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Autore: LadyKant    12/10/2021    5 recensioni
A volte quando stai cadendo nel buio hai bisogno di una voce che ti indichi la strada. A volte però la voce è quella sbagliata.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Drago, Gaius, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Sentì un peso addosso, qualcosa di caldo lo sfiorava e lo teneva stretto. Era una sensazione bellissima, sapeva di casa, di qualcosa di conosciuto e desiderato, di pace e sicurezza.
 
Quella bella voce era ancora con lui, gli stava parlando ma poi si era incrinata, la sentiva così fragile mentre pronunciava il suo nome. Gli si strinse il cuore, se avesse potuto piangere era sicuro l’avrebbe fatto, ma non era sicuro di ricordare come si facesse, non era sicuro di poterlo fare. Tutte le sensazioni che provava gli arrivavano come filtrate attraverso quel buio che lo avvolgeva, tutto in lui era bloccato, i pensieri, i movimenti, le emozioni.
 
Si chiese se fosse sempre stato così.
Si chiese se sarebbe sempre stato così.
 
Non aveva una risposta, non la voleva, non era pronto. Accolse il buio come una tregua da questi pensieri.
 
Ritornò in sé quando si sentì sollevare e stringere, non aveva peso, sentiva un calore ed un profumo che gli dava la sensazione di essere a casa, quella stretta forte era così rassicurante che avrebbe voluto non perderla mai. Cos’era? Chi era? Perché la sua mente non lo aiutava, perché era tutto così estenuante. Come poteva provare tante cose e non riuscire a dare un nome a nessuna di esse.
Poi sentì quel calore allontanarsi, cosa avrebbe dato per poter allungare una mano e riafferrarlo, ma la mano rimaneva inerte. Perché riusciva a provare così tanto senza neanche sapere chi fosse, ma non riusciva a muoversi verso quello che voleva?
 
Sentì ancora quella bella voce ma stava urlando, era arrabbiata? Non sembrava solo collera, sembrava qualcosa di più profondo, qualcosa che lo faceva sentire addolorato, oltre la rabbia c’era qualcosa che non sapeva decifrare che gli si infilava sottopelle e lo raggelava.
 
Aveva già sentito quella voce urlare ne era sicuro, ma non così. Ma chi era?
 
La sua mente scivolò nel nulla prima che potesse rendersene conto.
 
All’improvviso fu solo dolore.
 
Il buio intorno che lo circondava diventò palpabile, ora l’oscurità che lo aveva isolato la poteva sentire, come se fosse immerso in una sostanza densa e gelida che si faceva sempre più consistente e che lo avvolgeva.
La stretta si fece sempre più forte, se avesse potuto urlare lo avrebbe fatto.
Faceva male.
Riusciva a sentire ogni parte di sé stritolata in quella morsa ghiacciata.
I polmoni erano talmente schiacciati che non riuscivano più a far arrivare l’aria, il dolore era talmente forte che smise ogni pensiero coerente.
 
Pensò che fosse la fine, si trovò a desiderarlo, pregò fosse ora.
 
In uno sprazzo di lucidità si trovò a pensare che era passato troppo tempo, avrebbe dovuto essere già morto.
 
Il dolore continuava e lui annaspava, urlando nella sua mente come non aveva mai fatto prima.
 
Quanto male può sopportare una persona prima di crollare?
Quanto dolore si può sopportare prima che la fine sia l’unica cosa che si desidera?
Quanto si deve soffocare prima di non volere più aria?
 
Non ce la faceva più, nella sua mente gridava, se qualcuno poteva sentilo che ponesse fine a tutto, facesse cessare quella tortura, pregò che l’incoscienza che lo aveva salvato tante volte tornasse e lo annullasse.
 
Poi una luce si fece strada all’improvviso come un fulmine, sentì il buio che lo stritolava lasciarlo libero e i polmoni riempirsi d’aria, fece un profondo respiro aprendo gli occhi.
 
Qualcuno lo stava chiamando.
 
La stessa bella voce di prima…Arthur.
 
Due occhi celesti e quel viso tanto amato presero forma nella sua mente.
Come aveva fatto a scordarlo? Cos’era successo?
Si mise a sedere guardandosi intorno, provò a sforzarsi di ricordare ma i suoi ricordi sembravano persi nella stessa nebbia che vedeva intorno a sé.
Dove si trovava? Dov’era Artù?
 
Si alzò in piedi e fece qualche passo, provò ad urlare chiedendo se ci fosse qualcuno, ma la nebbia era così densa e fitta che sembrava assorbisse ogni suono.
Si strinse di più nella leggera giacca che indossava e continuò a vagare senza avere idea di dove stesse andando.
 
Più il tempo passava più sentiva crescere l’ansia e la paura, era solo, senza punti di riferimento e non aveva idea del motivo, il terrore che fosse successo qualcosa di brutto era un pensiero che non riusciva ad allontanare.
 
Si impose di non smettere di camminare, crollare e piangere non avrebbe portato a niente, anche se era l’unica cosa che voleva fare.
Vagò per ore prima di rendersi conto che a parte il freddo, a livello fisico non sentiva nulla, né fame, né sete, né stanchezza.
 
Visto che era solo decise che di usare la magia, chi avrebbe potuto vederlo in quella nebbia! Pronunciò l’incantesimo per far comparire del fuoco ma non accadde nulla.
Riprovò.
Ancora niente.
Riprovò ancora.
Non accadde nulla.
 
In quel momento il terrore prese il sopravvento, crollò in ginocchio ed iniziò a tremare come mai prima mentre le lacrime trovarono facile strada per scorrere; si abbracciò in maniera disperata piantandosi le unghie nelle spalle mentre un urlo di disperazione lasciò la sua gola.
 
Era davvero solo.
Solo e indifeso.
Era nel panico.
 
Non sapeva quanto tempo fosse passato, si era imposto di non crollare, ma forse non era così forte come pensava, come voleva. Non era stato in grado di impedirselo, quando si era accorto che la magia non era più con lui era stato troppo; la magia era la sola cosa che sapeva non avrebbero mai potuto togliergli. Era con lui da quando era nato, c’era in ogni momento della sua vita, la sua unica vera certezza.
L’aveva sentita tante volte reagire in lui, per lui, con lui. L’aveva sentita a volte quasi opporsi, a volte vibrare di gioia, a volte potente, a volte rassicurante.
E ora non c’era più, il vuoto che sentiva sembrava senza una fine, risucchiava ogni brandello della sua anima.
Aveva sempre avuto la bizzarra idea che la magia gli scorresse nelle vene, poteva quasi sentire quel benefico calore scorrere in lui, ora avvertiva solo gelo e vuoto.
 
Dopo un po’ le lacrime avevano smesso di scendere, il suo corpo non stava più tremando, sedeva immobile con lo sguardo perso, si sentiva solo un guscio vuoto…vuoto di ricordi, di magia, di coraggio.
 
“Devi ricordare o tutto sarà perduto”
 
Alzò la testa di scatto, chi aveva parlato? Intorno a lui non c’era altro che nebbia e freddo, forse se l’era immaginato.
 
“Devi ricordare o tutto sarà perduto”
 
“Chi sei? Fatti vedere!”
 
Una figura prese forma nella nebbia, avvicinandosi lentamente.
 
Merlin non si mosse, senza la sua magia era solo un ragazzo solo e disarmato, anche se si fosse messo a correre non avrebbe trovato altro che uno spesso strato grigio in tutte le direzioni.
 
Quando la figura gli fu di fronte scattò in piedi con tutti i sensi in allerta, gli occhi sgranati e i pensieri annullati.
 
La figura non distolse lo sguardo.
 
Merlin scosse la testa, riaprì e chiuse gli occhi più volte, ma quella persona era lì che lo guardava, in attesa.
 
“Chi diavolo sei tu”
 
“Lo sai”
 
“Non è possibile! Questo è un incantesimo, tu sei uno stregone!”
 
“Sai chi sono. Sai cosa sono. Questo non è un incantesimo”

“Non te lo chiederò ancora, chi diamine sei?”
 
La figura lo guardava con rassegnazione e una delusione mista a rancore.
 
Non riusciva a reggere quello sguardo.
 
Non era possibile vedersi guardare in quel modo.
 
Non era possibile guardare quegli occhi.
 
Non era possibile perché erano i suoi.
 
La persona che aveva davanti era sé stesso.
 
Merlin scosse la testa e cerco di attaccare la persona davanti a sé, ma questa indietreggiò semplicemente evitando il colpo. Riprovò ancora e ancora ma andava sempre a vuoto, aveva ragione Artù quando gli diceva che avrebbe dovuto allenarsi ed imparare a combattere; strinse i pugni con rabbia e continuò il suo attacco.
 
“Non puoi colpirmi, non l’hai capito? Smettila, non abbiamo molto tempo”
 
“Non sei me, non è possibile!”
 
“Non stai usando la magia. Non puoi vero? Lo so perché siamo la stessa persona, sto cercando di aiutarci”
 
“Non posso usare la magia perché mi avrai fatto qualche incantesimo!”
 
“Non puoi perché l’hai ripudiata dopo quello che hai fatto”
 
Merlin si fermò di colpo sorpreso da quella frase, guardò in quegli occhi e cercò tracce di menzogna, ma non era in grado di reggere il proprio sguardo, vedeva l’ombra di un’accusa ed era come essere davanti ad uno specchio. Non è mai facile fissarsi allo specchio per troppo tempo, ci si può vedere quel lato che teniamo nascosto anche a noi stessi, quelle verità che non riusciamo ad ammettere, quei sentimenti che ci vergogniamo di provare.
No, non era possibile, non doveva farsi ingannare, se fosse stato vero sarebbe stato un tipo di incantesimo che lui non era in grado di fare. Doveva smascherarlo e poi cercare di scappare da quel posto.
Pensò di chiedergli una cosa che solo lui poteva sapere, qualcosa che non aveva detto ad anima viva, qualcosa che sperò l’altro non sapesse, perché se avesse risposto…
 
Si mise davanti all’altro sé stesso e fissandolo gli chiese cosa fosse successo l’inverno precedente di importante.
 
L’altro lo guardò sorpreso e poi sorrise.
 
“Intendi la notte dopo la festa per quegli ospiti in visita? Intendi quello che è successo nelle stanze di Artù?”
 
Merlin sgranò gli occhi e gli sembrò che l’aria venisse risucchiata dai suoi polmoni.
 
“Non è possibile”
 
“Lo è. Ora devi ricordare. Sono qui per riprendere la nostra magia, ora fammi il favore di concentrarti e ricordare quello che è successo”
 
Non era possibile, solo lui e Artù sapevano di quella notte, ed erano stati attenti, nessuno li aveva visti, nessuno aveva mai sospettato nulla.
Doveva fidarsi? No non poteva, ma forse assecondarlo avrebbe portato a qualcosa, che non fosse quella solitudine e quel mondo avvolto nella nebbia.
 
Ammise in un sussurro di non ricordare nulla del modo in cui era arrivato lì.
 
“Qual è l’ultima cosa che ricordi?”
 
Dovette concentrarsi per afferrare l’ultimo ricordo. Stavano cavalcando verso delle miniere, girava voce di un mostro che si era nascosto li ed alcuni abitanti di un villaggio non molto lontano da Camelot erano scomparsi. Ricordò che Artù non ci aveva pensato un secondo quando lo aveva saputo, gli si era accesa negli occhi una luce di eccitazione che non vedeva da un po' in lui, da quando era diventato Re aveva avuto altre priorità e non molte occasioni per tornare sul campo e aveva voglia di azione.
Avevano consultato Gaius che aveva cercato di dissuadere il Re ad andare, ovviamente senza successo. Quell’asino testardo non avrebbe mai rinunciato! Aveva quindi mostrato loro delle vecchie mappe e poi lo aveva preso in separata sede per parlargli della creatura che pensava avrebbero trovato, dandogli indicazioni e facendo mille raccomandazioni.
 
“Non c’era nessun mostro alla fine, abbiamo trovato tracce di un orso, dalle impronte uno di notevoli dimensioni, Artù l’ha ucciso”
 
“Poi che è successo?”
 
Chiuse gli occhi, rivide lui e Artù camminare per i tunnel delle miniere, stavano tornando verso l’uscita.
 
“Mi sono girato per dire qualcosa e ho visto dei dardi luminosi arrivare verso di noi, ho spinto Artù a terra ma mi hanno colpito alla gamba”
 
In un secondo il ricordo del dolore atroce che aveva sentito fu vivo nella sua mente, si guardò la gamba ed era sana.
 
“Com’è possibile? Ricordo che la mia gamba era ferita gravemente”
 
“Queste non sono semplici miniere, centinaia di anni fa qui c’era un tempio dedicato alla Sacra Dea, si dice fosse un luogo dove Lei compariva, la sua magia percorre questi luoghi. Tu, noi, siamo sostanza stessa della magia, di sicuro la richiesta di aiuto di una magia sofferente non è rimasta inascoltata. Nei secoli gli uomini hanno perso memoria di questo luogo, ma qui possono avvenire cose che in nessun altro posto sarebbero possibili. Ora concentrati e vai avanti”
 
“Ricordo il dolore come se lo provassi ora. I dardi non si fermavano, cercavo di tenere giù Artù e tra le urla ho lanciato un incantesimo sperando non se ne accorgesse, volevo fermare quello che ci stava attaccando e così è stato. Poi è tutto confuso, credo per il dolore”
 
Merlin cercò di afferrare i ricordi, ma sembravano sfuggirgli.
L’altro sé stesso si girò all’improvviso come se avesse sentito un rumore, in effetti anche a lui sembrava di sentire qualcosa, sembrava un suono metallico. Un suono che lui conosceva bene. Un metallo che aveva pulito, maneggiato e riparato troppe volte per non riconoscerlo. Tutto il suo essere prese vita cercando freneticamente con lo sguardo tra la nebbia fitta il proprietario di quel suono. Vide una figura zoppicare nella nebbia, gli corse incontro senza nemmeno pensarci.
E poi lo vide.
Zoppicava, una mano si reggeva una spalla che sembrava ferita, il sopracciglio spaccato lasciava una scia di sangue fino al mento.
Lo chiamò mentre il sorriso si faceva sempre più grande.
Artù alzò la testa verso di lui e uno sguardo di puro orrore gli si dipinse sul viso. Merlin si fermò di colpo a pochi passi da lui, il sorriso che si smorzava lentamente.
Perché lo guardava così?
Artù estrasse la spada e gli si avventò contro
 
“Tu…maledetto stregone”
 
Merlin indietreggiò
 
“E’ solo colpa tua”
 
Merlin rimase pietrificato, tutti i suoi incubi avevano preso forma. La persona che più amava lo guardava con rabbia, il disgusto disegnato su ogni tratto, la delusione negli occhi. Perché?
Quando la lama si stava abbattendo su di lui alzò le braccia per proteggersi in un gesto istintivo ma non si rese conto di averlo fatto, la sua mente era concentrata sul modo in cui quegli occhi lo stavano guardando.
Chiuse gli occhi nel momento in cui la lama lo stava per colpire.
Dopo qualche istante li riaprì, davanti a lui non c’era più nessuno.
Si guardò intorno confuso.
 
“Era un eco. Un’ombra legata ad un ricordo”
 
Merlin rimase immobile, non era mai successa una cosa del genere, Artù non l’aveva mai guardato in quel modo.
 
“Cosa è accaduto dopo che hai fermato l’incantesimo?”
 
“Artù era chinato sopra di me, era terrorizzato e lui non lo è mai. Ha guardato alla mia destra e poi di nuovo verso di me e sembrava disperato, sembrava che mi stesse dicendo addio solo con lo sguardo. Ho guardato anche io e ho visto un muro di acqua e rocce venirci addosso. Era la fine, ma lui doveva vivere, non avrei mai permesso gli accadesse qualcosa.
 
“Ne sei sicuro?”
 
“Certo! L’ho guardato, non avevo il coraggio di parlare, ma dentro di me stavo implorando che mi perdonasse. Mi sono rivelato facendo uno scudo per noi un attimo prima che l’acqua ci travolgesse”
 
Ricordava lo sguardo di Artù, poteva vedere tutte le emozioni che lo avevano attraversato. Incredulità, rabbia, dolore, delusione, sgomento, paura.
Si era allontanato da lui puntandogli la lama al petto.
Tremava.
Lo sentiva dalla lama che si era sollevata fino ad arrivare al collo.
Non era riuscito a staccare gli occhi da lui, vedere quegli occhi che lo guardavano come fosse un estraneo faceva male, male come non ne aveva mai provato. Era un dolore profondo e violento. Sentì le forze venirgli meno per un secondo e subito delle gocce d’acqua lo colpirono. Si concentrò per mantenere la presa sull’incantesimo.
Artù si guardò intorno e poi tornò con lo sguardo su di lui, la delusione negli occhi, la rabbia nei gesti, il dolore sul viso.
Era troppo.
Sentiva le lacrime scorrergli sul viso, il dolore per aver deluso Artù era troppo, quegli occhi gli stavano maciullando il cuore.
Perse per un istante il controllo e altra acqua li colpì riportandolo cosciente.
Non avrebbe retto molto, non aveva più il controllo delle sue emozioni, il dolore fisico era terribile, quello del suo cuore insostenibile.
Doveva salvarlo, non importava cosa pensasse di lui, doveva vivere. Lui era già morto davanti a quello sguardo, averlo deluso era stata come una lama nel cuore, come se ogni passo che aveva compiuto fino a quel momento fosse stato inutile, perso in un’esistenza senza uno scopo.
Formulò un nuovo incantesimo, due persone erano troppe da proteggere, ma solo una era importante, solo una aveva un senso, solo una meritava di essere salvata. Solo Artù.
 
“Mi dispiace”
 
Riuscì a dire solo questo prima di lasciarsi andare tra le acque impetuose.
 
“Non è andata cosi”
 
Merlin guardò il suo gemello senza capire
 
“Questo è quello che vuoi ricordare. Non quello che è successo”
 
“Non è vero!”
 
“Bugiardo!”
 
Merlin lo guardò senza capire, era caduto in acqua e poi non ricordava altro
 
“Ricordi le sue ultime parole?”
 
No, non le ricordava, Artù non aveva parlato, ne era sicuro, lo aveva solo guardato in quel modo terribile e il suo mondo era crollato in un attimo. Le sue certezze erano svanite, sentiva il gelo corrergli nelle vene, un senso di vuoto al centro del petto talmente grande che pensò che se ci avesse visto un buco vero non se ne sarebbe stupito.
All’improvviso un ricordo esplose nella sua mente.
Mentre stava per lasciarsi andare Artù lo aveva guardato e aveva mormorato poche parole, con un tono freddo e uno sguardo di ghiaccio.
 
“Tu per me sei morto”
 
Sentiva ogni parte del suo corpo congelata. Artù aveva detto questo? Ne aveva il chiaro e allucinante ricordo. Non sentiva nulla in quel momento, solo vuoto, un immenso, buio e gelido vuoto.
 
Lo vide apparire tra la nebbia, lo stesso sguardo, lo stesso odio
 
“Tu per me sei morto”
 
Rimase immobile mentre spariva tra la nebbia.
 
“Lui non è qui”
 
Merlin non rispose, non riusciva ad elaborare la situazione, i ricordi lo stavano schiacciando, le emozioni lo stavano dilaniando.
 
“Cosa è accaduto poi?”
 
Niente, non era accaduto niente. L’acqua lo aveva travolto, per quanto aveva potuto non aveva mai staccato lo sguardo da Artù, lui era al sicuro e questo bastava, aveva sentito un gran dolore e poi il buio.
 
“Smettila di mentirti”
 
“Non ricordo altro, lo giuro!”
 
“Concentrati! Il tempo sta per finire!”

“Il tempo per cosa? Non so altro, come lo devo dire!”
 
Successe di nuovo, il lampo di un ricordo.
 
Cadde in ginocchio, un mormorio continuo di No ripetuti tra le lacrime.
 
“Cosa è successo?”
 
Quando l’acqua lo aveva colpito il dolore era stato troppo, aveva implorato aiuto e la sua magia era accorsa.
 
Pronunciò poche parole, la voce rotta, il cuore in frantumi
 
“La mia magia è accorsa, ma appena me ne sono reso conto l’ho allontanata da me, non era me che doveva salvare, è stato per pochi istanti”
 
Ora lo vedeva chiaramente nella sua mente, in quei pochi attimi Artù era in acqua, le rocce che lo colpivano con la stessa potenza dell’acqua.
 
“Questo dovevi ricordare. Lui è morto. Di chi è la colpa?”
 
Il dolore che provava era così intenso che lo sentiva riflettersi in ogni parte del suo corpo, in ogni anfratto della sua anima.
 
“E’ mia”
 
Qualcosa si ruppe nella sua mente, ogni pensiero si spense, la sua anima frantumata.
 
  
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