Note: missing moment dell'ultimo capitolo di White lies
13. Roof
1357 DR, fine autunno, in una locanda vicino a Secomber
C'era una meravigliosa prospettiva dall'alto dei tetti. Era una cosa che Luel, giovane mezzo-folletto sfaccendato, aveva imparato molto presto.
Per chi aveva la fortuna di essere dotato di un paio d'ali, stare su un tetto non comportava nessun pericolo, nemmeno quando nei giorni più freddi le tegole del lato in ombra si coprivano di uno strato di brina ghiacciata. Quando era piccolo trovava molto spassoso scivolare giù dai tetti e poi aprire le ali per rallentare la caduta. All'inizio a sua madre era quasi preso un colpo al cuore, ma lei era una terricola, non poteva capire.
Il panorama di cui si poteva godere da lassù era così tranquillo, anche quando sotto di lui c'era effettivamente tafferuglio: restando fuori dalla portata della vista di chi camminava nel cortile, o di chi sbirciava dalle finestre, era abbastanza certo che i problemi non lo avrebbero raggiunto. Un tetto era il posto più indicato per lasciarsi ispirare e comporre una nuova sonata per violino.
Da qualche parte sotto di lui, all'interno della grande casa padronale, la sua sorellina di pochi mesi si svegliò e cominciò a piangere a squarciagola.
Luel mosse l'archetto con più foga, avanti e indietro, mentre le dita volavano sulle corde. Avrebbe fatto del suo meglio per tenere fuori quel rumore sgraziato dalla sua mente.
Sì, la cosa migliore del rifugiarsi sui tetti era che si riusciva ad evitare la maggior parte delle faccende domestiche e delle responsabilità. Uno come lui, un artista, non poteva lasciarsi distrarre da simili quisquilie.