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Autore: Demy77    17/10/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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“Immagino che siate sorpreso di vedermi.” – fu la prima frase che Demelza pronunciò per rompere l’imbarazzante silenzio che si era venuto a creare nella stanza una volta rimasti soli.
Suo padre alzò il mento come per scrutarla meglio, quasi facesse fatica a rintracciare sua figlia nella elegante dama che gli si parava di fronte. Spostò un paio di seggiole dal tavolo, ne spolverò il sedile con la mano - come se volesse sincerarsi che non vi fossero sporco o briciole - e ne porse una a Demelza, facendole cenno di sedersi. Lui fece altrettanto. “Non mi sarei mai aspettato di rivederti qui, dal momento che sei diventata una persona così importante - le rispose calcando la voce su quella parola – come puoi vedere, noi invece siamo rimasti gente semplice, ma in pace con la nostra coscienza e con Dio….”
“E cosa vi fare pensare che io invece non lo sia?” – sbottò la ragazza. Si era ripromessa di non cogliere le provocazioni, ma sapeva ancor prima di arrivare che discutere con quell’uomo non sarebbe stato facile.
Suo padre fece un risolino. “Dovrei essere contento per te, vedendoti risollevata dalla miseria in cui sei nata e vissuta; invece sono profondamente amareggiato! Sostieni di essere in pace con la tua coscienza e con Nostro Signore, ma a che prezzo hai ottenuto tutto ciò che possiedi ora, figlia mia? Hai dovuto vendere il tuo corpo in cambio del denaro e di una posizione… e già in precedenza eri sprofondata nel peccato, fornicando e generando una figlia nella colpa! Se tu fossi venuta qui perché pentita, con il desiderio di redimerti, non potrei che gioirne; in caso contrario, devo chiederti di abbandonare questa casa, povera ma onorata, una volta per tutte!”
Demelza lo guardò con un misto di rabbia e compatimento. Alla fine decise che l’unica arma per ottenere il risultato che si prefiggeva era la chiarezza, per quanto penoso le fosse rievocare certe vicende.
“Non avete capito proprio nulla di me, padre – disse la rossa – siete capace solo di accusarmi per partito preso. La vostra sentenza nei miei confronti è già emessa e forse nulla che io dirò vi farà cambiare idea. Se sono venuta oggi non è perché pretendo che voi comprendiate le mie scelte o per essere accettata; il vostro affetto non l’ho mai avuto e non desidero recuperarlo neppure ora. Sono venuta perché ho deciso di tornare a vivere in Cornovaglia, e poiché l’ultima volta che ci siamo visti, a Killewarren, mi minacciaste di portarmi via la mia bambina ritenendomi una madre indegna, desidererei che fossero ben chiari tra di noi alcuni punti”.
E così Demelza spiegò a suo padre che non aveva commesso alcun adulterio e che Julia, la nipote che non aveva neanche voluto conoscere, non era figlia di un uomo sposato come gli avevano erroneamente riferito. Gli raccontò che quella creatura era stata concepita a seguito di uno stupro e che solo dopo del tempo si era accorta di aspettare un bambino ed aveva deciso di farlo nascere, nonostante tutto.
L’uomo trasalì. “Ti hanno usato violenza? E perché non hai raccontato niente a nessuno? Chi è stato a commettere un simile abominio?”
Demelza frenò l’impeto di duo padre. “Non importa chi sia stato, era una persona di passaggio da queste parti, che non conoscevo e che non ha mai saputo dell’esistenza di Julia. A chi avrei dovuto raccontare qualcosa, a voi? Ma se non vi è mai importato nulla di me… quando me ne sono andata a lavorare provaste sollievo all’avere una bocca in meno da sfamare, vi importava solo che il signor Poldark vi inviasse la quota mensile del mio salario! Avete forse dimenticato che quando ero bambina mi prendevate a cinghiate quando la cena non era pronta, oppure la casa non era abbastanza pulita, o i miei fratellini avevano rotto qualcosa? Io non ho dimenticato, ne porto ancora i segni… non fingete allora di provare pietà per me! L’umiliazione subita per colpa del mio aggressore non è molto diversa da quella ricevuta mille volte in questa casa da voi!”
L’uomo si torse le mani, si strappò i capelli e, inginocchiatosi, implorò perdono dalla figlia, adducendo a sua discolpa il fatto che un tizio che pareva molto bene informato era venuto a raccontargli che sua figlia aveva concupito un uomo sposato ed in conseguenza di questa relazione illegittima era rimasta incinta. Demelza comprese, dalla descrizione che le fece il padre, che quell’uomo era Tom Harris, lo sgherro di George Warleggan, e si domandò che diamine avesse a che fare il banchiere con le sue vicende personali.
Nel frattempo, poiché Tom Carne la aveva offesa con insinuazioni malevole anche a proposito delle sue nozze con Hugh, Demelza tenne a precisare che non aveva nulla di cui vergognarsi: il tenente Armitage le era venuto in soccorso dopo le sue assurde minacce di portarle via Julia, le aveva offerto aiuto e con estrema generosità, sapendo di essere condannato a morire a causa di un male incurabile, le aveva proposto il matrimonio senza pretendere niente in cambio. Non sapeva se il predicatore le avrebbe creduto, comunque gli raccontò una piccola bugia, dichiarando che lei e Hugh avevano vissuto come fratello e sorella fino all’ultimo giorno della loro convivenza. Nascose anche il legame che c’era stato fra lei e Ross Poldark, pur ritenendo che a Sawle doveva esserci stato qualche pettegolezzo in proposito, che poteva essere giunto a suo padre.
Gli spiegò dunque che Julia aveva ereditato la fortuna di Hugh in maniera del tutto lecita, che lei, sua madre, mai aveva rinunciato alla propria dignità ed al proprio onore in cambio di denaro e della posizione sociale che ora occupavano. Aggiunse che il motivo per cui era tornata a Illugan non era rivangare il passato, ma cercare con suo padre una sorta di tregua; gli comunicò che aveva acquistato la tenuta di Trenwith ed aveva intenzione di andarci ad abitare con Julia, desiderava una vita tranquilla ed ora che aveva mezzi adeguati per difendersi non avrebbe tollerato molestie di alcun tipo da parte del genitore. Aggiunse che, se non era possibile dimenticare tutto ciò che c’era stato in passato, se era impensabile una rappacificazione tra di loro, potevano almeno provare a rispettarsi reciprocamente, senza invadere l’uno la vita dell’altra.
Tom Carne si mostrò contrito; disse che era stato il demonio, apparsogli sotto le sembianze di quel tale Harris, ad offuscargli la mente e a creare una frattura insanabile fra sé e Demelza; riconobbe che era stato ingiusto ad accusarla senza sentire le sue ragioni e le comunicò che intendeva rimediare.  Disse che era contento nel sapere che avrebbe abitato a poca distanza da Illugan e chiese a sua figlia se, con il tempo, sempre se non si vergognava troppo di loro, gli avrebbe fatto avere dei contatti con Julia Grace.
Demelza rispose che la bambina era ancora molto piccola, che per lei sarebbe stato già un grosso cambiamento abbandonare la città in cui era vissuta per un anno ed adattarsi alla vita di Trenwith; non si mostrò refrattaria rispetto alla proposta di suo padre, disse che con il tempo forse avrebbe portato sua figlia a conoscere suo nonno e gli zii, purché nessuno di loro mettesse bocca nei suoi metodi educativi o pretendesse di imporre il loro credo alla bambina.
Tom Carne parve sincero quando accompagnò sua figlia alla porta. Si scusò ancor con lei per il suo comportamento passato e recente, la pregò nuovamente di pensare alla proposta che le aveva fatto riguardo alla nipotina e le giurò che non si sarebbe mai più intromesso con arroganza nella sua vita.  Demelza gli fece un ultimo cenno di saluto dalla carrozza con la mano e pensò che tutto sommato fosse andata meno peggio del previsto.
Il giorno seguente, come prestabilito, Demelza fece tappa a Trenwith. Lungo il tragitto osservò i camini fumanti delle miniere e pensò che forse Ross era alla Wheal Grace… gli aveva scritto qualche settimana prima a proposito della sua intenzione di acquistare Trenwith e, come Caroline aveva previsto, il capitano non aveva avuto nulla da obiettare, anzi si era detto lieto che la casa giungesse in mano sua, dopo che la precedente proprietà non aveva mostrato alcun rispetto per la storia della sua famiglia.
Una volta lì Demelza scoprì che George Warleggan aveva licenziato gran parte della servitù che vi lavorava quando lei era a servizio alla tenuta, il che rendeva meno imbarazzante avere rapporti con il personale. Solo qualcuno si ricordava di lei, in particolare il buon vecchio giardiniere con cui aveva condiviso la passione per il verde nelle ore serene in cui accudiva la signora Agatha. George non si era minimamente curato del giardino ed il buon uomo, con i fondi ristretti che il vecchio padrone gli metteva a disposizione, aveva fatto quello che poteva per non far perire le piante più belle. Ora che era arrivata la nuova padrona, conoscendo il suo amore per il giardinaggio, l’uomo si lanciò in progetti ambiziosi, quale un nuovo pergolato di rose, ninfee per il laghetto, una nuovissima varietà di camelia color corallo che aveva visto un giorno al mercato. Demelza sorrise all’entusiasmo del vecchio e per la prima volta toccò con mano cosa voleva dire essere la padrona di quel luogo: poteva farne ciò che voleva. Per un attimo le mancò il fiato.
All’interno della casa, a parte far sparire ogni traccia delle vestigia dei Poldark, George non aveva apportato grossi cambiamenti: il mobilio era quello di un tempo, la suddivisione delle stanze era immutata. Per prima cosa Demelza diede ordine ai domestici di riappendere nel salone i quadri che ritraevano gli antenati dei Poldark, primo fra tutti quello del suo benefattore, il signor Charles, e di sua moglie Mary.
Ad un tratto, mentre scrutava il cortile da una finestra del primo piano, vide apparire al margine del cancello di ingresso un cavallo nero; il suo cavaliere, dalla inconfondibile chioma riccia e scura, con un balzo scese da cavallo, facendo roteare le falde del cappotto scuro che indossava, ed affidò l’animale alle cure dello stalliere.
Che cosa ci faceva Ross lì? Chi lo aveva informato del suo arrivo? Perché era chiaro che non aveva altri motivi per presentarsi a Trenwith se non per lei.
Con il cuore in subbuglio Demelza scese al piano terra. Rivedersi dopo tanti mesi fu un’emozione per entrambi; Ross la salutò con un sobrio baciamano e le spiegò che aveva incontrato il notaio Pearce a cena la sera prima dai Treneglos, che gli aveva dato conferma della avvenuta stipula dell’atto quella stessa mattina. “Ho immaginato che la nuova proprietaria volesse ispezionare subito la tenuta, e così ho deciso di fare un giro da queste parti anche io. Mi mancava troppo questo posto, in cui ultimamente non ero ben accetto…”
Demelza sorrise. “Da ora in poi sarà diverso! – disse; poi, rabbuiandosi un po’, aggiunse: “Sei sicuro, Ross, che non ti secchi che questa casa ora sia mia… cioè di Julia?”
Ross scosse la testa. “Tua figlia è una Poldark – le sussurrò – e questa casa non potrebbe essere in mani migliori. Allora? – aggiunse cambiando tono – che progetti hai? Quando vi trasferirete?”
Demelza gli spiegò che intendeva aspettare almeno un mese; la casa doveva essere ben rinfrescata, vi erano parecchi ambienti in cui non si facevano pulizie da tempo, perché Warleggan non le aveva mai utilizzate; inoltre stava pensando che era una dimora davvero troppo grande per due persone sole; le era quindi venuta l’idea di adibire tre grandi sale al piano terra ad aule scolastiche a beneficio dei bambini del villaggio. Avrebbe potuto lei stessa occuparsi gratuitamente dell’istruzione di quei bambini, mentre i loro padri lavoravano alle miniere… Discussero degli aspetti tecnici per rendere fattibile il progetto e Ross raccontò a Demelza che da qualche tempo aveva acquistato anche la proprietà della Wheal Leisure ed aveva toccato con mano quanta miseria vi fosse tra i minatori, anche se era riuscito ad assumerne parecchi.
Ross le propose di fare un giro della casa, anche per darle qualche consiglio sui lavori da compiere per renderla abitabile. Man mano che perlustravano le stanze Demelza raccontò a Ross del colloquio avuto con suo padre a proposito di Tom Harris e si mostrò meravigliata della intromissione di Warleggan nella propria vita privata, dato che si conoscevano a malapena.
Fu allora che Ross si decise a raccontarle del legame tra George ed Elizabeth, sviluppatosi a sua insaputa, e degli intrighi che avevano coinvolto sua moglie, fino alla sua tragica morte. Mise Demelza al corrente, in particolare, dei sospetti circa la paternità della creatura che Elizabeth aveva partorito senza vita.
Demelza ascoltava incredula le parole di Ross. Per quanto Elizabeth le fosse apparsa sempre come una donna algida e presuntuosa non riusciva a comprendere come avesse potuto convivere con quei terribili segreti, ingannando sia l’uomo che amava sia George. Supponeva che la morte di sua figlia avesse distrutto il suo fragile equilibrio mentale, e che le bugie le si fossero ritorte contro in maniera implacabile. Nonostante tutto, malgrado il fatto che Elizabeth avesse tramato anche contro di lei con la complicità del suo potente amante, non riusciva a non provare pietà per la sua sorte infelice.
Ross le disse pure che non aveva cercato vendetta nei confronti di George e che sentiva di aver fatto la scelta giusta, poiché era stata la stessa coscienza di lui a ribellarsi, facendolo impazzire. Secondo Dwight la sua guarigione non era neppure certa; in fondo, Warleggan aveva ricevuto la sua giusta punizione ed era solo da compatire.  
Ciò che stupì molto Demelza fu la rassegnazione con cui Ross le aveva raccontato quegli avvenimenti. Le sembrava molto diverso dall’uomo irruento e sanguigno che aveva conosciuto.  
“Mi meraviglio che, nonostante tutto ciò che George ti aveva raccontato, tu abbia deciso di non abbandonare Elizabeth …” – gli disse.
Ross increspò le labbra in un sorriso amaro. “Cosa avrei dovuto fare? Se Elizabeth era arrivata al culmine della disperazione, tanto da fare ciò che ha fatto, era anche colpa mia… Non credo di essere stato mai un buon marito per lei. In memoria del sentimento che ci aveva legati mi sono preso cura di lei finché ho potuto… ma non sono riuscito a difenderla da tutto, come ben sai.”
“Deve essere stato terribile per te” – mormorò Demelza accarezzandogli una mano.
“Anche per te affrontare la morte di Hugh, immagino, benché vi fossi preparata”.
Demelza si sentì in imbarazzo a parlare di Hugh con Ross, visto ciò che aveva provato per lui negli ultimi tempi in Yorkshire; si limitò ad annuire vagamente.
Intanto, percorrendo il corridoio del piano superiore, erano giunti davanti a quella che un tempo era stata la stanza di Francis. Demelza si paralizzò improvvisamente.
“Non ce la faccio ad entrare” – disse a Ross.
“Ci sono io con te” – la tranquillizzò l’uomo prendendola per mano. Fu lui a premere la maniglia e a spalancare la porta, scortando la rossa all’interno. Demelza respirò a fondo. Osservò la stanza in penombra e le parve che nulla fosse cambiato da quella calda serata di agosto in cui il figlio del suo padrone, completamente ubriaco, l’aveva scaraventata in terra e le aveva usato la più vile delle violenze. Chiuse gli occhi e tremò al ricordo del fiato di lui sul collo e di quelle mani predatrici sul corpo. Furono altre mani, però, quelle che la strinsero in un delicato abbraccio impedendole di crollare. Ross le baciò teneramente la fronte e la tenne stretta a sé finché Demelza non riacquistò la calma. “Non hai idea di cosa avrei dato per evitare che tu patissi tutto questo. Non possiamo cambiare il passato, purtroppo, ma ti prometto che farò di tutto perché tu non soffra ancora” – le disse.
“Grazie…” – gli sussurrò Demelza, sfilandosi lentamente dal suo abbraccio, ma senza staccare gli occhi da lui.
“Sai cosa ti dico? Questa camera deve completamente cambiare destinazione. Cosa ne dici di trasformarla in una nursery, o in una grande stanza dei giochi tutta colorata? Se tu me lo consenti, in tua assenza, farò cambiare la tappezzeria, portare via i mobili e comprare una piccola libreria e qualche cassapanca da riempire di giocattoli! Julia ne sarà contenta, non trovi?”
Era ammirevole il modo in cui Ross cercava di cancellare il brutto ricordo vissuto da Demelza e di creare nuovi ricordi felici da associare a quel posto.
“Sì Ross, sono d’accordo: ti do il permesso di realizzare una grande stanza dei giochi dalle pareti colorate, esattamente qui dove ci troviamo ora. Ad una condizione però: quando la inaugureremo, dovrà essere presente anche Valentine” – gli rispose.
Il capitano fece un ampio sorriso, ed anche i suoi occhi scuri tornarono a brillare di nuova luce.
“Puoi contarci” – le replicò, arrivando a sentire nel cuore, dopo tanto tempo, un barlume di felicità.

 
  
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