era rotto e il veleno di quelle piante le stava facendo avere strane allucinazioni? Ad ogni modo, ciò che stava vivendo non era reale. 

Eppure quel Cedric era lì, in carne ed ossa e la stava baciando. Cedric la strinse di più a sé, premendo il bacino contro il suo. Eccome, se era vero quel corpo! Suo malgrado, Cassandra sentì una vampata di calore propagarsi dal basso ventre e attraversarle tutto il corpo. 

Con uno sforzo di volontà non indifferente appoggiò le mani al petto di quello strano Cedric e lo spinse via da sé, indietreggiando allo stesso tempo. Lui la lasciò andare, ma la guardò interrogativo. 

«Non… non sono chi pensi tu.» balbettò lei, continuando a indietreggiare.

Lui fece un passo in avanti verso di lei, allungando una mano. «Ma cosa dici?»

«Non sono la tua Kendrel! Io sono Cassandra!» disse lei con voce tremante, poi girò i tacchi e prese a correre, noncurante dei kollatas che volavano via dal suo cestino. Fece appena in tempo a vedere l’espressione di Cedric mutare, come se avesse avuto un’improvvisa illuminazione. Lo sentì dietro di sé gridarle: «Aspetta! Vieni dall’altra parte?», ma lo ignorò e continuò a correre nella direzione da cui era venuta. 

Doveva essere quasi arrivata al suo orto, quando inciampò e cadde a terra. O meglio credette di essere inciampata: in realtà non vi era nulla a terra, ma qualcosa le aveva dato una spinta e aveva perso l’equilibrio, mentre un tuono rimbombava in lontananza alle sue spalle.

Non seppe per quanto tempo rimase a terra, incapace di muoversi. Non riusciva a capacitarsi di quanto era successo. 

“Vieni dall’altra parte?” le aveva chiesto quel Cedric che di certo non era quello che conosceva lei. Era sicura che non fosse reale, eppure quel bacio era vero e quando lui l’aveva attirata a sè aveva sentito che anche il suo corpo era vero. Specialmente dalla vita in giù, ricordò avvertendo di nuovo una leggera vampata. 

Cassandra si sollevò e si sedette sui talloni, le mani abbandonate sul grembo. Il cestino di vimini era finito a qualche spanna da lei, i kollatas e i germogli di ekrinas sparsi a terra attorno ad esso. Se solo avesse avuto la possibilità di prendere un campione come quello del Gargante, forse avrebbe potuto verificare chi si celasse dietro a quello strano Cedric. 

Un campione… Cassandra si portò due dita sulle labbra. No, non sarebbe mai riuscita ad estrarre nulla da lì, ci voleva un tessuto biologico vero e proprio. 

Sospirò, abbassando lo sguardo a terra verso i kollatas che la circondavano. Fece per guardarsi le mani, per verificare se ci fossero tagli dovuti alle spine dei kollatas, e poi lo vide: un lungo capello biondo impigliato a uno dei bottoni del suo corsetto verde. 

Con la mano tremante lo disincagliò dal suo vestito. Finalmente quel corsetto così scomodo si era reso utile per qualcosa! Recuperò come poteva gli ekrinas e lasciò perdere i kollatas, quindi prese il suo cestino e corse verso il palazzo, facendo attenzione a non perdere il prezioso campione che le avrebbe detto chi o cosa diavolo era quell’uomo che l’aveva appena baciata.

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Note: se state ancora leggendo, significa che siete così fedeli alla storia da averla ritrovata anche se l'ho ripubblicata da capo con un account diverso! GRAZIE <3 Purtroppo nel caos della ripubblicazione ho perso le recensioni ai capitoli precedenti, ma ce ne sono ancora parecchi in arrivo quindi ci saranno occasioni per lasciarne delle altre per chi vorrà. Se non vi va di lasciare una recensione, potete ovviamente anche solo mandarmi un messaggio privato qui su EFP per un saluto o un pensiero, qualunque spunto di discussione mi fa piacere!
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Questa storia ha anche una traduzione inglese, che sono riuscita a portare alla pari con la versione italiana e ora verrà pubblicata di pari passo qui.
Se vi interessa vedere qualche fan art, ho riaperto di recente il mio account tumblr qui, dove a parte ribloggare cose, ogni tanto pubblico qualche sketch o lavoro finito ispirato a questa storia. 
Alla prossima :) 

  
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