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Autore: Chiara PuroLuce    09/10/2021    7 recensioni
Lady Jennifer Worth si deve sposare e ha solo una richiesta per il vestito, che abbia il merletto sul corpetto per celare, almeno un po', ciò che la natura le ha generosamente donato. Semplice, vero? E invece no. Non aveva calcolato un inconveniente durante una prova dell'abito, un madre senza mezze misure e l'arrivo del suo fidanzato Joshua che...
Tornate con me nella Londra Vittoriana del 1820 da una vecchia conoscenza e dalla sua fidanzata timida, ma non troppo.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Età vittoriana/Inghilterra
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                                                                  UN MERLETTO PER LADY JENNIFER                      
 
                                                                  pumpNIGHT 2021 - Prompt 7 - Merletto
 
 
 
Londra, 1820. Palazzo Ducale di Milton Worth Settimo Duca di Black Lake.
 
 
Lady Jennifer Worth, era al settimo cielo. Mai, mai, mai in vita sua aveva pensato di potere avere una fortuna del genere. Sposare un uomo meraviglioso, dolce e intelligente come era il suo fidanzato, Joshua Smith, Visconte Pimbrock.
Quando mesi addietro, suo padre le aveva prospettato il matrimonio, lei non aveva potuto rifiutare. Sapeva di essere un peso per la sua famiglia e di avere tirato troppo la corda con i suoi no ai vari pretendenti che si era presentati alla porta. Ma di sposarsi solo per puro accordo commerciale, proprio no. Così facendo, però, le visite dei gentiluomini erano andate sempre più diradandosi, fino al terminare totalmente. Ed erano passati cinque anni da allora.
Lei era la prima di quattro figli – un maschio e tre femmine in tutto – ed era l’unica a non essere ancora maritata alla veneranda età di trentaquattro anni. Era una zitella piccola, grassoccia, con scialbi capelli castani, grandi occhi scuri e un naso importante che sovrastava una bocca altrettanto carnosa. Insomma, era tutta… tanta.
Un’altra sua caratteristica era la timidezza, la sua estrema timidezza.
Ma, a discapito di quello che le aveva inculcato sua madre – sull’evitare di discutere con gli uomini e annuire sempre qualunque cosa dicessero – lei amava usare la testa e dire la sua su tutto, anche su ciò che non avrebbe dovuto conoscere. 
Era la benefattrice e la fondatrice di un ente che si occupava delle vedove di guerra e dei loro figli. Ente che aveva aperto dopo che la figlia della loro governante precedente aveva perso il marito in guerra, lasciandola incinta e con un altro bambino di due anni da crescere. La sua famiglia l’aveva assunta, ma lei si era chiesta cosa ne sarebbe stato di loro in caso fosse stata sola.
Quel compito le occupava tutta la settimana, con grande disappunto della sua genitrice che non capiva la vena di follia che l’aveva spinta a ciò. Sebbene tre pomeriggi erano dediti ad aiutare concretamente quelle donne, i rimanenti erano impegnati nel cercare di coinvolgere più donne possibili e a raccogliere fondi.
Quando le era stato presentato colui che sarebbe diventato suo marito, tale Finn Smith Visconte di Pimbrock, lei era morta dentro. Era dunque quella la punizione per avere sempre rifiutato un matrimonio senza amore? Era dunque quella la sua condanna a vita? La sua fama di donnaiolo impenitente lo precedeva e anche il fatto che frequentasse bische ed era dedito a molti vizi. Suo padre le aveva spiegato che la sua famiglia del Conte di Pimbrock aveva bisogno di fondi e lei non poteva rifiutarsi di sposarne il figlio primogenito. Conosceva il Conte dall’infanzia – avevano pressappoco la stessa età – e negli anni gli aveva prestato delle somme andate perse in investimenti sbagliati. Il Conte era in debito con lui e - non possedendo quell'ingente somma - gli aveva prospettato un matrimonio d'interesse e una cifra più esigua, in cambio dell'annullamento del restante debito e dell'impegno di non denunciarlo alle autorità. Lui, Milton Worth, aveva accettato e avrebbe rimpinguato le casse della famiglia Smith con la dote della figlia zitella. In poche parole - capì lei - era stata venduta come merce di scambio. Fortuna volle che quell’essere disgustoso, morì un mese dopo quella proposta e… e che al suo posto si presentasse Joshua, il fratello minore. Com’era possibile che due fratelli fossero così diversi?
Un intenso rossore le salì alle gote e istintivamente portò le mani al viso.
 
«Cara, se non la smetti di muoverti, Madame Lisette non riuscirà mai a prenderti le misure. Mancano due settimane alla cerimonia e da oggi i biscotti sono banditi da questa casa o renderai inutile tutto il lavoro che sta facendo.»
 
«Che cosa? Oh, no madre. Questa è una cattiveria meschina!» Sbottò lei girandosi di colpo per fissare la genitrice e colpendo involontariamente la sarta col braccio teso che si sbilanciò. «Oh, mi scusi, non volevo.»
 
«Non si preoccupi Lady Worth, sono cose che succed... oh, no, che disgrazia» concluse poi ansimando mentre le fissava il corpetto «questa proprio non ci voleva, non ora.»
 
Jenny seguì lo sguardo della sarta “francese” e sussultò. Aveva sentito un strappo, ma non ci aveva fatto caso, tutta presa com’era dal battibeccare con sua madre. Era davvero un bel guaio, ne convenne.
Il suo bellissimo corpetto di merletto, era completamente divelto e lacerato, le vennero le lacrime agli occhi. La sarta faceva bene a essere preoccupata, non sarebbero bastate due settimane per ripararlo. E rifarlo da capo avrebbe richiesto un lavoro immane.
Per la cerimonia aveva scelto un bell’abito color panna, dal taglio molto sobrio e senza strascico, con la gonna che scendeva morbida fino ai piedi. Lo scollo rotondo sarebbe stato adornato del merletto che andava a scendere sul suo generoso seno, nascondendone un po' le forme. E ora… che guaio.
 
«Bè, è un vero peccato, mia cara» ne convenne sua madre «ma ritieniti fortunata di avere accalappiato un gran bell’uomo a modo per marito. Certo, il suo titolo è inferiore al nostro, ma il mio caro Milton non ha voluto rompere la promessa, per lo più che il Visconte ha provveduto a sostituirsi al fratello e…»
 
«Madre!» La reguardì, poi prese il merletto rovinato dalle mani della sarta e lo fissò, affranta.
 
Mah, forse non era un danno così irreparabile, ora che lo guardava meglio. Ci teneva davvero a indossarlo, aveva così tanto immaginato lo sguardo ammirato del Visc… di Joshua. Sospirò sconsolata mentre se lo rigirava tra le mani.
 
«Oh, davvero smettila ora, cara Jenny» le disse la madre con aria perentoria «è solo un merletto. Sì, dispiace che non ci sia più, ma francamente, parliamoci chiaro, non faceva per te. Va bene per una ragazzina in età da marito, non per una… una come te.»
 
Bè, grazie per l’insulto neanche troppo velato, madre!, pensò.
Jenny sapeva di essere la croce della sua genitrice che non l’aveva mai accettata per quello che era. Lei era troppo bassa, troppo grassa, troppo anonima, troppo sgraziata, troppo intelligente, troppo svampita, troppo svogliata, troppo… troppo, troppo, troppo tutto! Di contro, le sue due sorelle minori erano la grazia e la bellezza fatta persona ed erano l’orgoglio della famiglia. Infatti, avevano contratto due matrimoni vantaggiosi. Lei - purtroppo, a detta di sua madre - aveva avuto la sfortuna di prendere dalla zia paterna i tratti fisici e quello aveva segnato il suo destino, in un qualche strano modo, visto che l’amata zia era ancora nubile alla veneranda età di settant’anni suonati. A lei non sembrava che la zia fosse triste, anzi. Era sempre circondata da gente che se ne fregava delle convenzioni e la sua casa spesso ospitava convegni o eventi dove chiunque – di entrambi i sessi – poteva partecipare ed esprimere i propri pensieri e le proprie opinioni. Ci era stata anche lei un paio di volte e si era divertita moltissimo.
Parlandone con Joshua, aveva scoperto che anche a lui non sarebbe dispiaciuto replicare tali serate nella loro dimora. Non poteva chiedere di meglio. Un marito che la capiva era molto di più di quello che aveva sempre sperato.
Non avrebbe ceduto sul merletto.
 
«E quindi, madre cara, mi state dicendo che devo privarmene solo per via della mia età avanzata e del mio fisico.»
 
«Esatto» rispose lei con sollievo «sapevo che avresti capito. Dopotutto ti vanti sempre di essere colta e intelligente, finalmente si è visto. Parliamoci chiaro, sei grassa e bassa, anonima, su di te il merletto era sprecato e sono contenta che si sia rotto. Madame Lisette non includetelo più nel vestito» disse alla sarta che annuì.
 
«Cosa? Ma così sarò come… nuda. Madre, non potete farmi questo. Stravolgete il modello e mi esponete in modo imbarazzante davanti a degli sconosciuti nel giorno del mio matrimonio.»
 
«Oh, su, poche storie. Sei già vecchia e senza dubbio tutti penseranno che tu abbia già avuto… esperienze. Essere pudica non ti si addice.»
 
Che… cosa? Aveva sentito bene? Sua madre le aveva appena detto che andava bene se gli altri la pensavano una poco di buono? E proprio in un’occasione così solenne e importante?
Stava per replicare quando comparve una cameriera con un messaggio importante. Il Visconte di Pimbrock era venuto in visita e la stava attendendo nel salottino giallo.
Joshua! Finalmente il suo alleato, il suo amore, era arrivato a salvarla.
Si spogliò in fretta gettando il vestito per terra – sotto gli sguardi allibiti delle due donne – indossò il primo abito che trovò e sorrise soddisfatta.
Ricacciò la rispostaccia che aveva sulla punta della lingua e gli corse incontro e non era un modo di dire. Gli urli di sua madre nelle orecchie, l’abbandonò in camera sua e si precipitò dal suo futuro marito.



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Appena spalancò la porta del salottino giallo e lo vide, le lacrime le offuscarono la vista e corse ad abbracciarlo stretto.
 
«Mia cara» le disse lui baciandola lievemente «che accoglienza e… ehi, cosa sono queste lacrime?» Le chiese poi prendendole il mento con due dita e fissandole il viso per esaminarlo.
 
Jenny non resistette più e parlò, parlò, parlò e alla fine temette di averlo annoiato perché non aveva proferito parola per tutto il tempo e non era stato un discorso breve.
Quella semplice domanda aveva aperto la diga e lei si era sfogata, vergognandosene immensamente alla fine del suo monologo.
Finiva sempre così con lui, dalla prima volta che si erano visti e suo padre aveva concesso loro del tempo libero proprio lì dentro con la porta aperta. All’inizio era intimidita da Joshua – che le era apparso così serio e composto nel suo completo e nei suoi modi – tanto che per tutta la cena era stata in silenzio e aveva risposto a monosillabi alle sue domande. Dio, che figura. Poi lui le aveva confessato la sua intenzione di fare qualcosa per gli ex soldati mutilati che venivano ignorati dalla società dopo una vita spesa nell’esercito per difendere il Paese e Jenny aveva capito che era la sua anima gemella. L’aveva trovata.
Joshua non era molto più alto di lei, si aggirava sul metro e sessantacinque, era snello se pur muscoloso, tonico, aveva i capelli folti e neri come la pece, gli occhi erano di un bel marrone scuro, grandi ed espressivi. Il naso poi, aveva un profilo greco decisamente adorabile. La sua bocca era sottile, con il labbro inferiore leggermente più pieno ed era messa ancora più in risalto dai baffi che andavano a unirsi alla barba ben curata che risultava più folta sul mento e rada ai lati.
Ora avevano deciso che, con il loro matrimonio, avrebbero unito i loro progetti e avrebbero aiutato quanti più ex soldati e famiglie disagiate avessero potuto. Era un progetto titanico, lo sapevano bene, ma la sua dote era ingente e ben si prestava a tutto ciò, unita a qualche investimento che Joshua avrebbe sciolto per aiutare nelle spese.
Jenny si aspettava che lui scuotesse il capo, pronto a liquidare la questione come semplice litigio tra madre e figlia, ma ancora una volta, Joshua la stupì.
 
«Se fosse per me, mia cara, arriveresti all’altare con un vestito semplicissimo che ben si adatta a te. O anche in sottoveste. Sei talmente tanto bella che fatico a tenere le mani a posto ogni volta che ti vedo» le confessò facendola arrossire vistosamente. «Ma se il tuo desiderio è indossare il tuo abito panna con il merletto a celare il tuo meraviglioso petto ai miei occhi… ehi, chi sono io per dirti di no. Se lo desideri, lo avrai. Diciamo che sarà un immenso piacere scoprirlo in via esclusiva appena soli. Sarò egoista, mia cara, ma ti amo e vorrei che certi panorami fossero solo una mia esclusiva.»
 
La amava! Josh, Joshua, il Visconte Pimbrock… l’amava.
Poi, come per sigillare quella promessa e farle capire che le sue non erano parole dettate al vento, Joshua la baciò come non aveva fatto mai e le fece desiderare che fossero già sposati e che quello fosse il preludio alla loro prima notte di nozze.
Sì, le sarebbe piaciuto essere sua moglie, immensamente.
 
«Oh, caro, a trentaquattro anni non avrei mai sperato di trovare l’amore con un’anima a me affine, eppure… eccoti qua. Eh, sì, anche io ti amo e non vedo l’ora di iniziare la nostra nuova vita insieme.»
 
«Allora siamo in due. Bene, è deciso, tu avrai il tuo merletto – e che tua madre non osi interferire, perché a quel punto obbligherò io la sarta a rimetterlo e più bello del precedente – e io avrò il mio regalo privato.»
 
Quando la baciò nuovamente, Jenny perse la cognizione del tempo e del luogo dove si trovavano. Le mani di Josh si fecero più audaci, quasi a volere confermare le sue parole e lei non si oppose.
In seguito a quel passionale assalto, l’invitò a fare una passeggiata al parco e lei accettò con piacere.
Le piaceva avere un cavaliere dall’armatura scintillante pronto a difenderla dalle ingiustizie, ma le piaceva anche la sua indipendenza conquistata a fatica. Joshua l’aveva capito e apprezzava oltre che appoggiava, questo suo lato, gliel’aveva espressamente detto e lei ne era felice e sollevata.
Avrebbe avuto un marito premuroso e innamorato, un grande progetto di assistenza da condividere e ampliare e il suo merletto al vestito da sposa. Si poteva essere più felici di così?
   
 
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