Numero di parole: 229
#10 Tatuaggio
Diventare uno Sheikah voleva dire essere un’ombra.
Le ombre combattono senza far rumore e si dissolvono di fronte alla Luce, quando i demoni della notte si dileguano nelle fessure e le grida dei morti si acquietano sino al crepuscolo successivo.
Sheikah voleva dire sacrificio. I tormenti e le ferite di un’ombra non hanno peso a cospetto della Luce, poiché non si può scacciare il Male col buio.
Sette anni di assiduo addestramento avevano fatto di lui un guerriero: il giorno in cui aveva giurato fedeltà alla stirpe l’occhio della verità era diventato parte della sua stessa carne, e lui era rinato come una fenice dalle ceneri di un guscio arido e vuoto. Un guscio marcio di pelle e ossa e doveri e menzogne e abiti e feste e sorrisi e Luce e occhi e grida e voci e un corpo che vede donna quando urla uomo e un incarico tanto appariscente quanto sterile.
Un nome era stato dimenticato.
Per il tatuaggio fu già pronto a quattordici anni, e il dolore che provò quella volta fu il più dolce della sua vita.
Essere uno Sheikah voleva dire diventare un’ombra, e Sheik – che nell’ombra era nato e nell’ombra aveva sempre vissuto- si girò di schiena, mostrando svettante tra i residui di pelle e sangue la grande lacrima, simbolo di quel popolo che era Suo più di ogni altra cosa al mondo.