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Autore: Little Firestar84    12/10/2021    3 recensioni
[AU]Tredici mesi, una settimana, due giorni e una manciata di ore da quando lei era uscita dalla Hall dell’albergo dove avrebbero dovuto unirsi in matrimonio. 402 giorni. 9650 ore. 579.000 minuti. Quasi trentacinque milioni di secondi.
A tutti diceva che avevano fatto bene a lasciarsi, ma in realtà dentro si sentiva cascare il mondo addosso. A volte, era come morire.

Amici, colleghi, amanti: Ryo e Kaori sono stati tante cose, dal giorno in cui si sono incontrati. Ma dopo una lunga lontananza ed essersi spezzati il cuore a vicenda, sapranno riscoprirsi e ritrovarsi?
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hideyuki Makimura, Kaori Makimura, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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“Allora… tutto questo casino per un’auto abbandonata?” Ryo quella mattina era di pessimo umore, e da come si comportava con tutti, anche con Hideyuki, che di solito prendeva alla leggera gli sbalzi d’umore del vecchio amico, come un toro a cui avessero appena sbandierato davanti il drappo rosso della corrida; senza farsi troppi problemi, Ryo diede un calcio alla gomma posteriore, lato guidatore, dell’elegante vettura, e guardò all’interno attraverso i finestrini abbassati di alcuni centimetri: la macchina era vuota, mancavano le chiavi, ma in compenso, cosa abbondava nell’abitacolo era spazzatura, per la precisione, cibo spazzatura:  enormi bicchieroni giganti con tanto di cannuccia, incarti panini, scatole di ristoranti cinesi e della pizza, tovaglioli unti più altre zozzerie varie di varia ed incerta natura.

“Perché è stato denunciato il furto di questo veicolo. La macchina appartiene al proprietario della Diamond International Incorporate, il cui figlio Matsuo è sparito nel nulla alcuni giorni fa…” Maki gli spiegò, con un gemito che gli uscì dalle labbra; guardò sua sorella, che prendeva le impronte sul veicolo ostinandosi a rifiutare lo sguardo di Ryo, che un attimo ringhiava, un attimo dopo invece sembrava supplicare anche solo un briciolo di attenzione da parte della ragazza nemmeno fosse stato un cagnolino abbandonato. “…dopo aver svuotato la cassaforte di papà. Diamanti acquistati negli Stati Uniti per tre milioni di dollari.”

Ryo fece un fischio, grattandosi il capo, guardando intorno all’auto alla ricerca di qualcosa, cosa non lo sapeva bene nemmeno lui, un indizio qualsiasi. “E come mai ci hanno chiamato? Non potevano pensarci quelli delle rapine?”

Senza proferire parola, Maki diede un calcetto alla porta posteriore dell’auto, che si aprì con un cigolio sinistro che non lasciava proferire nulla di buono. “Perché oltre ai diamanti scomparsi c’è anche questo,” il poliziotto di limitò a dire, mostrando il cadavere nel bagagliaio: un giovane, forse una ventina d’anni, barba sfatta, vestito con larghi abiti scuri, le occhiaie profonde, gli occhi aperti, privi di vita, che guardavano verso l’alto, quasi a supplicare qualsiasi cosa… forse una salvezza che per lui non sarebbe mai più giunta.

 

            “Matsuo Kurama, di anni 21. A diciassette anni si è chiuso nella sua stanza, ha abbassato le tapparelle e ha smesso di comunicare con il mondo. Erano mesi che i suoi stessi genitori non lo vedevano più, poggiavano il vassoio col cibo fuori dalla porta e lui, una volta certo che se n’erano andati, lo recuperava.” Saeko, nella sala riunioni dell’unità, fece scattare una serie di diapositive; la prima mostrava il giovane Matsuo prima di divenire quello che veniva definito come Hikkomori,  un ragazzo dall’apparenza non solo serena ma tranquilla, spensierata, nella sua divisa scolastica blu. La seconda mostrava invece la sede della società del padre- e fu allora che la parola passò a Maki, che si sistemò gli occhiali, seduto al tavolo rotondo.

“Venerdì il giovane ha fatto irruzione nella società del padre, utilizzando il codice di sicurezza- l’anniversario di matrimonio dei genitori- e sotto lo sguardo delle telecamere ha svuotato la cassaforte.”

“Tre milioni di dollari…” Ryo rifletté, piedi sul tavolo, braccia incrociate dietro al capo, facendo schioccare la lingua contro il palato. “Cosa sono, quasi 350 milioni di Yen? Una bella cifra…”

“A Matsuo sono serviti meno di cinque minuti per fare quello che doveva, e non sappiamo ancora il perché, o è stato così stupido da rubare tutti quei diamanti con una telecamera, oppure, ed il fatto che lo abbiamo trovato morto sembrerebbe corroborare questa ipotesi…”

“…stava lavorando con qualcuno che lo aveva convinto di avere un piano di fuga a prova di bomba. Qualcuno con cui aveva costruito un legame così forte da convincerlo ad abbandonare la vita di reclusione che si era auto-imposto.”  Con un gesto fluido, Ryo si sistemò sulla sedia in modo composto, e prese a guardare i sacchetti trasparenti, in cui le prove erano tutte conservate in modo perfetto, al limite del maniacale- uno dei tanti lati positivi di Kaori, a cui Ryo gettò uno sguardo, colmo di rimpianti. La donna si voltò verso di lui, ma sentendo quegli occhi di fuoco scrutarle dentro, voltò il capo dall’altra parte, mordendosi le labbra come per soffocare un gemito. “…e questo cos’è?”

“Una delle tante ricevute di pagamento che abbiamo trovato nella macchina, ma quella è di un fast food a Shinjuku di poche ore dopo il furto. Matsuo ha usato una carta di credito intestata alla madre. Vivendo solo più nel mondo virtuale, era così che effettuava tutte le spese.” Kaori prese la parola; si alzò con un gesto elegante, quasi felino nelle sue movenze che mise tutte quelle sue forme sinuose al centro dell’attenzione di Ryo, che sentiva sempre con maggiore forza e prepotenza il profumo della donna riempirgli le narici: non si parlavano più dal giorno del bacio, e lui era confuso… certo, lei aveva detto no, gli aveva dato tante, troppe ragioni, e se n’era andata, ma…. Ma lei aveva risposto al bacio, inizialmente, e aveva detto di nutrire ancora qualcosa per lui, e lui sapeva che era gelosa, che lui la tentava… perché si comportava in questo modo, negando ad entrambi la felicità che potevano avere, che era lì, a due passi da loro? Davvero non credeva che Ryo potesse voler cambiare?

“Abbiamo nastri di videosorveglianza?” Saeko domandò, e la sorella, Reika, rispose di sì; fu il suo turno di prendere il telecomando, facendo partire il nastro, su cui si vedevano seduti al tavolo, due ragazzi, Matsuo ed un altro, di cui però era difficile comprendere l’identità, vista la posizione e la grana dell’immagine, color seppia, sbiadita, di scarsa qualità.

“Kaori…” Saeko si voltò verso Kaori, negli occhi la forza della determinazione; il padre della vittima era un uomo potente, ricco, influente, e stavano ricevendo pressioni da chiunque, persino dal loro stesso padre, per risolvere quel caso, che mostrava come davvero i soldi potessero aprire qualunque porta. “I genitori del ragazzo ci hanno consegnato l’hardware del giovane. Potresti andare alla scientifica ed analizzarlo con i tecnici?”

La giovane dai capelli rossi annuì, e lasciò la stanza, mentre invece Saeko si voltò verso Ryo e la sorella; guardò il vecchio amico con il cuore in gola, gli occhi pervasi da lacrime di pietà e pena che mai e poi mai avrebbe versato, non per sé, ma conscia che Ryo stesso non lo avrebbe mai permesso. Non sapeva cosa fosse successo tra lui e la sua quasi cognata, ma era chiaro che i due erano più distanti che mai… forse perfino più di quanto non lo fossero quando Kaori aveva preso un aereo e se n’era andata. Si sentì rattristata ed amareggiata, perché sapeva che quello che nel loro rapporto non aveva funzionato era stato generato da equivoci, malintesi e non detti, e poi… Ryo aveva reso felice Kaori. Con lui, lei aveva sorriso spesso e volentieri, e adesso, accanto a Shinji, quel sorriso spontaneo non c’era più, era tirato e di cortesia… alcuni giorni prima, Saeko si era svegliata, trovando Maki che fissava il soffitto, che preoccupato, pensieroso, le aveva detto che non ricordava l’ultima volta che aveva sentito ridere davvero, di felicità, sua sorella.

Ryo, Kaori l’aveva sempre fatta sorridere – anche quando erano stati solo amici. Saeko capiva che avessero avuto incomprensioni e problemi, ma era possibile che fossero così grandi, insuperabili? Perché rifiutavano di trovarsi a metà strada, ostinati com’erano nello stare immobili nelle loro posizioni? Kaori voleva una famiglia, possibile che davvero Ryo non sognasse di avere un bambino con lei, di essere padre di una creatura che assomigliasse a lui e Kaori?

Saeko stessa aveva quasi perso l’uomo che amava per bugie, sotterfugi e paure… e sperò con tutta se stessa che non dovesse accadere lo stesso ai suoi amici, che, per loro, la felicità potesse arrivare, e presto. Anche se era conscia di una cosa: avrebbero dovuto superare le difficoltà, i muri che si erano costruiti intorno dopo che si erano lasciati, per poterlo fare.

E non era certa che Kaori fosse pronta a fare una cosa del genere… o che lo volesse.

 

            “Ehi, hai scoperto qualcosa?” Ryo bussò alla porta di quello che era stato l’ufficio di Kaori alla scientifica fino a non molto tempo prima, e la donna, all’interno della stanza, si immobilizzò, i muscoli tesi quasi fino allo stremo, mentre il suo corpo era percorso da brividi.

JJ, il giovane tecnico informatico che la stava aiutando nell’indagine, avvertì immediatamente la tensione, quasi fosse palpabile nell’aria e si potesse tagliare, e guardò prima alla donna e poi all’uomo che l’aveva raggiunta. Neo assunto, non conosceva la storia della coppia, ma era facile per lui intuire che ci fosse qualcosa che bolliva sotto la superficie. Era giovane, al suo primo incarico, e con quei capelli un po’ troppo lunghi, ribelli, tinti color platino dava più l’idea di essere una rockettaro fallito che tagliava scuola, ma era bravo nel suo lavoro - così bravo che aveva imparato ad intuire gli stati d’animo di coloro che gli stavano accanto.

Kaori strinse i denti, serrando i pugni intorno al tessuto della gonna color cioccolato fondente che indossava quel giorno, e prese un profondo respiro per dimenticare, togliersi dalla testa quel bacio che ormai da giorni la perseguitava. Vi aveva messo fine, ma inizialmente lo aveva accettato, e aveva risposto al sensuale attacco con altrettanta passione, ed una parte di lei aveva desiderato approfondire il contatto, che Ryo la prendesse lì, in quel vicolo, e al diavolo tutto e tutti.

Arrossì, le parole, anche solo un semplice saluto, che le morivano in gola, mentre le sue gote si imporporavano.

A casa sua, nel letto che condivideva col suo fidanzato quando Shinji non era troppo preso dall’ampliare il suo impero,  non era stata in grado di levarsi dalla testa il bacio e cosa lei e Ryo avrebbero potuto fare - di nuovo, ancora- se lei non si fosse fermata…  e subito dopo si era vergognata come una ladra, aveva cercato disperatamente di mettere in quella fantasia non Ryo ma il suo compagno, ma nulla… per quanto si sforzasse di concentrarsi sull’uomo che le aveva donato l’anello che portava al dito, ad un certo punto la sua mente compiva una rotazione completa, e Kaori tornava a pensare agli occhi divertiti ed intensi, sorridenti di Ryo, scuri come la notte ma che brillavano con la luce di milioni di stelle, le tornavano in mente i bei momenti, gli istanti di bruciante passione, la spensieratezza, come avevano vissuto nel momento, cogliendo l’attimo giorno per giorno.

Nonostante durante quel bacio avesse avvertito il fuoco scorrerle nelle vene, riflettendo a mente lucida si era sentita sporca, sbagliata, quasi avesse davvero tradito il suo compagno, e questo l’aveva spinta a fare un’avventatezza, prendere in mano il telefono lasciando che fosse l’istinto – o forse la paura che alla fine Ryo potesse fare nuovamente breccia nel suo cuore - ad agire.

“Kaori? “La giovane donna si girò di scatto, avvertendo il tocco lieve di Ryo sulla spalla, che cercava di richiamare la sua attenzione; sussultò, e JJ sollevò un sopracciglio, interrogativo, prima di dare una leggera scrollata di spalle: cosa quei due facessero non era affare suo, a lui bastava che sapessero fare il loro lavoro, ed a detta di molti, erano davvero bravi nel farlo, anche se doveva ammettere di essere sempre stato un grande appassionato di soap opera, e aveva la netta impressione che quel nuovo lavoro gli avrebbe dato non poche possibilità di nutrire questo suo appetito.

“Sì, scusa, ero… sovrappensiero.” La donna confessò, sminuendo la causa del suo malessere interiore, sperando che Ryo credesse che fosse dovuto al caso.

Gli rubò un’occhiata: Ryo aveva ritratto la mano, che era ferma a mezz’aria, quasi non sapesse cosa farci, e la guardava con occhi colmi di tristezza: aveva capito. Sapeva – lui era il motivo del suo turbamento.

La donna si fece forza, e si ricompose, rammentandosi che già quando lei e Ryo avevano iniziato la loro relazione si era ripromessa di rimanere imparziale e professionale quando si trovava al lavoro, nonostante paradossalmente fosse adesso, che non erano più una coppia, che trovava difficile seguire i suoi propositi.

Sistemando una ciocca ribelle dietro l’orecchio, si schiarì la gola, ma le parole non sembravano voler uscire, era sempre sul punto di balbettare. JJ, allora, giunse in suo soccorso, e prese la parola per lei, dicendosi che comunque lui era il tecnico informatico e quel compito sarebbe comunque spettato a lui: nessuno avrebbe letto più del dovuto in quel fatto, anzi, magari avrebbe permesso di distogliere l’attenzione di Ryo da Kaori, magari il poliziotto avrebbe pensato che il nuovo tecnico era un novellino egocentrico che non aspettava null’altro che l’occasione di mettersi sotto ai riflettori e basta.

“O il vostro amico era un cretino che non sapeva nemmeno pulire la cronologia del suo browser, o davvero credeva di avere un piano a prova di bomba per scomparire e quindi non gli importava un fico secco di lasciarsi dietro una caterva di indizi.” Il giovane, togliendosi dagli occhi una ciocca bionda, sbuffò, mentre apriva sullo schermo del suo portatile la cronologia del pc del giovane, e decine di schede si aprirono allo stesso momento, sovrapponendosi le une alle altre. “Era iscritto a questo sito, illicitlyyours.com…”

“Ah, il sito in cui gente senza vita sociale, scambisti, cornificatori  e pervertiti si trovano per fare sesso virtuale…” Ryo sogghignò, chinandosi sullo schermo con le mani in tasca dei jeans. “Lo conosco.” Il poliziotto prese a grattarsi il mento, mentre strizzava gli occhi e pensava: c’era qualcosa che non gli tornava… o era forse il contrario? Aveva il netto presentimento che gli stesse sfuggendo qualcosa, ma non sapeva cosa, esattamente...

Kaori lo congelò all’istante, immaginando fin troppo bene come mai Ryo conoscesse quel sito - evidentemente, allo stallone fare sesso dal vero non bastava… e lei che si era pure lasciata incantare da quel maledetto bacio!

Avvertendo l’astio che aumentava provenire da Kaori, Ryo sospirò, alzando gli occhi al cielo, e strinse la spalla del giovane tecnico. “Parlava con qualcuno in particolare?”

“Sì, ma c’è un problema…” Il ragazzo si mordicchiò il labbro, stringendo leggermente gli occhi mentre, seduto sulla sedia girevole, si voltava a guardare Ryo. “Abbiamo solo il suo nickname, Despacita, e senza mandato la società proprietaria del sito non può darci né copia delle chat né fornirci l’indirizzo Ip della tizia, con cui poter arrivare a quello fisico.”

“Nessun problema, posso pensarci io!!” Facendo loro l’occhiolino, Ryo lasciò la stanza, molto eccitato- forse fin troppo per i gusti di Kaori, che, sospirando, si disse che sentiva puzza di guai… in particolare, di guai in gonna e tacchi a spillo, perché qualcosa le diceva che se c’era una grana da risolvere, Ryo poteva solo sperare di chiudere tutto utilizzando il suo indiscusso fascino e flirtando in modo vergognoso… non che la cosa le dovesse importare, ormai lei non era più la sua compagna, anche se… anche se questo sfruttare il suo ascendente sulle donne l’aveva sempre seccata, perché anche quando erano stati insieme Ryo aveva continuato a farlo, dicendole, scocciato, che non significava nulla… quante litigate si erano fatti per quel motivo? Tante, troppe: un motivo in più per preferire Shinji, che con le donne era un pezzo di ghiaccio, nonostante lo stuolo di ammiratrici che si trovava sempre dietro, donne attratte dal suo successo, dal suo denaro - dal suo potere. Ma lui non le aveva mai incoraggiate, mai guardate.

Kaori tornò a fissare lo schermo del computer sentendosi ormai certa di aver fatto la scelta giusta: Ryo non poteva essere il suo futuro.

 

            “Eh? E quella chi sarebbe?” Kaori era tornata un attimo a recuperare dei fogli, in compagnia di una sua amica, prima di andare via ad occuparsi di un paio di questioni private, quando vide Ryo, seduto alla sua scrivania, intrattenere una bellona dal fisico atletico ed asciutto, il cui corpo era elegantemente drappeggiato in un abito color smeraldo, contornato da false pietre preziose che ne esaltavano la ricercatezza, ma che facevano risaltare soprattutto la donna che lo indossava.

“Sai, quella lì sarebbe davvero ricercatissima, come modella!” L’amica disse a Kaori, indicando la bella sconosciuta. “Ha una bellezza particolare, quasi androgina… sai che la modella più desiderata e pagata al mondo al momento è un uomo? E quando calca le passerelle delle collezioni femminili nessuno si accorge che sia un ragazzo!”   

Kaori vide Eriko guardare la giovane con desiderio ed intento, mentre svogliatamente fingeva di sfogliare la rivista di abiti da sposa che le aveva portato: Eriko era la proprietaria di uno dei maggiori atelier di moda di Tokyo, ed era un’apprezzatissima stilista emergente… che Kaori si fosse rivolta a lei in quel frangente era logico, e che lei si intendesse di modelle e avesse un occhio particolare per trovarle lo era ancora di più.

“Anche Ryo, d’altra parte, non farebbe la sua brutta figura su una passerella… non mi sarebbe dispiaciuto avervi entrambi per la mia collezione sposi, sai?” La donna sospirò, quasi rattristata, invidiosa. “E quel vestito? Hai visto gli Swarovski che lo rifiniscono? Brillano come pietre preziose vere, catturano la luce e la riflettono in un modo del tutto particolare, quasi magico… ah, cosa darei per sapere dove si fornisce quello che ha confezionato quella meraviglia!”

Kaori emise un grugnito che aveva ben poco di signorile, e tornò a cercare i fogli per cui era tornata; intanto però, per il grande divertimento di Eriko, non riusciva a staccare gli occhi da quella scena.

Era come quando si assisteva ad un incidente e non si riusciva ad andare via: ecco, lei continuava a guardare Ryo che flirtava vergognosamente con quella bella oca giuliva con un fisico mozzafiato, come accadeva sempre… perché Ryo non poteva mai attirare le attenzioni di racchie oppure donne normali o vecchie,  no… lui attirava sempre belle donne, che finivano per innamorarsi di lui e farsi mille film in testa.  Ryo flirtava anche lui, ed un po’ incoraggiava quelle cotte colossali. Con alcune, Ryo ci era anche stato, aveva avuto relazioni con dottoresse, modelle, musiciste, insegnanti, anche un’attrice, di tutto un po’…. Ma tutto prima che si mettessero insieme.

Era certa che lui non l’avesse mai tradita, ma tuttavia, quel modo in cui aveva sempre continuato a comportarsi l’aveva ferita, l’aveva fatta sentire piccola ed insignificante, forse perché Ryo, a lei, quelle attenzioni non le aveva mai dedicate,  dandola per scontata. Adesso non era più da oltre un anno la sua compagna, e da quando era tornata Kaori aveva passato il tempo a ripetere a chiunque quanto fosse stato meglio per tutti finirla lì, eppure in quel momento vedere quella donna che faceva la gatta morta con il suo ex la faceva accendere di collera.

Era sciocco, stupido ed infantile, ma Kaori si rifiutava di indagare nei meandri della propria anima, né voleva sapere esattamente il perché Ryo sembrasse compiaciuto di questi rari momenti in cui lei sembrava quasi rimpiangere di aver rotto con lui, nonostante lui non avesse mai detto una sola parola fino a quel maledetto bacio… ma forse aveva pensato che non ce ne fosse bisogno,  loro non ne avevano mai avuto bisogno, da quando era ragazzina, loro due avevano sempre conversato attraverso i loro occhi, tra silenzi pregni di significato… ecco, in quei momenti lei si rattristava, ed iniziava a farsi mille domande, nonostante la sua razionalità le dicesse che i suoi pensieri dovessero andare solo a Shinji.

“Beh, allora, Reika?” Kaori ringhiò, quasi rabbiosamente, vedendo che l’attenzione di tutti era concentrata sulla bella oca che faceva la svenevole con Ryo, ridacchiando in maniera insulsa alle sue battute di quarta categoria. “Si può sapere chi diavolo è quella donna?”

“La coinquilina del tizio con cui Matsuo chattava,” Reika le rispose con una scrollata di spalle, dimostrando scarso interesse per il caso… e troppo interesse per come Ryo continuava a flirtare con la bella di turno. “Dice che è sparito alcuni giorni fa, ma dato che avevano litigato crede che sia andato a prendersi una sbronza o fumarsi qualcosa per farsela passare… e dubito che intendesse sigarette.”

La poliziotta diede un’altra scrollata di spalle, tornando a guardare Ryo; poi, si accomodò sul bordo della scrivania di Kaori, e gettò lo sguardo sulla rivista di abiti da cerimonia, notando solo in quel momento Eriko. “Oh, che sbadata, non mi sono nemmeno presentata… sono Reika Nogami, amica e collega di Kaori! Ci conosciamo? Sa, ha un’aria, come dire… famigliare...”

Kaori quasi scoppiò in una risata isterica: conosceva Reika da anni - da quando suo fratello era entrato in polizia ed aveva iniziato a frequentare casa Nogami- e lei e Reika non erano mai state amiche, anzi: non si erano mai potute sopportare, a malapena si tolleravano sul lavoro, ma la poliziotta figlia d’arte era così curiosa da manipolare la verità a suo uso e consumo.

 “Oh, io sono Eri Kitahara, sono una vecchia amica di Kaori, piacere di conoscerla!” Sorridendo, Eriko - che spesso e volentieri si presentava solo con l’abbreviazione che aveva assunto come nome d’arte - fece un leggero inchino a Reika, pur rimanendo seduta. Reika sbatté le palpebre alcune volte, boccheggiando in silenzio dopo che le sue sinapsi cerebrali avevano fatto tutte le connessioni del caso, collegando quel volto familiare al ben più noto nome, quello di una delle stiliste emergenti del paese da cui le star facevano la fila per poter indossare una sua creazione sul red carpet…

“Tu... tu conosci Eri Kitahara e ti vesti così???” Reika sbottò, sibilando le parole che le si strozzavano in gola; una reazione che a Eriko non andò molto giù, perché nonostante dal bel fisico, quella donna non aveva portamento e nemmeno stile, al contrario di Kaori, che sarebbe potuta essere pagata una fortuna per sfilare e che sapeva mixare i capi alla perfezione, facendo risultare femminile anche una camicia da uomo.

“Sappi pupattola che Kaori ha stile da vendere, al contrario di qualcuno qui,” Eriko le rispose, piccata e saccente. “Ed il giorno in cui camminerà verso Shinji e l'altare con una mia creazione esclusiva addosso sarà ancora più bella… oh, Kaori, ci pensi? Abbiamo solo pochi mesi prima del grande giorno, e poi finalmente ti sposerai… una sposa di Giugno, come vuole la tradizione!”

“Eh?” Dalla sua scrivania, Ryo si voltò verso Kaori, che era arrossita, e la fissò pallido, la bocca aperta in una silenziosa espressione di sorpresa e angoscia, quasi fosse stato la rappresentazione tangibile dell’Urlo di Munch… ma poi passò, quando capì cosa era successo: lo aveva fatto dopo il bacio. Doveva sentirsi offeso, oppure lusingato? O semplicemente, era la prova che Kaori non ne voleva sapere più nulla di lui, e che doveva rassegnarsi?

Una cosa però era certa: ancora una volta lei aveva mentito per omissione… gli aveva nascosto di aver accettato quel posto, di essersi fidanzata… e adesso scopriva che aveva pure fissato la data delle nozze!

Kaori voleva mettere una pietra sopra al loro rapporto? Che facesse come voleva, non sarebbe certo andato a supplicarla, avrebbe dovuto capirlo da sola che stava facendo la più rossa idiozia del creato!

Il volto scolpito in un’espressione che ricordava una belva feroce, impazzita, Ryo riprese a parlare con la bellissima donna, all’apparenza latina, ma stavolta lo fece avvicinandosi di più a lei, che sembrò percepire il turbamento dell’uomo. Lei si avvicinò a sua volta, la sua voce si abbassò e assunse una qualità roca. Occhi languidi, da cerbiatta, sbatté le lunghe ciglia che di naturale avevano poco o nulla, e sfiorò la guancia di Ryo con una mano delicata e soffice, su cui spiccavano artigli da megera, lunghe unghie laccate di rosso e tempestate di lustrini. Solo a guardarla Kaori sollevò un sopracciglio: quella sembrava uscita direttamente dal Kabuchico!

“Oh, papito, quella brutta strega ti ha spezzato il cuore, vero? Vieni qui, che ci pensa Esperanza a te!”

“Eh?” Ryo non poté nemmeno pensare a cosa dire, perché lei si era già avventata sulla sua bocca. Lo aveva agguantato per il tessuto della maglietta, trascinandolo verso di sé, e lo baciava con passione, ardore, ma con una dolcezza senza confini, quasi davvero avesse voluto consolarlo.

Con la coda dell’occhio, vide che ad alcuni colleghi cadevano le braccia (Maki), altri si seccavano ed alzavano sconsolati gli occhi al cielo (Reika e Saeko) mentre invece Kaori era furibonda… aveva preso la rivista in mano, e la stava strozzando, quasi avesse potuto spezzarla in due.

Ryo sorrise compiaciuto contro la bocca di Esperanza: Kaori, che nemmeno gli aveva detto che si sposava dopo quel bacio da capogiro, era gelosa.

Beh, se voleva giocare… allora anche Ryo avrebbe giocato con lei.

L’agente socchiuse gli occhi e approfondì il bacio, facendo uscire la lingua a solleticare la bocca della donna, a cui languidi sospiri di piacere morirono in gola. Nonostante avvertisse come un formicolio, come se in tutta quella situazione ci fosse una nota stonata, anche se non capiva di cosa si trattasse, Ryo alzò una mano per accarezzarla, stringerle la nuca per accompagnare il movimento, e sentì il cinturino dell’orologio - un regalo di compleanno di Kaori di alcuni anni prima  - impigliarsi in qualcosa; aprì gli occhi tirando leggermente, e sentì la bella Esperanza urlare, e quando aprì gli occhi staccandosi  da lei… Si ritrovò con una parrucca attaccata al braccialetto del cronografo, fissando ciò che gli stava davanti quasi non ne capisse il perché… Esperanza era senza capelli… che fosse malata? Eppure aveva un’aria sana…

E poi... poi Ryo colse lo sguardo atterrito della donna, e si rese conto che aveva qualcosa di famigliare, anzi… tutto quel caso aveva qualcosa di familiare, e adesso sapeva cosa, lo ricordava! C’erano stati altri casi… rampolli solitari di ricche famiglie adescati in rete, derubati dopo aver portato via gli averi dei loro cari e poi uccisi… subito Ryo non aveva fatto il collegamento, perché i siti usati per contattare i fanciulli erano diversi e la vittimologia spaziava molto, ma evidentemente il punto di contatto c’era, eccome!

“Sei tu!!!” Sibilò strozzato, in piedi, indicando chi li stava davanti. “Sei tu che chattavi con la nostra vittima… sei tu che eri al fast food con lui la sera in cui è morto!”

Il giovane - perché donna non era, se non quando fingeva di essere qualcun altro per mimetizzarsi nel mondo circostante- si guardò intorno concitata, cercando una via di fuga… ma come poteva anche solo concepire una cosa del genere? Era nella tana del lupo, dopotutto!

“Voi…” Singhiozzò. “Voi non potete arrestarmi solo perché sono un travestito… è anticostituzionale!”

“Sì, ma per possesso di merce rubata possiamo eccome!”

Davanti allo sguardo inebetito e sbigottito di tutti, Kaori si alzò, e con un colpo deciso afferrò la cintura dell'abito della donna, anch’essa ricoperta di gemme, e la strappò con decisione; l’abito a pareo si aprì, mostrando un reggiseno con coppe generosamente imbottite e un paio di shorts contenitivi a celare il sesso del giovane uomo, che prese ad arrancare nel disperato tentativo di impossessarsi nuovamente del capo di vestiario.

“Ma, Kaori!” Saeko la redarguì. “Cosa ti è passato per la testa?”

La ragazza non le diede retta; alzò la cintura e vi alitò sopra, ed osservò il risultato… Nulla. Nessun alone.

“Scommetto che se porto queste pietre in laboratorio e le esamino al microscopio scopro che non solo sono diamanti, ma sono quelli rubati!” Le disse, con un ghigno di sinistra soddisfazione stampato in volto. “Eriko lo ha capito subito che non erano pietre qualunque, catturano e riflettono la luce in un modo del tutto diverso dalle gemme finte che si usano per gli abiti!”

“Voi… voi non potete provare nulla!” Il giovane squittì. La sua voce si era abbassata, fatta squillante… e colma di terrore: stava anche per scoppiare a piangere. “Lui me li ha regalati!”

“Già, ma possiamo tenerti in gabbia per tre giorni, ed intanto perquisire casa tua, far passare tutti i tuoi vestiti, distruggere tutto...e scommetto che casualmente troveremo tutto ciò che nel Paese negli ultimi due anni è stato rubato ad alcune famiglie parecchio ricche con figli problematici.” Ryo lo guardò, facendogli un sorriso sornione, sghembo. Fingeva di essere nel pieno controllo delle proprie facoltà, di non essere turbato- anzi, che fosse tutto parte del piano per smascherare quel ladro assassino. “Fammi indovinare: facevi fare il lavoro sporco a quei poveri figli di papà a cui nessuno voleva bene e poi, una volta ottenuto quello che volevi, li facevi fuori… nessuno con cui condividere il bottino, e meno testimoni in giro a raccontare il tuo giochetto!”

“Dannati! Me la pagherete cara!” L’uomo strillò mentre lo portavano via, privato del capo di abbigliamento tempestato di diamanti, le mani ammanettate davanti ai genitali. “Avresti dovuto assecondarmi come avevano fatto loro! In men che non si dica sarei stato fuori dal Paese!”

Ryo si mise in una posizione disordinata, piedi incrociati sulla scrivania, e mani dietro la testa, stravaccato sulla sedia; sorriso strafottente, soddisfatto, fingeva che tutto andasse bene, e che il caso fosse stato effettivamente risolto grazie ad un suo colpo di genio, e non certo la casualità.

“Dì un po’, Stallone di Shinjuku…” Kaori gli disse, sorridente, dandogli un buffetto sulla testa; vicinissima a lui, china,  gli fece un occhiolino, i capelli che sfioravano il viso di Ryo sollecitandolo… e facendolo arrossire per l’emozione. “Lo avevi capito che era un uomo o la tua era tutta una finta?”

Lui si allontanò leggermente, facendo scorrere la sedia sul pavimento, ed aprì gli occhi, guardando Kaori in viso - fingendo, come aveva fatto per tanto, troppo tempo, che non gliene importasse nulla, né di lei, né di cosa lei facesse, ed evitò di rispondere alla domanda, preferendo ribaltare le carte in tavola.  “E così, ti sposi.”

“Io…”  Kaori abbassò il capo, e prese a stringere le dita, con tale forza che avvertì le unghie piantarsi nella pelle delicata. “Il terzo sabato di giugno. Una cosa semplice, in comune. Non sono nemmeno certa di volermi mettere l’abito da sposa. O di voler avere gente intorno.”

Così dicendo, Kaori arrossì, e distolse lo sguardo; si portò una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio, e la cosa svegliò qualcosa in Ryo, lo intenerì. Lui le sorrise, e le diede un leggero bacio sulla fronte, colmo di tristezza, malinconia, e rimpianto, in cui riversò tutto il loro trascorso, ogni attimo passato insieme in tutti quegli anni, dal giorno in cui Hide aveva portato al parco, quel lontano ventisei marzo, il suo compagno di accademia, perché passasse con loro quella giornata del festival dell’Hanami… e forse, per la prima volta, si sentì davvero geloso, col cuore spezzato, perché se Kaori si fosse sposata, quando Kaori si fosse sposata, lui non avrebbe più avuto alcuna chance con lei: sarebbe stata la fine, davvero, perché se Ryo aveva sempre pensato che un fidanzamento fosse qualcosa che poteva essere rotto, così non era per il matrimonio… soprattutto se poi, nel frattempo, fossero arrivati dei figli. Lui stesso aveva provato sulla sua pelle la desolazione, la solitudine di una famiglia spezzata, aveva visto cosa rimanere sola avesse causato a sua madre, e non lo avrebbe augurato a nessuno.

Né, tantomeno,  sarebbe stato lui a causare un tale dolore.

“Devi,” le disse, con voce bassa e triste. “Ti capiterà solo una volta di sposarti, dopotutto, e quello è sempre stato il tuo sogno. Me lo dicevi sempre anche tu, no? Solo perché io non ho saputo fartelo realizzare…. Non dovresti rinunciare.”

Alzatosi dalla sedia, Ryo si diresse verso l’ascensore, la mano in tasca alla ricerca di una sigaretta, la mente vuota ed il cuore pesante – o forse, solo congelato, avvolta in una morsa gelida destinata a non abbandonarlo mai più, ora che sapeva che i sorrisi di Kaori non sarebbero più stati per lui.

Ci aveva sperato, davvero. Ci aveva creduto. Ma forse Kaori aveva avuto ragione, quella sera che si erano baciati.

Era stata solo una pia illusione, un sogno, e adesso era ora di svegliarsi, ed affrontare la realtà.

   
 
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