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Autore: Dream89    17/10/2021    0 recensioni
Tra laboratori culturali e visite guidate non ci si annoia mai. Tra rivalità, amicizie e amori i ragazzi faranno del loro meglio per garantire una piacevole esperienza al museo Karasuno.
AU in cui, al posto che giocare a pallavolo, si lavora in un museo (sì, in pratica è tutto qui).
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti.
Benvenuti in questa storia abbastanza campata in aria. Non c'è molto da dire: è una semplicissima AU senza pretese, ma spero almeno che possa farvi passare qualche minuto senza pensieri.
Se per caso avete voglia di farmi sapere un vostro parere (anche se si tratta di una storia leggera come questa) mi farebbe super piacere; in ogi caso vi auguro buona lettura!
BACI!





Un'organizzazione QUASI perfetta.

Otto di mattina, museo Karasuno.

Tutto era tranquillo a quell’ora, non si sentiva un rumore risuonare per i corridoi bui del museo, le collezioni naturalistiche giacevano ordinate nelle vetrine e quadri e sculture erano ben puliti al loro posto; il canto degli uccellini proveniente dall’esterno donava all’ambiente una scintilla di magia.

Tuttavia, al terzo piano del museo, in una stanza ricolma di materiali scolastici, fogli, libri, tavoli, sgabelli, pennarelli e temprare, c’era qualcuno che si stava spremendo disperatamente le meningi, borbottando rumorosamente come una caffettiera pronta, al fine di risolvere il difficilissimo puzzle dell’assegnazione dei progetti scolastici.

Ebbene sì, il professor Takeda quell’anno si era proposto di occuparsi dell’organizzazione e della conseguente gestione dei laboratori e se ne stava pentendo amaramente.

Lui era una persona che si impegnava in tutto ciò che faceva ed era bravo nel suo lavoro; era riuscito ad ottenere delle collaborazioni perfino con altri importanti musei, il tutto grazie alla sua capacità di implorare fino allo stremo le persone.

Tuttavia erano giorni che ci pensava e proprio non riusciva a trovare una soluzione a quel rompicapo. Infatti tradizionalmente dopo circa un mese dall’inizio dell’anno scolastico le scuole iniziavano a prenotare visite guidate al museo Karasuno,: ogni giorno sarebbero venute delle classi a vedere il museo e a svolgere laboratori educativi; il suo gravoso compito era quello di coordinare i ragazzi e i vari laboratori; ma ciò si era rivelato una vera impresa. 

Così il tempo era trascorso impietoso e lui non era riuscito a cavare un ragno dal buco. E il giorno d’inizio delle visite era drammaticamente arrivato.

“Dunque…pensa, Takeda, pensa! Oggi abbiamo laboratorio di archeologia, i bambini maneggeranno quindi dei cocci delicati. Chi posso mettere a spiegare?” 

Osservò per la centesima volta la lista di nomi che aveva stilato.

“Hinata e Kageyama… assolutamente no, quei due possiedono un solo neurone a testa quando sono insieme, senza contare che un elefante in un negozio di cristalli sarebbe più delicato di loro.” Nella sua mente passò l’immagine terrificante dei due ragazzi che, nel tentativo di mostrare un vaso greco alla classe, lo facevano scivolare dal piedistallo, rompere sul pavimento e causare in questo modo un danno irreparabile alla collezione storica del museo. La scena poi andava avanti con il direttore del museo che lo convocava nel suo ufficio, lo faceva brutalmente picchiare dalle guardie della sicurezza poiché era stato lui ad assegnare i due ragazzi a quel laboratorio ed infine lo licenziava. Takeda rabbrividì e scosse la testa come per scacciare il pensiero e non far andare avanti quel film mentale verso un finale ancora più drammatico.

“Magari qualcuno di più disciplinato come…Tsukishima! No, impossibile.” Si corresse subito; a lui interessa solo la preistoria e il laboratorio di quel giorno riguardava i sumeri, con ogni probabilità farebbe annoiare i bambini dopo due minuti di monotona spiegazione; era incredibile come a quel ragazzo sembrasse non interessare niente a parte i dinosauri, la musica e Yamaguchi.

“Yamaguchi! Proprio lui sarebbe l’ideale!- si entusiasmò il professore- Ah, no. Ha la febbre oggi.” Si prese la testa fra le mani, sconfortato.

“Ah! Ma che mi è venuto in mente quando ho concesso le ferie a Daichi e Sugawara?” I due erano fra i ragazzi più calmi ed affidabili di tutto il museo, quelle vacanze se l’erano meritate dal momento che avevano lavorato sodo per allestire una nuova mostra in una stanza del secondo piano.

“Forse potrei mettere Ashai?” Il povero Takeda bocciò l’idea ancora prima di ragionarci ulteriormente sopra, Ashai era un bravo ragazzo e molto preparato, ma era eccessivamente insicuro, probabilmente se avesse gestito il laboratorio da solo avrebbe cercato continuamente informazioni su internet per assicurasi di star dicendo la cosa giusta.

Takeda si accasciò sul tavolo, ormai privo di forze e di speranze.

Proprio in quel momento la porta della stanza si spalancò ed entrò, zaino in spalla e capelli biondi tenuti indietro da una fascetta, Ukai.

L’uomo era una specie di tuttofare all’interno del museo, talvolta lo si vedeva a spostare animali impagliati da un luogo all’altro, altre volte puliva con aria annoiata le vetrine che contenevano fossili e reperti, molto spesso stazionava sul portone d’ingresso a fumare una meritata sigaretta dopo il duro lavoro.

I ragazzi, ma non solo, lo chiamavano Coach, poiché era sempre lui che, quando una nuova recluta arrivava all’interno del museo, spiegava loro cosa fare e come muoversi.

Vedendo il professore così depresso, Ukai gli si avvicino e gli assestò una poderosa pacca sulla schiena come incoraggiamento. Tutto quello che fuoriuscì da Takeda, che teneva la testa seppellita fra le braccia, fu un flebile lamento.

“Sta ancora pensando ai laboratori? Su con la vita prof! Ora le do una mano io. Ah, vedo che ha già escluso un bel po’di gente… Perché non chiedi a loro di coprire il turno?” Suggerì il Coach, indicando cinque nomi scritti nel foglio.

“Non posso- bonfonchiò l’altro- oggi c’è la prima giornata del GiMaMu, tutti loro sono occupati.” 

“Il GiMaMu?” Domande Ukai confuso.

“Le Giovani Marmotte in Museo.” Disse una voce, prima ancora che il professore potesse rispondere.

Quest’ultimo tirò su di scatto la testa, era infatti appena entrata una delle due ragazze che lavorava in museo, nonché una delle più efficienti guide tra l’intero personale; gli occhi dell’uomo brillarono: tutti i suoi problemi erano risolti.

“Kioko! Ben arrivata! Che cosa hai da fare oggi? Ti andrebbe di coprire il laboratorio di archeologia?” Chiese Takeda, utilizzando tutte le sue energie mentali per pregare silenziosamente che la ragazza accettasse.

“Non posso proprio, tra mezz’ora arriva una classe della scuola materna per la lettura dei libri.” Rispose cortesemente la ragazza, apparendo sinceramente dispiaciuta.

Shimizu Kioko era colta, intelligente e gentile, per questo era sempre molto impegnata a seguire diversi progetti e laboratori: tutti richiedevano sempre la sua presenza.

Il tempo ormai stringeva, erano le nove meno dieci e la classe sarebbe arrivata esattamente fra dieci minuti.

Takeda tornò a guardare disperato il foglio con la lista dei nomi, infine alzandosi e gettando un’occhiata alla porta dichiarò solennemente: “Le prime due persone che entreranno da quella soglia saranno quelle che seguiranno il progetto di archeologia. Io ci rinuncio!” Tutti i presenti nella stanza fissarono l’uscio, come aspettandosi che succedesse qualcosa di straordinario.

Per qualche istante non accadde niente, poi in lontananza si cominciarono ad udire dei rumori di gente che correva.

“No, fermati!” Si udì un urlo, accompagnato da rumori di oggetti rovesciati.

“Sto vincendo!”

“Mi hai fatto lo sgambetto! Non vale!”

I passi rumorosi e scoordinati si avvicinavano pericolosamente alla porta.

Takeda sgranò gli occhi, assumendo una leggera sfumatura verdognola in volto.

‘Ti prego-pensava- fa’che non siano loro! Tutti ma non loro.’

Il rumore di una persona che si schiantava contro la porta lo riscosse brutalmente dalle sue preghiere; erano proprio loro.

Hinata e Kakeyama, rossi in volto e col fiatone, si bloccavano la porta a vicenda, ognuno con l’intento di entrare nella stanza per primo e vincere la loro sfida quotidiana.

“Ragazzi, fate piano. Rischiate di scardinare la porta in questo…” il preoccupato professore non riuscì a finire la frase che entrambi i ragazzi persero l’equilibrio e caddero rovinosamente ai suoi piedi.

“Buongiorno a tutti!” Salutò Hinata pieno di energie, mentre si rialzava sorridendo, come se nulla fosse accaduto.

“Stupido Hinata! Potevi arrenderti, così non saremmo caduti!” Sbottò il Kageyama, tirandosi su anche lui e spolverandosi i jeans dalla sporcizia del pavimento.

“No, che non mi arrendo. E tu sei stupido!” 

Takeda si sentì quasi mancare, se esiste qualche divinità protrettirice dei musei, essa doveva davvero odiarlo tantissimo. Ukai lanciò un veloce sguardo all’uomo e lo prese saldamente per le spalle per sostenerlo.

“Ragazzi- proclamò il Coach- ho il piacere di informarvi che siete i prescelti per guidare i bambini nel percorso di archeologia che inizia esattamente fra cinque minuti.” 

“Che bello!” Esultò immediatamente Hinata, carico come una molla come sempre.

“Di che scuola è la classe che verra?” Chiese Kageyama, il quale invece era molto più composto e serio dell’altro.

“Viene dall’Aoba Johsai.” Rispose Takeda, che nel mentre si era ripreso dal quasi mancamento ed aveva riacquistato colore in viso.

“Se vengono dall’Aoba Johsai…” sussurrò Hinata, guardando verso Kageyama.

“Ci sarà sicuramente lui. Questa volta lo schiacceremo!” Dichiarò l’altro con determinazione e grinta nello sguardo, i pugno serrati e un espressione truce in volto.

Takeda, a vedere quello scambio di sguardi, ebbe un brutto, bruttissimo presentimento. 

Un campanile lontano segnò l’arrivo delle nove con i suoi rintocchi.

“Andiamo Kageyama! Abbiamo del lavoro da fare.” Esclamò Hinata, saltellando di qua e di là. L’amico lo seguì più lento ma deciso fuori dalla porta della stanza.

Uscirono anche Ukai e Kioko, il primo diretto verso la stanza delle macchinette del caffè, la seconda verso la sala lettura per fare il suo lavoro.

Tornò a sedersi sul suo sgabello, scuotendo il capo preoccupato ed ansioso, avrebbe dovuto decisamente tenersi quel posto da insegnante di letteratura al liceo.

“Mi pagano troppo poco per tutto questo.”

   
 
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