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Autore: _Cthylla_    14/10/2021    1 recensioni
|Contesto generale/vago sebbene si rifaccia a certi fumetti della IDW|
Il giovane e tendenzialmente ansioso mech di nome Odysseus incontra qualcuno infinitamente più disgraziato di quanto sia lui.
Dal testo:
''«Non farmi male…» fu tutto quel che disse l’altro.
«Te l’ho detto, non ti faccio niente» ribadì Odysseus, il quale iniziava ad avere il dubbio che quella povera creatura ormai fosse in grado di pronunciare solo quelle poche frasi che aveva sentito «N-non sarei in grado nemmeno volendo, in effetti… e non solo perché sei più grosso di me, amico».
«Amico» ripeté il mech arancione, e il modo in cui disse quella parola la fece suonare quanto di più alieno possibile «“Amico”… io non ho amici. Nessuno di quelli come me ne ha. Siamo… scarti. Disgustosi… inutili… le mie mani… le mie mani…»"
Genere: Dark, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Tarn
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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5










Seduta dietro il paravento che separava il suo banco da lavoro dal resto del negozio, Scylla notò che Glitch la stava osservando.

“Rieccolo. Mi guarda, poi nota che lo ricambio e… ooh, che botta” pensò, vedendo il nuovo membro dello staff -ormai lì da oltre un paio di settimane- sbattere la testa contro una mensola nel tentativo di non incrociare il suo sguardo.

Era da qualche tempo che Scylla aveva notato che Glitch, avendo iniziato ad avere un briciolo meno paura anche di lei e Charybdis oltre che di Odysseus, era in qualche modo… incuriosito?, nei suoi riguardi. Non aveva ben chiare le ragioni dietro il suo comportamento: magari la trovava attraente, cosa che avrebbe reputato normale -bando alla falsa modestia, aveva un bell’aspetto e lo sapeva benissimo- ma per qualche ragione non riteneva che quello c’entrasse. Probabilmente se si fosse preso una cotta o roba simile non sarebbe stato neanche capace di sollevare lo sguardo su di lei, ritenendosi immeritevole o qualcosa del genere.
Un po’come aveva fatto Odysseus con le femme per le quali nel tempo aveva avuto delle cotte, non si era mai fatto avanti a meno che fossero state loro ad approcciarlo per prime.
Triste realtà, ma anche senza empurata alcuni comportamenti di Odysseus somigliavano fin troppo a quelli del garzone.

“Speravo che stando a contatto con qualcuno veramente disgraziato si svegliasse un po’e si rendesse conto che non è messo male com’è convinto di essere, o meglio, non lo sarebbe se si decidesse a tirare fuori gli artigli. Invece è diventato solo più bravo a incassare, in un certo senso, ora che ha un amico ad asciugargli le lacrimucce”.

Qualcuno aveva picchiato Odysseus solo un paio di giorni prima, in un’occasione in cui si era spinto un po’più lontano per delle commissioni ed era tornato a casa con varie ammaccature. Glitch passione infermiera si era precipitato immediatamente da lui, tutto “Che ti è successo?!”, “Hai bisogno di aiuto?”, “Vuoi che faccia qualcosa?”.

Scylla alzò le ottiche al soffitto. Non era veramente dispiaciuta per il fatto che Odysseus avesse un amico, per quanto disgraziato suddetto amico potesse essere, né lo disprezzava per la sua incapacità di reagire: era suo fratello, da un certo momento in poi lo avevano cresciuto lei e Chary, dunque gli voleva bene. Ma proprio perché gli voleva bene temeva che, se non si fosse deciso a imparare almeno a difendersi usando a sua volta il dono che la natura aveva fatto a tutti e tre -i loro “capelli”- un brutto giorno sarebbe uscito dal negozio e non sarebbe tornato mai più.
Sarebbe dovuta andare a cercare il suo cadavere e l’avrebbe ritrovato macellato e stuprato in un fosso, sempre se fosse mai riuscita a trovarlo davvero, e anche se avesse trovato gli assassini e avesse vendicato il fratello non l’avrebbe riportato in vita.

Avrebbe potuto cercare di farlo vivere sotto una campana di vetro, evitandogli qualsiasi contatto con chiunque non fossero lei o Charybdis, ma era fuori discussione. Ciò che era successo ai loro genitori sarebbe potuto succedere anche a loro due in qualsiasi momento, perché la sfortuna non guardava mai in faccia nessuno per quanto forte potesse essere, e se Odysseus fosse stato completamente fuori dal mondo, del tutto incapace di provvedere a se stesso, cosa ne sarebbe stato di lui? Un disastro, ecco cosa.

Lo era stato anche per lei e Charybdis. Charybdis all’epoca era appena diventata una femme adulta, a lei mancava poco per diventarlo e Odysseus camminava a malapena. Era stato un periodo veramente difficile, anche perché tutto quel che lei e sua sorella avevano avuto da fare aveva a malapena permesso loro di “vivere” il lutto. Forse era stato per quello che Charybdis, che non era mai stata un’allegrona ma che Scylla aveva comunque visto sorridere e addirittura sentito ridere ogni tanto, si era del tutto chiusa in se stessa; e forse era sempre per quello che lei, i primi tempi, aveva sentito sempre l’irrefrenabile bisogno di uscire di casa appena dopo aver messo a letto Odysseus, così come forse era sempre quella la ragione per cui, sempre ai tempi, aveva trovato una valvola di sfogo non indifferente nel riempire di botte la gentaglia che girava nel settore. Di botte ne aveva anche prese il giusto, dopotutto non era ancora un’adulta completa, ma alla fine era stata sempre lei a restare in piedi.

Quel periodo ormai era finito, ma per quanto ora tirasse fuori quel livello di aggressività abissale solo quando serviva realmente e solo in reazione ad azioni altrui -come la volta in cui Ody era tornato a casa senza un’ottica- si rendeva perfettamente conto si essere a sua volta “danneggiata”. La sua sola fortuna era che lo fosse in un modo che andava bene per vivere e prosperare nella periferia di Tarn.
Lei, contrariamente ai fratelli, nonostante la gentaglia non odiava quel posto. Sapeva che Charybdis si sarebbe trasferita volentieri altrove e che per Odysseus valeva lo stesso discorso, ma se anche fossero riusciti a farlo non avrebbero fatto altro se non finire in un’altra periferia. Alla lunga, considerando che Odysseus avrebbe continuato a non sapersi difendere e Charybdis a socializzare poco, la loro esistenza sarebbe davvero cambiata in meglio? Se non altro lì, almeno di giorno e nelle vie limitrofe, Odysseus poteva girare relativamente tranquillo.

Così come l’outlier di casa -o forse “uno dei due”…- che si stava ancora massaggiando la testa.

Scylla sollevò una mano e gli fece motto di avvicinarsi. Lui, dopo un infinitesimale attimo di immobilità, le obbedì mantenendo una postura piuttosto rigida. Rimase rigido anche quando lei gli fece cenno di accomodarsi su una sedia lì vicina, al limitare della quale lui si sedette intrecciando le mani sulle ginocchia. Era talmente teso che il suo modo di fare avrebbe potuto anche far ridere o far imbestialire, ma sinceramente Scylla non aveva voglia di fare alcuna delle due cose.

«Hai preso una bella botta» disse la femme.

«N-non ho danneggiato la mensola con la mia testa, giuro. Ho-ho controllato. N-non è neanche caduto nulla».

«Meglio per la mensola… e anche la tua testa non è ammaccata» osservò Scylla, ignorando il sobbalzare di Gltich al suo tocco «Meglio così. Ora che i mal di testa stanno migliorando, così mi riferisce Odysseus, sarebbe un peccato rovinare tutto così. Giusto?»

«N-non… n-non è che siano migliorati, è che… è che ci penso meno. Al prima. Q-quando non penso al prima n-non fa male» spiegò Glitch.

«Ti stai arrendendo all’idea di avere ricordi frammentati o hai solo deciso che non interessa? Tra le due cose c’è differenza».

«L-la seconda» disse il mech «N-nulla di quel che riesco a ricordare è bello o v-vale la pena. Non so come sono finito qui, p-però… però ci sono. E n-non saprei dove altro andare e… e… n-non credo che da dove vengo ci sia un altro Odysseus».

«Mi sta venendo un dubbio… tu sai che a Odysseus piacciono le femmes, vero?»

«C-cos-… n-non è come… a-anche a me piacciono l-le femmes!»

«Hai appena espresso chiaramente una preferenza? Sono incredula».

«L-lui è un amico. È-è sempre stato gentile con me. E… e grazie a lui h-ho un posto dove stare e… e qualcosa da fare» continuò Glitch «S-se non mi avesse trovato e non m-mi avesse portato qui io n-non… io sarei ancora lì. Invece sono utile in qualcosa, per una volta. I-io gli sono grato. S-se solo potessi… se solo fossi in grado…» si guardò le “mani” «P-potrebbe chiedermi qualunque cosa, farei qualunque cosa p-per ripagare tutto questo. Qualunque».

Scylla sollevò un sopracciglio. «E tu magari pensi davvero che questa sia una buona cosa».

«N-non lo è?...»

La jetformer fece un breve sospiro e si voltò a guardarlo. «Odysseus ti considera un amico, in questo hai sicuramente ragione, così come avevi ragione le volte in cui l’hai definito una brava persona. Ti è affezionato, se si comporta come fa non è perché vuole qualcosa da te. Nella sfortuna, hai avuto fortuna… per questa volta. Ma ti dico un segreto, Budino: non tutti quelli che in apparenza sono gentili con te o “ti danno un posto dove stare” e “qualcosa da fare” e “ti fanno sentire utile” hanno buone intenzioni. Spesso e volentieri quelli così sono le prime teste di cazzo dalle quali stare lontani» disse Scylla «Hai idea di quanto potrebbe essere pericoloso il “Farei qualunque cosa” detto a una persona così, per giunta credendoci? Potrebbe sfruttarlo per farti fare tutto quel che gli pare, e non parlo necessariamente di lavare il pavimento. Potresti finire molto male, Budino, e non solo tu» aggiunse «La tua abilità da outlier non è roba da ridere».

«N-non capisco-»

«Immagina cosa sarebbe successo se ad accoglierti in casa e trattarti “da persona”, dopo aver visto il tuo potere in non so quale circostanza, fosse stato uno strozzino. La gratitudine nei suoi confronti sarebbe stata su per giù la stessa, no? “Farei qualunque cosa” anche qui, sbaglio?»

Il discorso che stava facendo a Glitch sembrava metterlo molto a disagio, come rivelava il fatto che si stesse rovinando il viso con le dita, ma Scylla non intendeva fermarsi lì. Il disagio sarebbe stato temporaneo, quel che cercava di dirgli invece doveva arrivare a destinazione, e doveva arrivarci bene.

«Saresti potuto essere in giro a rendere paralitiche -o peggio- le persone per suo conto, adesso. Ody è Ody ma non è detto che resterai qui in eterno… o che noi resteremo tutti qui in eterno» disse Scylla, memore della propria preoccupazione verso Odysseus «Perciò ricorda le mie parole».

«I-i-il mio corpo è t-troppo debole, l-lo sai che mi fa male la testa s-se… se uso i miei poteri. C-come potrei?...»

«Gli strozzini hanno parecchi soldi. Sostituzione di varie parti del corpo e via a occuparsi dei debitori, Glitch, e tutto perché non saresti stato capace di dire di no e di ricordare che c’è un limite a qualsiasi cosa, anche a quel che si fa per gratitudine. Sarebbe stato così tremendamente facile, non trovi?»

Glitch abbassò lo sguardo verso le proprie dita intrecciate e non replicò. Per circa mezzo minuto l’unico rumore presente nell’ambiente fu quello della macchina da cucire con cui Scylla stava creando un abito per una bambola.

«In ogni caso non è per questo che ti ho fatto venire qui. Sarò diretta: ho notato che ultimamente sembro incuriosirti un po’di più rispetto all’inizio. C’è qualche ragione particolare?»

«N-no, io n-non sono inc-»

Scylla lo interruppe. «Cosa ti ho detto la prima sera? Quando io ti faccio una domanda, tu rispondi. Onestamente. Capito?»

«S-sissignora».

«Bene. Ora parla».

Facendo uno sforzo non da poco, Glitch tornò a sollevare lo sguardo. Aveva capito che non doveva rispondere a testa bassa e borbottando, era già qualcosa. Magari un giorno avrebbe imparato a farlo di suo, invece che obbedendo a un ordine impartito tempo addietro.

«È… sono… i capelli».

“Va’ che forse il kink del bondage, alla fine, lo aveva sul serio” pensò Scylla, evitando con clemenza di esprimersi ad alta voce. «Sono una caratteristica particolare mia e dei miei fratelli, è normale che ti incuriosiscano».

«N-no, non quelli di tutti, solo… i tuoi… hhh» si strinse il capo tra le mani «L-la testa, fa male…»

«Ti succede questo se cerchi di capire perché ti incuriosiscono i miei capelli nello specifico… è strano, non lo nego. Non è uno di quei mal di testa da “vita di prima”?»

Glitch annuì. «Lo è, però non so… i-io non so perché…»

Lo vide allungare le dita per toccare i capelli, poi ritrarsi di scatto, presumibilmente credendo di starsi prendendo troppa confidenza. Non avrebbe avuto tutti i torti -Scylla, come i fratelli, di solito non apprezzava granché se qualcuno cercava di toccarle i capelli senza permesso- ma tra il mal di testa, la causa dietro a esso e il fatto che il tutto lo stesse spingendo a cercare un contatto pur essendo spaventato da lei, le suggerì di lasciarlo fare.

«Per stavolta fai pure quel che vuoi fare» lo invitò «A meno che tu voglia paralizzarli, ma non penso sia il caso».

«D-davvero?... Posso?...»

«Fai pure» ripeté la femme.

Glitch a quel punto allungò le mani e iniziò a toccare i capelli.
E poi ad acconciarli.
Scylla sollevò un sopracciglio. Non solo era un gesto strano da parte sua -o più che altro inaspettato- ma oltre a questo sembrava avere una certa esperienza nel compiere quei gesti, rimasti nella sua “memoria tattile” al punto che aver perso le proprie mani non contava granché. Tra l’altro l’acconciatura che le stava facendo incontrava appieno i suoi gusti, e in teoria Glitch non poteva sapere quali fossero suddetti gusti, dato che lei perlopiù lasciava i “capelli” al vento. Di certo in quelle oltre due settimane lo erano sempre stati.

«Hai molta manualità con i miei capelli. È come se avessi fatto spesso una cosa simile».

«La sensazione che ho è questa» replicò Glitch, una volta tanto senza balbettii.

«Eppure gli ultimi a farlo furono i miei genitori, e ovviamente non parlo dell’altro ieri. Cerchiamo di mettere in ordine i pezzi del puzzle: non sai come sei arrivato qui e i tuoi ricordi sono disastrati. In questi giorni in cui ti ho visto andare in giro, non davi l’impressione di essere totalmente estraneo al posto, nonostante tutto» disse Scylla «Ma in alcuni casi ti sei mosso come se fossi stato del tutto convinto di trovare un determinato edificio in un determinato posto quando invece ce n’è un altro, o c’è uno spiazzo vuoto. Ho pensato “magari si ‘ricorda’, per modo di dire, com’era il posto prima”, però tu non sei più vecchio di Charybdis e il posto è così da una vita, dunque lo escludo. E ora… questo. Per quanto sia Charybdis la meno contenta di averti qui e sia più grossa di me, hai più paura di me che di lei, come se “prima” avessi visto non so cosa. Ho pensato che magari potessimo aver avuto un confronto spiacevole in passato, ma se fosse stato così sarebbero stati i miei capelli a toccare te, non tu a toccare loro; e sommando tutto questo a certe voci riguardo l’aver iniziato a cercare un modo per creare motori quantici, inizio a pensare che forse la domanda non sia “da dove vieni”…»

«Piuttosto “da quando”» completò Glitch.

«Allora avevi iniziato a pensarci anche tu. Potresti davvero essere un budino viaggiatore nel tempo, dunque?» domandò Scylla «Se sì, al di là del come e perché sei finito qui, le domande sarebbero così tante… per esempio, considerando tutto presumo che io e i miei fratelli saremo qui ancora per un pezzo. Chissà come ci hai conosciuti, chissà come stiamo…» batté nervosamente le dita sul tavolo «Chissà se Odysseus è ancora vivo» concluse, per una volta dando voce ai propri timori.

Quel che sentì dopo fu un lungo lamento continuo e il tonfo di Glitch che cadde prima in ginocchio e poi a terra, con le mani premute contro le tempie. Il mal di testa quella volta sembrava essere molto peggiore del solito, al punto che Scylla aveva l’impressione che sarebbe svenuto.

«Che ha stavolta?» si fece vedere Charybdis dopo essere scesa dal piano di sopra «È peggio del solito o sbaglio?»

«Non sbagli. Porta qui Brushsling, e di corsa».

«Con che shanix-»

«I miei, se li chiede, quindi portalo qui e non scassare ulteriormente i solenoidi coi soldi, non è il momento!»

Charybdis si avviò verso l’uscita. «Poi diciamo di Odysseus e del suo essersi affezionato, ma tu non sei meglio di lui».

«Io ho ancora un briciolo di decenza verso chi la merita, mia sorella invece ha scambiato la sua per la vernicina arcobalenosa da mettere sulle alucce, perché mancano gli shanix per tutto ma per quella ci sono sempre».

«Non perdo neanche tempo a risponderti, Scylla».

«Anche perché non c’è né tempo da perdere né niente da dire» ribatté Scylla per un’ultima volta prima che la sorella sparisse oltre la soglia «Non svenire, ok? Cerca di stare sveglio, l’unica cosa che saprei fare io per cercare di aiutarti sarebbe prenderti a sberle ma non lo raccomando…»

«Scy…lla…»

«Bravo, qualunque cosa ti tenga sveglio tu-»

«M-mi… dispiace…»

«Non hai danneggiato il pavimento con la caduta, tranquillo».

«M-mi dispiace per… t-tu eri… t-tu sei…» cercò di articolare Glitch, che ora piangeva «N-non sei cattiva, non… t-tu non… è così ingiusto…»

«Non capisco di cosa tu stia parlando di preciso, ma va bene. Tranquillo» ripeté la femme «Ora arriva Brushsling e- Glitch? Glitch?!...»





***





Quando Glitch riaprì il sensore ottico azzurro si rese conto immediatamente di provare un’incredibile spossatezza. Poche volte nella sua esistenza, per quel che ricordava, si era sentito in quel modo: era come se una piccola astronave lo avesse investito.

“Perché sono qui? L’ultimo ricordo che ho è quando toccavo i capelli di Scylla. Poi… cos’è successo, poi?”

Si mosse leggermente. Era nella sua cuccetta nella “tana del luponoide”, nella quale era acceso solo un lumicino, e dando un’occhiata intorno -per quel che poteva fare muovendo solo la testa- si rese conto di essere solo. Fuori era buio, il suo orologio interno infatti suggeriva che fosse sera, dunque era curioso che Odysseus non fosse lì.

Non aveva energie sufficienti per fare altro se non usare la sua particolare abilità con le frequenze e sentire se erano tutti in casa, o almeno se c’era Odysseus. Quella parte della sua abilità da outlier quantomeno non gli causava mai dolore, e aveva l’impressione di star udendo delle chiacchiere al piano di sotto.

Si concentrò.

«… voi due state scherzando».

Era la voce di Charybdis. Non sembrava felice.

«No. Ripeto: se sono stato costretto ad andare via da Iacon è proprio perché hanno tentato di farmi smettere di aiutare la gente e di far sì che seguissi le cavie di quei loro esperimenti quantici. Devo ringraziare certi contatti che avevo e una buona dose di fortuna per non essere finito anch’io con una faccia e delle mani nuove per essermi rifiutato. In verità non avrei proprio dovuto parlare di questa faccenda, ma data la situazione…»

La voce maschile in questione non era quella di Odysseus, ma era a lui conosciuta: il medico da cui Scylla l’aveva portato tempo addietro.

«Quindi state dicendo che Glitch è una cavia? Che quei… quei maledetti bastardi di Iacon lo hanno usato e poi lo hanno scaricato qui come spazzatura?!»

Ecco Odysseus. Era contento che fosse in casa e sembrasse star bene ma quel che stava sentendo riguardo se stesso lo stava mettendo molto più in allarme. “Una cavia”. Lui non ricordava assolutamente niente del genere, ma chi poteva garantirgli che non fosse proprio così? Dopotutto era proprio quello il punto, “non ricordava”, dunque ogni opzione forse poteva essere valida, e nella sua mente stava già iniziando a formarsi la terrificante idea che, se le cose stavano così, forse stava mettendo in pericolo tutti quanti con la sua sola presenza.

«Se -e dico "se"- l’avessero fatto, non credo che l’abbiano fatto nella Iacon di questo tempo» sentì dire Scylla «Alcune cose di cui stavamo parlando poco prima che svenisse mi danno da pensare che, se fosse una cavia, sarebbe la cavia di un esperimento riuscito. Eccetto per i ricordi».

«E io sono della stessa idea. Per quel che ne so, in questo tempo dovrebbero ancora essere ben lontani dal poter ottenere un risultato simile» disse il dottore.

«Questo cosa comporta per noi?» domandò Charybdis «Dobbiamo aspettarci che qualcuno arrivi qui e cerchi di recuperare quel disgraziato con la forza, facendoci finire in mezzo?»

«Non credo che possano avere chissà quale considerazione di una cavia empuratica andata persa. Su questo fronte dovremmo essere al sicuro. Sempre se è una cavia davvero, ribadisco» replicò Scylla «Non abbiamo idea di come e perché sia arrivato qui, lui neppure, quindi tutto è valido e niente lo è».

«Discarica e tanti saluti, diventerà il problema di qualcun altro».

«Tanto per te ogni scusa è buona, non lo vorresti qui nemmeno se lavorasse il doppio di quello che fa, e già lo fa come un mulocon!» protestò Odysseus.

«Scusatemi se sono meno svelta di voi a essere felice di accogliere un mech estraneo anche a se stesso. Scylla, ora ci sono vari motivi per fare la cosa ragionevole. O no?»

«Lo dirò una volta solo e non intendo ripetertelo, quindi apri bene i recettori uditivi: non intendo abbandonare qualcuno dal quale la me futura si fa acconciare i capelli. Già il solo fatto che ci sia una me futura significa che non siamo destinati ad andare offline tutti quanti. Glitch continuerà a vivere qui e a essere il garzone del nostro negozio, questo è quanto, e che sia l’ultima volta che mi fai tornare sull’argomento».

«Se no?»

«Se hai voglia di litigare sul serio non hai altro da fare che dirmelo, Chary, sarebbe una novità rispetto alla solita pseudo-superiorità con cui replichi».

«Ah-ehm. In questo sacchetto ho lasciato le pastiglie da dargli, alcuni sono antidolorifici, alcune per rafforzare il suo sistema» si intromise il dottore «Cercate di non forzarlo a ricordare le cose e ditegli di non forzarsi neppure da solo. Anche tre o quattro giorni di riposo gli farebbero bene».

«Sarà fatto» rispose Odysseus prima di tutti gli altri.

«Quanto ti devo, Brushsling?»

«Niente, Scylla. Fosse stato per me non avrei voluto shanix neppure l’altra volta, oggi posso essere coerente con quel che già lì avrei voluto fare. Ci vediamo, per qualsiasi cosa non esitate a chiamarmi».

I passi del dottore giù per le scale furono l’ultima cosa che Glitch sentì. Era preda di sensazioni contrastanti -una tra tutte la voglia di piangere un’altra volta- e questo non faceva che stancarlo ancora di più. Non riusciva neppure a pensare in modo chiaro, riusciva solo a fissarsi sull'idea che forse qualcuno sarebbe venuto a cercarlo causando guai. Non doveva succedere, non a loro. Gli sembrava ancora incredibile l'idea di essere persino voluto -non da Charybdis, ma era voluto almeno da due fratelli su tre. Non meritavano proprio possibili rogne a causa sua.

Con quell’ultimo pensiero, Glitch scivolò nuovamente in ricarica.


   
 
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