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Autore: _Cthylla_    12/10/2021    1 recensioni
|Contesto generale/vago sebbene si rifaccia a certi fumetti della IDW|
Il giovane e tendenzialmente ansioso mech di nome Odysseus incontra qualcuno infinitamente più disgraziato di quanto sia lui.
Dal testo:
''«Non farmi male…» fu tutto quel che disse l’altro.
«Te l’ho detto, non ti faccio niente» ribadì Odysseus, il quale iniziava ad avere il dubbio che quella povera creatura ormai fosse in grado di pronunciare solo quelle poche frasi che aveva sentito «N-non sarei in grado nemmeno volendo, in effetti… e non solo perché sei più grosso di me, amico».
«Amico» ripeté il mech arancione, e il modo in cui disse quella parola la fece suonare quanto di più alieno possibile «“Amico”… io non ho amici. Nessuno di quelli come me ne ha. Siamo… scarti. Disgustosi… inutili… le mie mani… le mie mani…»"
Genere: Dark, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Tarn
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Il solo sensore ottico di Glitch si aprì lentamente mentre i suoi sistemi tornavano online man mano. Doveva essere andato in ricarica, ma era strano: per quanto ora guardando fuori dalla finestra vedesse il buio della notte, nei suoi ultimissimi ricordi risultava essere ancora giorno quando era salito in mansarda da Odysseus per lavare il pavimento. Ricordava anche di aver svolto il proprio compito mentre Odysseus, seduto al banco da lavoro, si occupava di una delle proprie bambole.
 
“Poi mi sono seduto sulla mia cuccetta, mi sembra di ricordare che lui mi avesse detto di riposarmi un attimo. E poi… buio”.
 
Iniziò a preoccuparsi. Forse oltre a non ricordare granché del proprio passato, se non in maniera estremamente frammentata -e senza riuscire ancora a spiegarsi il motivo- stava iniziando a perdere il contatto anche col presente? Forse la domanda che si era posto per qualche giorno dopo essere stato portato dal medico, alias “perché quando e non dove”, era semplicemente frutto dei danni mentali che l’empurata e le sue conseguenze gli avevano causato?
 
Ancora un po’intontito, passò qualche secondo a fissare il soffitto. La sua cuccetta era piuttosto vicina al banco da lavoro di Odysseus, il quale tra una bambola e l’altra, oltre che ai propri oggetti, era riuscito a ricavare abbastanza spazio solo lì vicino. Il risultato era stato comunque qualcosa di comodo, soprattutto quando Odysseus si era sforzato di rendere la sua cuccetta più vera e meno “di fortuna”, nonostante lui gli avesse detto che non era necessario.
 
Quando l’aveva vista si era messo a piangere… tanto per cambiare. Per fortuna non c’era Scylla in giro, altrimenti avrebbe avuto da ridire. In quei giorni non gli aveva più dato schiaffi né altro -del resto lui non aveva né fatto particolari danni né “fatto altre scene” come quella del mattino della visita- ma non aveva mai fatto mistero del fatto che i suoi momenti di pianto non le piacessero. Glitch non riusciva a darle tutti i torti, non piacevano a lui per primo, ma era difficile trattenersi, ed era ancor più difficile “incazzarsi invece di piangere, con la rabbia puoi combinare qualcosa, con il piagnucolio no”. Anche lì Glitch non poteva darle tutti i torti, a dirla tutta avrebbe tanto voluto riuscire a darle retta.
 
Si voltò verso destra. Odysseus era seduto al banco da lavoro, con le gambe incrociate com’era suo solito -Glitch non capiva come facesse a riprendere a muoverle dopo ore e ore passate così- e stava rifinendo parte di un materiale reso malleabile da un diffusore di calore al laser. Anche le sorelle utilizzavano la stessa tecnica, ma mentre loro creavano bambole dalle forme armoniche, esteticamente gradevoli e spesso decorate con stoffe più o meno colorate, i lavori di Odysseus avevano un carattere molto più cupo.
 
Continuò a osservarlo. Nel giovane mech non c’era niente della classica goffaggine con cui faceva -e diceva- qualsiasi cosa, non in quel momento. La mano ferma e la precisione con cui maneggiava quello strumento da lavoro appuntito avrebbero potuto tranquillamente essere quelli di uno mnemosurgeon. Anche lo sguardo, peculiare dato che Odysseus aveva ottiche di colore diverso, era quello tranquillo e sicuro di chi sapeva perfettamente cosa stava facendo e di essere bravo nel farlo.
 
Glitch pensò che sarebbe potuto stare a guardare per ore quello “stato” del suo amico. Era un livello che lui non aveva mai raggiunto in nulla, o se mai ci era riuscito non lo ricordava, e dal quale al momento non sarebbe potuto essere più lontano.
 
«Ti sei svegliato» disse Odysseus, rivelando che pur essendo impegnato nel suo lavoro non aveva perso il contatto con ciò che lo circondava.
 
«Sì. N-non volevo disturbarti, mi dispiace…»
 
«Niente disturbo».
 
«Sicuro?»
 
«Tranquillo, Glitch. Anche riguardo l’esserti addormentato-»
 
Solo in quel momento Glitch realizzò qualcosa della quale avrebbe dovuto rendersi conto subito: qualsiasi cosa fosse successa, aveva perso mezza giornata di lavoro.
Alla relativa calma provata fino a un momento prima subentrò un panico assoluto che lo portò ad alzarsi in piedi di botto e cercare di scendere al piano di sotto… col solo risultato di inciampare miseramente in una coperta che non ricordava di essersi messo addosso e cadere di faccia.
 
«Glitch, cos-»
 
«Devo tornare di sotto, devo passare la notte a recuperare tutto quel che non ho fatto, se non lo faccio tua sorella mi prende e mi butta di nuovo in discarica!» esclamò, cercando di rialzarsi «L-lo voleva fare già l’altro ieri quando ho fatto cadere la lampadina che dovevo cambiare!»
 
«Era quella fusa, mica quella nuova».
 
«Lo so, ma Charybdis-»
 
«Quando ho visto che ti sei addormentato ho detto alle mie sorelle che saresti rimasto quassù perché mi servivi per la bambola. O meglio, ho detto che mi servivano le tue mani» aggiunse Odysseus, alzandosi per aiutare il suo coinquilino «E ti ho messo io la coperta addosso, anche se, ehm… mi sa che non è stata una grande idea».
 
«Perché non mi hai svegliato? Ho passato mezza giornata a fare il parassita, non posso permettermi di fare il parassita, altrimenti… altrimenti-»
 
«È che vederti in ricarica tranquillo non è qualcosa che succede spesso. Hai notato che continuo spesso a lavorare fino a tardi, quindi ti vedo» disse il jetformer mentre gli faceva cenno di tornare a sedersi sulla cuccetta «Sei sempre teso. Ti agiti a ogni minimo rumore che viene da fuori, spesso ti svegli anche. Ogni tanto ti agiti e inizi a tremare anche durante la ricarica» gli avvolse attorno la coperta «Invece oggi dormivi come un sasso, era praticamente un miracolo».
 
Glitch rimase a testa bassa, sentendosi piuttosto in colpa per aver indotto Odysseus a curarsi delle sue condizioni. Sì, aveva problemi con la ricarica -per il poco che ricordava, forse ne aveva sempre avuti anche prima che il Senato rendesse il suo corpo conforme al suo vero io- e di sicuro con l’empurata non avevano potuto fare altro che peggiorare. Forse era anche per quel motivo che cadeva preda dell’ansia più facilmente di molti altri, perché non dormire bene sicuramente non giovava alla sua salute fisica e mentale.
 
«Ti serviva proprio, amico» concluse Odysseus, abbracciandolo.
 
«N-non-»
 
«Non vuoi? Scusami, effettivamente forse esagero col contatto fisico, se proprio non vuoi non-»
 
«N-non è questo, non mi dà fastidio, è che… sai come reagisco se fai così».
 
«Non sobbalzi più, o almeno non quando ti tocco io, quindi direi che sei migliorato».
 
«Non è n-nemmeno per questo, è che… tu hai visto che io… ecco, un’altra volta!» borbottò, rendendosi conto con una certa frustrazione di essersi messo a piangere di nuovo «Un’altra volta, se ci fosse tua sorella-»
 
«Scylla non c’è, siamo solo tu e io».
 
«L-lo so, ma non dovrei farlo lo stesso! E nemmeno tu dovresti fare questo, dovresti dirmi di farla finita e basta, perché non sei tenuto a stare a sentire i miei piagnistei» riuscì a dire tra un singhiozzo e l’altro «O a cercare di consolarmi. Dovrei tenere le mie miserie per me, n-non vomitarle addosso a te! Fai già troppo e non merito niente di tutto questo, niente, niente, niente…»
 
Odysseus non si allontanò, cosa che lo fece solo piangere ancora di più.
 
«Non devi farti problemi, sul serio, faccio tutto volentieri. So per certo che se fossi al tuo posto non mi dispiacerebbe avere qualcuno vicino… a dire la verità non mi dispiacerebbe in genere» aggiunse Odysseus «Per quanto ci sia chi sta molto peggio di me ci sono dei giorni che… te l’ho detto il giorno in cui ci siamo conosciuti, no? Una settimana prima di quello, io ero in un vicolo ed ero ridotto male. Sono stato curato ma tutta la consolazione che ho avuto dalle mie sorelle è stata sentirmi dire che me le cerco» disse con un tono abbastanza piatto «Per Charybdis è colpa mia a prescindere, come se fossi io ad avere voglia di litigare e a “non saper disinnescare le discussioni”, per Scylla non è colpa mia MA a dovermi adattare sono sempre io perché “o impari a difenderti o camperai male tutta la vita”. Una delle due è un armadio che le poche volte in cui esce guarda il mondo come se la scocciasse, l’altra è alta quanto te e per sua natura è delicata come una schiacciasassi, c’è una certa differenza tra loro e me, quindi “grazie al cazzo” lo vogliamo dire?» lasciò andare Glitch e si passò una mano sul viso giovane quanto stanco «…chi sta vomitando le proprie miserie addosso a chi, adesso?»
 
«Tu puoi parlare di quel che vuoi quando vuoi. Che tu mi veda addirittura come qualcuno con cui puoi confidarti è… è una cosa che mi fa piacere» disse Glitch, massaggiandosi nervosamente le dita tra loro «M-mi sento fortunato per il fatto che mi consideri tuo amico. Mi sembra ancora impossibile».
 
«E a me sembra impossibile che qualcuno si senta fortunato a essere amico mio, quindi sei in buona compagnia» replicò Odysseus, tornando a sedersi alla scrivania «Ti va di dare un’occhiata al mio lavoro un po’più da vicino?»
 
«N-non temi che magari... dovresti aver visto che sono piuttosto goffo, magari faccio cadere qualcosa-»
 
«Se parliamo di goffaggine “I am! Actually! President of the company!”. Non preoccuparti».
 
«Non è vero, non quando lavori. A dirla tutta ho notato… tu usi con una certa abilità quegli strumenti affilati, no?»
 
«Sì?...»
 
«N-non hai mai pensato… voglio dire, magari se qualcuno cerca di farti del male e tu hai uno di quelli, puoi… sarebbe per difenderti» disse Glitch.
 
«Se anche riuscissi a mettere a segno un colpo con quello me lo strapperebbero di mano tempo due secondi e finirei a farmelo conficcare dritto nella Scintilla, in testa o in qualche altro posto» Odysseus fece spallucce «Fanno già abbastanza danni senza che gli presti un’arma anche io, ti pare?»
 
Glitch non fece commenti ma tra sé e sé fu costretto ad ammettere che non aveva tutti i torti: pur col suo essere poco pratico a usare la propria abilità di outlier e pur col dolore che gli recava farlo, doveva riconoscere che lui aveva più possibilità di fare danni rispetto a quanta ne avesse Odysseus.
 
Vide il jetformer allungare uno dei suoi “capelli” per avvicinare a sé uno sgabello e poi fargli cenno di sedersi lì. Obbedì senza fare storie e addirittura senza chiedergli di nuovo se fosse sicuro di volerlo vicino. Forse era vero che almeno su quel fronte stava facendo un briciolo di progressi. Gli sarebbe piaciuto farne anche su tutto il resto, soprattutto sul fronte ricordi.
 
“O forse no?”
 
Non era bello avere solo sprazzi di memorie, ma nessuna di quelle più nitide era gradevole, e ogni volta che cercava intenzionalmente di focalizzarsi su di esse gli veniva un mal di testa atroce. Magari non era una brutta cosa che la stragrande maggioranza della sua esistenza prima di finire nella periferia di Tarn fosse un ammasso poco chiaro di cose e persone. Magari quel che gli era capitato, qualsiasi cosa fosse, era stata più una benedizione che una maledizione nonostante le botte che aveva preso e il tempo passato in mezzo ai rifiuti. Lì aveva trovato Odysseus, e lui non solo lo trattava ancora da persona ma gli riservava anche un amichevole affetto. Dubitava che da dove o quando veniva ci fosse stato qualcuno disposto a fare la stessa cosa.
 
Se fosse stato così, forse non sarebbe stato male come invece stava… ossia al punto di provare una sensazione molto sgradevole, accompagnata a un’altra di profonda fascinazione, che gli impediva di distogliere lo sguardo dalla creazione che Odysseus aveva in corso.
 
La parte inferiore -e asessuata- fino al bacino era quella di un mech privo di qualsiasi armatura e in ginocchio. Una grande mano deforme stringeva la sua coscia destra al punto di deformarla leggermente, mentre un’altra mano più piccola artigliava la sinistra lasciando su di essa due tagli. Le braccia del mech erano costrette dietro la schiena da altre mani ancora, mani, mani, mani ovunque, munite di occhi o bocche, a conficcare le loro unghie affilate nei tessuti tecnorganici di spalle, gola, testa; mani a chiudere con forza la bocca di un mech che avrebbe voluto urlare il proprio dolore al mondo e non riusciva, a trattenere con la forza la palpebra di un sensore ottico multicolore e sgranato per l’orrore e, ultimo ma non per importanza, a stringere con assoluta crudeltà la riproduzione di una scintilla luminescente che si vedeva in modo chiaro dal buco enorme che Odysseus aveva lasciato sul petto.
 
«Le mie sorelle vendono tanti lavori fatti su commissione quanti lavori “propri”. Il mio caso è diverso: sebbene qualche commissione capiti anche a me, le persone sono più interessate a quel che produco di mio. Quel che di brutto io provo va a finire tutto qui. Non riesco a fare del male a chi me ne fa, e farne a me stesso mi renderebbe ancora più vigliacco di quanto già sia, dunque prendo il male e ci costruisco qualcosa. Considerando come vanno le vendite mi viene da dire che molta gente per un motivo o l’altro vede qualcosa di familiare nel mio lavoro. Vorrei dire di essere stupito, ma pensando a chi ci governa sarebbe una bugia».
 
Era un’immagine mostruosa nella quale si identificava così dolorosamente bene da far quasi tornare il suo solito problema al sistema di ventilazione mentre cercava di sopprimere l’istinto di allungare un dito tremolante e sfiorarla.
 
«Devo solo spruzzare la base per poter dare un tocco di colore domattina, ma a parte questo è finita. Quindiiii… che ne pensi?»
 
Glitch dovette sforzarsi parecchio per riuscire ad articolare una qualsiasi frase. «È… è… t-tante cose. V-vorrei dire di più m-ma non… mi piace, s-solo che quando la guardo, io… io vedo…» dovette fare una pausa «È-è difficile parlare quando ti sembra c-che qualcuno abbia… che qualcuno sia stato nel tuo processore e… e abbia visto la tua Scintilla nelle situazioni in cui t-ti senti male e… è bella» concluse, incapace di aggiungere altro.
 
«Grazie».
 
Glitch rimase per un po’a fissare quell’opera, sempre più perso nei suoi oscuri dettagli, fino a quando sentì Odysseus tossicchiare.
 
«Hai notato che fuori sta ancora nevicando un po’?»
 
«Neve?...» ripeté Glitch, riscossosi dalla sua trance, guardando fuori dalla finestra.
 
«Eh sì. Ha iniziato a buttarla giù nel tardo pomeriggio, infatti anche su quel pezzetto di giardino che abbiamo sul retro c’è un bello strato. Ehm… ti piace la neve?»
 
Il mech aranciato annuì. Non ricordava dove e quando l'aveva vista ma ricordava che era di suo gradimento.
 
«Idea! Andiamo fuori a fare un pupazzo di neve!» esclamò Odysseus, con l’entusiasmo di una protoforma.
 
«A-adesso?»
 
«Sì! Quando se no? Io accumulo la neve e tu mi aiuti a lisciare e rifinire il tutto, sicuramente ti verrebbe bene. Usciamo?» gli domandò il giovane, congiungendo le mani in un gesto di preghiera «Ti prego?»
 
«I-io-»
 
«Ti prego ti prego?»
 
«Va… bene? Immagino?...» si trovò a dire Glitch, alquanto spaesato dal repentino cambio di argomento, di atmosfera e di tutto.
 
«Questo è lo spirito giusto!»
 
In neppure due minuti si ritrovò vestito -“Non sono sicuro se anche tu sia di costituzione delicata o meno, quindi nel dubbio metti questo, questo e quest’altro, così resti al caldo!”- trascinato fuori dalla mansarda, poi lungo le scale, poi nel piccolissimo giardino sul retro e infine a compattare e lisciare l’ennesimo cumulo di neve che Odysseus stava aggiungendo al loro pupazzo.
 
In tutto ciò, per quanto confuso dal perché e dal percome fossero finiti lì e ancora abbastanza scosso dalla vista di quella bambola a forma di ansia, Glitch doveva ammettere di star iniziando a provare il principio di una sensazione che non avvertiva da chissà quanto tempo: una cosa gradevole -addirittura- vagamente somigliante al… divertimento.
 
«Puoi rifinire qui a destra, Glitch?»
 
«Subito!»
 
Un’altra cosa che doveva a Odysseus.
Gli sarebbe piaciuto soffrire meno nell’utilizzare la propria abilità di disattivare cose e parti di persone. Se solo fosse stato così, avrebbe volentieri accompagnato il jetformer ogni volta che questi gliel’avesse chiesto e l’avrebbe difeso appena ne avesse avuto bisogno, come aveva fatto la sera in cui si erano conosciuti, ma in modo più efficace. Odysseus era buono con lui, si curava di lui, si preoccupava per lui anche se lui era uno scarto, un rifiuto, un essere mostruoso che si disgustava nel vedere la propria immagine allo specchio anche solo di sfuggita e che aveva il tic di graffiarsi la faccia come se grattando e grattando quell’oscenità mono occhiuta sperasse di far saltare fuori il vecchio volto o uno nuovo; lui era tutto questo, eppure Odysseus lo considerava un amico.
Se solo avesse potuto aiutarlo… se solo.
 
Un rumore sordo proveniente dal capanno li fece voltare entrambi in quella direzione.
 
«Hai sentito anche tu?»
 
«Sì… però a giudicare dal rumore non dovrebbe essere niente di che, forse un robotopo o qualcosa di simile. Penso» disse Odysseus «Nemmeno un cybercane o un cybergatto».
 
Si scambiarono un’occhiata.
 
«Forse potremmo…» avviò a dire Glitch.
 
«Rientrare. Sì» concluse Odysseus «Dopotutto il pupazzo l’abbiamo fatto… magari domani può saltarne fuori un altro se avanza tempo?...»
 
«E se non c’è niente » aggiunse l’altro mech, indicando il capanno.
 
«Eh, anch- AAAAAAAAAAAAAH!» strillò Odysseus dopo essersi voltato in direzione del pupazzo di neve.
 
« AAAAAAAAAAAAAH!» strillò Glitch a sua volta senza nemmeno sapere perché, ma ripetendo ancor più convinto l’urlo quando vide che il pupazzo di neve si era trasformato in un mostro tentacolato.
 
Un mostro tentacolato che adesso stava ridendo con una voce femminile a lui conosciuta.
 
«Voi due fuori a fare un pupazzo di neve a quest’ora siete un’istigazione a delinquere, ve lo dico» disse Scylla, priva di qualsiasi “abito” a ripararla dal freddo e priva anche di ogni decenza, sbucando da dietro il pupazzo. Evidentemente anche la fonte del rumore che li aveva distratti era sempre lei. «Se aveste potuto vedere le vostre espressioni!»
 
«TU sei fuori di processore!» protestò Odysseus «Cazzo, ci hai fatto prendere un colpo!»
 
Glitch, nascosto dietro Odysseus -alla faccia del desiderio di difenderlo- sentiva la Scintilla sul punto di esplodere.
Poi Scylla non avrebbe dovuto fargli paura? Certo che gliene faceva!
 
«Mi ero resa conto di non aver ancora dato un vero benvenuto al nuovo membro dello staff, dovevo rimediare» disse la femme «Non è ancora svenuto, vedi? Va alla grand-»
 
Una grossa secchiata di acqua gelata, seguita dal secchio stesso, colpì in pieno la jetformer lasciandola basita per qualche istante.
 
«E andate all’Unicron tutti quanti!» esclamò Charybdis prima di richiudere con un colpo sonoro la finestra della propria stanza.
 
Ci fu un momento di immobilità e di silenzio generale.
Poi, per la seconda volta in quella serata dalla bizzarra piega, Scylla scoppiò a ridere un’altra volta e si ritirò in casa dopo aver fatto ai due mech un cenno di saluto.
 
Odysseus e Glitch si guardarono.
 
«Sai» disse Glitch «Forse Charybdis non è così male».
 
Stavolta a ridere di gusto -dopo un attimo di stupore per aver sentito Glitch fare addirittura dell’ironia- fu Odysseus e, nel vedere allegro il proprio amico, anche Glitch si sentì di riflesso abbastanza sollevato. Ancora con la Scintilla in gola, ma sollevato.
 
«Meglio rientrare prima che Chary lanci una secchiata d’acqua anche a noi» disse Odysseus «Dai, domani ci aspetta un’altra giornata di lavoro!»
 
 
 
 
 

 


 

 
 
 
L’unica cosa che ho da dire stavolta è che per la bambola di Odysseus mi sono attenuta all’immagine che potete trovare >>>QUI. L’artista in questione ha un vero talento.
 
Alla prossima,
_Cthylla_
   
 
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