«Il
Demonio mi è apparso, più di una volta. Forse lo rifarà … perché non dovrebbe?
Più ci si accosta alla verità, più il Maligno si avvicina a noi per tentarci,
spaventarci. Usa ogni mezzo per distoglierci dalla meta. Sono entrata in
convento da bambina per volontà dei miei genitori, seguivo il percorso
stabilito, senza nutrire una vera Fede ed ero tranquilla.»
La
suora mi scruta con serenità. La voce è ferma, il corpo non freme. Non ha paura
di me.
Bizzarro.
Chi non trema davanti a un inquisitore?
Pure
chi è convocato solo per testimoniare, come questa monaca, ha un sano e
reverenziale timore, come è giusto che sia. Timor
Dei.
Tutti
hanno paura di me, sempre. Incurvati nelle spalle, non riescono a sostenere il
mio sguardo e ruotano gli occhi per tutta la stanza o sorvegliano la porta come
temessero che da un momento all’altro sparisse. Oppure ostentano arroganza e mi
guardano con sfida. Certi buffoni tentano di impressionarmi e minacciano maledizioni.
Forse si illudono di essere i primi ad avere l’idea. Non ha mai funzionato su
di me, nemmeno quando ero agli inizi e il mio compito era solo quello di
trascrivere le dichiarazioni.
Questa
Suor Paola Ruspaggiari, invece, è diversa. Se ne sta
seduta davanti al Consiglio come se fosse in un salotto a ricamare, in
chiacchiere con amiche. È serena, com’è possibile?
Non
si rende conto della situazione, non ci può essere altro motivo.
Oppure
è convinta di essere nel giusto? No, no. Anche i più ostinanti che ho esaminato
non son mai stati tanto pacati.
«Quando
il Dottor Basilio è arrivato in convento, tutto è cambiato. Ci ha insegnato la
Fede. Ci ha insegnato a pregare.»
«Un
medico?»
«Sì.
Proprio come Nostro Signore! Lo abbiam cercato per guarire i corpi e lui ha
curato le nostre anime.»
Che
sguardo ha? Le brillano gli occhi come in contemplazione. Ho già visto uno
sguardo simile, negli uomini e nelle donne innamorate ma questo differisce: è
rapito non in un corpo, bensì in qualcosa di ineffabile … nel … sublime?
Sublime!
No, non posso averlo pensato. Qui stiamo trattando di un’eresia blasfema,
questa povera monaca è stata corrotta, non posso pensare che il suo
straniamento sia un’estasi mistica.
«Basilio
giunse al convento per causa mia. Mi trovavo in stato di morte: ero afflitta da
un’infermità incurabile e, per le sue mani, io fui risanata!»
Un
sorriso radioso che fa apparir stupenda perfino quella dentatura storta e
gialla.
«Le
cure son state lunghe. Lui parlava di Dio e io capii che diceva la verità con
parole acute da spezzare i cuori di sasso. Mi resi conto di essere io
perennemente sviata in cose terrene e così niente facevo di ciò che predicava.»
Un
tremolio nella voce, era ora. Che cosa la turba, però? È senso di colpa: per la
vita passata o per aver prestato orecchio a questo Basilio Albrisio?
«Dopo
ch’io fui guarita e lui se ne andò, io non credevo ad altro che a ciò che avevo
sentito da lui e a comportarmi secondo le sue indicazioni. Il Signore cominciò
a far miracolo in me: la prima ispirazione fu quella di confessarmi a Basilio e
per lungo tempo mi rimase il pensiero nell’animo, senza comunicarlo a nessuno.
Decisi allora di scrivere la mia confessione e non sapevo se anche altre
l’avessero fatta.»
Lacrime?
Sì, sono lacrime quelle righe che luccicano sulle guance, riflettendo i raggi
del Sole che penetrano dalla finestrella.
«Ero,
però, ancora debole e provai vergogna dei miei peccati e quindi ne omisi
alcuni. Durante la confessione della quaresima, Basilio si accorse che non mi
ero confessata del tutto e mi rivelò un peccato che solo Dio sapeva!»
Perché
si stupisce? Lei lo sa già, no? Vuole impressionare me e gli altri giudici?
Oppure sta rivivendo quei momenti nella sua testa? Quel suo sguardo vago è così
frustrante! È pazza o scaltra?
«Io
rimasi grandemente sorpresa, non sapevo cosa dire, eppure il mio cuore era
rivelato, senza ch’io lo sapessi e nessun altro poteva conoscerlo se non Dio.
Così la Fede mi cominciò a crescere.»
Provochiamola,
vediamo come reagisce: «Fede in chi? In Dio o nel Dottor Albrisio?»
«Entrambi.
Non vi è differenza.»
Uno
scatto nervoso della mano del vicario fa rovesciare il boccetto di inchiostro:
«Questa è blasfemia! Attireranno la sciagura su tutta Reggio.»
Meglio
tenere le redini. Non mi piace chi si agita per così poco. D’altra parte sono
stato chiamato apposta per occuparmi della faccenda perché io sono lo
specialista e loro gli improvvisati.
«Abbiamo
già visionato le deposizioni delle altre monache e le lettere che vi
scambiavate con il Dottor Albrisio … quelle che si son salvate dal camino,
almeno.»
Che
razza di incompetenti! È mai possibile che le guardie siano tanto sprovvedute
da perquisire una casa e metterla a soqquadro, senza accorgersi che le prove
che cercavano stavano bruciando nel salotto, sotto lo sguardo del fratello
dell’eretico?
Avrebbero
dovuto imprigionare anche lui per evitare distruggesse altro materiale.
Pazienza, indagherò con i mezzi rimasti.
«Sappiamo
abbastanza della sua convinzione di essere un novello Cristo, approfondiremo
con lui queste follie. Da voi, invece, Suor Paola, mi interessa sapere di più delle
visioni del demonio che sostenete di avere avuto.»
Strilla:
«Lui è venuto a tormentarmi poiché io conosco la verità che voi chiamate
blasfemia.»
Ha
perso il suo sguardo. È rapito ancora, ma non contempla più il divino. Le
pupille trasudano il terrore. Cosa stanno guardando? Che orrori la stanno
tormentando? Perché li vede solo lei?
Ah,
basta, Girolamo, riprendiamoci! Da quando ci facciamo impressionare dagli
interrogati?
«Un
giorno, ero da sola nella mia cella e stavo pregando come mi ha insegnato Basilio.
Un fruscio dietro di me. Mi son voltata ma tutto era normale. Mi sono
concentrata di nuovo nella preghiera. Un altro rumore: qualcosa scorreva in
basso, lungo la parete. Mi son girata certa di vedere un topo e, invece, nulla.
Mi stavo tornando a volgere al crocefisso e un piccolo bagliore ha raggiunto la
coda del mio occhio. Non sapevo più dove guardare. Ruotavo su me stessa per
cercare qualunque cosa stesse correndo per la stanza. Correndo? Oh, no. Non
correndo. Strisciando. Una fiammella sotto il letto. Ho afferrato la brocca con
l’acqua, stavo per gettarla ma dal mio giaciglio era emerso un serpente tutto
di fuoco: il Maledetto. Tanto orribile che svenni.»
Respira
con fatica, il fiato esce a scatti e rumoroso. È impallidita. Non credo stia
mentendo. Lei è convinta di aver visto quell’obbrobrio. Un medico l’ha
visitata? Un medico vero, non un eretico. Potrebbero essere i suoi umori,
squilibrati, a suscitarle allucinazioni.
Se
volessimo, però, ammettere che le si è manifestato un demonio, dovremmo anche
stabilire se esso vuol osteggiare il Dottor Albrisio, com’ella sostiene, o se
piuttosto non è la blasfemia stessa a richiamarlo e nutrirlo.
«Un’altra
volta mi elencò tutti i mali del sacramento, dicendo che non lo stima per niente
e che non ha paura di lui e infatti veniva senza paura. Ripeteva che tutto il
mondo è cosa sua e che lui è padrone di ogni cosa e che, se avesse voluto, mi
avrebbe portata via. Una sera volevo scrivere una confessione dei miei peccati
da mandare a Basilio, ma il Maligno è tornato e mi tormentava con parole e
minacce, come fumo si avvolgeva attorno al mio collo e mi soffocava. Per 7 ore
sono rimasta in sua balia, finché una delle mie compagne non è sopraggiunta e
con le sue preghiere l’ha scacciato. Un’altra volta pure, minacciava di
gettarmi dalle scale e ci sarebbe riuscito, se fossi rimasta sola, ma per
fortuna una delle mie sorelle si è avvicinata.»
«Dunque
voi non siete sola ad aver avuto queste visioni. Le vostre sorelle, che avete
appena nominato, vedevano la manifestazione da voi descritta, oppure vi
trovavano delirante?»
Se
risponde con chiarezza, ci toglie ogni dubbio circa la concretezza
dell’apparizione.
Ha
aggrottato la fronte, stinge i denti. Gli occhi infossati mi fissano con
furore: «Voi non credete perché appartenete alla Chiesa corrotta e voi stessi
siete in mano a Satana. Voi ignorate la verità a tal punto che vi spaventa e la
perseguitate.»
Il
Vicario Vacca scuote il capo, lo sdegno gli arriccia le labbra: «La verità? E
la saprebbe dunque un medico? Un uomo colto, senza dubbio, ma lontano da Dio.»
Ride
e molti si uniscono al suo disprezzo. Io preferisco non mostrare mai le mie
emozioni agli interrogati, tanto meno schernirli. Sono molto più collaborativi,
quando si credono rispettati.
Vediamo
di arrivarci in fondo: «Ci sono altri episodi che deve riferirci?»
«Sì,
uno. L’ultimo. Risus abundat in ore stultorum. Se aprirete i vostri cuori, se siete pronti
ad abbracciare la vera Fede, ascoltando queste mie parole vedrete quanto il
Diavolo tema Basilio.» d’improvviso si è fatta solenne «Ero china a pregare in
una cappella. Passi rimbombarono per la navata, non vi feci caso. Era qualche
altra suora, mi dissi, era naturale. I passi si arrestarono proprio dietro di
me. Una voce, un gracchio polveroso, mi chiamò per nome. Mi voltai. Un grido
scappò dalla mia bocca: innanzi a me un corpo putrido, indossava abiti da
nobile con catene d’oro e gioielli, perle e gemme, ma emanava un odore
nauseabondo. La pelle grigia era scrostata qua e là dalle carni scavate con
discontinuità. Là si vedeva un pezzo d’osso, lì vermi si agitavano. Solo il
viso era intatto. No, quasi, le orbite erano vuote: fosse nere in mezzo al
grigio. Un morto si era alzato dalla sua tomba e mi aveva cercata.»
«Era
un demonio?»
«Era
il Maledetto. Mi ha ordinato di prepararmi alla morte, di smetterla di pregare
per gli altri poiché ogni uomo è suo. Sì, anche voi che mi state compatendo,
anche voi che giudicherete Basilio, anche voi che vi credete pii, in realtà
appartenete a Lucifero. Lui si è accorto di quel che sta accadendo qui. Ha
scatenato voi per fermare Basilio, per impedirgli di compiere il grande dovere
che lo attende. Voi siete strumenti del Maligno.»
Il
Vicario ancora sbotta, addirittura si leva in piedi: «Questa è un’offesa che
dev’essere purgata.»
«Placatevi.»
interviene un uomo piuttosto anziano «Suor Paola, così come le altre monache,
non è inquisita, bensì una testimone. Deve aiutarci a capire la natura
dell’eresia di Albrisio. È una vittima e noi abbiamo il dovere di salvarla.»
Quest’uomo
parla bene, assai assennato. Chi è? … Ah, già, Malaguzzi. Dobbiamo farci due
chiacchiere dopo. Da come l’ho sentito riferirsi all’imputato, ho l’impressione
che lo conosca piuttosto bene, magari potrà aiutarci a comprenderlo.
La
suora continua a scrutarci con furente disprezzo: «Tacete e ascoltate. In
quella funerea sembianza mi ha ordinato: “Manda a dire a Basilio che mi lasci
stare; se non lo farà, gliene farò venire io la voglia.”» è passata a un’aria
di sfida «Basilio non ha smesso di combatterlo e siete arrivati voi.»
Il
Vicario sbuffa: «Ho sentito abbastanza.»
«Io
no. Un’ultima domanda, Suor Paola, poi potrete tornare dalle vostre consorelle
di Santa Chiara. Avete mai scacciato i diavoli? Con quali metodi?”
«Vi
sono riuscita talvolta da sola, sì. Quando ho imparato per bene le preghiere
che Basilio ci prescriveva.»
«Potete
farcene sentire una? Se voi avete ragione, l’orazione aiuterà tutti quanti a
liberarsi da ogni funesta presenza.»
Il
viso si rilassa, le labbra le tremano. Annuisce convinta.
Sentiamo.
«Imperet tibi Deus, o maledicte Satana, così ti comandi Dio onnipotente in
imperio grande sopra di te, o maledetto Satan che tu
lasci star tutto il mondo con tutti questi contradicenti,
che tu lasci stare queste dodici figliuole con l’Angelo Gabriele, et venghi qua nel deserto avante al tribunal de la Trinità er
Unità di Dio al tremebondo giusto giudicio suo, et la giusta pugna con il cricifisso
in forma di serpente. O ribaldo, che puoi tu più fare? Non hai tu la gloria persin qui, che tanto secreto sacrato para un insonnio et una illusione da
tutti schernito profanato et biastemato?
A te mi rivolgo, Trinità altissima et unità di Dio,
procura l’honore del tremebondo giusto giudicio tuo del tribunal tuo, che non lo possia scappare ancora Satan
maledetto, il quale tu vedi quanto si sforza si fugere
il giudicio tuo, reiterandosi al giudicio
fallace delli huomini. Chiudegli la bocca, signore, che non possia
più parlare, et sia sforzato di tutta ragione venir
qui al deserto, al tribunal tuo, al tremebondo giudicio
tuo, a la giusta pugna con il crucifisso in forma di
serpente. Amen. Amen. Amen. Cristo diviso in Basilio et
in Maria. Amen.»
Il
mio cuore martella, tutto il petto pulsa rapido. Le narici si contraggono a
scatti e irregolari. Luce. Ho bisogno di luce, di vedere il cielo. Ma non
riesco a distogliere lo sguardo dalla monaca e non mi pare di vederla. È lì, lo
so, la vedo, ma è come se un velo di nebbia gelata fosse calato sui miei occhi.
Ho
già letto questa e altre simili preghiere, tra le carte sequestrate. Mi han
fatto sorridere. Il tentativo di ricalcare le scritture e di adattarle è
evidente. Sentirla pronunciare, però, è tutt’altra cosa. Il fervore della suora
rendeva ogni parola tremenda e accendeva brividi che mi han attraversato la
schiena.
Non
voglio più parlarle. Non oggi almeno. Fatela uscire.
Ecco,
appena la porta si richiude dietro di lei, un peso s’allontana dal mio petto.
L’aria fluisce tranquilla nel naso. C’è più luce?
Sì,
ora che se n’è uscita, mi sento meglio. Perché quell’improvvisa angoscia?
I
testi li avevo già analizzati, nulla di nuovo, nulla di impressionante. Perché
allora la voce e il tono della suora li hanno completamente tramutati? Erano le
medesime parole ma mi hanno atterrito.
Dev’essere
la stanchezza, dopo ore e ore passate a interrogare monache.
Comunico
al Vicario Vacca che per oggi è sufficiente. Riprenderemo domani.
Mi
alzo in piedi. Intreccio le dita sopra la mia testa e mi stiracchio per bene
braccia e schiena. Non voglio vedere una sedia almeno fino a cena.
Lasciamo
la stanza e ognuno chiacchiera con almeno un compagno e ci si disperde per il
palazzo vescovile. Il Vicario mi chiede che ne penso. Non mi va ancora di
esprimermi, per cui gli consiglio di pensare ai suoi compiti, visto che gli
interrogatori lo hanno privato già di parecchie ore di lavoro.
Imbocco
la scalinata in pietra che scende al cortile. Qualche gradino più in basso, il
Malaguzzi procede solo, stringe il palmo al corrimano e cala piano i piedi. Solleva
la gamba per il nuovo passo e gli trema, ondeggia un poco e si adagia.
Lo
affianco e gli porgo il braccio. Mi sorride e accetta volentieri il mio aiuto.
«Messer
Ippolito, giusto?» annuisce «Vorrei farvi qualche domanda. Voi conoscete bene
il Dottor Albrisio? Mi pare siate quasi coetanei. Ha mai avuto tendenze al
misticismo o bizzarrie?»
Un
lungo e stanco sospiro: «Sì, siamo stati amici, o quasi. Io ho 58 anni, pochini
in più di lui. Le nostre famiglie appartenevano alla medesima fazione, quando
ancora le parti si scontravano. Eravamo bambini, ragazzini poi. Giocavamo
assieme. Lui ha seguito il mestiere della sua famiglia ed è diventato medico,
io ho continuato la tradizione della mia con la Legge e il commercio di sete,
carta, spezie. Da adulti, le occasioni in cui ci vedevamo erano proprio quando
veniva a comprare le erbe per i medicamenti, nella mia bottega in piazza, la
teniamo da oltre un secolo.»
È
fiero delle sue origini, l’orgoglio gli raddrizza la schiena e accende le
pupille. Non mi interessa granché il suo casato ma non interrompiamolo. Ci sta
dicendo quanto speriamo, pazienza per qualche noticella
in più. Poi, chissà, magari ci tornerà utile.
«Basilio
non si è mai interessato alla religione, almeno fino a 12 anni fa, circa,
quando ha iniziato a leggere libri particolari, ma non saprei di più.»
Di
libri ne abbiamo sequestrati, ci sono testi di Gioacchino da Fiore, ma le
posizioni di quest’eretico mi sembrano diverse. Vi è un volume con dei disegni
meravigliosi, me lo sono tenuto da parte per esaminarlo con calma.
«Avete
nominato scontri. Le normali baruffe o qualcosa di più?»
Ippolito
sospira e guarda altrove, prende tempo. Si sfrega il pollice della mano libera
con le altre dita. I ricordi lo turbano?
«Una
faida, anche molto politica. In 13 anni ha lasciato oltre 70 morti per le
strade. Mio fratello ha rischiato di entrare in quel numero. Sia sempre
ringraziato il Dio che non ha reso mortale quelle coltellate alla gola. È stato
ucciso … massacrato, un governatore in Duomo, durante la messa. Non era la
migliore delle persone, anzi, sapeva suscitare odio, ma l’omicidio in chiesa è
troppo sacrilego. Ci sono stati saccheggi, palazzi bruciati. Noi Malaguzzi
eravamo più esposti degli Albrisio, ma anche loro hanno subito le conseguenze.
Non è facile essere fanciulli in un clima tanto violento. Pensate che,
addirittura, accanto alle porte di casa, chi era neutrale faceva murare una
piastrella che dichiarava: Pars Mea Deus. Credo che chiunque abbia vissuto quegli anni
si stia portando dietro ancora i segni. Per alcuni sono cicatrici, per altri
tagli che non si sono mai chiusi del tutto.»
Non
aggiunge altro. Tiene d’occhio le scale. Dopo l’ultimo gradino, lo ringrazio e
lo saluto.
Voglio
farmi una bella passeggiata e riflettere. Chissà, forse questo Albrisio ha
sempre vissuto nella paura. Il clima generato dalla faida potrebbe non averlo
mai abbandonato e a un certo punto ha cercato di combattere l’ansia perenne con
questa sua assurda ed eretica convinzione.
Bah.
Credersi un secondo Cristo, proclamare Reggio nuova Betlemme … certo che questo
1559 inizia con un caso proprio interessante.
Oh,
accidenti. Ho dimenticato di chiedere a Suor Paola di quell’Angelo Gabriele che
tutte le altre undici monache coinvolte hanno nominato. Lei ne ha fatto cenno
nella preghiera, se non sbaglio. È strano, ne parlano come fosse una persona in
carne e ossa con cui hanno avuto a che fare.
Ricapitoliamo:
un medico che si sente Messia, dodici suore diventano i suoi apostoli per
espiare i peccati della Chiesa e un arcangelo che vive in mezzo a noi.
Caro
Girolamo Volta, l’inquisizione ti ha affidato una matassa bella aggrovigliata
da dipanare.
Via,
fosse anche il nodo gordiano, ne verremo a capo … e non come Alessandro Magno.