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Autore: _Cthylla_    17/10/2021    1 recensioni
|Contesto generale/vago sebbene si rifaccia a certi fumetti della IDW|
Il giovane e tendenzialmente ansioso mech di nome Odysseus incontra qualcuno infinitamente più disgraziato di quanto sia lui.
Dal testo:
''«Non farmi male…» fu tutto quel che disse l’altro.
«Te l’ho detto, non ti faccio niente» ribadì Odysseus, il quale iniziava ad avere il dubbio che quella povera creatura ormai fosse in grado di pronunciare solo quelle poche frasi che aveva sentito «N-non sarei in grado nemmeno volendo, in effetti… e non solo perché sei più grosso di me, amico».
«Amico» ripeté il mech arancione, e il modo in cui disse quella parola la fece suonare quanto di più alieno possibile «“Amico”… io non ho amici. Nessuno di quelli come me ne ha. Siamo… scarti. Disgustosi… inutili… le mie mani… le mie mani…»"
Genere: Dark, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Tarn
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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    “Non posso evitare di iniziare col dire questo: mi dispiace.
    Sappi che sono grato a tutti voi. Lo sono verso Charybdis, la quale nonostante tutto non mi ha maltrattato, lo sono verso Scylla per le cure che a modo suo mi ha riservato senza offendersi per il mio timore nei suoi riguardi, e soprattutto lo sono verso di te, Odysseus. Porterò eternamente nella Scintilla il ricordo della tua gentilezza. Nulla di quel che ho provato a dirti tra un balbettio e l’altro o di quel che potrei scrivere renderebbe l’idea di quanto il fatto che tu mi abbia onorato della tua amicizia abbia importanza per me; e proprio per tutto questo, e perché non avendo che sprazzi di ricordi riguardo il mio passato non posso sapere se qualcuno possa o meno essere sulle mie tracce (né chi) è bene che le nostre strade si dividano. Che tu e le tue sorelle possiate avere dei guai a causa della mia presenza è un’idea che mi risulterebbe insopportabile anche se ne usciste vivi e in salute.
    Grazie ancora per tutto.
    Il tuo amico,
 
    G.”
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«Io lo sapevo» borbottò Odysseus, che stringeva in mano il messaggio di Glitch scendendo le scale quattro a quattro per raggiungere il piano inferiore «Lo sapevo che aveva in testa qualcosa!»
 
Era stato vicino a Glitch nei giorni successivi a quello in cui era svenuto e avevano anche parlato della possibilità alquanto concreta che potesse essere un viaggiatore nel tempo. Per quanto, sentendo dire al suo amico che forse non era sicuro lasciarlo stare lì, Odysseus avesse ripetuto più volte che né lui né Scylla intendevano abbandonarlo da qualche parte -e che anzi, Scylla si era mostrata molto determinata nel voler fare l’esatto contrario- non gli era sembrato che Glitch fosse del tutto persuaso.
 
Lui e la sua convinzione di essere immeritevole di qualsiasi cosa, incluso avere qualcuno che volesse averlo attorno prendersene cura!... non poteva dire di non capirlo. A volte ne era vittima anche lui stesso, e forse se non era arrivato al punto di darsi alla fuga di notte come aveva fatto Glitch era solo perché non era messo così male. O per codardia, perché certe parti di Tarn erano peggiori di qualsiasi senso di colpa.
 
“E tu stai andando proprio in una di quelle” pensò, osservando il puntino rosso del segnalatore sul datapad “È sfortuna? Hai ricordato qualcosa e lo stai facendo apposta? O, ancora, consciamente non ti ricordi ma inconsciamente sì e stai andando a cercare di farti ammazzare?"
 
La decisione di applicare un chip segnalatore più vecchio di lui su Glitch -originariamente era stato addosso a un cybercane che le sue sorelle avevano avuto da piccole, poi arrivato a una certa età era stato addosso a lui stesso. Per un po’- mentre questi era in ricarica non l’aveva fatto sentire granché a posto con la coscienza, ma considerata la situazione attuale era il caso di dire che la sua fosse stata una scelta saggia. Bastava andare in camera di Scylla, darle il datapad e lei, che non aveva alcun problema a girare in qualsiasi zona, avrebbe riportato Glitch a casa risolvendo così la questione.
 
«Scyllaaaaa, abbiamo un problem… ah».
 
La camera da letto di sua sorella era vuota, segno che non era ancora tornata.
 
«Va bene, “ho” un problema» si corresse il jetformer «Grosso».
 
Sentì le gambe iniziare a cedere e dovette sedersi sul letto di Scylla, rischiando quasi di far cadere la cornice olografica sul comodino accanto. Vedendo l’immagine cambiare e mostrare il selfie della sorella con quel gladiatore -tal Megatronus, astro appena appena nascente nell’arena- si chiese se avrebbe vissuto abbastanza perché sua sorella riuscisse a trascinare a Kaon lui e Charybdis un’altra volta, e il motivo era semplice: Scylla non era lì, andare a svegliare Charybdis era inutile perché non si sarebbe mai mossa per Glitch, dunque restava un’opzione soltanto.
 
«No. No» ripeté, scuotendo la testa «Non posso farlo, non posso assolutamente, finirei a farmi uccidere, non posso essere io ad andare a prenderlo e riportarlo qui. Non posso, semplicemente non posso».
 
La cosa più sensata da fare era aspettare Scylla, pensò dopo qualche tentativo di chiamata andato a vuoto, prima o poi sarebbe tornata e non sarebbe dovuto essere lui a volare laggiù. Farlo non avrebbe avuto senso, dopotutto lui era un completo incapace, non avrebbe potuto fare assolutamente niente di utile per il suo amico.
 
 
 
“Porterò eternamente nella Scintilla il ricordo della tua gentilezza”.
 
“Tu… tu hai fatto lo stesso prima. Hai cercato di farlo smettere e l-le hai prese per colpa mia, e non dovevi. N-non eri tenuto. Io non potevo… ho fatto quel che dovevo”.
 
“M-mi sento fortunato per il fatto che mi consideri tuo amico. Mi sembra ancora impossibile”.
 
“Sono spazzatura ma non sono spazzatura ingrata, Odysseus”.
 
 
 
“…”
 
«Scylla, Glitch è fuggito perché ha paura dei problemi che potremmo avere se qualcuno venisse a cercarlo. È andato a infilarsi a est del settore, sai a quale parte mi riferisco ma nel dubbio ti mando la sua ultima posizione. La sera in cui l’ho portato qui e mise KO quel tizio mi disse di essere spazzatura, ma non spazzatura ingrata verso chi l’aveva aiutato… non posso essere spazzatura ingrata nemmeno io verso qualcuno che mi considera un amico. Io vado laggiù e cerco di riportarlo a casa. Ciao» disse, concludendo così il messaggio vocale che aveva lasciato.
 
Il dado era tratto. Dopo essere tornato in mansarda a prendere uno dei suoi attrezzi da lavoro -quello tagliente, memore delle parole di Glitch- e averlo fatto cadere un paio di volte causa mani troppo tremanti, scese al piano terra e uscì sul retro: pioveva talmente forte da risultare quasi fastidioso, e i lampi con annessi tuoni non rendevano certo il tutto più gradevole.
 
 «… cosa CAZZO sto facendo?!» esclamò in un tono terribilmente stridulo, per poi trasformarsi e decollare.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
“Quindi è così che finisce”.
 
Era diventato il punching ball di quindici mech che avevano raggranellato alcune armi male in arnese perché intenzionati a tentare un colpo in chissà quale posto, probabilmente sempre male in arnese ma magari un po’meno del resto. Disgraziati che si saltavano alla gola tra loro come cybercani rabbiosi, questa era la situazione nella periferia di Tarn, o più probabilmente in tutte le periferie di tutte le città-Stato lasciate a se stesse da governanti ai quali della gente comune non sarebbe potuto importare di meno.
 
E lui era un disgraziato tra i disgraziati.
 
«Non parla nemmeno!»
 
«Non provi neanche a reagire?!»
 
«Sei venuto qui per farti ammazzare, senza-faccia del cazzo?!»
 
Quando aveva lasciato il posto che stava iniziando a chiamare “casa”, prima di scoprire di poter essere una potenziale fonte di guai per la suddetta, aveva creduto di star semplicemente andando chissà dove, purché fosse lontano da essa; ora però, alla non-domanda di quel mech, sentiva di poter rispondere un sonoro “”. Era lì proprio per farsi uccidere e forse inconsciamente aveva sempre saputo dove si stava andando a infilare. Dopotutto Tarn non doveva essergli nuova: come Scylla aveva giustamente osservato, non si muoveva come un completo estraneo. Le domande su quando, dove, come e perché però contavano più nulla che poco, ormai.
 
“È così che finisce, ed è giusto. Non solo sono spazzatura, ma sono spazzatura che potrebbe portare caos nella casa di chi non se lo merita, dunque è giusto che la faccia finita. Se non altro andrò offline dopo aver imparato cosa significhi avere un amico”.
 
 
 
“Non riesco a fare del male a chi mi fa del male, e farne a me stesso mi renderebbe ancora più vigliacco di quanto già sia”.
 
 
 
Gli tornarono in mente le parole di Odysseus. Odysseus riteneva di essere una persona debole e vigliacca: fisicamente non era forte, sì, ed era capitato più volte in quei giorni che il giovane si fosse fatto spaventare anche dalla propria ombra, o da alcuni rumori forti, o dalla bambola “gemella” di Scylla che era nel negozio da vorn e vorn, ma sinceramente Glitch trovava che la vera codardia fosse ben altro. Qualcosa gli stava suggerendo che la vera codardia potesse essere proprio la sua.
 
“Lo sto facendo per proteggerli tutti e tre, non è codardia” si ripeté mentre veniva gettato a terra “Per loro non varrebbe la pena avere problemi a causa mia”.
 
Riusciva a immaginare Scylla rispondere a ciò con qualcosa tipo “Dobbiamo essere noi, a decidere cosa vale la pena per noi, o tu?”. Sì, anche lei avrebbe sicuramente visto della codardia in tutto ciò e ne sarebbe stata disgustata, ancor più pensando al fatto che pur vedendolo debole lei aveva deciso di tenerlo in casa lo stesso.
Forse anche per Odysseus sarebbe stato così. Il discorso che aveva fatto quella notte lasciava intendere in modo piuttosto chiaro la sua opinione riguardo coloro che, pur non condannati a morte da una malattia incurabile e dolorosa che l’avrebbe reso più comprensibile, sceglievano il suicidio.
Il pensiero che il suo amico potesse provare sentimenti di schifo nei suoi confronti gli fece male quanto la consapevolezza che con quel messaggio d’addio l’aveva ferito -aveva imparato a conoscere Odysseus abbastanza da non avere dubbi sulla cosa- ma in ogni caso era tardi per fare qualsiasi cosa a riguardo.
 
Uno del gruppo di delinquenti puntò contro la sua testa un fucile laser vecchio e palesemente tenuto insieme da del nastro adesivo. Sarebbe stato come morire in un film d’azione girato con un budget ridicolo ma in fin dei conti lui non meritava una terminazione più gloriosa, e in effetti la stava vivendo proprio così: da spettatore di un film che lo riguardava solo fino a un certo punto. Miracoli della dissociazione.
 
Una dissociazione che tuttavia passò immediatamente nel vedere dei “capelli” avvolgersi attorno al braccio del mech, che quindi finì per sparare in aria, e Odysseus conficcargli nel collo lo scalpello appuntito.
 
“Cosa?!...”
 
«Lasciatelo stare!» esclamò il jetformer, con aria molto più spaventata di quella che sarebbe stato saggio avere in quel frangente, dopo essersi riappropriato dello scalpello con uno strappo brutale «A-avete capito?! Lasciatelo stare!»
 
Al comprensibile stupore di Glitch si aggiunse il panico, per un semplice motivo: Odysseus sarebbe dovuto essere ovunque tranne che lì. Odysseus sarebbe dovuto essere a dormire nella sua cuccetta, non a tremare guardando la pioggia lavare via l’energon altrui dal suo scalpello con l’aria da “Oddio che cos’ho fatto?!”.
 
«Ma che ca-»
 
«Facciamo fuori questo idiota che  si scopa i senza-faccia!»
 
«Prendetelo!»
 
Il giovane jetformer, ora nel panico anch’egli, strinse lo scalpello al petto quando vide due mech decisamente più grossi di lui avventarglisi contro.
 
Era venuto in quel posto per lui, stava rischiando la pelle metallica per lui che, incurante della volontà sua e di Scylla, era scappato via come una robopantegana lasciando solo un biglietto; e ora, a causa dell’azione sconsiderata che aveva commesso, Odysseus stava rischiando la terminazione -lui, che non lo meritava, per mano di quegli esseri immondi.
Alla disperazione che l’aveva portato lì e al panico si aggiunse una sensazione di furia intensa che a Glitch sembrava quasi star suggerendo in modo seducente quanto maligno di essere canalizzata e usata per punire tutti loro, perché erano feccia che, per le loro azioni contro una persona degna come loro non erano mai stati, lo meritava.
 
Un sussurro che lui volle ascoltare.
 
Tese le braccia con uno scatto e stavolta sentì più chiaramente del solito un’ondata di “potere” attraversarle, andando poi ad abbattersi contro i due mech che ormai erano quasi addosso a Odysseus; e dopo un grido di dolore puro straziante, quasi animalesco, i due aggressori crollarono a terra come le bambole create da Odysseus e le sue sorelle… e altrettanto “vivi”.
Aveva provocato la morte di due persone ma avrebbe mentito dicendo che gli dispiaceva: attaccando Odysseus lo avevano meritato, e lui sentiva di aver fatto né più né meno del proprio dovere.
Chiunque gli aveva detto che un giorno avrebbe potuto colpire anche a distanza aveva ragione, dopotutto, pensò appena prima che l’ovvio mal di testa lancinante iniziasse a martellargli i circuiti.
 
«Glitch!» esclamò Odysseus, ora di fianco a lui «Glitch! Come stai?!»
 
«Odysseus… tu n-non dovresti essere qui» sibilò tenendosi la testa tra le mani «Vola via!»
 
«Ma che-»
 
«Avete visto che ha fatto!»
 
«Nemmeno lui è conciato tanto bene» disse uno dei dodici mech rimasti, tirando fuori una lunga lama azzurrina «Facciamolo fuori prima che rifaccia quel giochetto un’altra volta!... e il suo fidanzatino con lui».
 
«Sì, capo».
 
Le luci dell’ambiente circostante iniziarono a spegnersi una dopo l’altra, ognuna dopo un rumore di vetri rotti che con quella pioggia assordante forse solo Glitch riusciva a sentire, e ben presto tutti rimasero al buio. Era inquietante, e il gruppetto di aggressori che ora aveva iniziato a guardarsi attorno con aria piuttosto irrequieta doveva pensarla allo stesso modo.
 
«… ha sentito il messaggio» bisbigliò Odysseus in uno dei suoi recettori uditivi.
 
«Cos-»
 
Un lampo proiettò sul terreno per un breve istante una lunga e mostruosa ombra tentacolare.
 
«Che CAZZO è?!» fu l’urlo di un mech, subito seguito dall’ennesimo tuono assordante di quella sera.
 
E, dopo la fugace visione di una creatura infernale con molteplici appendici tentacolari e due sensori ottici dorati posizionato sul tetto di un palazzo vicino -visione che diede a Glitch un attimo di un terrore puro “familiare”- accadde tutto molto in fretta.
 
Un mech fuggì via urlando appena prima che quattro tentacoli afferrassero i due compagni vicini a lui e li scagliassero con forza in un cassonetto vicino. Ai quattro tentacoli se ne aggiunsero altrettanti e, dopo aver stretto l’intero cassonetto con tanta forza da deformarlo, lo scagliarono con tutta la violenza possibile addosso ad altri tre “aggressori” che avevano avuto la sventurata idea di non essere lesti a disperdersi. Con un rumore fragoroso e reso umidiccio sia dalla pioggia, sia dal loro energon, finirono spiaccicati contro la parete di un palazzo, probabilmente ancora vivi.
 
Scylla -perché di lei si trattava- dopo questo non esitò a usare due dei suoi capelli per afferrare al collo un mech che aveva appena accennato a sollevare il proprio fucile laser, disarmandolo e utilizzando l’arma in questione per sparare a distanza ravvicinata a un altro di quei delinquenti; un altro ancora le si avventò contro urlando e fendendo l’aria con un coltello, salvo essere preso per le gambe, sollevato e, assieme al collega fino a quel momento trattenuto per il collo, finire impalato sulla sporgenza lunga e spessa di un rottame appuntito non meglio identificato.
 
Altri due mech si diedero alla fuga nonostante gli ordini isterici di quello che avevano definito “capo”, il quale una volta rimasto solo e preda della rabbia più assoluta raccolse un fucile e tentò di sparare a Scylla più volte, una delle quali nondimeno riuscì a colpirla di striscio.
 
Il grido che Glitch sentì fare a Odysseus tuttavia non fece che anticipare il momento in cui anche il capo di quel piccolo gruppo di disperati venne inevitabilmente preso dai “capelli” di Scylla e sbattuto contro una parete; dopo questo, la jetformer scagliò contro il volto di quel mech il primo pugno di una lunghissima serie, tutti tanto forti da far rimbalzare la testa del malcapitato contro il muro, fermandosi solo quando il viso del cybertroniano in questione divenne una maschera di metallo, tessuti tecnorganici ed energon.
 
In tutto ciò Glitch, nonostante il terrore provato all’inizio e la bestialità del tutto, non poteva negare a se stesso di provare una sorta di fascinazione nei riguardi di certi aspetti di quanto era accaduto. Le luci spente prima dell’attacco -una mossa fatta tanto per inquietare quanto, forse, per darsi il tempo di valutare i nemici- e l’ombra mostruosa a terra, che aveva aggiunto un tocco “scenico” all’arrivo di Scylla così com’era stata scenica la mossa del cassonetto, il tutto eseguito in modo così brutalmente efficiente…
Se solo fosse stato in grado di fare altrettanto.
Se solo.
 
Il mech contro il muro, per quanto malridotto, ebbe addirittura il fegato di sputare in faccia alla persona che in breve tempo aveva reso inoffensiva e/o disperso il resto della sua banda. L’espressione sul volto di Scylla, immediatamente ripulito dalla pioggia, non subì il minimo cambiamento, ma due dei suoi capelli afferrarono le gambe dell’altro transformer e le allargarono fin quasi ad arrivare a una spaccata forzata, mentre la femme raccoglieva da terra la lama azzurra che originariamente era stata proprio nelle mani di questi.
 
«Mi sembra evidente che né la tua banda né tu come capo siate granché, dunque se fossi in te la farei finita» disse Scylla, col tono di voce più tranquillo del mondo «E se mi ricapitasse di vedere anche solo uno di loro due, correrei via molto velocemente» aggiunse dopo aver fatto voltare forzatamente il mech verso Glitch e Odysseus «Perché se invece decidessi di fare qualcos’altro di stupido, la lama del tuo coltello potrebbe finire dritta nel tuo canale di espulsione. Non credo che ti piacerebbe» disse poi, premendo la lama tra le gambe del cybertroniano «Hai capito bene?»
 
«F-fanc-»
 
Un grido più di paura che di dolore fuoriuscì dalla bocca del mech nel momento in cui sentì la punta della lama infilarsi nella sua armatura.
 
«Hai capito bene?» ripeté Scylla, abbassando la voce man mano.
 
Glitch pensò che la calma e l’abbassare la voce facevano molta più paura che immaginarla urlare. Urlare poteva essere visto come una perdita di controllo.
 
Il mech ormai piagnucolante annuì e, quando Scylla lo lasciò andare, scivolò contro la parete senza più energie per muoversi. Nonostante l’acqua, Glitch riuscì comunque a notare come quella che in termini umani sarebbe stata la “vescica” del cybertroniano avesse ceduto.
 
Vide Scylla avvicinarsi velocemente a loro due. «Se non ti prendo a schiaffi, Glitch, è solo perché hanno già provveduto e perché dubito seriamente che quei due morti lì a terra siano opera di mio fratello e del suo scalpello».
 
«M-m-mi dispia-»
 
«Zitto. E tu, Odysseus, hai fatto una cosa molto stupida e da non ripetere ma hai tirato fuori gli attributi nel momento in cui è stato necessario, e di questo posso solo essere fiera».
 
Glitch, per il poco che riuscì a vedere dato che non trovava il coraggio di sollevare troppo lo sguardo, trovò l’espressione stupita di Odysseus del tutto comprensibile.
 
«Forza, ora andiamo a casa-»
 
Un movimento veloce in un vicolo vicino rivelò la presenza di uno dei mech che erano fuggiti, prontissimo a sparare a Scylla la quale a sua volta aveva notato la mossa, ma non riuscì mai nel proprio intento: un “tentacolo” tirò indietro il suo braccio, venne disarmato e sbattuto di faccia contro un muro da un potente ceffone.
 
Charybdis si fece avanti senza particolare fretta e senza dire una parola, l’espressione di perenne scocciatura ancor più marcata del solito.
 
«Aaaah, che modo magnifico per disinnescare le discussioni!» esclamò Scylla, non senza una certa ironia.
 
«Non ti rispondo nemmeno».
 
«C-Chary?!... come-»
 
«Mi hai svegliata e ho sentito la chiamata, Odysseus. Ho provato a tornare in ricarica ma pensando alla zona mi veniva difficile, nonostante conosca le buone maniere di  Scylla. Non c’era necessità: tempo di ricarica perso che non tornerà mai più» rispose la grossa jetformer per poi rivolgersi a Glitch «Tutto per colpa tua. Considerando l’atteggiamento dei miei fratelli nei tuoi riguardi forse dovrei darti talmente tanto da lavorare da non lasciarti energie sufficienti per tentare la fuga un’altra volta e rovinare il mio sonno. E ora torniamo a casa per davvero».
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Glitch, ora di nuovo al sicuro nella mansarda insieme a Odysseus, non sapeva dove guardare.
 
«Quando ho letto il tuo biglietto mi sono preoccupato a morte, oltre a essere rimasto malissimo per il fatto che fossi andato via e per…, tu non sei andato proprio in quella zona per caso. Giusto?»
 
«Sì e no» rispose il mech aranciato senza alzare la testa «All’inizio credevo di stare solo cercando di allontanarmi, poi ho capito che non era così».
 
Sentì Odysseus sospirare nervosamente. I suoi pensieri riguardo il fatto di poter aver iniziato a disgustarlo per il tentativo di farsi uccidere tornarono a galla mentre cercava di evitare che l’ansia causasse il solito malfunzionamento al suo sistema di ventilazione.
 
«S-se non volessi più essere mio amico e d’ora in poi mi vedessi solo come il garzone ti capirei. Volevo evitare danni e invece hai… hai quasi rischiato di finire male per venire ad aiutarmi, se ti fosse successo qualcosa, io…»
 
«Tu sei mio amico. Un amico che ha fatto una cosa incredibilmente idiota, ma sempre mio amico! Ed è per questo che sono venuto fin lì. È per questo che in qualche modo ho trovato il coraggio di farlo» disse Odysseus.
 
«… mi consideri ancora un tuo amico? Anche dopo questo?»
 
«Però non rifarlo, per piacere».
 
«Mai. Non dopo aver visto quel che comporta» replicò Glitch «A proposito… come mi hai trovato?»
 
«Ehm… potrei aver notato che magari pensavi a qualcosa di strano e averti messo addosso un segnalatore che una volta era stato di un cybercane. N-non è stato molto carino ma considerando tutto mi sa che ho fatto bene».
 
«Mi sa di sì» disse Glitch. Sembrava che Odysseus avesse a sua volta iniziato a conoscerlo abbastanza. «E… pensi che Scylla sarà arrabbiata con me per molto? Non le mancano i motivi. Lei voleva tenermi qui e io non me ne sono curato, ti ho indotto a venire in quella zona e lei… lei si è dovuta scomodare tanto per-»
 
«Probabilmente l’ha vista come un’altra occasione per cercare di insegnarmi come si fa, anche se è abbastanza inutile, hai visto da solo qual è il massimo che riesco a fare» disse Odysseus mentre si sedeva vicino a lui «E-e poi sinceramente io non… solo ripensare a quando ho infilzato quel mech con lo scalpello, io…» scosse la testa «E n-non è nemmeno morto ed era comunque messo meglio di quelli che Scylla ha impalato. L’unica cosa che mi rende sopportabile ricordarlo è pensare che, se non l’avessi fatto, quel tizio ti avrebbe ucciso».
 
«Sì. E mi dispiace di averti costretto a tanto, n-non… non penso di poter far capire con le parole fino a che punto» si scusò Glitch, stringendosi le mani con forza «Tu non ti senti “a posto” se devi fare del male a qualcuno».
 
«E tu? Prima hai… dicevi di dover toccare persone e cose per poterle disattivare, ma quei due mech… l’hai fatto a distanza, Glitch. E non erano solo paralizzati, erano proprio terminati, tu puoi… puoi uccidere qualcuno senza nemmeno sfiorarlo».
 
Un’altra ondata di panico assalì il povero disgraziato outlier, e non all’idea di aver ucciso, ma all’idea che il suo amico potesse iniziare ad avere paura di lui. Quello gli avrebbe fatto più male di qualsiasi altra cosa. «N-non lo farei mai con te e con la tua famiglia, né totalmente a caso, Odysseus, giuro! N-non s-so nemmeno come ci sono riuscito, n-non credo di esserci mai riuscito prima di stasera, volevo solo evitare che ti facessero del male, per favore credimi-»
 
«Certo che ti credo, non è quello il punto. È solo che è un’abilità… incredibile. Voglio dire, se un giorno tu riuscissi a controllarla bene, senza nemmeno arrivare a terminare qualcuno, potresti fare tipo… tutto. Potresti andare dove vuoi senza avere paura di niente, per dirne una. Chissà come ci si sente!»
 
Non era spaventato da lui. In fin dei conti, rifletté Glitch, Odysseus era cosciente della sua abilità di fare molto male -pur pagandone il prezzo- fin dal primo giorno in cui si erano conosciuti, e lo stesso valeva per le sue sorelle; proprio pensando alle sorelle e a ciò di cui erano capaci, poi, si diede nuovamente dell’idiota nel non aver tenuto da conto che Odysseus era abituato a loro.
 
«Ma immagino che non lo saprò mai, non sono grosso come Charybdis e non ce la faccio proprio a fare quel che fa Scylla» disse infatti Odysseus, quasi facendo eco al suo pensiero «Stavo per farmela sotto anche io, oltre che il tizio che ha appiccicato al muro. Non vorrei dire, ma è stato peggio della volta dell’ottica» indicò quella verdastra «E-e già quella volta mi ero inquietato abbastanza. Ti ho mai raccontato la storia? Un giorno dovrò farlo, penso…»
 
«Lei è stata molto… efficiente».
 
«Senz’altro, ma lei è così… non dico che fare del male alla gente le piaccia, ma di sicuro non ha nemmeno problemi a farlo se lo ritiene necessario. E qui lo era, no?» fece un sospiro «Glitch».
 
«Sì?»
 
«Non farlo mai più. Lo so che te l’ho già detto ma te lo ripeto, non cercare di fuggire un’altra volta».
 
«L’unico motivo per cui potrei sparire è che le tue sorelle si stufino del sottoscritto… o che chiunque mi abbia mandato qui trovi il modo di riportarmi indietro senza scomodarsi di persona, cosa che spero non succeda. Non voglio tornare indietro, non credo ci sia nulla per me, lì. Qui ho un amico, qui sono voluto» si interruppe «Forse avrei dovuto pensare a questo anche stanotte, invece di sputarci sopra».
 
«Quel che è fatto è fatto, l’importante è che tu abbia capito. Eeee credo sia il caso di andare in ricarica, soprattutto per te, perché ho idea che Charybdis per un po’farà precisamente quello che ha detto riguardo il farti lavorare fino allo sfinimento!»
 
«Lo credo anche io, ma è meritato» sospirò Glitch, accasciandosi sulla propria cuccetta dopo che Odysseus ebbe raggiunto la propria.
 
«… un pochino. ‘Notte, Glitch».
 
«Buonanotte».
 
“E scusami ancora” aggiunse, solo mentalmente, prima di chiudere gli occhi e cercare di entrare in una ricarica che gli sarebbe decisamente servita.

 
   
 
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