Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Segui la storia  |       
Autore: Little Firestar84    19/10/2021    4 recensioni
[AU]Tredici mesi, una settimana, due giorni e una manciata di ore da quando lei era uscita dalla Hall dell’albergo dove avrebbero dovuto unirsi in matrimonio. 402 giorni. 9650 ore. 579.000 minuti. Quasi trentacinque milioni di secondi.
A tutti diceva che avevano fatto bene a lasciarsi, ma in realtà dentro si sentiva cascare il mondo addosso. A volte, era come morire.

Amici, colleghi, amanti: Ryo e Kaori sono stati tante cose, dal giorno in cui si sono incontrati. Ma dopo una lunga lontananza ed essersi spezzati il cuore a vicenda, sapranno riscoprirsi e ritrovarsi?
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hideyuki Makimura, Kaori Makimura, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Ma quei due non hanno intenzione di darsi una mossa ed arrivare?” Battendo nervosamente e ritmicamente il piede sul cemento del marciapiede della stazione ferroviaria, Ryo controllò l’ora al suo cronografo per l’ennesima volta, mentre, al suo fianco, Reika sbuffava, alzando gli occhi al cielo: era dalla volta in cui, ai tempi dell’Accademia, Saeko si era portata dietro una domenica Ryo e Hideyuki che lei gli correva dietro, era pazza di lui, aveva tentato qualsiasi cosa per farlo cadere ai suoi piedi, ma negli anni l’unica donna verso cui Ryo avesse mai mostrato di provare qualcosa di più di un freddo interesse sessuale era stata Kaori… e quando poi si comportava come un bimbetto impaziente, era davvero poco sopportabile.

“Ryo, il treno è appena arrivato, cosa ti aspetti? Che si teletrasportino qui direttamente dal loro vagone?” Gli domandò, piccata, sibilando tra i denti. Per quanto fosse grata che Ryo desiderasse passare del tempo con lei, aveva capito che il motivo per cui sempre più spesso ultimamente facevano “coppia fissa” sul lavoro era dato dal fatto che il matrimonio di Kaori con l’altro era cosa ormai fatta, e Ryo stava dimostrando di non essere in grado di lavorare con la donna con cui lui stesso era stato in procinto di sposarsi oltre un anno prima. Per quanto una parte di lei fosse grata per questo suo interesse, Reika non poteva che non rattristarsi, perché era certa che fosse dettato da motivi palesemente sbagliati… e non andasse oltre l’ambito lavorativo.

Mordendosi il labbro, guardò Ryo, sospirando sognate: sarebbero mai cambiate le cose tra di loro, o sarebbero rimasti sempre e solo un po’ di più di colleghi, ma meno di amici?

“Beh, dico solo che dovrebbero darsi una mossa, ma quei due cretini sono sempre stati così…” L’uomo praticamente imprecò, corrucciato, mentre però allo stesso tempo gli appariva un sorriso un po’ malandrino sulle labbra, dettato dai ricordi del passato, dei mesi passati a lavorare fianco a fianco con quei due agenti dell’FBI per risolvere un caso di traffico internazionale di stupefacenti, una droga particolarmente odiosa che il suo creatore aveva chiamato Polvere degli Angeli…. Una sostanza che creava dipendenza fin dalla prima assunzione, e che altrettanto velocemente annullava la volontà  dei tossici che si iniettavano in vena quel veleno, morendo lentamente  tra atroci dolori mentre i loro organi, l’uno dopo l’altro, smettevano di funzionare.

E come era arrivato, il sorriso svanì dal viso di Ryo. Era stato un anno infernale, per lui, per quanto con Mick e Jack fosse nato immediatamente un certo senso di cameratismo dato dalle similitudini caratteriali; per mesi aveva mentito su cosa stesse facendo, e nonostante nessuno gli avesse portato rancore (il bello di avere tutti gli amici nella polizia come lui) a lui era pesato eccome.

E poi, odiava i casi di droga; dopo che suo padre se n’era andato a cercare fortuna lontano dal Giappone, era nell’oblio di droga e alcool che sua madre aveva cercato ristoro… ma invece che la pace dei sensi, la donna aveva trovato la dannazione; suo padre le aveva voltato le spalle, certo che sarebbe tornata da lui strisciando in ginocchio, ma invece era dal suo spacciatore che lei era andata, un patrigno che si era rivelato un vero mostro, a causa di cui Ryo ancora portava cicatrici sul corpo, le ustioni delle sigarette che quella creatura infame gli spegneva sulla schiena e sul torace, mentre sua madre tremava in angolo senza fare nulla, spaventata più dall’idea di rimanere senza una dose che dalle urla strazianti del proprio figlio.

Mentre il suo cuore rallentava, istintivamente Ryo prese a massaggiarsi attraverso il tessuto della camicia bianca la cicatrice che aveva sotto alla scapola destra; sapeva che era impossibile provare ancora, a distanza di quasi trent’anni, dolore, che gli bruciasse… eppure, tutte le volte che la sua mente andava a quel tempo, e a quel lurido appartamento, era come se avvertisse il dolore per la prima volta. Come se fosse successe un attimo prima.

Ma, almeno, aveva avuto la sua vendetta su quell’uomo… vendetta che fino a che Jack e Mick non fossero arrivati per testimoniare nuovamente contro Shin Kaibara e Sonia Fields non sarebbe stata comunque completa. Per un cavillo, quel demone rischiava di poter di nuovo camminare libero per le strade, e Ryo non lo avrebbe permesso; se fosse stato necessario, si sarebbe macchiato lui stesso del delitto, ma aveva giurato sulla tomba della madre che non ci sarebbero stati altri morti per la Polvere degli Angeli.

Avvertì qualcosa sfiorargli la spalla, e istintivamente fece uno scatto, cercando la pistola nella fondina; poi però vide Reika indietreggiare, impallidita, le labbra dischiuse in un’espressione di…forse paura? Ryo ingoiò a vuoto, e scosse lieve la testa, come sperando di chiarirsi le idee, e allontanare le nubi scure che affollavano la sua mente.

“Io… ero sovra pensiero.” Si limitò a dire; non chiese scusa, un po’ per la vergogna di aver agito in quel modo, un po’ perché non era nelle sue corde; mani in tasca, prese a guardarsi intorno, fingendo una nonchalance che era lungi dal provare realmente.

“Ryo, tu sai che se tu avessi bisogno di conforto… insomma… se volessi parlare con qualcuno... ecco… io… il fatto è che è da tanto tempo che…” Reika abbassò lo sguardo; mentre parlava, arrossiva, quasi fosse stata una timida ragazzina impacciata, e prese a stritolarsi le dita. Aprì la bocca per finire la frase, ma le parole le morirono in gola perché fu interrotta sul più bello, prima di fare quella che voleva essere a tutti gli effetti… una dichiarazione, atta a smuovere le cose tra lei e Ryo.

“EHY, RYO!” Un tornado biondo dalla voce baritona gli piombò alle spalle, dandogli una pacca così sonora che Ryo quasi traballò, nonostante le articolazioni della mano guantata non fossero mai tornate quelle di prima;  il poliziotto giapponese guardò, sotto gli occhi attoniti di Reika, che mugugnava per l’occasione persa, cercando uno sprazzo di cielo fra gli sbuffi dello smog urbano, il vecchio compare, massaggiandosi la spalla indolenzita, su cui l’agente dell’FBI continuava a fare violenza, ridacchiando. “My old friend, non ci vediamo da un sacco di tempo ma non sei proprio cambiato… sempre circondato da belle donne, eh? E lei chi è, la famosa Kaori di cui parlavi sempre? Però me la immaginavo molto più, come dire, angelica dalle tue descrizioni.”

“Ryo! Il tuo amico mi sta forse dando della facile?” Reika ringhiò, stringendo i pugni, infuriata, il viso che diveniva paonazzo per il confronto con la coetanea con cui non aveva mai avuto nulla con cui spartire se non il lavoro e la disarmante attrazione verso Ryo. “Digli qualcosa!”

“Mick, lei è Reika Nogami, una collega!” Si limitò a dirgli, con un tonno piuttosto freddo e distaccato; nessun’altra spiegazione, nessun complimento, nessun aggettivo…. Solo una collega, e per qualche motivo, essere definita così, quasi fosse una persona qualsiasi, le provocava un tonfo al cuore… era quasi peggio di quando Ryo faceva lo stupido donnaiolo e flirtava con lei, senza però mai concludere nulla… sapeva che Ryo era sempre stato un gran donnaiolo, ma, come aveva avuto una relazione seria con Kaori, era certa che avrebbe potuto averne nuovamente una…quindi, perché non con lei? Lei lo amava, eppure… eppure, Ryo sembrava non volerla ricambiare.

 “Allora, dov’è quel vecchio marpione di Jack?” Ryo fece una grossa, grassa risata, mentre dava manate sulle spalle di Mick, voltato però verso Reika, di cui non aveva nemmeno pensato di prendere le difese dopo quella frase, perché nonostante fosse stata insultata, Ryo riteneva l’affermazione piuttosto veritiera. “Avresti dovuto vederlo, Reika! Jack fece sbavare la socia di Kaibara, quella donna voleva talmente tanto farselo che gli ha spiattellato ogni sacrosanto dettaglio sull’Union Teope senza nemmeno che li chiedessimo! Quell’uomo è un magnete, Reika, se c’è Jack Knife in giro… puoi star certa che ci saranno anche un mucchio di pollastre in calore! Ah, ah, ah!”

“Ehm, a proposito di Jack, ci sarebbe una cosa che forse dovresti sapere, Ryo…” Mick, imbarazzato, prese ad allentarsi il colletto della camicia elegante azzurrina, divenendo improvvisamente paonazzo; guardava il soffitto, e rifiutava categoricamente di incontrare gli occhi di Ryo, che invece, immaginando qualche risvolto tragicomico, rideva della grossa.

“Cosa?” Domando con voce argentina. “Non dirmi che è tutto pelato… anzi, no… si è rifatto il naso? Ha fatto un lifting ed adesso ha la faccia tutta tirata? Fammi indovinare, Sayuri lo ha mollato e lui ha avuto una crisi di mezza età anticipata!”

“Beh, più o meno…” Mick si schiarì la voce, parlando però con un tono così basso che Ryo fece fatica  a sentirlo.

Cosa sentì bene però fu la voce in farsetto che lo chiamava per nome, con un tono quasi smielato però, e quando Saeba si voltò, incontrò occhi castani che ben riconosceva, brillanti, spiritosi, pieni di energia…

Ma quegli occhi erano circondati da ombretto color mattone, da pesante eyeliner e un quintale di mascara, e anche le labbra, erano rese più piena da una mano di  rossetto dalla tonalità decisamente accesa, molto più adatta alla vita notturna di Shinjuku che al traffico di mezzogiorno. Inoltre, erano attaccati ad un viso che stava su di un corpo dai lunghi capelli rossicci sciolti che sembravano danzare nel vento, su di un corpo dalla stazza decisamente maschile ma che aveva addosso un tubino rosso fuoco ed una pelliccia ecologica bianca- il tutto completato da un paio di tacchi da capogiro in vernice rossa.

“Jack?” Gli domandò, allungando un dito verso il vecchio amico, sbattendo le palpebre così velocemente che sembrava che gli occhi non si chiudessero mai, nemmeno per una frazione di secondo, nemmeno le sue fosche pupille fossero state fisse.

“In realtà, Ryo, non uso più quel nome da parecchio tempo…” Gli rispose.

“Ehm, già, è quello che volevo dirti…” Mick si schiarì la gola, passando in una frazione di secondo dal rosso al pallido e poi di nuovo al rosso acceso. “Beh, eco, vedi Ryo… ti presento Erika Knife!”

 

            “Come sarebbe a dire che tu non ne sapevi nulla?” Chiuso nell’ufficio di Saeko, che guardava fuori dal vetro gli agenti dell’FBI prendere un caffè e scherzare con altri colleghi, fissava sbalordita la scena. Non se l’era aspettata: ricordava quando lei stessa aveva incontrato quel gran donnaiolo di Jack, quando aveva partecipato all’operazione che aveva portato all’arresto di Kaibara e allo smantellamento dell’Unione Teope- era stata in quell’occasione che Hideyuki era rimasto gravemente ferito, lottando tra la vita e la morte per giorni… Ryo era rimasto accanto a Kaori durante quei giorni ed il conseguente duro periodo di riabilitazione, quando il polizotto aveva creduto che non avrebbe camminato più, e Saeko era certa che fosse stato allora che Ryo avesse capito di non essere solo attratto dalla sorella del suo migliore amico, ma di provare qualcosa di ben più profondo.

Ed adesso… Lei aveva sprecato anni con Hideyuki e lo aveva quasi perso, Ryo e Kaori non si parlavano più, e Jack era diventato Erika.

“Senti, Saeko, non credere che per me sia stato facile… chiedi a Mick come ho reagito quando l’ho vista, appena scesa dal treno, che mi chiamava Ryuccio!” Ryo sbuffò. Mani incrociate dietro la testa. “Ma a noi cosa cambia? Ci serve la sua testimonianza, mica i suoi testicoli!”

“Ryo!” La donna lo redarguì, sbattendo i piedi e divenendo rossa- copia sputata di Reika quando si innervosiva, prova che erano indubbiamente sorelle.

La poliziotta si lasciò cadere sulla sua sedia, e si massaggiò la fronte, occhi chiusi. “Gli avvocati di Kaibara e Fields sono squali, Ryo. Diranno che se Knife era confuso su chi voleva essere, forse non era nello stato mentale per prendere una testimonianza, che potrebbe aver travisato… e la giuria non lo vedrà per quello che è ma, ma…”

“Ma un pagliaccio, lo so, l’ho capito. Non sono tutti di mentalità aperta come me o Mick.” Ryo sospirò, incrociando le braccia e guardando i suoi piedi. “Ma non posso chiedere ad Erika di testimoniare come uomo… è stata chiara, farlo per lei sarebbe come mentire sotto giuramento, e comunque lei adesso è Erika sotto ogni punto di vista!”

“Dì un po’…” Saeko incrociò le braccia, e fissò il collega alzando un sopracciglio perfetto. “Da quando in qua sei politicamente corretto e di così ampie vedute, Ryo?”

Ryo non le rispose; rimase in silenzio, a fissare il vuoto, pensieroso, e la donna fu quasi del tutto certa di aver visto una lacrima che gli usciva dagli occhi, ma fu solo un attimo, un lieve luccichio alla luce artificiale della lampada, e poi svanì… che si fosse immaginata tutto?

O forse…

La donna avvertì una morsa al cuore mentre si sentiva avvolta da una cappa di tristezza e delusione, emanati da Ryo, che con la mente stava viaggiando a ritroso nel suo passato, nella sua infanzia.

Quando la madre aveva iniziato la relazione con Kaibara, era parso a tutti un uomo responsabile, un giovane imprenditore di successo con idee e talento, ma invece colui in cui in troppi avevano  riposto la loro fiducia aveva finito per deludere le  aspettative di chiunque: dietro la facciata, Shin era uno sporco spacciatore che faceva il suo denaro vendendo morte, e alla fine dei giochi avevano scoperto che l’uomo non era solo parte di quella banda criminale, ma ne era uno dei pilastri.

E per giunta, era un sadico crudele, che si divertiva a far spettacolo col dolore che causava alle sue vittime.

Oh, Ryo…

Saeko sentì forte il desiderio di consolare l’amico, quasi fosse stato ancora quel bambino bisognoso di protezione, ma non lo fece; Ryo non era tipo né da smancerie, né da mostrare i propri sentimenti - per quel  che Saeko ne sapeva, le parole ti amo non gli erano mai uscite di bocca, nemmeno con Kaori. E comunque, nemmeno lei era mai stata eccessivamente prona a gesti di affetto, soprattutto fuori dalle mura domestiche, entro la cui sicurezza si permetteva qualche libertà in più, smettendo anche solo per poco i panni della fredda femme fatale e dell’indomita poliziotta senza macchia né paura.

Ciò però non significava che non comprendesse il dolore del suo caro amico.

Quello per la morte della madre, e il rischio che Hideyuki affrontasse un simile destino- non per mano di un ago, ma di una semiautomatica. La paura che Kaori rimanesse sola al mondo come era accaduto a lui.

Quello per il tradimento di un uomo che, seppure per breve tempo, aveva chiamato papà.  Lo stesso uomo che aveva causato tutto quel dolore. Che ancora lo stava causando.

L’uomo che Ryo aveva contribuito a mettere dietro le sbarre.

L’uomo che adesso rischiava di uscire di galera, ed essere libero. Libero di vivere. Libero di delinquere. Di vendicarsi.

Sospirando, Ryo si alzò in piedi, e si diresse verso la porta; stava per uscire, la mano poggiata sulla maniglia, quando si fermò.

“Magari Jack non era il mio migliore amico, ma eravamo sotto copertura insieme. Ci fidavamo l’uno dell’altro. Lui mi ha guardato le spalle… e quando Kaibara ha sparato a Maki, gli ha salvato la vita mettendo a rischio la sua, proprio come Mick aveva fatto con me.”  Fece un piccolo sorriso, triste, mentre le parole gli uscivano naturali e sincere, il cuore aperto come poche volte. “Lui ci ha guardato le spalle, ed è giusto che il ripaghi il favore, e guardi quelle di Erika.”

“Beh, vorrà dire…” Scrollando le spalle, Saeko sorrise. “Che la procura ed io troveremo un altro modo.”

Il giovane uomo uscì dall’ufficio, e vide, seduta alla scrivania, Erika, che stava parlando con Kaori e Mick. Sorrise, lieto che i due si fossero finalmente incontrati, ricordando il passato, nonostante fosse leggermente seccato dal modo in cui Mick guardava la scollatura della bella rossa cercando di non farsi vedere, nonostante l’anello faraonico che lei portava al dito – o forse proprio per quello. A Mick le sfide erano sempre piaciute e non c’era nulla che gli facesse alzare l’adrenalina come correre dietro a donzelle innamorate di altri e farle cedere, per lui corteggiare una donna impegnata era una tentazione a cui non poteva resistere.

Il locale in riva al mare, che ricordava le balere di certi film francesi dal sapore antico, era colmo dell’odore acre di fumo, alcol e sudore, e paradossalmente, tutto ciò che Ryo voleva era uscire fuori e fumarsi una sigaretta, in pace, accompagnato solo dal suono delle onde che si scagliavano contro il molo e quello delle sirene delle navi che si avvicinavano al porto.

Sussurrò una bugia alla donna seminuda che gli si era avvinghiata, e lasciò il localino per appoggiarsi pigramente contro il muro, il viso alzato con la sigaretta in bocca, a guardare le stelle. Da sud soffiava un venticello tiepido, che gli portò alle narici un odore del tutto particolare, e sorrise, ripensando a casa- e a chi quel profumo gli ricordava, chi per lui era casa: la piccola Kaori, di cui, dopo tanto tempo, gli sembrava di poter ancora sentire il sapore sulle sue labbra.

La porta si aprì, e dal locale uscirono le risate ubriache degli avventori, quelle false delle donne di facili costumi, la musica a tutto volume che faceva scoppiare la testa, l’odore di perdizione che quel luogo emanava.

Ed uscì l’agente dell’FBI con cui Ryo stava lavorando: Jack Knife. Ryo non aveva ancora capito se quel nome fosse vero o solo un soprannome, o magari un nome in codice. 

“Non sapevo che ti piacessero gli uomini…” Jack si accese una sigaretta e si mise accanto a Ryo, stringendo il filtro tra i denti. “Devo preoccuparmi che ci provi con me?”

Ryo lo guardò storto, ritenendo  che non fosse nemmeno degno di una risposta. Tuttavia, il federale nippo-Americano non sembrava intenzionato a desistere, ed anzi, prese ad insistere ancora di più nel pungolare l’agente nell’orgoglio.

“Cos’è, a casa hai la fidanzatina che ti aspetta, Saeba? Paura che si incazzi e ti prenda a martellate se  fingi di metterle le corna con le sgualdrine di Kaibara?” Jack scoppiò a ridere, mentre, invece, a Ryo venne un forte attacco di tosse, nemmeno quella fosse stata la sua prima sigaretta, e volgendo lo sguardo colpevole altrove, arrossì. “Ah, ma allora vedi che ho ragione!”

“Non è la mia ragazza!” Ryo biascicò. “Lei… è la sorella del mio migliore amico. E collega. Ed è giovane. Tanto giovane.”

“Quindi ti piacciono le ragazzine? Non ti facevo così maniaco, quando vuoi sembri pure un bravo ragazzo!”  Jack fece una piccola risata, e poi fu il momento di Ryo di sospirare, mentre si grattava il capo, la sigaretta a terra, spenta col piede.

“Guarda che non è mica una bambina, per chi mi hai preso? Non è così giovane… lei… ha diciotto anni, mica quindici!”

“Ah, una maggiorenne… ma allora, vecchio mio, il problema sei tu!” Jack si mosse verso la staccionata di legno che teneva al sicuro dal mare, e gettò tra i flutti il filtro ormai masticato, poi tornò accanto a Ryo, e gli posò una mano sulla spalla, con fare amichevole. “Sai, alcuni pensano che se si ama veramente una donna fare questo lavoro sia impossibile… io ho una ragazza, ma non credo di essere così innamorato di lei da lasciare questa vita. Però ricordati, solo perché non si è impegnati seriamente, non significa che si possa fare i donnaioli quanto ci pare!”

“Perché, ti sembro un donnaiolo?” Ryo gli domandò, semi-serio.

“In realtà mi sembri uno che di cuori ne ha fatti palpitare tanti, ma anche un uomo innamorato che però non è ancora pronto ad ammetterlo e che si machera dietro l’idea di essere solo attratto da una persona. Fossi in te, vecchio mio, ci penserei due volte prima di dire che ti sei solo preso una cotta per una ragazzina da cui non verrà fuori niente…”

Facendogli l’occhiolino, Jack tornò dentro, e per prima cosa si gettò tra le braccia di una conturbante ballerina esotica… lasciando fuori Ryo a pensare.

“Oh, Ryo!” Kaori saltò in piedi, e con il sorriso sulle labbra si voltò in direzione dell’ex. Ryo non arrossì, tuttavia il suo imbarazzo era ben visibile a chi lo conosceva bene, e che stesse accadendo qualcosa fu da subito ben chiaro a Mick, che da dietro a Kaori gli sorrise con la medesima espressione del celeberrimo Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie, mentre invece Erika si era messa a tirare su col naso, ed aveva gli occhi lucidi, quasi fosse stata intenerita da quello spettacolo ridicolo.

Ryo sospirò, abbassando il capo rassegnato: Erika era davvero una donna a tutti gli effetti- era anche una sognatrice romantica adesso, e l’uomo pregò con tutto se stesso che non volesse mettersi pure a giocare a fare Cupido.

“Ehm…sì?” Ryo iniziò a pensare ad una scusa per allontanarsi; temeva che Kaori, che dopo quel bacio e la notizia della data del matrimonio a malapena gli rivolgeva la parola, avesse scoperto qualcosa di… sconveniente tramite quei due imbecilli patentati, ma poi scrollò il capo con veemenza: non poteva essere così, perché la ragazza era decisamente troppo cordiale!

 “Erika ed io abbiamo avuto un’idea!”

Sbattendo quelle lunga ciglia da cerbiatta, la giovane gli fece un sorriso che… che sembrava preannunciare guai. Non che facesse troppa differenza, però: a Kaori, alla fine, lui non era mai stato in grado di dire di no.

“Non so perché, ma ho la netta impressione che potrebbe non piacermi…” le disse, alzando un sopracciglio. Kaori tuttavia sembrò incupirsi a come lui stava reagendo, e prese a stringersi le dita. Occhi bassi, si morse le labbra, e volse lo sguardo altrove.

Erano nel bel mezzo di una caotica stanza, piena di agenti che lavoravano al meglio delle loro possibilità, eppure era come se fossero soli.

“Noi… io voglio solo aiutarti a metterti Kaibara alle spalle, Ryo.” Gli disse, la voce spezzata, senza guardarlo negli occhi. Eppure, Ryo sapeva che Kaori stava trattenendo a stento le lacrime, e la cosa gli spezzava il cuore. “Lui ti ha tradito, e capisco perché provi odio per lui, ma… ma io non voglio solo aiutarti per vendetta, perché… perché credo che se si combattesse solo per odio e vendetta, presto o tardi si arriverebbe all’autodistruzione. Io invece…vorrei solo che non ci fossero altre persone che debbano soffrire… come te, come me, come Hide… e poi… io ho sempre tenuto molto a te, e anche se adesso non stiamo più insieme, ecco… io desidero esserti ancora amica, Ryo, come una volta.”

Ryo assunse un’espressione pensierosa, ma al contempo serena; sorrideva leggermente, e la guardava in un modo strano, che le fece mancare il fiato… un modo profondo come non aveva mai fatto, neppure quando stavano assieme, quasi le sembrava che lui la stesse controllando ai raggi X, o potesse leggerle dentro.

La destabilizzava, le faceva dimenticare tutto, e la cosa non le piaceva.

Lei non era più sua, non si appartenevano più… ora aveva Shinji nella sua vita, ma a volte era come se una parte di lei volesse accantonare quel pensiero, quella consapevolezza, ed esplorare, anche solo per poco, la possibilità che il loro passato fosse stato diverso.

Che avesse funzionato, tra loro.

Ryo la afferrò per il polso, e la trascinò a sé, lasciandole un casto bacio sulla fronte, che però la accese e la fece improvvisamente divenire consapevole di ogni nervo del suo stesso corpo.

“Grazie, Sugar.” Sussurrò a fior di pelle, le sue parole quasi come fuoco sulla pelle della donna tanto le era stato vicino.

Sugar. Il soprannome che Ryo aveva coniato per lei quando era solo una ragazzina. Solo il sentirlo le accendeva il cuore con la luce ed il calore di milioni di fuochi di artificio, era come se la sua stessa anima esplodesse con la potenza di una supernova.

Una parola, una sola, ed il suo perfetto mondo rischiava di cadere in frantumi ai suoi piedi.

Kaori rimase immobile a fissare il vuoto, mentre Ryo la lasciava andare e raggiungeva Mick ed Erika, che lo guardavano come se sapessero qualcosa che solo loro capivano, come se loro tre condividessero un qualche tipo di segreto. 

“Beh, allora, quale sarebbe questa grande idea?”

 

            “Non riesco a capire…. Alla sbarra no, ma in sala interrogatori sì?” Saeko fissò attraverso il falso specchio l’interrogatorio che stava per iniziare; Sonia Fields, contabile che si era trovata immischiata in un traffico di droga, avrebbe nuovamente visto la persona a cui aveva confessato, tra le lacrime, i suoi peccati e le sue colpe, consegnando nelle mani della giustizia Kaibara.

La porta si aprì, ed in controluce fece la sua entrata una figura possente, eppure dal fisico slanciato. Il suono delle scarpe che facevano scricchiolare il pavimento in vinile era l’unico rumore che si poteva udire in quella quiete surreale.

“Sonia… ne è passato di tempo.” Sonia, le labbra dischiuse in un’espressione di meraviglia, si ritrovò a fissare un uomo Impeccabile, dall’elegantissimo completo grigio, completato da una cravatta blu su camicia bianca, capelli castani tagliati corti e pettinati col gel a creare un falso effetto ribelle: Jack Knife.

“Che tu ci creda o no, vederti è sempre un piacere. La prigione non ha minimamente scalfito la tua bellezza.” La donna assunse un sorrisetto cinico, di circostanza, tirato, ad udire quelle parole, e accavallando le lunghe gambe, fasciate dalla tuta arancione da carcerata, prese a giocare con una ciocca di capelli biondi.

“Non cascherò per un trucchetto del genere due volte, Jack.” Gli rispose, beffarda, fissandosi svogliatamente le unghie; era chiaro che Sonia sapesse muoversi all’interno della galera, che ricevesse favoritismi e avesse chi le copriva le spalle: non c’era un centimetro del suo corpo che non fosse ancora perfetto, a partire dai capelli biondi (tinti di un biondo talmente chiaro da sembrare bianco) fino alla french manicure.

A Sonia non mancava nulla… anzi, una cosa sì, le mancava: la libertà. Buona parte del denaro dell’Unione non era mai stato recuperato, ed era logico pensare che la loro contabile fosse a conoscenza del nascondiglio. Contro di lei non c’erano vere prove, solo sospetti e poi quella fortuita confessione, e se avesse riottenuto la libertà, erano tutti certi che tempo ventiquattro ore l’uccellino avrebbe riempito di contanti le valigie e preso il volo verso qualche isoletta sperduta che fosse al contempo un paradiso fiscale e non concedesse l’estradizione.

“Sonia, ascolta… come anni fa ho ottenuto la tua confessione… è stato imperdonabile. Il modo in cui ho tentato di sedurti… quando ti ho lasciato credere che per noi potesse esistere un futuro se tu fossi stata onesta, è qualcosa di cui mi pento amaramente.”

Seduto accanto a Saeko nella stanza adiacente, Ryo, caviglie incrociate sul tavolo, sorrise beffardo: non c’era che dire, Knife sapeva ancora mentire e manipolare i suoi polli alla perfezione. E per giunta, senza trucco, con un completo maschile e quella guaina super-aderente a celare le forme dono di ormoni e chirurgia plastica, nessuno avrebbe potuto dire di trovarsi davanti una donna – e che donna!

“Una donna come te, costretta a vivere in una minuscola cella… il tuo mondo dovrebbe essere una passerella, non uno squallido carcere.” Knife le rivolse un sorriso affascinante, ammaliante…. Le parole erano come miele, ambrosia, uscivano dalle belle labbra sottili incantandola, esattamente come era accaduto anni prima. Con calcolata ingenuità e titubanza, Knife mosse una mano sul tavolino, andando a coprire quella della donna, che sussultò, mentre lacrime le lasciavano i glaciali occhi azzurri e le gote si imporporavano. “Sonia, adesso capisco che Kaibara ti aveva sempre manipolato, e che  ha cercato di metterti in mezzo per alleggerire la sua posizione… ma tu, tu sei sempre stata una vittima, vero? Vittima di uomini come me e lui che ti hanno usato per ottenere quello che volevano. Tu eri solo una contabile che voleva fare il suo lavoro, si stata trascinata dentro a quella brutta storia contro la tua volontà, e una volta dentro, non ti avrebbero mai permesso di uscirne.”

Sonia si morse le labbra, il capo chino, e rilassò la mano sotto al tocco delicato di Knife; singhiozzando, fece un cenno di assenso col capo così accennato che chi la guardava appena se ne accorse.

“Davvero ci sta cascando? Di nuovo?” Saeko domandò, quasi incredula. Aveva parlato lei stessa con Sonia, nel tentativo di farla nuovamente collaborare, ma la donna si era rimangiata tutto e non voleva sentire ragioni… fredda, cinica, calcolatrice, maliziosa… eppure, era come creta nelle mani di chi già una volta l’aveva portata alla caduta nel baratro.

“Eh, Jack ci sapeva davvero fare con le donne, e pure Erika a quanto pare ci sa fare con il gentil sesso…” Mick sghignazzò, braccia incrociate. “Quando eravamo a Quantico insieme e il venerdì sera andavamo per locali,  ci raccontavamo sempre che gli bastava guardarle per convincerle ad abbassarsi…”

Due paia di occhi presero a fissarlo con ostilità, capendo fin troppo bene dove l’uomo volesse andare a parare, e le due donne presenti all’interrogatorio videoregistrato si schiarirono la gola, fulminandolo, e Mick fece un passo all’indietro, sbattendo la schiena contro il muro, ed ingoiò a vuoto. 

“Non riesco a credere che sia stata Erika ad avere quest’idea… non mi sembrava il tipo da voler mettere i panni dell’uomo, ma dice che dato che si tratta di sala interrogatori e non del banco dei testimoni,” Kaori sorrise, seduta sul tavolo che faceva dondolare le gambe. “Non si tratta di spergiuro, ma di lavoro sotto copertura…. Si sta pure divertendo!”

Ryo le lanciò un’occhiata sorniona, sorridendole sghembo: quando Kaori gli aveva proposto quell’idea l’aveva giudicata malsana, ma doveva ammettere che stava funzionando, e che l’aveva giudicata male, guidato forse dal dolore che provava nel petto all’idea che lei, ora, stesse per diventare definitivamente di qualcun altro- che lei lo avesse rifiutato ancora.

Ed in sala interrogatori, Knife continuava la sua sviolinata.

“Detto tra noi, Sonia, credo che tu mi abbia mentito non solo per compiacermi, ma per alleggerire la posizione di Kaibara... ma non credere nemmeno per un secondo che  lui voglia fare lo stesso per te. Dirà che lo hai sedotto, manipolato, che gli hai fatto firmare documenti senza che lui sapesse cosa fossero. Si inventerà che hai usato un povero vecchio per i tuoi piani… Lo so, Sonia…” Knife prese un profondo sospiro, ed abbassò gli occhi, calcolando il giusto tempo per continuare il suo discorso. “Lo so perché è quello che ci ha detto lui stesso quando ha chiesto un nuovo processo. Ma io lo so, Sonia… tu sei una donna che ha tanto amore da dare, che è stata usata da un vecchio psicopatico maniaco…”

“Dopo tutto quello che ho fatto per lui… tutte le colpe che mi sono presa… come osa…”

La donna scoppiò a piangere, e Knife le strinse la mano, guardandola con dolcezza e comprensione, accogliendo ogni parola pronunciata per ciò che era: una benedizione, la loro fortuna. La garanzia che Shin Kaibara e Sonia Fields sarebbero marciti in una minuscola cella umida fino al giorno che non fossero morti.

L’ennesima confessione.

 

            Un paio di giorni dopo, Ryo e Mick guardarono Erika salire sul treno, ritornata al suo stile da femme fatale; aveva mantenuto i capelli corti, preferendoli ad una parrucca, ma li aveva acconciati in una maniera che la rendeva estremamente sensuale, adottato una piega spettinata e ribelle..

Mentre la guardavano allontanarsi sul convoglio, Ryo girò i tacchi, e si accese una sigaretta, voltandosi verso il vecchio compare. “Beh, e tu rimani qui a rompere ancora a lungo?”

“Eh, che vuoi, a me testimoniare tocca, e per almeno due settimane non sarà il mio turno, e chissà quanto a lungo tutta questa storia andrà avanti…” Mick si limitò a scrollare le spalle, assumendo quella beffarda aria falsamente angelica che era solito stamparsi in faccia quando prendeva un po’ in giro amici e conoscenti (e donne). “Dovrai sopportarmi ancora un po’!”

Appoggiando una mano sulla schiena di Ryo, lo guidò verso un piccolo locale leggermente appartato, da cui proveniva una musica giapponese tradizionale ma soprattutto suoni di risate, ma non quelle tipiche degli ubriachi: erano risate vere, oneste, di gente che si divertiva.

I tavolini erano quasi tutti impegnati, perciò i due detective si appoggiarono pigramente al bancone. Ryo fece segno al barista, vestito anch’egli in maniera tradizionale con un semplice kimono maschile dai toni dell’azzurro, di portargli due bottiglie di birra, e con un leggero inchino l’uomo eseguì.  Stappate le bottiglie ambrate, gli uomini le fecero battere l’una contro l’altra in segno di buon auspicio, sorridendo e ridendo, unendosi alla baldoria degli altri avventori, le schiene appoggiate al bancone mentre loro assaporavano tanto l’alcolico quanto l’atmosfera gioiosa che si godeva dentro il curioso establishment.

“Certo che è davvero carina… un po’ troppo seria, forse, ma decisamente carina, sì….” Mick lo punzecchiò, sorridendo sornione. Aveva una strana luce negli occhi, sembrava quasi che provasse invidia per Ryo, in quel momento. “Sai, quando ci siamo incontrati, anni fa, mi eri subito sembrato, ecco… distruttivo, ma questi ultimi giorni, standoti accanto, non lo, ti ho trovato cambiato, Ryo…”

“Non so di cosa tu stia parlando…” Ryo si mise a guardare altrove, quasi sperasse che l’altro volesse cambiare discorso: ma fu inutile.

“Davvero, Ryo. Sei entrato in polizia per rincorrere quel desiderio di bruciarti, ma credo che qualcuno ti abbia convinto a cambiare… saranno stati i fratelli Makimura… o solo Kaori?” Ryo non rispose; cupo, poggiò la bottiglia sul bancone, e prese a contare le minuscole crepe che decoravano il soffitto come un dedalo di sottili ragnatele. “Perché non le dici che ci tieni ancora a lei, che sai che avete sbagliato a lasciarvi?”

Ancora in silenzio, Ryo si voltò verso l’amico e lo guardò in silenzio - un silenzio che parlava più di mille parole; in quell’istante, era come se Ryo stesse aprendo il suo stesso cuore, spalancando, a Mick, ed era un atto di onestà e fiducia che non avrebbe riservato a nessun altro.

Ma d’altronde, gli altri non lo avevano salvato… non come Mick aveva salvato lui…

“Il tuo patrigno è uno stronzo, Ryo…” Mick sibilò tra atroci fitte di dolore; il viso imperlato dal sudore, era pallido, e sentiva bruciare nel punto in cui gli uomini di Kaibara gli avevano forzatamente somministrato la Polvere degli Angeli.  Sentiva lentamente la lucidità scivolargli tra le dita… ancora poco, e poi sarebbe stato servo del volere folle e atroce di Kaibara, niente di più che una macchina da guerra, il suo soldatino personale.

Non poteva permetterlo: meglio la morte che un destino del genere, e se morendo avesse potuto salvare il suo amico, o anche solo mettere in difficoltà Kaibara… sarebbe stata una bella morte. Una morte degna.

Strisciando  a terra, si avvicinò al quadro comandi della nave carica di droga e armi destinati a tutto il mondo: la rotta era stata fissata, entro poco avrebbero incontrato gli acquirenti, e Kaibara gli avrebbe ordinato di uccidere Ryo come prova dell’efficacia della sostanza, e lui lo avrebbe fatto.

Con mano tremanti, aprì il piccolo sportello metallico, per poi afferrare i fili che vi erano all’interno, tutti insieme. Il suo corpo venne percorso da una scarica di energia elettrica devastante, Mick sentiva di andare a fuoco, ma stavolta non si trattava solo di una semplice sensazione, le sue terminazioni nervose e i muscoli stavano davvero bruciando.

La nave sbandò, per poi arrestarsi improvvisamente, e tra atroci dolori Mick ricadde all’indietro, sorretto da Ryo che era corso in suo aiuto…

“Non si ha sempre quello che si vuole, dalla vita.” Ryo gli disse, enigmatico. Mick fissò i guanti bianchi che indossava da quel giorno, dopo che anche esteticamente le sue mani erano rimaste compromesse durante l’assalto a Kaibara.

Da allora, non era stato più lo stesso… aveva perso tono muscolare ed i nervi erano rimasti irrimediabilmente lesionati, non era nemmeno più in grado di sparare...ormai, faceva solo più lavoro di ufficio, ma non gli bastava più; non chiedeva certo di ritornare ad essere un agente operativo, ma almeno un analista… poter almeno investigare, fare domande… era chiedere troppo?

“Non dirlo a me, Ryo, però, quando si trova qualcosa per cui vale la pena lottare, lo si dovrebbe inseguire, no?”

“Si sposa fra nemmeno tre mesi, Mick…” Ryo sospirò. Tirò fuori dalla tasca della giacca una scatolina, e la posò sul bancone, accanto all’amico. Mick, sollevando un sopracciglio, la aprì: all’interno c’era un anello ed un solo orecchino. “Non so nemmeno perché cavolo li ho tenuti. Kaori ha ragione… noi siamo amici da tanti anni. Dovremmo concentrarci su quello. Ed il lavoro.”

“Ryo, secondo me lo sai benissimo anche tu perché li hai tenuti…” Mick lo prese in giro, dandogli delle leggere pacche consolatorie sulla schiena. “Perché speri di poterle di nuovo dare  questo bell’anello di fidanzamento e potertela sposare tu!”

“No, no, Kaori ha ragione. Kaori ha sempre avuto ragione.” Ryo borbottò; si stava battendo ritmicamente l’indice contro il mento, assorto in pensieri apparentemente seri, nonostante la birra avesse già iniziato a fare effetto e le parole gli uscissero dalla bocca nemmeno fossero stato un flusso di pensieri. “Io non sono fatto per il matrimonio. Non sono capace ad avere una sana vita di coppia. Di letto sì, ma, no, no… le relazioni non fanno per me. Non ho nemmeno mai avuto un buon esempio!”

Mick rimase a bocca aperta; sembrava che Ryo la stesse buttando sul ridere, ma  solo ora capiva che la riapertura di quel caso, il dover testimoniare nuovamente, ricordare quel tempo della sua vita passata, aveva riaperto ferite che non si erano mai rimarginate del tutto.

Quando si erano conosciuti, anni prima, Ryo, nonostante fosse molto legato a Kaori - e avesse confidato a lui e a Jack di provare forse qualcosa di più di una semplice amicizia o affetto fraterno per la bella rossa - era un dongiovanni; un po’ come un marinaio, aveva una donna diversa ovunque andasse.

Ma poi… poi, lui e Kaori si erano avvicinati, e col tempo avevano deciso di darsi una possibilità, ma Mick aveva l’assoluta certezza che fosse stato Ryo stesso a mandare tutto a puttane, ritenendosi indegno dell’amore di lei - incapace di amarla perché nessuno aveva mai amato lui.

Stronzate.

Forse Ryo non aveva conosciuto il classico amore familiare, ma come poteva credere che la famiglia fosse quella delle pubblicità - che esistessero davvero quelle famiglie col papà in completo elegante che prima di andare al lavoro elargiva baci e consigli per la giornata, per leggere poi alla sera le fiabe, e madri con impeccabili vestitini azzurri e gialli che, con tacchi e perle, facevano tutto, dal preparare la colazione al verniciare, il tutto in case impeccabili, luminose, ariose, senza la minima traccia di disordine nonostante la presenza di cane, gatto e pesce rosso.

Va bene, Ryo non aveva avuto una mamma ed un papà amorevoli, ci stava, ma davvero quel cretino non capiva che era circondato da amore ed affetto? Da amici che gli volevano bene come e più che fosse un membro della loro famiglia? Gente che aveva scelto Ryo come suo fratello…

“Vuoi che te lo custodisca io in attesa di tempi migliori, old brother?” Mick lo prese in giro, sorseggiando la fresca bevanda dal collo della bottiglia ambrata.

“Puoi pure tenertelo, se vuoi.” Ryo scrollò le spalle. “A me non serve più.”

Lasciando la scatolina sul bancone, il poliziotto si alzò, e salutò l’amico con un cenno della mano. Mick scrollò il capo, sospirando… Ryo era davvero un caso da manuale, disperato quando voleva.

Con un lieve sorriso sulle labbra, afferrò la scatolina e se la mise in tasca: l’avrebbe tenuta con sé fino a che Ryo non avesse deciso di fare l’uomo e chiedere la mano di Kaori, e stavolta, dicendole la verità - quella verità di cui ormai tutti erano a conoscenza: che l’amava.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: Little Firestar84