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Autore: Shireith    19/10/2021    2 recensioni
Papillon è stato sconfitto, ma le dinamiche non sono chiare a nessuno. La stessa Ladybug nutre dubbi a riguardo. Per di più, senza che gliene spieghi il motivo, un giorno Chat Noir la abbandona.
Cinque anni dopo, il passato ritorna per entrambi.
• Long what if? che non tiene conto della quarta stagione perché quando mi è venuta l’idea ancora non era andata in onda. Lovesquare in tutte le salse con tanta Adrienette e Ladynoir. Scritta seguendo i prompt del #Writober2021 di Fanwriter.it (lista pumpBLANK – prompt misti scelti tra le quattro liste presenti).
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quinto


(19 — lorn: abbandonata)

 Abbandonata – così Marinette si era sentita quando una notte Chat Noir le aveva dato appuntamento al loro posto e proprio lì le aveva stracciato il cuore come mille fogliettini di carta.
 Razionalmente, Marinette aveva sempre saputo che doveva esserci un motivo – eppure la vocina che le ricordava che forse era tutta colpa sua era un sussurro fastidioso sempre presente.
 «Ti amo anch’io», gli aveva detto un giorno, prima che se ne andasse – un mormorio tanto flebile che si era chiesta se Chat Noir l’avesse sentito.
 Dopo quella confessione poche cose erano cambiate, erano sempre gli eroi di Parigi e finché Papillon rimaneva un pericolo le loro identità dovevano rimanere segrete. Marinette non aveva mai davvero pensato al dopo perché portava con sé cose belle e cose brutte. Papillon non minaccerà più Parigi, si ripeteva – ma cosa ne sarà di noi?
 Cosa n’era stato?
 Cos’era rimasto?
 Solo il ricordo, che faceva ancora più male. E su questo Parigi sapeva essere davvero maligna – amava ricordarle che Chat Noir non c’era più.
 In metro e per le strade meno curate della città ci si imbatteva in decine e centinaia e migliaia di murales e affreschi di artisti di strada, i negozi di giocattoli continuavano a vendere figurine, zaini, action figures e mille altri gadget, e ad amplificare le domande che tutti ancora si ponevano ci pensava il telegiornale.
Che fine ha fatto Papillon?
Chi c’era dietro la maschera?
Perché Ladybug è rimasta e Chat Noir no?
 Alle prime due domande non aveva risposta nemmeno lei, e nonostante ancora si rimproverasse per non essere stata più svelta, l’incognita che più faceva male era l’ultima. Quella di Chat Noir era un’assenza di cui non conosceva le ragioni e il non sapere le scavava un vuoto in petto così profondo che alle volte temeva di perdersi dentro se stessa e non uscirne più.
 Si tocco il vuoto con una mano, lì dove, nascosto dagli abiti, riposava l’anello di Chat Noir attaccato a una catenina – non sapeva se custodirlo all’altezza del petto contrastasse il vuoto o contribuisse solo a renderlo più grande, più cattivo, più vuoto.
 «Marinette?»
 La vocina malinconica di Tikki la fece sentire in colpa.
 Scosse la testa e cercò di sorriderle. «Scusa, lo so che non ti piace quando lo faccio.»
 Le prime volte pronunciare il nome di Chat Noir era diventato una blasfemia. Tikki lo chiamava lui, come se un pronome fosse abbastanza potente da racchiudere tutto ciò che aveva significato, significava e avrebbe significato finché avesse avuto vita nei suoi ricordi.
 Marinette, lei non lo nominava mai. Quando Tikki le chiedeva se stava pensando a lui, la risposta era sempre quella – no.
 Ma ormai mentire era uno sforzo vano. Marinette era entrata nella fase di accettazione, quella in cui si tenta con tutte le forze d’ancorarsi al presente per non affogare nel passato – solo che il passato sa essere ancora più maligno e ritorna quando meno te lo aspetti (una parte era già tornata).
 «Mi ha fatto piacere rivedere Adrien, oggi.»
 Tikki le regalò un sorriso di supporto. «Avete parlato per ore con assoluta normalità. E gli hai detto quel che provavi!»
 «Sono solo in ritardo di cinque o sei anni.»
 «Hai rimpianti?»
 Marinette si osservò i polpastrelli come fossero la cosa più interessante del mondo.
 Una volta Alya le aveva fatto notare che era stata lei, al liceo, ad allontanarsi da Adrien, e non viceversa – era vero. Tra studio, doppia identità da mantenere segreta e tutto il resto, il tempo per rincorrere quel sogno di essere felice e contenta con Adrien era divenuto una bolla sempre più piccola in cui non c’era più spazio nemmeno per lei, figurarsi per entrambi.
 Non aveva smesso di volergli bene o di amarlo, questo mai. Le farfalle nello stomaco e la terra che veniva a mancare sotto i piedi quando lui le sorrideva o pronunciava il suo nome con voce soffice c’erano state fino all’ultimo giorno, solo che… tutto il resto era diventato più difficile.
 Cinque anni, sei mesi, undici giorni e sei ore prima, Adrien se n’era andato. Tutti i loro amici, lei compresa, avevano ricevuto la notizia con la stessa delicatezza di uno schiaffo in volto, come se il signor Agreste avesse avuto paura di rimanere a Parigi un solo giorno in più. All’aeroporto, Marinette era rimasta in disparte, l’udito che captava appena le parole di Alya: «Va’ da lui, digli ciò che provi, o vivrai sempre col rimpianto di non averlo fatto».
 Ripensò a quando lo aveva rivisto, appena qualche ora prima. Una ritrovata felicità le era esplosa sul fondo della pancia come mille coriandoli e aveva davvero temuto di tornare a essere la Marinette le cui gambe tremavano quando lui la scrutava con quegli occhi verdissimi, sempre limpidi e mai astiosi se erano rivolti a lei.
 Aveva rimpianti?
 Se Tikki glielo avesse chiesto la sera prima la risposta sarebbe stata no, ma le parole di Adrien non smettevano di rimbalzarle in testa, sembrava che fossero marchiate a fuoco da qualche parte dentro di lei.
Eri la mia più cara amica – lui lo era per lei.
Se me l’avessi detto prima, forse qualcosa sarebbe cambiato – la Marinette adolescente sarebbe saltata più in alto della Torre Eiffel.
 Ma eccola, la vocina fastidiosa che strideva come unghie su una lavagna – e Chat Noir?
 E tutto il resto?
 Adrien parlava con la maturità dei suoi vent’anni, ma non poteva sapere come avrebbe reagito cinque anni prima. C’era stata una ragazza che aveva amato per tanto tempo che gli aveva spezzato il cuore, chi le assicurava che sarebbe stato pronto a rimetterlo in gioco così presto?
 Non avrebbe funzionato, in ogni caso: suo padre lo avrebbe portato via comunque, non doveva mica chiedere il suo benestare.
E Chat Noir?
 Anche lui l’avrebbe abbandonata.
 La verità era che, di rimpianti, Marinette forse ne aveva anche troppi, ma se anche fosse tornata indietro nel tempo non avrebbe potuto cambiare nulla – non aveva il potere di trattenere né Adrien né Chat Noir, entrambi erano volati via come sabbia tra le dita.
 
*
 
 Dopo aver riaccompagnato Marinette a casa Adrien s’incamminò per l’albergo con il cuore leggerissimo e solo Ladybug in copertina poté appesantirlo. Si trovò a passare di fianco a un’edicola aperta ventiquattr’ore su ventiquattro e, suo malgrado, non si stupì di trovarla stracolma di prime pagine sull’eroina di Parigi. Con un groppo alla gola grosso quanto una pallina da golf ignorò i titoli che menzionavano Chat Noir e comprò il giornale con la foto migliore di Ladybug, forse per ricordo, forse perché farsi del male era l’unico modo per ricordarsi che lui ne aveva recato a lei.
 In qualità di Guardiana, Ladybug non aveva avuto nessuno cui restituire il miraculous, ma da quel giorno compariva sulle scene solo in casi eccezionali, se c’era da sventare una grossa rapina, fermare criminali pericolosi o salvare civili in situazioni di estremo pericolo. Adrien aveva seguito le sue gesta da lontano, stupendosi di come anche fuori dalla Francia il nome di Ladybug fluisse da una bocca all’altra con la stessa naturalezza del vento.
 Parlavano anche di Chat Noir, le mille voci che gli si affollavano disordinate nelle orecchie ovunque andasse.
 Perché non c’era più?
 Era morto?
 E Papillon?
 Adrien deglutì.
 Aveva dovuto fare una scelta, suo padre o Ladybug – aveva scelto suo padre.
 Chiedersi se avesse rimpianti o meno era una domanda inutile: se anche fosse tornato indietro non avrebbe avuto il coraggio di voltare le spalle al sangue del suo sangue.
 
Non avresti avuto il coraggio di andare contro
il volere di Ladybug, di ammettere che
avrebbe avuto ragione a farti
notare che il tuo piano
era una schifezza.
 
 Riviveva quel giorno ogni notte, e ogni notte la stessa vocina gli ricordava che aveva anteposto il proprio tornaconto personale al bene comune, il civile all’eroe, Adrien Agreste a Chat Noir.
 (E aveva ragione, la voce.) 
 
NOTE ➺ Questo è un capitolo di transizione e potrà esservi risultato noioso, me ne rendo conto, ma – dati anche i prompt da seguire – non potevo cambiarlo.
Vi ringrazio comunque di aver letto e, come sempre, vi do appuntamento a domani.
 
   
 
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