“Allora…
tutto questo casino per un’auto abbandonata?” Ryo
quella
mattina era di pessimo umore, e da come si comportava con tutti, anche
con
Hideyuki, che di solito prendeva alla leggera gli sbalzi
d’umore del vecchio
amico, come un toro a cui avessero appena sbandierato davanti il drappo
rosso
della corrida; senza farsi troppi problemi, Ryo diede un calcio alla
gomma
posteriore, lato guidatore, dell’elegante vettura, e
guardò all’interno
attraverso i finestrini abbassati di alcuni centimetri: la macchina era
vuota,
mancavano le chiavi, ma in compenso, cosa abbondava
nell’abitacolo era
spazzatura, per la precisione, cibo
spazzatura: enormi
bicchieroni
giganti con tanto di cannuccia, incarti panini, scatole di ristoranti
cinesi e
della pizza, tovaglioli unti più altre zozzerie varie di
varia ed incerta
natura.
“Perché
è stato denunciato il furto di questo veicolo. La macchina
appartiene al proprietario della Diamond International Incorporate, il
cui
figlio Matsuo è sparito nel nulla alcuni giorni
fa…” Maki gli spiegò, con un
gemito che gli uscì dalle labbra; guardò sua
sorella, che prendeva le impronte
sul veicolo ostinandosi a rifiutare lo sguardo di Ryo, che un attimo
ringhiava,
un attimo dopo invece sembrava supplicare anche solo un briciolo di
attenzione da
parte della ragazza nemmeno fosse stato un cagnolino abbandonato.
“…dopo aver
svuotato la cassaforte di papà. Diamanti acquistati negli
Stati Uniti per tre
milioni di dollari.”
Ryo
fece un fischio, grattandosi il capo, guardando intorno
all’auto alla ricerca di qualcosa, cosa non lo sapeva bene
nemmeno lui, un
indizio qualsiasi. “E come mai ci hanno chiamato? Non
potevano pensarci quelli
delle rapine?”
Senza
proferire parola, Maki diede un calcetto alla porta
posteriore dell’auto, che si aprì con un cigolio
sinistro che non lasciava
proferire nulla di buono. “Perché oltre ai
diamanti scomparsi c’è anche
questo,” il poliziotto di limitò a dire, mostrando
il cadavere nel bagagliaio:
un giovane, forse una ventina d’anni, barba sfatta, vestito
con larghi abiti
scuri, le occhiaie profonde, gli occhi aperti, privi di vita, che
guardavano
verso l’alto, quasi a supplicare qualsiasi cosa…
forse una salvezza che per lui
non sarebbe mai più giunta.
“Matsuo Kurama,
di anni 21. A diciassette anni si è chiuso nella sua stanza,
ha abbassato le
tapparelle e ha smesso di comunicare con il mondo. Erano mesi che i
suoi stessi
genitori non lo vedevano più, poggiavano il vassoio col cibo
fuori dalla porta
e lui, una volta certo che se n’erano andati, lo
recuperava.” Saeko, nella sala
riunioni dell’unità, fece scattare una serie di
diapositive; la prima mostrava
il giovane Matsuo prima di divenire quello che veniva definito come Hikkomori,
un ragazzo dall’apparenza non solo serena ma
tranquilla, spensierata, nella sua divisa scolastica blu. La seconda
mostrava
invece la sede della società del padre- e fu allora che la
parola passò a Maki,
che si sistemò gli occhiali, seduto al tavolo rotondo.
“Venerdì
il giovane ha fatto irruzione nella società del padre,
utilizzando il codice di sicurezza- l’anniversario di
matrimonio dei genitori-
e sotto lo sguardo delle telecamere ha svuotato la
cassaforte.”
“Tre
milioni di dollari…” Ryo rifletté,
piedi sul tavolo, braccia
incrociate dietro al capo, facendo schioccare la lingua contro il
palato. “Cosa
sono, quasi 350 milioni di Yen? Una bella cifra…”
“A
Matsuo sono serviti meno di cinque minuti per fare quello che
doveva, e non sappiamo ancora il perché, o è
stato così stupido da rubare tutti
quei diamanti con una telecamera, oppure, ed il fatto che lo abbiamo
trovato
morto sembrerebbe corroborare questa ipotesi…”
“…stava
lavorando con qualcuno che lo aveva convinto di avere un
piano di fuga a prova di bomba. Qualcuno con cui aveva costruito un
legame così
forte da convincerlo ad abbandonare la vita di reclusione che si era
auto-imposto.” Con
un gesto fluido, Ryo
si sistemò sulla sedia in modo composto, e prese a guardare
i sacchetti
trasparenti, in cui le prove erano tutte conservate in modo perfetto,
al limite
del maniacale- uno dei tanti lati positivi di Kaori, a cui Ryo
gettò uno
sguardo, colmo di rimpianti. La donna si voltò verso di lui,
ma sentendo quegli
occhi di fuoco scrutarle dentro, voltò il capo
dall’altra parte, mordendosi le
labbra come per soffocare un gemito. “…e questo
cos’è?”
“Una
delle tante ricevute di pagamento che abbiamo trovato nella
macchina, ma quella è di un fast food a Shinjuku di poche
ore dopo il furto.
Matsuo ha usato una carta di credito intestata alla madre. Vivendo solo
più nel
mondo virtuale, era così che effettuava tutte le
spese.” Kaori prese la parola;
si alzò con un gesto elegante, quasi felino nelle sue
movenze che mise tutte
quelle sue forme sinuose al centro dell’attenzione di Ryo,
che sentiva sempre
con maggiore forza e prepotenza il profumo della donna riempirgli le
narici:
non si parlavano più dal giorno del bacio, e lui era
confuso… certo, lei aveva
detto no, gli aveva dato tante, troppe ragioni, e se n’era
andata, ma…. Ma lei
aveva risposto al bacio, inizialmente, e aveva detto di nutrire ancora
qualcosa
per lui, e lui sapeva che era gelosa, che lui la tentava…
perché si comportava
in questo modo, negando ad entrambi la felicità che potevano
avere, che era lì,
a due passi da loro? Davvero non credeva che Ryo potesse voler cambiare?
“Abbiamo
nastri di videosorveglianza?” Saeko domandò, e la
sorella, Reika, rispose di sì; fu il suo turno di prendere
il telecomando,
facendo partire il nastro, su cui si vedevano seduti al tavolo, due
ragazzi,
Matsuo ed un altro, di cui però era difficile comprendere
l’identità, vista la
posizione e la grana dell’immagine, color seppia, sbiadita,
di scarsa qualità.
“Kaori…”
Saeko si voltò verso Kaori, negli occhi la forza della
determinazione; il padre della vittima era un uomo potente, ricco,
influente, e
stavano ricevendo pressioni da chiunque, persino dal loro stesso padre,
per
risolvere quel caso, che mostrava come davvero i soldi potessero aprire
qualunque porta. “I genitori del ragazzo ci hanno consegnato
l’hardware del
giovane. Potresti andare alla scientifica ed analizzarlo con i
tecnici?”
La
giovane dai capelli rossi annuì, e lasciò la
stanza, mentre
invece Saeko si voltò verso Ryo e la sorella;
guardò il vecchio amico con il
cuore in gola, gli occhi pervasi da lacrime di pietà e pena
che mai e poi mai
avrebbe versato, non per sé, ma conscia che Ryo stesso non
lo avrebbe mai
permesso. Non sapeva cosa fosse successo tra lui e la sua quasi
cognata, ma era
chiaro che i due erano più distanti che mai…
forse perfino più di quanto non lo
fossero quando Kaori aveva preso un aereo e se n’era andata.
Si sentì
rattristata ed amareggiata, perché sapeva che quello che nel
loro rapporto non
aveva funzionato era stato generato da equivoci, malintesi e non detti,
e poi…
Ryo aveva reso felice Kaori. Con lui, lei aveva sorriso spesso e
volentieri, e
adesso, accanto a Shinji, quel sorriso spontaneo non c’era
più, era tirato e di
cortesia… alcuni giorni prima, Saeko si era svegliata,
trovando Maki che
fissava il soffitto, che preoccupato, pensieroso, le aveva detto che
non
ricordava l’ultima volta che aveva sentito ridere davvero, di
felicità, sua
sorella.
Ryo,
Kaori l’aveva sempre fatta sorridere – anche quando
erano
stati solo amici. Saeko capiva che avessero avuto incomprensioni e
problemi, ma
era possibile che fossero così grandi, insuperabili?
Perché rifiutavano di
trovarsi a metà strada, ostinati com’erano nello
stare immobili nelle loro
posizioni? Kaori voleva una famiglia, possibile che davvero Ryo non
sognasse di
avere un bambino con lei, di essere padre di una creatura che
assomigliasse a
lui e Kaori?
Saeko
stessa aveva quasi perso l’uomo che amava per bugie,
sotterfugi e paure… e sperò con tutta se stessa
che non dovesse accadere lo
stesso ai suoi amici, che, per loro, la felicità potesse
arrivare, e presto.
Anche se era conscia di una cosa: avrebbero dovuto superare le
difficoltà, i
muri che si erano costruiti intorno dopo che si erano lasciati, per
poterlo
fare.
E
non era certa che Kaori fosse pronta a fare una cosa del
genere…
o che lo volesse.
“Ehi, hai
scoperto qualcosa?” Ryo bussò alla porta di quello
che era stato l’ufficio di
Kaori alla scientifica fino a non molto tempo prima, e la donna,
all’interno
della stanza, si immobilizzò, i muscoli tesi quasi fino allo
stremo, mentre il
suo corpo era percorso da brividi.
JJ,
il giovane tecnico informatico che la stava aiutando
nell’indagine, avvertì immediatamente la tensione,
quasi fosse palpabile
nell’aria e si potesse tagliare, e guardò prima
alla donna e poi all’uomo che
l’aveva raggiunta. Neo assunto, non conosceva la storia della
coppia, ma era facile
per lui intuire che ci fosse qualcosa che bolliva sotto la superficie.
Era
giovane, al suo primo incarico, e con quei capelli un po’
troppo lunghi,
ribelli, tinti color platino dava più l’idea di
essere una rockettaro fallito
che tagliava scuola, ma era bravo nel suo lavoro - così
bravo che aveva
imparato ad intuire gli stati d’animo di coloro che gli
stavano accanto.
Kaori
strinse i denti, serrando i pugni intorno al tessuto della
gonna color cioccolato fondente che indossava quel giorno, e prese un
profondo
respiro per dimenticare, togliersi dalla testa quel bacio che ormai da
giorni
la perseguitava. Vi aveva messo fine, ma inizialmente lo aveva
accettato, e
aveva risposto al sensuale attacco con altrettanta passione, ed una
parte di
lei aveva desiderato approfondire il contatto, che Ryo la prendesse
lì, in quel
vicolo, e al diavolo tutto e tutti.
Arrossì,
le parole, anche solo un semplice saluto, che le morivano
in gola, mentre le sue gote si imporporavano.
A
casa sua, nel letto che condivideva col suo fidanzato quando
Shinji non era troppo preso dall’ampliare il suo impero, non era stata in grado di
levarsi dalla testa
il bacio e cosa lei e Ryo avrebbero potuto fare - di nuovo, ancora- se
lei non
si fosse fermata… e
subito dopo si era
vergognata come una ladra, aveva cercato disperatamente di mettere in
quella
fantasia non Ryo ma il suo compagno, ma nulla… per quanto si
sforzasse di
concentrarsi sull’uomo che le aveva donato l’anello
che portava al dito, ad un
certo punto la sua mente compiva una rotazione completa, e Kaori
tornava a
pensare agli occhi divertiti ed intensi, sorridenti di Ryo, scuri come
la notte
ma che brillavano con la luce di milioni di stelle, le tornavano in
mente i bei
momenti, gli istanti di bruciante passione, la spensieratezza, come
avevano
vissuto nel momento, cogliendo l’attimo giorno per giorno.
Nonostante
durante quel bacio avesse avvertito il fuoco scorrerle
nelle vene, riflettendo a mente lucida si era sentita sporca,
sbagliata, quasi
avesse davvero tradito il suo compagno, e questo l’aveva
spinta a fare
un’avventatezza, prendere in mano il telefono lasciando che
fosse l’istinto – o
forse la paura che alla fine Ryo potesse fare nuovamente breccia nel
suo cuore
- ad agire.
“Kaori?
“La giovane donna si girò di scatto, avvertendo il
tocco
lieve di Ryo sulla spalla, che cercava di richiamare la sua attenzione;
sussultò, e JJ sollevò un sopracciglio,
interrogativo, prima di dare una
leggera scrollata di spalle: cosa quei due facessero non era affare
suo, a lui
bastava che sapessero fare il loro lavoro, ed a detta di molti, erano
davvero
bravi nel farlo, anche se doveva ammettere di essere sempre stato un
grande
appassionato di soap opera, e aveva la netta impressione che quel nuovo
lavoro
gli avrebbe dato non poche possibilità di nutrire questo suo
appetito.
“Sì,
scusa, ero… sovrappensiero.” La donna
confessò, sminuendo la
causa del suo malessere interiore, sperando che Ryo credesse che fosse
dovuto
al caso.
Gli
rubò un’occhiata: Ryo aveva ritratto la mano, che
era ferma a
mezz’aria, quasi non sapesse cosa farci, e la guardava con
occhi colmi di
tristezza: aveva capito. Sapeva – lui
era
il motivo del suo turbamento.
La
donna si fece forza, e si ricompose, rammentandosi che già
quando lei e Ryo avevano iniziato la loro relazione si era ripromessa
di
rimanere imparziale e professionale quando si trovava al lavoro,
nonostante
paradossalmente fosse adesso, che non erano più una coppia,
che trovava
difficile seguire i suoi propositi.
Sistemando
una ciocca ribelle dietro l’orecchio, si schiarì
la
gola, ma le parole non sembravano voler uscire, era sempre sul punto di
balbettare. JJ, allora, giunse in suo soccorso, e prese la parola per
lei,
dicendosi che comunque lui era il tecnico informatico e quel compito
sarebbe
comunque spettato a lui: nessuno avrebbe letto più del
dovuto in quel fatto,
anzi, magari avrebbe permesso di distogliere l’attenzione di
Ryo da Kaori,
magari il poliziotto avrebbe pensato che il nuovo tecnico era un
novellino
egocentrico che non aspettava null’altro che
l’occasione di mettersi sotto ai
riflettori e basta.
“O
il vostro amico era un cretino che non sapeva nemmeno pulire la
cronologia del suo browser, o davvero credeva di avere un piano a prova
di
bomba per scomparire e quindi non gli importava un fico secco di
lasciarsi
dietro una caterva di indizi.” Il giovane, togliendosi dagli
occhi una ciocca
bionda, sbuffò, mentre apriva sullo schermo del suo
portatile la cronologia del
pc del giovane, e decine di schede si aprirono allo stesso momento,
sovrapponendosi le une alle altre. “Era iscritto a questo
sito, illicitlyyours.com…”
“Ah,
il sito in cui gente senza vita sociale, scambisti,
cornificatori e
pervertiti si trovano
per fare sesso virtuale…” Ryo
sogghignò, chinandosi sullo schermo con le mani
in tasca dei jeans. “Lo conosco.” Il poliziotto
prese a grattarsi il mento,
mentre strizzava gli occhi e pensava: c’era qualcosa che non
gli tornava… o era
forse il contrario? Aveva il netto presentimento che gli stesse
sfuggendo
qualcosa, ma non sapeva cosa, esattamente...
Kaori
lo congelò all’istante, immaginando fin troppo
bene come mai
Ryo conoscesse quel sito - evidentemente, allo stallone fare sesso dal
vero non
bastava… e lei che si era pure lasciata incantare da quel
maledetto bacio!
Avvertendo
l’astio che aumentava provenire da Kaori, Ryo
sospirò,
alzando gli occhi al cielo, e strinse la spalla del giovane tecnico.
“Parlava
con qualcuno in particolare?”
“Sì,
ma c’è un problema…” Il
ragazzo si mordicchiò il labbro,
stringendo leggermente gli occhi mentre, seduto sulla sedia girevole,
si
voltava a guardare Ryo. “Abbiamo solo il suo nickname, Despacita, e senza mandato la
società proprietaria del sito non può
darci né copia delle chat né fornirci
l’indirizzo Ip della tizia, con cui poter
arrivare a quello fisico.”
“Nessun
problema, posso pensarci io!!” Facendo loro
l’occhiolino,
Ryo lasciò la stanza, molto eccitato- forse fin troppo per i
gusti di Kaori,
che, sospirando, si disse che sentiva puzza di guai… in
particolare, di guai in
gonna e tacchi a spillo, perché qualcosa le diceva che se
c’era una grana da
risolvere, Ryo poteva solo sperare di chiudere tutto utilizzando il suo
indiscusso fascino e flirtando in modo vergognoso… non che
la cosa le dovesse
importare, ormai lei non era più la sua compagna, anche
se… anche se questo
sfruttare il suo ascendente sulle donne l’aveva sempre
seccata, perché anche
quando erano stati insieme Ryo aveva continuato a farlo, dicendole,
scocciato,
che non significava nulla… quante litigate si erano fatti
per quel motivo?
Tante, troppe: un motivo in più per preferire Shinji, che
con le donne era un
pezzo di ghiaccio, nonostante lo stuolo di ammiratrici che si trovava
sempre
dietro, donne attratte dal suo successo, dal suo denaro - dal suo
potere. Ma
lui non le aveva mai incoraggiate, mai guardate.
Kaori
tornò a fissare lo schermo del computer sentendosi ormai
certa di aver fatto la scelta giusta: Ryo non poteva essere il suo
futuro.
“Eh? E quella chi
sarebbe?” Kaori era tornata un attimo a recuperare dei fogli,
in compagnia di una
sua amica, prima di andare via ad occuparsi di un paio di questioni
private,
quando vide Ryo, seduto alla sua scrivania, intrattenere una bellona
dal fisico
atletico ed asciutto, il cui corpo era elegantemente drappeggiato in un
abito
color smeraldo, contornato da false pietre preziose che ne esaltavano
la
ricercatezza, ma che facevano risaltare soprattutto la donna che lo
indossava.
“Sai,
quella lì sarebbe davvero ricercatissima, come
modella!”
L’amica disse a Kaori, indicando la bella sconosciuta.
“Ha una bellezza
particolare, quasi androgina… sai che la modella
più desiderata e pagata al
mondo al momento è un uomo? E quando calca le passerelle
delle collezioni
femminili nessuno si accorge che sia un ragazzo!”
Kaori
vide Eriko guardare la giovane con desiderio ed intento,
mentre svogliatamente fingeva di sfogliare la rivista di abiti da sposa
che le
aveva portato: Eriko era la proprietaria di uno dei maggiori atelier di
moda di
Tokyo, ed era un’apprezzatissima stilista
emergente… che Kaori si fosse rivolta
a lei in quel frangente era logico, e che lei si intendesse di modelle
e avesse
un occhio particolare per trovarle lo era ancora di più.
“Anche
Ryo, d’altra parte, non farebbe la sua brutta figura su una
passerella… non mi sarebbe dispiaciuto avervi entrambi per
la mia collezione
sposi, sai?” La donna sospirò, quasi rattristata,
invidiosa. “E quel vestito?
Hai visto gli Swarovski che lo rifiniscono? Brillano come pietre
preziose vere,
catturano la luce e la riflettono in un modo del tutto particolare,
quasi
magico… ah, cosa darei per sapere dove si fornisce quello
che ha confezionato
quella meraviglia!”
Kaori
emise un grugnito che aveva ben poco di signorile, e tornò a
cercare i fogli per cui era tornata; intanto però, per il
grande divertimento
di Eriko, non riusciva a staccare gli occhi da quella scena.
Era
come quando si assisteva ad un incidente e non si riusciva ad
andare via: ecco, lei continuava a guardare Ryo che flirtava
vergognosamente
con quella bella oca giuliva con un fisico mozzafiato, come accadeva
sempre…
perché Ryo non poteva mai attirare le attenzioni di racchie
oppure donne
normali o vecchie, no…
lui attirava
sempre belle donne, che finivano per innamorarsi di lui e farsi mille
film in
testa. Ryo flirtava
anche lui, ed un po’
incoraggiava quelle cotte colossali. Con alcune, Ryo ci era anche
stato, aveva
avuto relazioni con dottoresse, modelle, musiciste, insegnanti, anche
un’attrice, di tutto un po’…. Ma tutto
prima che si mettessero insieme.
Era
certa che lui non l’avesse mai tradita, ma tuttavia, quel
modo
in cui aveva sempre continuato a comportarsi l’aveva ferita,
l’aveva fatta
sentire piccola ed insignificante, forse perché Ryo, a lei,
quelle attenzioni
non le aveva mai dedicate, dandola
per
scontata. Adesso non era più da oltre un anno la sua
compagna, e da quando era
tornata Kaori aveva passato il tempo a ripetere a chiunque quanto fosse
stato
meglio per tutti finirla lì, eppure in quel momento vedere
quella donna che
faceva la gatta morta con il suo ex la faceva accendere di collera.
Era
sciocco, stupido ed infantile, ma Kaori si rifiutava di
indagare nei meandri della propria anima, né voleva sapere
esattamente il
perché Ryo sembrasse compiaciuto di questi rari momenti in
cui lei sembrava
quasi rimpiangere di aver rotto con lui, nonostante lui non avesse mai
detto
una sola parola fino a quel maledetto bacio… ma forse aveva
pensato che non ce
ne fosse bisogno, loro
non ne avevano
mai avuto bisogno, da quando era ragazzina, loro due avevano sempre
conversato
attraverso i loro occhi, tra silenzi pregni di significato…
ecco, in quei
momenti lei si rattristava, ed iniziava a farsi mille domande,
nonostante la
sua razionalità le dicesse che i suoi pensieri dovessero
andare solo a Shinji.
“Beh,
allora, Reika?” Kaori ringhiò, quasi
rabbiosamente, vedendo
che l’attenzione di tutti era concentrata sulla bella oca che
faceva la
svenevole con Ryo, ridacchiando in maniera insulsa alle sue battute di
quarta
categoria. “Si può sapere chi diavolo è
quella donna?”
“La
coinquilina del tizio con cui Matsuo chattava,” Reika le
rispose con una scrollata di spalle, dimostrando scarso interesse per
il caso…
e troppo interesse per come Ryo continuava a flirtare con la bella di
turno.
“Dice che è sparito alcuni giorni fa, ma dato che
avevano litigato crede che
sia andato a prendersi una sbronza o fumarsi qualcosa
per farsela passare… e dubito che intendesse
sigarette.”
La
poliziotta diede un’altra scrollata di spalle, tornando a
guardare Ryo; poi, si accomodò sul bordo della scrivania di
Kaori, e gettò lo
sguardo sulla rivista di abiti da cerimonia, notando solo in quel
momento
Eriko. “Oh, che sbadata, non mi sono nemmeno
presentata… sono Reika Nogami,
amica e collega di Kaori! Ci conosciamo? Sa, ha un’aria, come
dire…
famigliare...”
Kaori
quasi scoppiò in una risata isterica: conosceva Reika da
anni - da quando suo fratello era entrato in polizia ed aveva iniziato
a
frequentare casa Nogami- e lei e Reika non erano mai
state amiche, anzi: non si erano mai potute sopportare, a
malapena si tolleravano sul lavoro, ma la poliziotta figlia
d’arte era così
curiosa da manipolare la verità a suo uso e consumo.
“Oh, io sono Eri
Kitahara,
sono una vecchia amica di Kaori, piacere di conoscerla!”
Sorridendo, Eriko -
che spesso e volentieri si presentava solo con
l’abbreviazione che aveva
assunto come nome d’arte - fece un leggero inchino a Reika,
pur rimanendo
seduta. Reika sbatté le palpebre alcune volte, boccheggiando
in silenzio dopo
che le sue sinapsi cerebrali avevano fatto tutte le connessioni del
caso,
collegando quel volto familiare al ben più noto nome, quello
di una delle
stiliste emergenti del paese da cui le star facevano la fila per poter
indossare una sua creazione sul red carpet…
“Tu...
tu conosci Eri Kitahara e ti vesti così???” Reika
sbottò,
sibilando le parole che le si strozzavano in gola; una reazione che a
Eriko non
andò molto giù, perché nonostante dal
bel fisico, quella donna non aveva
portamento e nemmeno stile, al contrario di Kaori, che sarebbe potuta
essere
pagata una fortuna per sfilare e che sapeva mixare i capi alla
perfezione,
facendo risultare femminile anche una camicia da uomo.
“Sappi
pupattola che Kaori ha stile da vendere, al contrario di qualcuno
qui,” Eriko le rispose, piccata
e saccente. “Ed il giorno in cui camminerà verso
Shinji e l'altare con una mia
creazione esclusiva addosso sarà
ancora più bella… oh, Kaori, ci pensi? Abbiamo
solo pochi mesi prima del grande
giorno, e poi finalmente ti sposerai… una sposa di Giugno,
come vuole la tradizione!”
“Eh?”
Dalla sua scrivania, Ryo si voltò verso Kaori, che era
arrossita, e la fissò pallido, la bocca aperta in una
silenziosa espressione di
sorpresa e angoscia, quasi fosse stato la rappresentazione tangibile
dell’Urlo
di Munch… ma poi passò, quando capì
cosa era successo: lo aveva fatto dopo il
bacio. Doveva sentirsi offeso, oppure lusingato? O semplicemente, era
la prova
che Kaori non ne voleva sapere più nulla di lui, e che
doveva rassegnarsi?
Una
cosa però era certa: ancora una volta lei aveva mentito per
omissione… gli aveva nascosto di aver accettato quel posto,
di essersi
fidanzata… e adesso scopriva che aveva pure fissato la data
delle nozze!
Kaori
voleva mettere una pietra sopra al loro rapporto? Che
facesse come voleva, non sarebbe certo andato a supplicarla, avrebbe
dovuto
capirlo da sola che stava facendo la più rossa idiozia del
creato!
Il
volto scolpito in un’espressione che ricordava una belva
feroce, impazzita, Ryo riprese a parlare con la bellissima donna,
all’apparenza
latina, ma stavolta lo fece avvicinandosi di più a lei, che
sembrò percepire il
turbamento dell’uomo. Lei si avvicinò a sua volta,
la sua voce si abbassò e
assunse una qualità roca. Occhi languidi, da cerbiatta,
sbatté le lunghe ciglia
che di naturale avevano poco o nulla, e sfiorò la guancia di
Ryo con una mano
delicata e soffice, su cui spiccavano artigli da megera, lunghe unghie
laccate
di rosso e tempestate di lustrini. Solo a guardarla Kaori
sollevò un
sopracciglio: quella sembrava uscita direttamente dal Kabuchico!
“Oh,
papito, quella
brutta strega ti ha spezzato il cuore, vero? Vieni qui, che ci pensa
Esperanza
a te!”
“Eh?”
Ryo non poté nemmeno pensare a cosa dire, perché
lei si era
già avventata sulla sua bocca. Lo aveva agguantato per il
tessuto della
maglietta, trascinandolo verso di sé, e lo baciava con
passione, ardore, ma con
una dolcezza senza confini, quasi davvero avesse voluto consolarlo.
Con
la coda dell’occhio, vide che ad alcuni colleghi cadevano le
braccia (Maki), altri si seccavano ed alzavano sconsolati gli occhi al
cielo
(Reika e Saeko) mentre invece Kaori era furibonda… aveva
preso la rivista in
mano, e la stava strozzando, quasi avesse potuto spezzarla in due.
Ryo
sorrise compiaciuto contro la bocca di Esperanza: Kaori, che
nemmeno gli aveva detto che si sposava dopo quel bacio da capogiro, era
gelosa.
Beh,
se voleva giocare… allora anche Ryo avrebbe giocato con lei.
L’agente
socchiuse gli occhi e approfondì il bacio, facendo uscire
la lingua a solleticare la bocca della donna, a cui languidi sospiri di
piacere
morirono in gola. Nonostante avvertisse come un formicolio, come se in
tutta
quella situazione ci fosse una nota stonata, anche se non capiva di
cosa si
trattasse, Ryo alzò una mano per accarezzarla, stringerle la
nuca per
accompagnare il movimento, e sentì il cinturino
dell’orologio - un regalo di
compleanno di Kaori di alcuni anni prima
- impigliarsi in qualcosa; aprì gli occhi
tirando leggermente, e sentì
la bella Esperanza urlare, e quando aprì gli occhi
staccandosi da
lei… Si ritrovò con una parrucca attaccata
al braccialetto del cronografo, fissando ciò che gli stava
davanti quasi non ne
capisse il perché… Esperanza era senza
capelli… che fosse malata? Eppure aveva
un’aria sana…
E
poi... poi Ryo colse lo sguardo atterrito della donna, e si rese
conto che aveva qualcosa di famigliare, anzi… tutto
quel caso aveva qualcosa di familiare, e adesso sapeva cosa,
lo ricordava! C’erano stati altri casi… rampolli
solitari di ricche famiglie
adescati in rete, derubati dopo aver portato via gli averi dei loro
cari e poi
uccisi… subito Ryo non aveva fatto il collegamento,
perché i siti usati per
contattare i fanciulli erano diversi e la vittimologia spaziava molto,
ma
evidentemente il punto di contatto c’era, eccome!
“Sei
tu!!!” Sibilò strozzato, in piedi, indicando chi
li stava
davanti. “Sei tu che chattavi con la nostra
vittima… sei tu che eri al fast
food con lui la sera in cui è morto!”
Il
giovane - perché donna non era, se non quando fingeva di
essere
qualcun altro per mimetizzarsi nel mondo circostante- si
guardò intorno
concitata, cercando una via di fuga… ma come poteva anche
solo concepire una
cosa del genere? Era nella tana del lupo, dopotutto!
“Voi…”
Singhiozzò. “Voi non potete arrestarmi solo
perché sono un
travestito… è anticostituzionale!”
“Sì,
ma per possesso di merce rubata possiamo eccome!”
Davanti
allo sguardo inebetito e sbigottito di tutti, Kaori si
alzò, e con un colpo deciso afferrò la cintura
dell'abito della donna,
anch’essa ricoperta di gemme, e la strappò con
decisione; l’abito a pareo si
aprì, mostrando un reggiseno con coppe generosamente
imbottite e un paio di
shorts contenitivi a celare il sesso del giovane uomo, che prese ad
arrancare
nel disperato tentativo di impossessarsi nuovamente del capo di
vestiario.
“Ma,
Kaori!” Saeko la redarguì. “Cosa ti
è passato per la testa?”
La
ragazza non le diede retta; alzò la cintura e vi
alitò sopra,
ed osservò il risultato… Nulla. Nessun alone.
“Scommetto
che se porto queste pietre in laboratorio e le esamino
al microscopio scopro che non solo sono diamanti, ma sono quelli
rubati!” Le
disse, con un ghigno di sinistra soddisfazione stampato in volto.
“Eriko lo ha
capito subito che non erano pietre qualunque, catturano e riflettono la
luce in
un modo del tutto diverso dalle gemme finte che si usano per gli
abiti!”
“Voi…
voi non potete provare nulla!” Il giovane squittì.
La sua
voce si era abbassata, fatta squillante… e colma di terrore:
stava anche per
scoppiare a piangere. “Lui me li ha regalati!”
“Già,
ma possiamo tenerti in gabbia per tre giorni, ed intanto
perquisire casa tua, far passare tutti i tuoi vestiti, distruggere
tutto...e
scommetto che casualmente troveremo tutto ciò che nel Paese
negli ultimi due
anni è stato rubato ad alcune famiglie parecchio ricche con
figli
problematici.” Ryo lo guardò, facendogli un
sorriso sornione, sghembo. Fingeva
di essere nel pieno controllo delle proprie facoltà, di non
essere turbato-
anzi, che fosse tutto parte del piano per smascherare quel ladro
assassino.
“Fammi indovinare: facevi fare il lavoro sporco a quei poveri
figli di papà a
cui nessuno voleva bene e poi, una volta ottenuto quello che volevi, li
facevi
fuori… nessuno con cui condividere il bottino, e meno
testimoni in giro a
raccontare il tuo giochetto!”
“Dannati!
Me la pagherete cara!” L’uomo strillò
mentre lo
portavano via, privato del capo di abbigliamento tempestato di
diamanti, le
mani ammanettate davanti ai genitali. “Avresti dovuto
assecondarmi come avevano
fatto loro! In men che non si dica sarei stato fuori dal
Paese!”
Ryo
si mise in una posizione disordinata, piedi incrociati sulla
scrivania, e mani dietro la testa, stravaccato sulla sedia; sorriso
strafottente, soddisfatto, fingeva che tutto andasse bene, e che il
caso fosse
stato effettivamente risolto grazie ad un suo colpo di genio, e non
certo la
casualità.
“Dì
un po’, Stallone di Shinjuku…” Kaori gli
disse, sorridente,
dandogli un buffetto sulla testa; vicinissima a lui, china, gli fece un occhiolino, i
capelli che
sfioravano il viso di Ryo sollecitandolo… e facendolo
arrossire per l’emozione.
“Lo avevi capito che era un uomo o la tua era tutta una
finta?”
Lui
si allontanò leggermente, facendo scorrere la sedia sul
pavimento, ed aprì gli occhi, guardando Kaori in viso -
fingendo, come aveva
fatto per tanto, troppo tempo, che non gliene importasse nulla,
né di lei, né
di cosa lei facesse, ed evitò di rispondere alla domanda,
preferendo ribaltare
le carte in tavola. “E
così, ti sposi.”
“Io…” Kaori abbassò
il
capo, e prese a stringere le dita, con tale forza che
avvertì le unghie
piantarsi nella pelle delicata. “Il terzo sabato di giugno.
Una cosa semplice,
in comune. Non sono nemmeno certa di volermi mettere l’abito
da sposa. O di
voler avere gente intorno.”
Così
dicendo, Kaori arrossì, e distolse lo sguardo; si
portò una
ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio, e la cosa
svegliò qualcosa in Ryo,
lo intenerì. Lui le sorrise, e le diede un leggero bacio
sulla fronte, colmo di
tristezza, malinconia, e rimpianto, in cui riversò tutto il
loro trascorso,
ogni attimo passato insieme in tutti quegli anni, dal giorno in cui
Hide aveva
portato al parco, quel lontano ventisei marzo, il suo compagno di
accademia,
perché passasse con loro quella giornata del festival
dell’Hanami… e forse, per
la prima volta, si sentì davvero geloso, col cuore spezzato,
perché se Kaori si
fosse sposata, quando Kaori si
fosse
sposata, lui non avrebbe più avuto alcuna chance con lei:
sarebbe stata la
fine, davvero, perché se Ryo aveva sempre pensato che un
fidanzamento fosse
qualcosa che poteva essere rotto, così non era per il
matrimonio… soprattutto
se poi, nel frattempo, fossero arrivati dei figli. Lui stesso aveva
provato
sulla sua pelle la desolazione, la solitudine di una famiglia spezzata,
aveva
visto cosa rimanere sola avesse causato a sua madre, e non lo avrebbe
augurato
a nessuno.
Né,
tantomeno, sarebbe
stato lui a causare un tale dolore.
“Devi,”
le disse, con voce bassa e triste. “Ti capiterà
solo una
volta di sposarti, dopotutto, e quello è sempre stato il tuo
sogno. Me lo
dicevi sempre anche tu, no? Solo perché io non ho saputo
fartelo realizzare….
Non dovresti rinunciare.”
Alzatosi
dalla sedia, Ryo si diresse verso l’ascensore, la mano in
tasca alla ricerca di una sigaretta, la mente vuota ed il cuore pesante
– o
forse, solo congelato, avvolta in una morsa gelida destinata a non
abbandonarlo
mai più, ora che sapeva che i sorrisi di Kaori non sarebbero
più stati per lui.
Ci
aveva sperato, davvero. Ci aveva creduto. Ma forse Kaori aveva
avuto ragione, quella sera che si erano baciati.
Era
stata solo una pia illusione, un sogno, e adesso era ora di
svegliarsi, ed affrontare la realtà.