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Autore: Aky ivanov    21/10/2021    0 recensioni
Alle volte, la vita da cui cerchi di scappare è quella a cui ti aggrappi.
Quella che ami.
[Sono presenti alcuni riferimenti alla famiglia Mitsuya]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luna Mitsuya, Mana Mitsuya, Takashi Mitsuya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solita routine

Fanart credits: https://twitter.com/hiramughirahimu/status/1430855215519911942?s=20

 

«Latte, uova, farina, detersivo per i piatti…»

Takashi batté pensieroso la punta della penna sul post-it attaccato al frigorifero gettando oblique occhiate all’interno della stretta cucina. Il cuociriso borbottava sul bancone insieme alla pentola con lo stufato per la sera, mescolando i profumi speziati con quelli dolci dei dorayaki appena preparati in attesa di raffreddarsi.

«Luna sbrigati, la colazione è pronta!» la voce chiara risuonò nel caotico ambiente unito alla sala tra vestiti spiegazzati appesi davanti la piccola stufa e pentole varie in attesa nel lavello «È la quarta volta che ti chiamo! Alla prossima vengo a prenderti di peso!»

La punta inchiostrata toccò un’ultima volta il foglietto venendo riposta con uno sbuffo. Cosa dovesse prendere al supermercato oltre alla lista già stilata era ormai uno dei misteri dell’universo. Ignoto e dalla dubbia risposta.

Il bagnoschiuma per le sue sorelle?

Verdure per la cena?

Una cosa chiesta da sua madre?

La probabilità più altra ricadeva sull’ultima opzione, quella irreperibile fino alle venti quando ormai eventuali negozietti sarebbero stati chiusi. Difatti, rammentava vagamente una richiesta fattagli all’alba prima di vederla correre via per il lavoro, in un momento in cui era stato più attirato dall’aroma della caffeina che dalle parole. Gli occhi appena aperti e il mondo dei sogni un passo indietro, impegnato a chiedersi se la voce udita fosse realmente della sua genitrice o i rimasugli del vocione di Draken della riunione della sera precedente.

Il cervello occupato sull’inutile piuttosto che l’utile.

Rimuginando sulla questione arrotolò le maniche della camicia desideroso di diminuire la catasta di utensili presente nel lavandino il più presto possibile. Le otto erano quasi arrivate, una delle sue sorelle era dispersa nei restanti quindici metri quadri della casa e il pomeriggio aveva già un cospicuo elenco di impegni. Non era il caso di trascinarsene altri.

Il rumore delle stoviglie nell’acqua saponata echeggiò nella stanza per svariati minuti intervallati dallo smanettare di piatti e bicchieri di Mana accomodata al kotatsu* con il suo succo di frutta e i cartoni animati in televisione. La tamagoyaki** mangiucchiata rispetto a quella della sorella ancora intatta e fumante.

«Luna!»

Quando anche l’ultimo piatto fu posto a sgocciolare Takashi slegò il grembiule avvicinandosi alla porta della cucina su cui sostò alcuni secondi incerto l’indice e il medio puntati sui suoi occhi poi su quelli della bambina seduta al tavolo in un silenzioso ammonimento.
Non voleva trovare nuovamente pezzi di frittata in giro come l’ultima volta, né una guerra innescata con il televisore per accompagnare lo scontro dei guerrieri.

«Luna! Ancora non sei pronta?»

Imboccò il corridoio da cui raccolse uno dei pochi giocattoli abbandonati in un angolo, una vecchia macchinina dipinta di rosa da Luna, ed aprì la porta della cameretta condivisa trovando la suddetta bambina appena vestita in piedi davanti lo specchio. Una mano a sistemare la maglietta e l’altra impegnata a tirar via la spazzola impigliata in un groviglio informe nei capelli.

«Fratellone…»

Il piagnucolio insoddisfatto coprì ogni possibile rimprovero per quel ritardo, spingendolo ad inginocchiarsi sul pavimento e a far ruotare la bambina di spalle con un sorrisetto rassegnato. Se non dava problemi una, ci pensava l’altra, in una sorta di cambio infinito che in un modo o nell’altro lo spingevano ogni mattina a fare la maratona per raggiungere la sua scuola dopo averle accompagnate.

«Su, su, non fare quella faccia»

Afferrata la spazzola delicatamente cercò di districare le ciocche chiare dal buffo e contorto girotondo attorno alle setole, in un ingarbuglio degno di un gatto con un gomitolo di lana.

«Accidenti, come hai fatto a incasinarli così?» una domanda retorica, un’osservazione parzialmente divertita diretta più a sé stesso che alla bambina sull’orlo delle lacrime rivolta allo specchio «Ti avevo detto di chiamarmi se ti serviva una mano»

«Ma eri impegnato in cucina»

«Si possono fare più cose contemporaneamente»

Sorrise oltre le piccole spalle mostrando vittorioso la spazzola ormai libera dall’incatenamento in pochi semplici passaggi una volta individuato il problema. Un gesto fatto innumerevoli volte tanto da divenire familiare, un giorno avrebbe potuto pensare di far crescere i propri per mettere a frutto quelle abilità.

«È stato facile, no?»

A gambe sovrapposte suddivise la folta chioma in una perfetta riga verticale per pettinare separatamente i due blocchi di capelli, non riuscendo però a far svanire l’espressione mogia dal volto della sorellina. Luna continuava a lisciarsi le balze della gonnellina più interessate alla scheggiatura nel pavimento che a lui.

«Luna cosa c’è?»

Il primo codino con la simpatica fragolina sulla molla venne tirato su a destra. I capelli cascanti arricciati alle punte dondolarono nell’aria mentre le dita snodavano quelli a sinistra.

«La stella si è rotta…»

Takashi inclinò la testa per specchiarsi a sua volta negli occhietti limpidi come i suoi, diretti a guardare con molta attenzione un angolo della camera. Sistemato il secondo codino in linea impeccabile con il precedente diresse a sua volta i passi verso l’oggetto incriminato: una sciarpa blu notte decorata con i ricami di un cielo stellato fattole per il precedente compleanno. Individuando la causa del problema nel filo di lana d’oro usuratosi con il tempo ora penzolante e sfilacciato lungo tutto il bordo e non più una macchia dorata del firmamento.

«Ehi, non è successo nulla» portò con sé la sciarpa accucciandosi difronte alla bambina, la mano sulla testolina perfettamente ordinata in un’amorevole carezza «La sistemo in un attimo dopo la scuola. Stasera sarà come nuova, promesso!»

Il sorriso rassicurante sembrò placare l’ondata di pianto, la fila di denti bianchi messa in mostra venne ben presto accompagnata da una più piccola e insicura con un incisivo mancante. Luna strofinò freneticamente le palpebre inumidite fiondandosi con rinnovata energia verso la cucina, ignorando ogni ammonimento sul non correre o portare di là gli zainetti.

«Come non detto…»

Abbandonata la camera che nel pomeriggio avrebbe necessitato di una pulizia extra, di primo acchito Takashi non si rese conto dell’improvviso silenzio sgorgato al suo ritorno. Soltanto dopo aver posato i due zainetti sul divano ed aver sollevato gli occhi verso il tavolo da pranzo aveva notato Luna intenta a combattere una battaglia personale, quella contro l’attacco di risate soffocate dalle manine premute davanti la bocca ma persa dalla coda degli occhi all’insù.

Takashi avrebbe voluto ridere in egual modo.

Mana, gli occhietti spalancati per essere stata colta in fragrante aveva infilato tutto ciò che restava del dorayaki nella sua bocca. Metà dolcetto introdotto in una cavità orale che poteva contenerne un quarto, spingendo lei a masticare freneticamente per non restare strozzata e lui a pregare internamente di non dover eseguire alcuna manovra di Heimlich per un singolo attimo di distrazione.

La sua morte non gliel’avrebbe provocata un membro di una gang, bensì una delle sue casiniste sorelline. Sicuro.

«Mana, mastica piano!»

«Secondo me sputerà tutto…»

«No! Mana ferma! Non toccare l-»

Troppo tardi.

Takeshi osservò sconfortato le piccole dita pasticciate dalla crema del dolce lasciare il loro indelebile segno sulla coperta del kotatsu. D’istinto afferrò uno degli stracci tamponando le tre strisce di cioccolato simili ad artigli infangati versandoci sopra dell’acqua per non far asciugare la macchia. Acqua e limone oppure il bicarbonato, uno dei tanti rimedi sarebbe andato bene se il timer del tostapane non fosse scattato insieme al tintinnio sonante del riso cotto a puntino, non facendosi mancare nemmeno il campanello con il postino.

«Non è proprio giornata…»

Borbottando sottovoce rifilò il suo miglior sorriso cordiale al portalettere assicurandosi di avere entrambe le sorelle sane e salve senza cibo incastrato in gola prima di rivolgersi a loro. In particolare, a Mana che trangugiava il suo succo d’arancia.

«Mana» richiamò burbero la bambina con le mani sui fianchi inclinandosi verso di lei, in una posa decisamente fuori luogo per lui «I dorayaki erano la merenda per oggi pomeriggio, non dovevi mangiarli ora…lo sai che non sono per la colazione»

«Scusa…pensavo che uno potessi prenderlo»

Mana mormorò le sue scuse con le manine strette sulla pancia, gli occhietti acquosi e il labbro inferiore sporto in avanti. Tremolante, sul procinto di mettere in moto il resto dei muscoli facciali verso una destinazione che Takashi non voleva vedere.

Erano lacrime finte, da coccodrillo.

La bocca vibrò insistentemente, le prime goccioline ballonzolarono sotto la palpebra. Luna smise di ridacchiare accostandosi alla sorellina per lasciarle maldestre pacche sulla testolina arruffata guardando lui in cerca di aiuto.

Takeshi sbuffò platealmente mormorando una minimizzazione qualunque diretto al bancone della cucina. Era una tattica, Mana non sarebbe arrivata sul mobile nemmeno salendo sullo sgabello mentre Luna sì. Se avessero avuto più soldi glieli avrebbe preparati tutti i giorni senza dover fare quelle inutili scenate.

Come poteva negare loro un dolcetto?

Aprì il cuociriso senza dar segno di aver contato i dorayaki nel piatto con l’ennesimo sospiro della giornata non ancora iniziata. Ne aveva cotti sei e ne restavano quattro.

Lo avevano fregato, di nuovo.

Trattenne un ghigno divertito agli occhi silenziosi puntati sulla schiena. Poteva immaginarle ferme e timorose, in attesa di capire se l’avessero fatto arrabbiare seriamente per la prima volta. Incapaci di realizzare che ne aveva preparati appositamente due superflui da aggiungere al loro pranzo a sacco in previsioni di quella richiesta. La sua compagna di classe non aveva sentito spiegazioni pagandogli la maglietta confezionata più di quanto realmente valesse, concedendogli quei pochi spiccioli in più per comprare gli ingredienti.

Anche se non aveva considerato il furto preventivo delle due, a metà aveva vinto pure lui.

Riempì i due bentō con il riso e il pesce grigliato nei vani più grandi, aggiungendo il contorno fantasioso negli spazi più piccoli. Palline di riso dalla forma schiacciata decorata con pezzi di carote per le orecchie e il naso, un pretesto messo a punto per far mangiare le verdure alle due piuttosto riluttanti al riguardo.

«Forza, mettete questo negli zainetti!»

Luna afferrò per prima il contenitore a forma di panda svanendo oltre la cucina, seguita da Mana con la bocca ancora affogata nel cioccolato sbrodolato e una manina alzata titubante verso di lui stretta attorno a mollette colorate.

«Leghi i capelli anche a me?»

Takashi arricciò gli angoli della bocca in un sorrisetto sghembo abbassandosi alla sua altezza, il mento sul palmo e il gomito sul ginocchio. Non gli serviva alzare la voce, per almeno due minuti a settimana capitava la piccola gioia di vederle più calme e tranquille del solito.

«Come Luna?»

«No!» la prima breccia nella coltre di calma, il primo accenno del carattere peperino ritornato a galla alla tregua scovata «Io voglio la treccia! Quella bella che sai fare solo tu!»

Ruffiana.

Le ciglia a malapena visibili sbatterono civettuole enfatizzando l’arcata delle braccia sollevate nell’aria verso di lui. Il sorrisetto sbarazzino indugiò sul visino fintamente innocente, ampliato di pari passo con la sua serietà venuta meno.

«Dai, vieni qui»

Senza farselo ripetere due volte Mana si lasciò cadere sulle sue gambe incrociate inclinando la testolina in avanti per facilitargli il compito. Takashi schioccò la lingua in un’osservazione ironica taciuta raccogliendo i capelli nell’attaccatura in alto, una ciocca a destra e una sinistra sovrapposta di volta in volta a quella centrale.

«Ferma, altrimenti ti tirerai i capelli da sola»

Mana ridacchiò accovacciata nel suo grembo scalciando le gambe come se avesse fatto la battuta più divertente del mondo, consapevole che le dita lasciate scorrere dietro l’orecchio le facevano il solletico mentre abilmente intrecciavano i capelli in una treccia perfetta ingrandita dal resto dei capelli rimasti liberi.

«Kyaaa!»

L’elastico vibrò fra le labbra di Takashi socchiuse in un mormorio sorpreso mentre le braccia di Luna gettatasi sulla sua schiena gli circondarono il collo in un abbraccio soffocante. Noncurante del peso aggiuntivo strinse alla base della treccia ultimata la molla rossa a forma d’orsetto, bloccando in uno scatto le manine congiunte della piovra balzata sulle spalle.

«Ti ho preso!» esultò divertito ruotando la testa per osservare la sua assalitrice in volto che non stava nemmeno provando a ritirare a sé i propri arti «Ora come scapperai?»

In risposta le piccole labbra di Luna schioccarono sulla sua guancia, in un bacetto rumoroso accompagnato da un secondo appiccicaticcio sull’altra guancia datogli da Mana ancora accoccolata davanti a lui. Il profumo d’albicocca del bagnoschiuma infantile penetrò nel naso, le risate giocose gli ruppero un timpano e la camicia della divisa finì spiegazzata.

Lo aveva capito dopo la sua prima fuga, la vita da cui aveva cercato di scappare era quella a cui si era aggrappo con tutte le sue forze.
Quella che amava e che nonostante i problemi non avrebbe mai scambiato per nessun’altra.

 

Takashi ignorò l’orologio e la cioccolata diffusa a chiazze tra la sua guancia e il mento attirando entrambe le piccole pesti sulle gambe. Le braccia ancorate attorno i loro busti e le dita solleticanti lasciate scorrere dai fianchi al collo, generando scrosci di risate e calci volanti che non gli provocarono il minimo fastidio.


Erano sempre in ritardo, un giorno in più non avrebbe fatto la differenza.


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Note finali

* Kotatsu: è il telaio in legno di un basso tavolino, sopra il quale viene posto un Futon o una pesante coperta.

** Tamagoyaki: l'omelette giapponese che si prepara con uova, salsa di soia e pizzico di zucchero per farla gonfia

Ok, cambio di fandom, vengo a scrivere nella sezione ancora inesistente sul sito! xD

Non sono riuscita a trattenermi, mi sono innamorata del personaggio di Mitsuya nelle prime apparizioni dell’anime e dopo averiniziato il manga (non potevo aspettare l’uscita della seconda serie o.o) posso dire che ormai stravedo per lui, è il mio personaggio preferito e come accade sempre…finisce per essere tormentato da me nelle mie fanfiction ahahah.

Spero tanto d vedere altre storie di Tokyo Revengers su EFP *^*

 

Alla prossima,

Aky

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Ken Wakui, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

   
 
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