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Autore: Bored94    10/10/2021    0 recensioni
Post-canon
Dopo la scongitta del Tendōshū e di Utsuro, Takasugi rispunta bimbizzato in una grotta. Sakamoto lo recupera dal Kiheitai e lui, Gintoki e Katsura si occupano di crescere il miniterrorista. Tre ex-jōi alle prese con un miniterrorista a crescita rapida.
Genere: Demenziale, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kotaro Katsura, Sakamoto Tatsuma, Takasugi Shinsuke
Note: De-Aging, Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Un sonoro schianto fece sussultare il Tuttofare che si era addormentato sul divano con una copia di Jump sulla faccia. Si affacciò dal balcone giusto in tempo per vedere Otose inveire contro qualcuno appena uscito da una navicella schiantatasi a pochi metri dal bar. La risata assordante che seguì fu una risposta sufficiente alla domanda inespressa di Gintoki, ossia chi diavolo avesse fatto tutto quel baccano. L'uomo con gli occhiali da sole si affrettò su per le scale e salutò con entusiasmo.

«Kintoki! Ho una grande notizia!»

«Ti ho detto che quello non è il mio nome» brontolò l'amico rientrando in casa, subito seguito da Sakamoto. Quando si girò di nuovo verso di lui si accorse che l'involto che aveva tra le braccia si muoveva, a un certo punto il braccio di un bambino spuntò dalla coperta. Gintoki sgranò gli occhi.

«Ohi, Tatsuma...» chiese subito con espressione beffarda. «Che hai combinato? Questa volta l'hai fatta grossa. Chi è la povera pazza? Mi troverò la casa invasa da alieni incazzati che vogliono farti la pelle?» Sakamoto rise. «Ohi... non è che è di Mutsu, vero? Non sta per arrivare Mutsu a ucciderci entrambi, vero? Me ne basta una di yato per casa.»

«Ma smettila! Mutsu non c'entra nulla, non ho fatto niente. Questo lo terrai tu» rispose il mercante mollandogli in mano il bambino con un sorriso enigmatico.

«Sei impazzito? Non lo voglio tuo figlio. Ho già tirato su due adolescenti, non voglio anche questo mocc-» parlando abbassò lo sguardo sul piccolo e la voce gli morì in gola. Non era possibile.

«Te l'ho detto che non è mio figlio. Non ho fatto niente del genere» rise l'amico, vedendo lo sguardo sconvolto di Gintoki.

Lo Yorozuya rimase a fissare il bambino, incredulo. Non era possibile. Lo aveva visto morire tra le sue braccia dopo lo scontro con Utsuro, eppure il bambino che stava guardando in quel momento aveva gli stessi capelli viola e gli stessi occhi verdi di Takasugi. E Sakamoto non gli sarebbe semplicemente piombato in casa con un bambino talmente simile al loro amico da fare male se non fosse stato...

Era vero.

Ciò che Takechi aveva detto a Zura... ciò che Sakamoto aveva scritto nella sua lettera... era tutto vero. Quando aveva letto quella lettera si era sentito sollevato, ma solo in quel momento si rese conto che non ci aveva creduto davvero. Gli era sembrato troppo irreale. Dopo tutto ciò che avevano passato lui e suoi compagni, dopo tutto ciò che avevano perso, illudersi gli avrebbe fatto troppo male. Invece Takasugi era vivo. Shōyō era riuscito a salvarlo.

Gintoki deglutì a fatica il groppo che gli si era formato in gola e rinsaldò la presa sul bambino, con le mani che gli tremavano leggermente. Tentò di schiarirsi la voce e sbatté rapidamente le palpebre un paio di volte, sentendo gli occhi inumidirsi. Sakamoto sorrise e gli mise un braccio intorno alle spalle, fingendo di non accorgersi degli occhi lucidi e dell'improvvisa emozione dell'amico. «Anche io all'inizio ho faticato a crederci, ma ti posso garantire che è davvero lui» disse con tono soddisfatto. «Appena il Kiheitai lo ha trovato, li ho rintracciati e l'ho portato qui. Dovrebbe avere all'incirca un mese adesso ed è apparso un paio di giorni fa, penso... a questa velocità credo che compirà un anno nel giro di un mese» Gintoki annuì, ancora visibilmente scosso.

All'improvviso qualcuno si precipitò all'interno dell'appartamento, facendo sussultare i due uomini.

«Tatsuma! Cosa succede? Ho ricevuto il messaggio in cui mi dicevi di venire subito da Gintoki per una questione urgente!» Katsura si guardò attorno ed esaminò rapidamente l'ambiente. Il suo sguardo si posò sul bambino in braccio a Gintoki e l’espressione preoccupata lasciò presto spazio alla sorpresa, mentre sgranava gli occhi.

«Ci sei riuscito davvero...» mormorò avvicinandosi ancora di qualche passo, gli occhi incollati al piccolo. «Devo ammettere che non pensavo fosse possibile, invece lo hai trovato...» la voce gli tremò appena e gli morì in gola. Sakamoto annuì nuovamente, continuando a sorridere. Capiva bene l’emozione dei suoi amici, lui stesso una volta realizzato che il Kiheitai non li avrebbe seguiti era stato investito in pieno dalla consapevolezza che Shinsuke era vivo, come se fino a poco prima non ci avesse creduto davvero. Irrazionalmente terrorizzato che potesse scomparire da un momento all’altro, non era riuscito ad appoggiarlo da nessuna parte per buona parte del viaggio, nonostante più di una persona si fosse offerta di liberarlo da quell’incombenza per almeno cinque minuti.

«Aspetta» Gintoki sollevò la testa e rivolse uno sguardo accusatore a Sakamoto ancora accanto a lui, che si risvegliò bruscamente dai suoi pensieri. «Hai detto che era stato il Kiheitai a trovarlo... mi stai dicendo che quel vecchio maniaco e la fangirl psicopatica che non ha fatto altro che strillare 'Shinsuke-sama' dall'arco di Beninzakura in poi ti hanno lasciato portare via il loro comandante?»

«Sono molto bravo a trattare, è il mio lavoro» rise rumorosamente Tatsuma.

«L'hai rapito, vero?» chiese a bruciapelo Katsura.

«Tatsuma! Abbiamo da poco ristrutturato! Se mi trovo la casa invasa dal Kiheitai, mi dovrai rimborsare!»

Sakamoto non fu affatto impressionato dalle urla dell'amico. «Non ho rapito proprio nessuno.»

«Se loro non sanno che lo hai portato via, è rapimento» gli fece notare Katsura.

«Sanno che l'ho portato via.»

«Se loro non erano d'accordo, è rapimento» rincarò la dose Gintoki.

«Erano d'accordo! Non preoccupatevi, è tutto sotto controllo. Al massimo ci faranno visita ogni tanto» rise l'uomo, divertito dalla diffidenza dei suoi due amici. «Abbiamo concordato che fosse meglio che lui stesse con noi, visto che lo conosciamo da molto tempo e dovrà recuperare i ricordi. Quando me ne sono andato eravamo ancora tutti d'accordo. Per sicurezza comunque ho sabotato i loro comandi, così anche se dovessero ripensarci ci metteranno un po' a raggiungerci.»

Gintoki sospirò esasperato, ma non fece in tempo a rispondere che la versione tascabile di Takasugi iniziò a emettere un odore inequivocabile. Gin afferrò il bambino sotto alle ascelle e lo allontanò da sé il più possibile, tenendo le braccia tese e lasciando cadere la coperta in cui era avvolto. Anche gli altri due uomini fecero un passo indietro storcendo il naso.

«Bene, Kintoki. Quindi abbiamo detto che ci pensi tu, giusto?»

«Io? Perché io?» chiese scandalizzato il samurai.

«Beh io ho il Kaientai, sai... gli affari... non posso di certo portarmi dietro un bambino così piccolo.»

L'amico gli rivolse uno sguardo eloquente, non si beveva le sue cazzate. «Questo non ti impedisce di cambiarlo adesso» commentò, spostando il bambino nella sua direzione. Sakamoto ritirò le braccia e agitò le mani. «No, no, no! Io non ho mai fatto questo genere di cose, Kintoki. Farei sicuramente un guaio. Vado a comprare dei pannolini, va bene?» non aspettò nemmeno la risposta e si catapultò fuori dall'appartamento.

Gintoki si voltò verso Katsura e gli mollò il bambino in braccio. Lui allungò a sua volta le braccia per tenere Takasugi a distanza. «Perché dovrei farlo io?»

«Sei tu l'esperto di bombe. Disinnescalo.»

«Questa non è una bomba, è un'arma batteriologica. Il mangaka ha chiaramente deciso che sei tu l'esperto in materia, ricordi Forever Yorozuya?» chiese cercando di ripassargli il bambino, come se fosse una palla puzzolente.

«Ma di che stai parlando? Gli eventi di quel film non sono mai accaduti perché sono tornato indietro nel tempo.»

Nel bel mezzo del loro tira e molla, entrò Shinpachi che li guardò per qualche secondo. La scena era assurda: due uomini adulti stavano tenendo in mano un bambino a braccia tese, al di sopra delle loro teste.

«Da dove arriva quel bambino? E perché lo state reggendo come se fosse Simba?»

I due uomini si rivolsero uno sguardo d'intesa, Katsura mollò la presa e Gintoki si precipitò verso Shinpachi, il bambino proteso verso di lui. «Shinpachiiiiiiii, puoi farci un favore?»

Il ragazzo sentì l'odore provenire dal bambino e storse il naso. «Ah no, te lo puoi scordare. Non so dove abbiate trovato quel bambino, ma non ho nessuna intenzione di occuparmene io. È un vostro problema.»

«Ma puzza» protestò Gintoki.

Shinpachi sospirò esasperato. «Quante volte ti ho detto di non accettare incarichi come babysitter di bambini così piccoli? Va sempre a finire così. Questa volta ti arrangi.»

Il samurai distolse lo sguardo imbarazzato e riportò il bambino verso di sé, reggendolo contro il proprio petto con un braccio. Si passò la mano libera sulla nuca, non sapendo come introdurre l'argomento. Che reazione avrebbe avuto Shinpachi? «Non è un incarico» disse solo a un certo punto a mezza voce, senza incrociare lo sguardo dell’altro.

L'amico lo guardò preoccupato. «In che senso? Che cos'hai fatto?»

«Ma perché pensi subito al peggio! Non ho fatto niente, non sono così irresponsabile e- Zura, ti vedo! Non provare a scappare!» troppo tardi. L'uomo era già fuggito dall'appartamento, urlando: «Non sono Zura, sono il fattorino!» Ormai in strada aggiunse: «Comprerò cibo e vestiti per il bambino!» e scomparve.

I due uomini rimasti si guardarono per un attimo perplessi, poi Shinpachi tornò alla carica. «Quindi se non stai facendo da babysitter e non è un guaio che hai combinato da dove spunta?»

Gintoki tentennò, incuriosendo ancora di più l'amico che non capiva cosa gli fosse preso. Aveva davvero messo incinta qualcuno nonostante quanto avesse appena detto? Dopotutto aveva viaggiato per due anni, non sapevano tutto ciò che aveva fatto... o chi.

In compenso il bambino sembrava molto interessato dalla luce che si rifletteva sulle lenti degli occhiali di Shinpachi, che si era abbassato per guardarlo meglio, e si stava sbracciando verso di lui. Takasugi approfittò di un un momento di distrazione del ragazzo per agguantare una delle stanghette degli occhiali e rubarli a Shinpachi, si mise poi a osservare i giochi di luce sulle lenti con occhi sgranati e a giocare con le stanghette, meravigliato dal fatto che si piegassero.

«No, no! Fermo» lo supplicò Shinpachi, già immaginando i suoi poveri occhiali distrutti. «Questi mi servono, me li ridai?» iniziò ad aprire con delicatezza le dita del bambino e finalmente riuscì a riprenderseli. Purtroppo però il piccolo non era affatto entusiasta della cosa poiché iniziò a lamentarsi a gran voce, ma Shinpachi fu veloce ad afferrare un portachiavi dai pendagli colorati che tintinnavano e a muoverglielo davanti al viso. Sembrò bastargli e Takasugi si lasciò distrarre dai colori e dai suoni. Scampato il pericolo capricci e urla, Shinpachi si rivolse nuovamente a Gintoki.

«Allora? Cosa potrà mai essere di così tremendo? Chi è questo bambino?» insistette anche se un sospetto stava iniziando a farsi largo nella sua mente. Ma non era possibile, giusto? D’accordo che di cose assurde negli ultimi anni ne erano successe, ma questo...

«Takasugi» rispose finalmente l'amico sbirciandolo con la coda dell'occhio.

Il ragazzo con gli occhiali si bloccò, smettendo di far penzolare il portachiavi e piantando gli occhi in faccia a Gintoki. «Come, scusa?» Aveva capito bene? «Takasugi... intendi quel Takasugi?» diversamente da quanto aveva appena pensato, non poté fare a meno di sentirsi sconvolto.

«Non è che ne conosca altri» bofonchiò il samurai che stava studiando l'espressione dell'altro.

«Cosa significa?» chiese il ragazzo perplesso. Dopotutto ricordava che il comandante del Kiheitai era morto alla fine della guerra ed era decisamente un adulto. Com'era possibile che quel bambino fosse la stessa persona?

Gintoki si spettinò con una mano e gli fece un breve riassunto di quanto successo con Shōyō nei due anni in cui aveva viaggiato per conto proprio, gli spiegò come funzionasse l'altana e come lui, Katsura e Sakamoto pensassero che con il suo ultimo gesto Shōyō li avessi salvati tutti, Takasugi compreso.

Shinpachi annuì, stranamente calmo. «In effetti siamo sopravvissuti a un’esplosione molto violenta e ravvicinata.» Fece una pausa. «Quindi crescerà a velocità accelerata?»

«Esatto, all'incirca un anno al mese... Sakamoto pensa che adesso abbia circa un mese, ma non mi stupirei se avesse sbagliato i conti perché ha perso la concezione del tempo.»

Rimasero in silenzio per un attimo poi il ragazzo sospirò. «Non potevi mettere incinta una come fanno tutti quando hanno una crisi di mezza età, vero?»

«Ehi! A chi hai dato del vecchio di mezza età?!»

«In ogni caso, a maggior ragione: amico tuo, ci pensi tu» disse Shinpachi, allontanando il portachiavi da Takasugi appena in tempo per evitare che si mettesse le chiavi in bocca. «Ma prima» afferrò una macchina fotografica e fece una foto a entrambi con un sorrisetto perfido «assicurazione sulla vita. Quando sarà di nuovo adulto, cercherà di sicuro di uccidervi perché gliene avrete fatte di tutti i colori. Questa mi serve a dimostrare che a lasciarlo nella cacca, letteralmente, siete stati voi e che io sono innocente.» Gintoki gli rivolse uno sguardo strano, sembrava non riuscire a decidere se sentirsi stupito dalla reazione pacata di Shinpachi, tradito dalla foto o sollevato dalla risposta ricevuta. Non ebbe il tempo di capirlo perché vennero interrotti da Kagura.

«Che state facendo voi due?» chiese la ragazza entrando improvvisamente nel salotto, appena tornata da una passeggiata con Sadaharu. «C'è una navicella schiantata qui di fronte, c'è il tuo amico rumoroso per caso? E da dove spunta quel bambino?» chiese senza fare pause. Gintoki si irrigidì di nuovo, solo perché Shinpachi gli era sembrato tranquillo, questo non significava che Kagura l’avrebbe presa altrettanto bene.

«È Takasugi-san. Shōyō-sensei lo ha riportato in vita con l'altana prima di morire. Starà qui» tagliò corto Shinpachi, levando Gin d'impiccio vedendolo di nuovo in difficoltà. Kagura rimase un attimo interdetta, per poi lanciarsi in un milione di domande. Alla fine della spiegazione rispose con un semplice “oh… ok” che prometteva un altro interrogatorio non appena avesse metabolizzato tutte le risposte che aveva ricevuto. Shinpachi indicò il bambino che stava iniziando a dare segni di disagio. «Gin-san, ti conviene cambiarlo davvero o tra poco inizierà a strillare. Non abbiamo pannolini, ma almeno lavalo, intanto che aspetti che torni Sakamoto-san.»

Il samurai annuì e si avviò verso il bagno, ma si fermò dopo qualche passo e rivolse uno sguardo interrogativo ai due. «Shinpachi… hai detto che starà qui...» disse, processando finalmente le parole del ragazzo che lo guardò perplesso.

«Non era questo che volevi chiederci?»

«Sì, ma… siete sicuri che vi vada bene?»

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo sorpreso. «Era questo il problema?» chiese Shinpachi. «Se rimanesse con quelli del Kiheitai svilupperebbe un ego ancora più spropositato di quello originale. Sakamoto-san potrebbe benissimo perderlo su un qualche pianeta sconosciuto lontano anni luce e al momento non mi pare autosufficiente. Katsura-san va in giro con un uomo alieno travestito da papera e ha la bomba facile, non so tu ma visti i precedenti eviterei» enumerò il ragazzo. «Non devi chiederci il permesso, Gin-san. Capiamo. Davvero» rimase un attimo in silenzio, poi le sue labbra si aprirono in un sorriso di scherno. «Beh io almeno...»

Kagura gli lanciò un'occhiata in tralice. «Cosa vorresti dire? Guarda che ho capito benissimo.»

«Ah sì? Quindi hai anche capito che non sei più la piccola di casa e quindi non ti spetta più la porzione più abbondante?» la ragazza si bloccò a quelle parole e rivolse un'occhiata sconvolta a Gintoki, poi al bambino. «Gin-chaaaaaan» piagnucolò la ragazza, mentre l'uomo scoppiava a ridere e si dirigeva verso il bagno, visibilmente sollevato.

Kagura e Shinpachi si scambiarono uno sguardo d'intesa e sorrisero. Capivano perché Gintoki si fosse fatto degli scrupoli nel dirglielo, ma nonostante le esperienze negative che avevano avuto con il comandante del Kiheitai, da un certo punto in poi erano diventati alleati. Inoltre erano consapevoli che il legame tra i quattro samurai risaliva a molto tempo prima di quelle vicende. Se loro avevano appianato le loro divergenze, tanto bastava. Entrambi ricordavano ancora chiaramente il dolore di Gintoki alla morte dell'amico dopo la battaglia con Utsuro, chiedergli di affidarlo a Sakamoto o Katsura, se non addirittura di rimandarlo al Kiheitai, sarebbe stato soltanto crudele.

Una serie di imprecazioni e versi disgustati uscirono dal bagno.

E poi vedere quei tre idioti alle prese con un bambino così piccolo sarebbe stato molto divertente.

  
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