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Autore: flyerthanwind    18/10/2021    1 recensioni
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La vita di Sam è quanto di più normale esista: ha una gemella che la conosce meglio delle sue tasche, un fratello con cui condivide la passione per il calcio e una squadra a cui tiene più della sua media scolastica –ma questo non ditelo alla madre!
Eppure, dal giorno in cui un vecchio amico di suo padre si trasferisce in città, la situazione prende una strana piega. Innanzitutto, le motivazioni del trasferimento appaiono strane, suo padre è strano e i sentimenti sono strani. Questo perché il figlio del tipo di cui sopra ha uno strano potere attrattivo nei suoi confronti.
Ottimi presupposti per una bella dose di disagio, non vi pare?
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Hey macarena

Dire che la mamma aveva sbroccato quando papà le aveva detto dell'invito a cena sarebbe stato effimero. Sminuire la sua reazione in quel modo sarebbe stato come dire che nel Sahara c'era un po' di sabbia, che la fossa delle Marianne era un po' profonda, che Martin Hurt era un po' pallone gonfiato o che Leonardo Di Caprio in Titanic era un po' carino. Insomma, si capisce l'antifona.

Inizialmente si era mostrata estremamente entusiasta – forse fin troppo, avremmo dovuto interpretare meglio quel segnale, preambolo dello sclero che ci avrebbe investito di lì a poco –; poi aveva iniziato a ragionare come una donna adulta e non come una quattordicenne invitata al ballo dal tipo dell'ultimo anno più bello della scuola, per cui aveva iniziato a dare di matto.

Per fortuna ci aveva risparmiato il suo flusso di coscienza, troppo impegnata a tirannizzare la sua tribù per perdersi nei meandri della mente e abbandonarsi ai suoi pensieri, deliziandoci con le sue elucubrazioni.

Voleva far colpo sui Rogers, l'avevamo capito tutti: fin dalla festa era rimasta affascinata dai modi eleganti di Meredith, dalla sua risata cristallina e dal fatto che, contrariamente alla maggior parte degli ospiti, non sembrava essere lì solo per sfoggiare l'abito più costoso del suo guardaroba. Basti pensare al fatto che aveva usato la mia passione per il calcio per far colpo.

Certo, aveva omesso il fatto che anch'io giocavo, ma non la biasimavo per questo. Mia madre non era esattamente una sportiva ed era allergica a tutto ciò che concerne sudore e sforzo fisico. Se poi a ciò aggiungiamo che spesso finivo a terra, sporca di fango ed erba, capite perché non andava a spiattellare in giro cosa facevo nel tempo libero, anche se era la mia fan numero uno.

Purtroppo Amelia era ancora malaticcia, per cui non sarebbe venuta con noi; anche quella volta aveva dovuto minacciare i nostri genitori per convincerli ad andare, ma erano bastate le sue paroline magiche – «Andiamo, mammina, non ti fidi me?» – e i suoi occhioni dolci per far capitolare la signora Miller.

Io e Lucas gliel'avremmo rinfacciato a vita. Si fidava ciecamente di Amelia, a lei bastava fare il faccino da cucciolo e tutti le davano ascolto, mentre con noi avevano sempre qualche remora – e a ragione anche.  Diciamo che negli anni io e Lucas avevamo dato diversi motivi per dubitare di noi, o meglio ci eravamo fatti beccare, al contrario di Amelia che era sempre stata la più intelligente. Quando eravamo insieme a combinare danni, infatti, non ci beccavano mai.

«Sai, madre, non trovo affatto giusto che quella piccola arpia ottenga tutto ciò che vuole semplicemente sbattendo le ciglia» iniziò Lucas, appellandola in quel modo che tanto odiava. Sapevamo bene che lo faceva soltanto per provocarla, mandarla fuori di testa era la sua distrazione preferita fin da quando aveva iniziato a gattonare e si infilava sotto tutti i mobili più pericolosi della casa. Crescendo si era dato una calmata, ma di tanto in tanto amava stuzzicarla sapendo che anche lei era divertita dai suoi modi.

«Se stasera non tieni a freno la lingua, amore della mamma, ti squarcio tutti i palloni che hai a casa, anche quelli sgonfi e nascosti in fondo al tuo armadio» lo minacciò lei, cucendosi un sorrisino soddisfatto sul viso quando uno sguardo stupito fece capolino sul suo volto.

«Maeve-Lucas uno a zero, palla al centro» bofonchiò papà mentre rallentava nei pressi di un'alta cancellata scura e imboccava un vialetto brecciato che conduceva al piazzale antistante la villa. Era una casa isolata dall’altra parte della città, con la facciata in pietra e due scalinate in marmo che si congiungevano proprio all’ingresso.

Sulla porta socchiusa un uomo sorridente ci fece cenno di entrare mentre mio padre metteva tra le sue mani una pregiata bottiglia di vino. Lui e Lucas erano stati in giro tutto il pomeriggio pur di evitare la mamma, come minimo doveva essere il loro vino preferito o avrebbe seriamente attentato alla loro vita. 

O, più probabilmente, l'avrei fatto io in ogni caso dato che mi avevano abbandonato agli ordini della più grande dittatrice di tutti i tempi, la quale mi aveva costretto a preparare un dolce per l'intera giornata.

Si era accertata che seguissi meticolosamente la ricetta, impedendomi di sperimentare come mio solito, perché non era nei programmi portare un dolce che non fosse stratosferico. Sì, aveva detto proprio stratosferico, aggiungendo qualcosa circa la Macarena che avrebbero ballato le papille gustative…

Come potevo pretendere di essere normale se ero stata cresciuta da quella donna?

Austin ci aspettava in sala da pranzo insieme a sua sorella Kimberly. Era un ambiente classico: sulle pareti imbiancate erano addossati mobili in legno scuro dall’aria antica, al centro della stanza vi era la tavola, già imbandita di leccornie e apparecchiata con quella che supposi fosse la cristalleria buona, diversi candelabri ornavano i mobiletti bassi e un lampadario arzigogolato illuminava la stanza.

I ragazzi, vestiti di tutto punto, ci sorridevano accanto a una cassapanca in legno scuro su cui facevano bella mostra di sé alcune foto di famiglia; anche la sorella di Austin aveva i capelli ricci e biondi, ma i suoi occhi erano marroni come quelli di Klaus. Quando vide Lucas boccheggiò per un paio di istanti, poi arrossì e gli strinse la mano con estrema delicatezza, come se stesse sfiorando una statua, magari un adone o un bronzo di Riace.

Mio fratello faceva questo effetto agli interlocutori, principalmente alle ragazze, i suoi occhi verdi erano in grado di far capitolare quasi chiunque; il fatto che Kimberly avesse tredici anni e probabilmente non aveva mai baciato un ragazzo le faceva osservare Lucas come il suo sogno proibito.

La cena tutto sommato non fu così tragica, papà e Klaus non fecero altro che ricordare i vecchi tempi, coinvolgendo anche mamma e Meredith, che si stava rivelando sempre più affascinata dai modi eleganti e gentili di Maeve Miller. Lucas aveva scommesso dieci dollari che sarebbero diventate amiche per la pelle nel giro di un mese, per me bastavano solo due settimane.

Kimberly per tutta la cena aveva fissato di sottecchi mio fratello, tentando invano di non farsi beccare, ma noi ragazzi l'avevamo notato subito. Lui sembrava piuttosto imbarazzato, d'altronde lei era molto più piccola e avvampava ogni volta che i loro occhi si incrociavano, il che accadeva piuttosto spesso dal momento che erano seduti uno di fronte l'altra.

Io e Austin, d'altra parte, ce la ridevamo piuttosto apertamente, scoprendo una certa complicità nel prendere in giro i nostri fratelli. Sembrava diverso dal ragazzo del gala, sicuramente più a suo agio e incline alla conversazione. Probabilmente anche lui mal tollerava eventi di quel tipo e, così come io odiavo i tacchi a spillo, lui probabilmente trovava fastidioso lo smoking.

Da quel che potevo ricordare – mannaggia a me che non gli avevo fatto una radiografia come si deve, Amelia mi avrebbe volentieri ucciso quando non avevo saputo descriverle per filo e per segno quel ragazzo! –, l’abito gli fasciava perfettamente il corpo, risaltando il fisico tonico, ma non aveva l’aria di essere particolarmente comodo e di certo Austin si sentiva più a suo agio con la camicia elegante ma leggera che indossava quella sera.

Gli adulti badavano poco a noi, ma siccome Lucas continuava a colpirmi con velate ma dolorose gomitate nello stomaco, i miei continui sussulti avevano messo in guardia papà, che continuava a mandare occhiate di fuoco a me e a quell’essere ignobile che portava il mio stesso cognome. Mamma, d'altra parte, era troppo impegnata a chiacchierare con Meredith per curarsi di noi, per cui fu l'uomo di casa a immischiarsi, spostando l’attenzione su di sé per porre fine a quella lite fraterna.

«Allora, Austin, in che ruolo giochi?» domandò mio padre, mentre io mandavo giù un sorso di vino per soffocare l'ennesima risatina. Anche lui era piuttosto impegnato a mascherare un sorriso, affrettandosi a schiarirsi la voce per poi rispondere con nonchalance.

«Gioco sulla fascia» spiegò tranquillamente. Sua sorella, intanto, osservò di sottecchi lo sguardo di Lucas illuminarsi e di riflesso avvampò; probabilmente il solo pensiero che mio fratello fosse ancora più bello quando sorrideva – fastidiosamente più bello, accidenti a lui e alla sua dentatura perfetta! – dovette intimidirla e al contempo incitarla a venerarlo come un adone.

«Davvero? Anche io» biascicai a quel punto inserendomi nella conversazione, tentando di non macchiare con quel buonissimo vino rosso, che in teoria non avevo l’età per bere, la camicetta preferita di Amelia, la quale mi avrebbe sicuramente trucidata.

In quel lasso di tempo, in effetti, io e Austin non avevamo scambiato grandi parole, troppo impegnati a sbeffeggiare mio fratello e la sua sorellina, per cui il calcio era passato in secondo piano. D’altra parte, quando due occhi blu ti cercano per nascondere una risatina sotto i baffi, qualsiasi cosa passa di diritto in secondo piano.

«Destra o sinistra?» domandò Lucas, anch'egli interessato.

A quel punto la conversazione deviò su argomenti sportivi, coinvolgendo anche i due uomini adulti e trasformandosi in una lotta per la supremazia sportiva.

Klaus e suo figlio avevano idee totalmente opposte e quando anche mio padre, mio fratello ed io dicemmo la nostra si scatenò il caos. Sembrava una sorta di lotta alla demolizione delle convinzioni altrui in cui non vi erano regole se non l’unica che contasse davvero: negare, sempre.

Kimberly ci osservava indispettita, dando l'impressione di non aver capito almeno la metà delle cose che stavano succedendo e facendo rimbalzare la sua chioma riccia sulla schiena mentre muoveva il viso come stesse seguendo una partita di tennis particolarmente interessante e a velocità aumentata.

Solo l'intromissione delle due matrone ci riportò all'ordine. Mamma e Meredith avevano deciso di andare a prendere il dolce e servirlo per placare gli animi e contenere le nostre indoli sportive, così spiegarono quando le vedemmo tornare con i piattini con la mia torta. Non che ci fossimo accorti della loro assenza, comunque, impegnati com’eravamo a discutere.

Da piccola passavo tanto tempo con la mamma quando era ai fornelli, tempestandola di domande e costringendola per sfinimento ad affidarmi qualche compito, per cui ero diventata piuttosto brava. Crescendo, poi, avevo affinato sia le tecniche sia le papille gustative, facendo sperimentazioni che la maggior parte delle volte si rivelavano ottime.

Certo, questo se non si contava quella volta che avevo quasi mandato a fuoco la cucina a causa di una salsa altamente infiammabile che era colata sul fornello acceso…

«Questa torta è ottima, signora Miller» lodò Austin adulando la sua ospite. Nonostante la gentilezza quasi forzata, dettata probabilmente dalla volontà di compiacere qualcuno che appariva cortese e interessato a lui, si capiva dal modo in cui la gustava che gli stava piacendo davvero, masticando lentamente e socchiudendo di tanto in tanto gli occhi.

Potevo quasi sentire la musica in sottofondo.

Dale a tu cuerpo alegría Macarena
Que tu cuerpo es pa' darle alegría y cosa buena

«Oh, grazie, però l'ha preparata Sam» chiocciò mia madre adorabilmente, rivolgendomi un sorrisetto irriverente che di sicuro, con la complicità di quella strega di Amelia, si sarebbe tramutato in una cospirazione.

Austin a quel punto si rivolse a me, complimentandosi per l'ottimo dolce che modestamente avevo preparato e rivolgendomi un’occhiata ammirata. I suoi occhi blu, così profondi da sembrare oceano in cui annegare, si soffermarono sulla mia figura un istante di troppo, facendomi avvampare.

«Sei davvero brava» mi sorrise ancora, distogliendo lo sguardo probabilmente per non farmi notare che le mie gote arrossate erano piuttosto esplicative di ciò che stavo pensando. 

Per la cronaca, non era nulla di scandaloso, malfidati! Pensavo solo alle sue papille gustative… 

Dale a tu cuerpo alegría, Macarena
Hey Macarena
   
 
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