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Autore: _Nausica    22/10/2021    6 recensioni
Rose Weasley.
Caos e confusione
È il panorama di sempre tra il groviglio indefinito di cugini che la intrecciano in una trama già scritta, e il sigillo di due genitori già brillanti. Un nome incandescente che rischia di plasmarla nel magma dell’anonimia.
Caos e confusione.
È la paura di lasciarsi sommergere dal disordine che le appartiene.
Sembrerà più facile essere trasportata in un mondo dove realtà e inganno si confondono, e quel confine tra fragilità e orgoglio sarà messo a dura prova dal ragazzo, odiato e amato, che irromperà nella sua vita. Costretta ad affrontare quel gioco semplice e affascinante dell’essere in due, farà emergere dal caos il suo significato, il suo reale contenuto.
Finché anche Scorpius Malfoy prenderà forma dentro sé
Dal testo
Il getto di acqua calda la tranquillizzò. Poi le ricordò il calore dei vapori di quella sera impregnare la camicia di Scorpius e spingerla contro il suo petto sicuro; i capelli biondi ricadere sul volto imbronciato; gocce d’acqua accarezzare i suoi lineamenti, seguire il profilo del naso, lambire le labbra sottili.
Avvertì pressione sulle cosce, lì dove lui l’aveva afferrata per lasciarsi imprigionare dalle sue gambe. Per avere la possibilità di toccarla.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Crepita, la vita, brucia istanti feroci e negli occhi di chi passa anche solo a venti metri da lì
non è che un'immagine come un'altra,
senza suono e senza storia.




CAPITOLO XX
 

 
Hanyauku


 
Scorpius le dava le spalle, aveva le dita di una mano leggere sui dorsi dei libri ai limiti dello scaffale e l’altra mano bassa e ferma sulla bacchetta.
Rose aveva lasciato pazientemente che lui si irrigidisse e abbandonasse i suoi fianchi delusi, mentre qualcosa le pulsava dentro, e l’umida attesa lasciava il posto alla perplessità.
L'odore acre di muffa le solleticava il naso, gli occhi iniziavano a bagnarsi per la polvere e la nausea. Non impiegò molto a chiedersi cosa l'avesse spinta a rintanarsi in un anfratto in compagnia di quel ragazzo alto e biondissimo che ora guardava rigido un punto imprecisato.
Lo sentì sospirare nel buio, ne individuò il profilo, ne cercò lo sguardo, lo stesso suo sguardo perso e contrito di chi teme che qualcosa non sia andata nel verso giusto. Scorpius Malfoy era preoccupato, lo capiva dal suo silenzio denso di un respiro affannato che ricerca il suo equilibrio, e di guance arrossate, lasciate spegnersi al pallore di sempre.
  «C’è qualcuno» aveva ripetuto come a porle una domanda.
Il volto era contratto in emozioni istantanee che lo macchiavano a intermittenza, dando appena il tempo a Rose di decifrarne una e subito questa retrocedeva per fare spazio a una nuova smorfia. Era un discorso, una lotta che Scorpius stava tenendo dentro di sé e che il viso provava a riassumere.
  «Hai qualche difficoltà, Malfoy?»
Non seppe spiegare perché la propria voce risuonasse così altera, e solo quando il ragazzo piegò uno sguardo intenso su di lei capì quanto le risultasse facile apparire velenosa. Era irritata da quella pausa e cominciava a chiedersi per quale ragione lui l’avesse condotta nell’anfratto polveroso di un luogo pubblico, se fosse tanto suscettibile a tenui manifestazioni di vita.
La guardò come se si fosse appena reso conto di averla lasciata lì, in attesa. Poi i passi tornarono più vicini e le voci più nitide, tanto da poter distinguere un suono maschile e uno femminile profondo e severo, in quello che altrimenti sarebbe sembrato un unico mormorio.
Scorpius Malfoy si dimenticò nuovamente di Rose, tornò tetro e confuso, poi incredulo. Lanciò uno sguardo ostinato ad uno dei grandi orologi a pendolo posti ad ogni incrocio del corridoio: quello che segnava le 5 del pomeriggio in Rune Antiche era l’unico alla portata della loro visuale.
In un primo momento Rose interpretò lo sguardo sgomento del ragazzo come irritazione per la propria incapacità di decifrare i segni antichi, poi si ricredette con meraviglia, perché Scorpius Malfoy si voltò verso il cielo ancora luminoso cercando una conferma a quella verità che l’orologio gli aveva restituito e che lui non doveva aver gradito.
  «Qual è il problema?» sbottò a voce troppo alta.
Malfoy l’avrebbe ignorata ancora per un po’ se l’impulso di incenerirla con un’occhiata gelida non avesse preso il sopravvento.
  «Te ne devi andare» la liquidò senza troppi complimenti.
  «Cosa?»
Solo per un breve momento non seppe a chi dare ragione nella disputa che lo sgomento e la vergogna stavano sostenendo duramente, finché quest’ultima non prevalse, facendole sudare i palmi delle mani.
Scorpius la afferrò per la spalla, strattonandola distrattamente la trascinò lontano da lì, mentre lei, come un corpo inerme, seguiva la sua volontà, pronta ad adattarsi al nuovo utilizzo cui lui l’avrebbe destinata. Si fermò poco prima di imboccare il corridoio principale, dando le spalle alla Sezione Proibita, e le artigliò il braccio, poi lo sguardo frettoloso cadde sul suo petto ancora discinto.
Lo vide piegare le palpebre con lentezza, mentre le dita si impegnavano nel richiuderle la camicetta, questa volta con più delicatezza. Indugiò sul primo bottone, per premura o indecisione, Rose non seppe dirlo. Certo era che i suoi modi si fossero addolciti.
Con uno scatto della mano Rose cacciò via le sue dite e ogni tentativo di tenerezza.
  «Copriti, per favore»
  «Fai sul serio?». Per tutta risposta ostentò una scollatura che lasciava poco spazio alla fantasia.
Lui socchiuse gli occhi per calmarsi, ma le sue parole suonarono come un ordine  «Weasley, non è il momento».
Per fare cosa, non le era chiaro. Discutere o altro?
Di sicuro non c’era più tempo per gli indugi, e le voci alle spalle di Scorpius presero forma e risalirono le scale sullo sfondo.
Lesse negli occhi di Scorpius una lotta interiore che lo bloccava su stesso, nell’attesa del responso positivo su quale sarebbe stata l’uscita senza danni. Ma la sua attesa la innervosiva, il suo timore la faceva sentire sporca, e la vergogna di essere immobile in attesa di una sua decisione era un’onta troppa grave da poter sopportare. Malfoy possedeva, in quel momento, un controllo sul suo corpo più forte di quando l’aveva spogliata e toccata senza pudore.
La stessa indecisione, che imbalsamava Scorpius, era energia vitale che le chiedeva di agire: prenderlo a pugni e andarsene da lì, ad esempio
Ma prima di poter prendere qualunque decisione, qualcosa accadde contro ogni sua volontà. Scorpius Malfoy la spinse contro la parete e la sovrastò con il suo corpo, fino a incontrare le sue labbra in un assaggio avido e frettoloso, tanto che l’umido della sua bocca strabordò i contorni rosei e la pelle fino al mento accolse i suoi baci insensati.
Non ebbe il tempo di spingerlo via o di rispondere al suo impulso, perché quel mormorio indistinto si fece inconfondibile mentre Clegar Walder li interrompeva.
  «Mi sorprende doverti ricordare che esistono posti più consoni, Scorpius» disse compiaciuto. «Credevo avessi smesso da anni di portarle in Biblioteca».
Rose era finalmente riuscita ad allontanare bruscamente Malfoy: lui aveva allentato la presa e sembrava aspettare solo che lei lo rimettesse al suo posto. Il ragazzo finse una smorfia irritata e divertita, ma accolse docilmente la sferzata del suo superiore.
Per quanto la rabbia le facesse tremare le mani, Rose si dipinse sul volto un’espressione mortificata, non appena vide la figura che accompagnava il Caposcuola Serpeverde.
  «Roxanne»
La cugina l’avrebbe biasimata, lo sapeva bene. Non solo, avrebbe scelto per entrambi una punizione degna di nota, denunciandoli alla Preside con immediata segnalazione ai genitori, ricordando loro quanto indegno fosse violare i sacri spiriti di quell’aula.
Eppure Roxanne a stento riusciva a reggere il suo sguardo. Era schiva, a disagio, la pelle scura chiazzata da segni violacei intorno agli occhi. Non aveva mai visto l’irreprensibile Caposcuola Corvonero chinare il capo dinanzi a una violazione delle regole. Allora Rose studiò meglio i due intrusi.
Perché è qui con Walder?
Scorpius al suo fianco sembrava porsi la stessa domanda, ma un’ombra più scura annebbiava il suo volto. Sospetto.
Fu Walder a parlare per tutti e quattro, assolvendo al compito che la sua compagna non sembrava nelle condizioni di portare a termine. E fu più clemente di quanto sarebbe stata la Weasley. A modo suo.
  «10 punti in meno per Serpeverde» dichiarò senza indugi. Era un Caposcuola, il leader dei Settimi, qualsiasi cosa volesse dire, era ligio al suo dovere. «15 in meno per Grifondoro: ti si vede il reggiseno, Weasley» ed era un Serpeverde.
Scorpius digrignò appena la mascella ma rimase immobile.
  «Davvero, Malfoy?» ringhiò Rose contro il ragazzo taciturno, dopo essersi richiusa la camicia. «Non hai niente da dire? Semplicemente accetti questa ridicola sottomissione?».
Scorpius la guardò come tradito.
Dal canto suo Walder sollevò appena le sopracciglia contrariato, ormai ben consapevole di quanti dettagli su questioni riservate fossero sfuggiti al rampollo Malfoy e ad Albus Potter, durante i loro incontri ravvicinati con la Weasley Grifondoro.
  «Ho sempre avuto ragione su di te, Weasley, ti manca qualcosa»
  «Cosa vorrebbe dire?»
  «Sottomissione, come dici tu, obbedire, vuol dire far parte di qualcosa di più grande: disciplina, spirito di sacrificio, solidarietà sono virtù che tu non possiedi»
  «Solidarietà?» ripeté lei ironica, cercando di immaginarsi in quale contesto Walder avesse mai dimostrato di essere solidale con chi lo temeva e venerava.
Al fianco del ragazzo, Roxanne Weasley aveva ritrovato il proprio contegno e sorreggeva il discorso del compagno con un aspetto fiero.
  «Non è un mondo per te» concluse Walder, ma questa volta guardava Scorpius.       
Rose non seppe cosa rispondere, non riuscì a capire il significato delle sue parole ma ammetterlo sarebbe stato troppo umiliante. Non disse niente e un vociare alto la tolse da ogni imbarazzo mentre la Preside invadeva i confini silenziosi della Biblioteca e avanzava richieste indeclinabili alla sua custode.
  «Faccia uscire tutti dalla Biblioteca, Madama Pince».
  «Ma, Signora Preside, non è ancora il tramonto».
  «È passato fin troppo tempo» disse e il rimprovero nella sua voce severa fu percettibile anche a distanza. «Il libro potrebbe aver fatto il giro degli studenti o essere arrivato fino ai genitori. Ha idea di quanti Gufi giaceranno sul mio davanzale all’alba?».
Roxanne non aspettò di consultarsi con il secondo Caposcuola, più intraprendente di quanto si fosse dimostrata lei dalla loro apparizione, e fece cenno ai presenti di celare la propria figura dietro gli alti scaffali.
  «Se mi permette, signora preside» Si introdusse una terza voce «Forse chiudere la Biblioteca in anticipo non aiuterà a debellare il problema. Se i ragazzi accedono tanto facilmente alla Sezione Proibita, credo che bisogni intervenire a livello disciplinare»
Percepì lo sguardo di Scorpius su di lei ma le fu facile ignorarlo.
  «Professor Perkins» disse la Preside in tono alto ma fermo. «Mi sta forse suggerendo come gestire i miei studenti? D’altro canto è stato a lei che un ragazzo ha confessato di frequentare abitualmente la Sezione e di aver assistito personalmente alla sottrazione di un libro in piena notte, nonostante gli incantesimi protettivi che da anni custodiscono quell’ala della Biblioteca» aggiunse, lasciando sospendere la frase e insieme ad essa le proprie perplessità.
  «Lo studente in questione ha ammesso di aver arginato le difese»
  «Uno studente brillante, quello di cui non mi vuole rivelare il nome». Il tono polemico della McGranitt sfiorò le corde scomode dell’accusa.
Il silenzio che ne seguì fece immaginare a Rose un capo chino e un volto che nasconde fin troppo.
  «Ho dato la mia parola, Preside»
  «E io ammiro il suo rispetto» Replicò duramente. «Ma non posso esimermi dall’infliggerle una nota di demerito»
  «Lo capisco» disse in tono vagamente sorpreso.
  «Allora capirà anche che, in quanto professore di Difesa Contro le Arti Oscure, il compito di provvedere alla tutela del materiale Oscuro custodito nella nostra Biblioteca è affidato a lei principalmente e ogni altra violazione verrà considerata come una sua mancanza e responsabilità» concluse con una fermezza che nessuno avrebbe osato mettere in discussione. I tacchi delle scarpe a punta della Preside si mossero frettolosi e il suo profilo austero sul pavimento si incamminò lontano dalle ombre, tra i fasci di luce, mentre Madama Pince setacciava ogni angolo per accompagnare i presenti verso l’uscita. «È ancora giovane, professore, spero capisca che essere amico degli studenti non è mai il modo migliore per svolgere il proprio lavoro. La questione è molto grave e se lei ha ritenuto di tacere il nome del trasgressore, sarò costretta a prendere provvedimenti di più ampio raggio».
Il professore esitò, poi parlò. «Non vorrà punire tutti gli studenti?»
  «In qualche modo, professore, … in qualche modo dovrò pur agire»
I ticchettii proseguirono sempre più lontani, sempre più frenetici, mentre la voce austera della Preside si diffondeva nell’eco degli alti corridoi. Non mormorava più, imponeva agli studenti di lasciare la Biblioteca.
  «Voi perché siete ancora qui?». Madama Pince passò per caso accanto al buio corridoio e trasalì alla vista dei quattro ragazzi. Li scrutò con sospetto per tutto il tragitto fino al portone principale.
 
 
 
- § -
 
 
 
Rose possedeva una quantità indicibile di fogli di pergamena, residui di appunti o vecchie lezioni, alcune di diversi anni precedenti, che non aveva mai provveduto a rimuovere. Avvertiva la fretta degli studenti intorno e ne fu coinvolta, raccogliendo alla rinfusa il suo materiale e ricacciandolo nella borsa. La McGranitt ancora setacciava i corridoi, e Rose, per prima cosa, nascose il libro che aveva trafugato dalla Sezione Proibita tra manuali di testo e scartoffie varie. Qualche rotolo le cadde per terra e rovesciò calamo e inchiostro sul tavolo. Il suo Gratta e netta risolse ben poca parte di quel danno, quindi con le braccia ancora ingombrate si affrettò a togliere il disturbo.
Uscì distrattamente nel corridoio colmo di studenti imbronciati e confusi, mentre ancora trafugava nella sua borsa. Quando fu certa di aver sepolto il libro sul fondo, affrettò il passo e pensò di andare dritta nei Sotterranei.
Quasi non si accorse della figura alta e bionda poggiata contro il muro. Sembrava in attesa. Un’ombra si mosse non appena lei superò la statua di ghiaccio, e le fu dietro in un attimo.
  «Non c’è bisogno che tu mi accompagni»
  «Non intendevo farlo» rispose lui duramente.
Inutile provare a seminarlo, con due falcate le sue gambe notevolmente più lunghe di quelle di Rose le furono accanto e imitarono la marcia spedita della ragazza. Rose si mantenne a debita distanza mentre procedevano come una furia tra la calca di studenti, pronti a schivarli.
  «Puoi anche evitare di seguirmi, allora»
  «Non ti sto seguendo, sei tu che stai prendendo la strada per i Sotterranei».
Anche lui proseguiva di gran fretta verso la Sala Comune dei Serpeverde, ovviamente. Si sentì una stupida. Pensandoci bene, a quell’ora dopo il trambusto recente, il luogo dove era diretta avrebbe pullulato di Serpi in concilio ristretto e riservatissimo, in attesa di disposizioni dal Comando Generale: non il momento migliore per far scorrere con discrezione i suoi colori accesi tra i verdi divani in velluto.
  «Mi hai aspettato» fece notare logicamente, sperando di non sembrare disperata.
  «Per assicurarmi che tu riuscissi a uscire senza essere fermata dalla McGranitt».
La Preside non avrebbe mai interrogato Scorpius Malfoy davanti a tutta la scuola, lo sapeva bene. Per questo Scorpius si era permesso il lusso di sostare ancora un po’ lì davanti, dinanzi alla fuga generale di molti degli studenti che avevano assistito al dibattito tra la Preside e il professore di Difesa Contro le Arti Oscure. D’altronde lo stesso Walder si era dileguato in pochi secondi, pur essendo Caposcuola Serpeverde: ma lui aveva ben altri affari da tenere segreti alle domande della McGranitt. Lo stesso Scorpius, pur immune agli attacchi diretti del corpo docente, camminava teso, guardandosi spesso le spalle, desideroso di smaterializzarsi alla vista di chiunque.
  «Ti ringrazio per la premura»
  «Immeritata, direi» fece lui in risposta al suo tono sarcastico.
Senza arrestare la corsa, Rose sbuffò sonoramente in tono stizzito ed evitò di guardarlo.
  «Sei in grado di parlare a sproposito come poche altre persone. Credo sia un talento il tuo» proseguì Scorpius in un evidente e faticoso tentativo di ammorbidire il tono, mentre raggiungevano le scale con un balzo, poco prima che queste si muovessero. Rose atterrò goffamente su un gradino e spinse con la spalla una studentessa del suo anno, rischiando di pestarle anche il piede. La mano di Malfoy comparve immediatamente per tirarla a sé e mantenerla in equilibrio sulla scalinata affollata. Rose si liberò con uno strattone dalla sua presa.
  «Vogliamo davvero parlare di ciò che appropriato?» disse, mentre coglieva i suoi occhi sollevarsi al cielo. «Riesci almeno a ricordarti cosa è successo con quel fanatico e prepotente di Walder? Ah, scusami, ho il privilegio della copia, in miniatura, proprio qui davanti ai miei occhi» aggiunse parlando all’altezza del suo mento. «Che ragazza fortunata».
  «Ti avevo detto di coprirti» replicò con fastidio a voce alta, facendo voltare diverse teste nella loro direzione.
Finalmente le scale si fermarono al primo piano e Rose gli dedicò una lunga occhiata tetra prima di superarlo con una spallata. L’ombra di Scorpius Malfoy fu nuovamente sulle sue tracce, lo avvertiva nei suoi passi silenziosi, sentendo il suo mantello sfiorarle le gambe nude, poi una mano fu sulla sua schiena per condurla agilmente tra la calca di passanti, che il ragazzo si premurava di allontanare con tono perentorio. Rose cercò di ignorare la curiosità di chi li osservava sfilare insieme, mentre il viso prendeva fuoco e gli occhi cercavano di incontrare quelli del ragazzo alto e biondo, che le cingeva il fianco come per proteggerla. All’ultimo momento provò a scivolare via dal suo tocco delicato, ma lui, prevedendo le sue intenzioni, le afferrò il braccio e la condusse al riparo delle due colonne in pietra fredda e scura che i Sotterranei ponevano al loro confine.
La abbandonò contro il muro senza lasciare la presa.
  «Non mi devi toccare, Malfoy» disse a denti stretti.
Lui distese le dita, continuando a tenere il braccio alto come un ammonimento e a guardarla con rigida severità.
  «È un po’ tardi per questa richiesta» Aveva cercato di ammorbidire il tono, ma l'asprezza della sua voce fredda era pungente come sempre.
Rose cercò di riprendere il controllo di sé, della pelle intrappolata tra dita rigide e un palmo ampio, mentre lo sguardo fermo di lui la bloccava in quel punto più di quanto facesse la sua mano, rendendo chiaro che non le avrebbe concesso altro. Lo sfidò per un po’ con inutile alterigia e lui aspettò che la sua foga cessasse.
  «Hai finito?»
Lei sollevò il mento per arrivare alla sua altezza. «Di fare cosa esattamente?»
  «La ragazzina» dichiarò in un basso sibilare. «La testarda» aggiunse, assottigliando le labbra in una smorfia che aveva tanto l’aria di un ghigno.
Non seppe se furono le sue parole o l’espressione familiare del ragazzo con cui era cresciuta a crearle quel vuoto allo stomaco, ma la mano libera affondò nella tasca della gonna per estrarre la bacchetta che adesso puntava contro il suo collo, tremolante nell’incertezza del braccio sinistro.
  «L’impulsiva» concluse debolmente il ragazzo, mentre tra il viso di pietra e il sorriso sghembo si contendeva una lotta senza pari.
  «Che ne dici di lasciarmi il braccio?»
Effettivamente lui allentò la presa molto lentamente, sostenendo il suo sguardo. Rose non mosse un muscolo mentre il ragazzo la liberava dal vincolo, e invece di sgusciare lontano dal suo tocco mortifero, aspettò fino all’ultimo istante, ma lui ritrasse la mano e la riportò al suo posto. Una scheggia acuminata le perforò il petto, aprendole una ferita di atroce delusione, e la punta della bacchetta affondò con più insistenza nella pelle tesa di Scorpius, che emise un rantolo di protesta.
  «Non sai nemmeno tu quello che vuoi» suggerì in un sussurro divertito.
Non si dimostrò spaventato nemmeno quando Rose avanzò nella sua direzione di qualche passo, con la bacchetta ancora vicina alla vena pulsante, e questo le causò uno brivido di impudenza. La sfacciata sicurezza del ragazzo era palpabile, ma lo sguardo vigile perlustrava il volto di Rose, decidendo fosse più opportuno non lasciarsi cogliere impreparato.
  «E tu pensi di saperlo?» chiese a quel punto.
Lui sembrava non aspettarsi quella domanda. «Non ci dormo la notte» disse dopo un po’, con una leggerezza che osteggiava il significato delle sue parole, in una nota di mesto stridore. «In compenso posso dimostrarti quello che voglio io».
Aveva parlato con noia e una punta di divertimento, e le era sembrato bello, nonostante il sorriso sghembo e quell’aria di chi non conosce il rispetto, e si era scoperta a guardarlo assorta. Per questo le sfuggì il suo braccio rapido e la mano scattare verso la sua, impugnare la bacchetta e deviarne la traiettoria. Rose perse il controllo della bacchetta o questa prese il sopravvento su di lei, e vide sfuggire un lampo improvviso che il ragazzo fu pronto schivare, lasciando che si schiantasse contro la parete in un fracasso ben udibile, conducendo la bacchetta esausta al suolo.
Poi sentì solo le labbra rigide di Scorpius sulle sue, in seguito morbide, delicate mentre chiedevano di poter dischiudere quel sigillo e incontrare la sua lingua. Lei si lasciò violare volentieri. Aprì gli occhi solo quando quel contatto le fu portato via e il profumo fresco e un po’ pungente del ragazzo le assicurava che lui la attendeva ancora lì.
Infatti la fissava in contemplazione, poi le sollevò il mento con un dito.
  «Cosa devo fare per averti sempre così docile?»
  «Esimerti dal comportarti come uno stronzo, tanto per cominciare»
Lo vide trattenere un sorriso, poi rifletté come cercando le parole giuste. «Ti rendi conto, mia piccola Weasley, che attenti continuamente ad una mia possibile carriera da Caposcuola?»,
Rose corrucciò le sopracciglia, ora sinceramente sorpresa. «Non sapevo avessi aspirazioni del genere»
Scorpius le posizionò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con una dolcezza tale da farla sentire come una foglia in balia del vento. «Non per molto ancora, se continui a fornire a Clegar buoni motivi per escludermi dalla candidatura»
  «Credevo spettasse alla Preside nominarli»
Scorpius scosse la testa paziente come se parlasse con un bambino «È il Comitato Studentesco a fornire i nomi dei candidati, la Preside si limita a valutare i requisiti, ma alla fine lascia sempre che prevalga il favorito»
  «E chi presenta i nomi dei candidati?» chiese ancora approfittando di quel momento di benevolenza del ragazzo.
  «I Caposcuola» rispose con ovvietà. Dopo l’impiego di un certo impegno, aveva avuto la meglio su quella ciocca di capelli e adesso ammirava il risultato soddisfatto, accarezzando con i polpastrelli la guancia di Rose arrossata, e con grande mortificazione della ragazza, sicuramente incandescente.
Tutta quella delicatezza le sembrò surreale e si chiese dove avessero dimenticato la foga dell’incontro in Biblioteca e la rabbia di poco prima, come avesse lasciato che il bisogno di schiantarlo si adeguasse all’impulso di baciarlo e alla necessità di essere toccata da lui.
Accettò la situazione di buon grado, mentre lui la sfiorava appena, con una premura eccessiva, come temendo che sotto quella pelle morbida e arrossata si celassero i punti pericolosi che l’avrebbero portata a una nuova esplosione.
Solo in quel momento si rese conto di aver spedito la propria bacchetta lungo il corridoio tetro e buio di proprietà esclusiva dei Serpeverde. Quell’istante di semplice beatitudine con Scorpius Malfoy era stato sufficiente per privarla del saggio istinto all’autoconservazione, che più o meno ogni mago o strega, dotato di buon senso, affida alla propria bacchetta.
Inoltratasi nel buio di scatto, colse il suo volto confuso un attimo prima di voltare l’angolo, persa tra le orme silenziose che la bacchetta, abbandonata chissà dove, tracciava nel suo petto.
Non la trovò. In compenso si imbatté in lunghi stivali di pelle di drago alti fino al ginocchio, una minigonna da togliere il fiato in attesa che una folata di vento ne rivelasse i segreti, e capelli di un biondo finto e aspro, capaci di mettere in soggezione con tutto quel perfetto e ordinato ondeggiare.
Un flebile lamento, come uno squittio sospirato, fu l’iniziale reazione che ne seguì.
  «Weasley»
Kate Hastings sembrava spiacevolmente sorpresa di trovarsela davanti in un luogo che, al di fuori dei recenti avvenimenti, avrebbe con facile sentimento chiamato casa. Pertanto il cipiglio accusatorio, con cui pose la mano sul fianco, fece intendere che non avrebbe tollerato quella presenza ancora a lungo.
  «Kate»
Qualcosa le suggerì di attenuare l’ostilità della ragazza. Lo stesso richiamo alla benevolenza la informò, con una lucidità che sorprese anche Rose stessa, che fosse arrivato il momento di provare a piacerle. E a farsela piacere.
Vuoi davvero essere accettata dai suoi amici?
Preferì non pensare a nulla, a dire la verità.
Una benevola riflessione che, a quanto pareva, non doveva aver attraversato anche le intenzioni della sua interlocutrice, dato il sussulto inorridito con cui accolse il suo nome di battesimo e lo sguardo raggelante che le riservò, a metà tra un avvertimento e una candida minaccia. Esaminò da cima a fondo la figura di Rose, facendola sentire come sempre in disordine.
Kate non era bella come un fiore bagnato di rugiada invernale, né come la brezza estiva che profuma di sale i capelli e la pelle, non aveva quel bagliore fatale e perenne con cui  Dominique si svegliava al mattino, ma la sua sicurezza era impeccabile, il portamento fiero e sciolto la rendeva sensuale, le labbra pronunciate e il sorriso luminoso, desiderabile.
Scorpius Malfoy comparve alle proprie spalle in quell’istante. Lo sentì bloccarsi, fermo e silenzioso, mentre il volto di Kate sembrò piegarsi sotto un peso più forte della gravità e la sicurezza di sempre ingarbugliarsi in gesti impacciati.
  «Kate» disse semplicemente lui, ma il languore nella sua voce fu sufficiente perché Rose si sentisse trafiggere dalla schiena fino al torace. Lo guardò con ferocia e paura, e incontrò un volto teso, due occhi mortificati.
Come un gatto ferito, Kate fece un passo indietro e rizzò il mento simile a  pelo sul corpo. Gli occhi dolenti guizzavano da Rose a Scorpius.
  «Kate, ho bisogno di parlarti»
Rose aveva abbastanza esperienza in materia per poter dichiarare che quelle furono tra le parole più dolorose che sentì pronunciare dalle labbra morbide di Scorpius Malfoy. Morbide erano nei suoi ultimi momenti, così le aveva lasciate, eppure quei ricordi si affievolivano così rapidamente come brina scaldata da un sole cocente fuori stagione, e Rose avvertì solo la lacrima di ghiaccio sciolto scavarle il petto con un brivido, mentre ora quelle stesse labbra le sembravano aguzze e taglienti.
  «Riprova un’altra volta, Scorpius» fece dura lei. «Magari sarai più fortunato» concluse con un sorriso sarcastico, ma Rose vi vide solo molta tristezza.
Scorpius si irrigidì e la ragazza capì, senza capirlo davvero, che fosse in difficoltà. Aveva un aspetto grave, anche se la voce risultò calda e confortante.
  «Ho davvero bisogno di parlarti» disse con più enfasi. «Dobbiamo tornare in Sala Comune».
Nonostante il tono inequivocabile del ragazzo, quello stesso monito inflessibile con cui l’aveva più volte sentito rivolgersi alla sua squadra o a chi non desiderava avere tra i piedi, Rose si meravigliò dello sguardo arrendevole di Kate, che annuì pensosamente e mutò ogni felina diffidenza in una cieca lealtà.
A quel punto avvertì il disagio di Scorpius, che per la seconda volta nell’arco di un’ora aveva completamente eclissato la sua presenza, per poi ritrovarla lì accanto a sé, come emersa dalle assi del pavimento, in sembianze troppo ingombranti da poter gestire.
  «Non c’è problema, tolgo il disturbo» concluse Rose con un sorriso rasserenante e una voce che le sembrò sufficientemente ferma.
Si congratulò con se stessa per gli enormi progressi raggiunti in una sola giornata. Poi individuò la bacchetta ai propri piedi e il desiderio di schiantare i presenti tornò a farsi vivo e pulsante.
 
 
 
- § -
 
 
 
Il bivio si apriva davanti ai suoi piedi nel modo più sconveniente possibile. Pertanto Rose Weasley prese la strada verso la Sala d’Ingresso e Kate Hastings era già stata inghiottita dalla parete rocciosa della Sala Comune. In quel momento rimase nel corridoio per diversi minuti, non seppe dire quanti. Camminò avanti e indietro per rimandare quella decisione, già sapendo quali fossero le sue priorità. Varcò la parete rocciosa della Sala Comune ma di Kate nessuna traccia.
Clegar Walter era frettolosamente impiantato nel mezzo della stanza con una Gazzetta del Profeta tra le mani e l’aria di chi deve assolvere a un compito importante.
  «Congratulazioni per tuo padre, Vincent».
Il ragazzo, preso in causa, piegò la testa in un inchino di riconoscimento. «Alla Gazzetta lavorano bene».
Clegar depose il giornale soddisfatto del nuovo traguardo raggiunto dal suo pupillo. Scorpius gli camminò alle spalle, sperando di raggiungere indisturbato le scale.
  «Scorpius»
Il tono di voce rapido e preoccupato lo convinse a voltarsi con più tranquillità. «Lascia perdere quello che è successo» concluse con un gesto seccato della mano, per quella insinuazione che doveva aver letto sul volto del ragazzo e che lui giudicò totalmente fuori luogo. «Abbiamo problemi più seri». Poi si avvicinò e gli sussurrò in un filo di voce che a stento riuscì a cogliere «Domani sera adunata, ti dirò in seguito il luogo. Avvisa gli altri».
Lo congedò senza nemmeno guardarlo, tornando a sfogliare il giornale accanto a Vincent. Capì che a lui spettava il compito privilegiato di essere informato, prima di ogni altro, sulle disposizioni del Caposcuola, ma il beneficio non si estendeva a tal punto da evitargli il ruolo di ambasciatore, mentre Vincent sedeva comodamente sulla poltrona regale. Prediletto sì, ma sempre secondo.
Trovò Albus e Kate raccolti in una nicchia tra la parete rocciosa e il vetro freddo della finestra. Parlavano in silenzio, ma interruppero i loro segreti al suo arrivo. Provò a ricacciare il senso di estraneità che la situazione gli procurò, consapevole di quanto a Kate fosse concessa un po’ di quiete dai tormenti; tuttavia, non poté fare a meno di biasimarla per aver trovato proprio in Albus quel conforto agognatoma no vi indufiò a lungo, perché evidentemente la ragazza cercava solo la via più impervia e prevedibile per fargliela pagare.
Kate sollevò il mento con sdegno, gli occhi grandi e scuri affilarono un’espressione tagliente, di chi non perde tempo a leccarsi le ferite, ma drizza il pelo in allerta e tamburella nel buio con gli artigli adunchi. Gli rivolse uno sguardo interrogativo, senza parlare.
  «Walder ha ordinato un’adunata per domani sera» rispose al suo quesito.
Entrambi sembravano confusi e Kate cessò ogni ostilità.
  «Ti ha detto il motivo?» chiese Albus.
  «Certo, mi ha anche proposto di tenere un’orazione pubblica al posto suo e di subentrargli a metà anno per un suo congedo anticipato» precisò Scorpius con serietà. «E ha aggiunto di volermi tanto bene»
Albus sollevò su di lui uno sguardo che gli parve collerico «Sarebbe bastato un “no”» o eccessivamente querulo.
Scorpius rimase a fissarlo, interdetto più del necessario, tanto perché l’amico si sentisse toccato dalle sue domande; poi piantò la mano in tasca alla ricerca di una sigaretta. «Però qualcosa di strano è successa oggi» disse in un sussurro.
Kate saltò giù dalla nicchia e atterrò davanti a lui in un lampo. «Vado ad avvisare Alan e Vincent».
  «No che non lo farai»
La ragazza guardò Albus in cerca della ragione. «Da quando li teniamo all’oscuro?».
Il silenzio del ragazzo fu strano ed elettrico. «Non guardare me» disse infine.
Scorpius questa volta non gli risparmiò un’occhiataccia. Due ragazzi scesero dal Dormitorio maschile e li salutarono con il capo, percorrendo le scale lentamente, fino a sfociare nella sala principale.
Scorpius si accertò della loro lontananza e si lasciò coprire da una colonna prima di parlare. «Vincent è il favorito di Walder» spiegò senza riuscire a nascondere il proprio risentimento. «Non ha senso fidarsi troppo».
  «Ascoltiamo cosa ha da dire Scorpius e poi valutiamo se informarlo» aggiunse Albus, improvvisamente più mite, così da tranquillizzare Kate.
  «Bene, e Alan?».
Scorpius si limitò a ignorarla, senza guardarla né affannarsi nella ricerca di alibi credibili. Nessuna menzogna o mistificazione per celare il semplice e cocente astio che da tempo ormai gli rendeva insopportabile anche solo il suono di quel nome. Non si sarebbe abbassato a tanto.
  «Bene» ripeté Kate e questa volta sorrideva. «Vado a chiamarlo».
Quando furono soli, Scorpius si voltò verso l’amico «Tutto bene?».
  «A meraviglia» fece Albus laconico. «A te?».
Scorpius ebbe un abbaglio mistico, quando realizzò quanto quel ragazzo bruno, dagli occhi furbi e dolci, gli ricordasse, nel modo più sconveniente possibile, la cugina. Provò quel familiare timore che una caterva di legna dolce e di stagione prendesse fuoco, davanti ai suoi occhi, ad ogni parola errata. La sottile differenza, che gli aveva reso tollerabile anni di diatribe con Rose Weasle, era che le fatue esplosioni della ragazza non lo spaventavano tanto quanto la rancorosa e meditata freddezza dell’amico.
  «Anche»
  «Novità?»
  «A parte Walder che mi fa incazzare, nulla di nuovo».
Albus annuì. Vennero raggiunti, dai ragazzi, nella nicchia che si era fatta stretta per ospitare quel cenobio informale. Alan aveva il viso gonfio e la voce impastata di chi è stato costretto ad abbandonare il letto durante un sogno intenso, ma non si sottrasse a quella chiamata improvvisa né alla possibilità di un faccia a faccia con Scorpius. «Capitano» biascicò in un mezzo sorriso. «Ho saputo che hai richiesto i miei servigi»
  «Ho il dovere di farlo, Alan. Sai che non mi sottraggo mai agli impegni che l’onore mi impone» rispose con una sincerità così facilmente smascherabile, che nessuno avrebbe dubitato della sua fallacia.
Quando arrivarono nel Dormitorio maschile, Kate barricò le finestre, lasciò scorrere musica ad alto volume dalla Pronus J-160, socchiuse la porta del bagno e accese una sigaretta che mantenne sospesa a mezzaria, di modo che il fumo creasse una scia di nebbia e caligine attraverso quello spiraglio di aria salubre.
Con la vista giù offuscata e la mente appena intontita, Scorpius si sedette sull’orlo della grande vasca da bagno. «Sapete dirmi qualcosa a proposito degli incontri tra Walder e la Caposcuola Corvonero».
  «Incontri?» chiese Albus.
  «Da soli, segreti, nei pressi della Sezione Proibita»
  «E allora? Lo sanno tutti che è il posto migliore per scopare indisturbati» aggiunse Alan.
Kate lo guardò disgustata. «Ti è mai capitato, in questi lunghi e tetri anni, di dare un’occhiata alla Weasley?»
Alan si strinse nelle spalle, non trovando la questione di particolare impedimento. «C’è il corridoio nascosto dove nessuno mette piede, se sei disperato e non vuoi farti vedere in compagnia. Ci gioco tutto che Walder ne aveva bisogno, è sempre nervoso ultimamente»
  «Non erano lì quello» si intromise Scorpius irritato e improvvisamente a disagio. Avvertì un po’ di calore pizzicargli le guance, pertanto scacciò con la mano il fumo che gli vorticava intorno, nel tentativo di poter attribuirgli le cause del proprio turbamento. Sapeva bene che la tresca tra i due Caposcuola non si realizzava al punto da consumarsi lungo il corridoio buio degli amanti, e lo credeva con convinzione proprio perché, al momento del misfatto, il fatidico luogo della perdizione era già stato occupato.
  «Non è ipotesi da escludere» commentò Albus e Scorpius non capì se volesse solo andargli contro.
  «Secondo te, Doyle, io mi prendo il disturbo di guardare la tua faccia per spettegolare sui passatempi del Caposcuola?». Scorpius si impose di rimanere calmo, ma il tono di voce incrinato si sollevò più di quanto fosse consueto, pertanto mantenne lo sguardo fisso su Alan, cercando, a quel punto, di celare al meglio la commistione tra disprezzo e frustrazione con cui temeva di proseguire la discussione. «Credi davvero che non abbia di meglio da fare?» disse senza riuscire a trattenersi, questa volta in una smorfia di bonario divertimento.
Alan Doyle era impassibile ad ogni provocazione, ma lo guardava per lungo tempo. Lo fissò troppo, a detta di Scorpius, come qualcuno invaghito, atterrito o in cerca di parole appropriate.
Scorpius si sentì clemente quella sera e lasciò cadere ogni più perfida intenzione.
«Vi sto dicendo che Walder e Caposcuola Weasley si aggirano nei pressi della nostra Sezione Proibita, in pieno pomeriggio, quindi con il consenso di Madama Pince e Vossignoria McGranitt. Oltretutto Walder ha convocato un’adunata improvvisa per domani sera, durante la quale non mi sorprenderebbe qualche  lieto annuncio».
  «Dovremmo avvertire Vincent dell’adunata» s’intromise Alan.
  «Come se già non lo sapesse» sbottò Scorpius. «Sono certo che sa anche spiegare la presenza della Weasley nella Sezione Proibita, insieme a Walder»
  «Sono sempre appicciati quei due. Non mi sorprenderebbe se sia diventata una questione a tre, non so se mi spiego»
  «Doyle, dannazione, ti è così tanto difficile non fare l’idiota per qualche minuto?» sbottò Scorpius al limite. Si alzò in piedi tanto per sbollire l’inspiegabile fervore, ma quando realizzò l’autonomia concessagli in quell’angusto spazio, ritornò all’originaria postura.
Alan alzò le mani in segno di resa. «Hai provato a chiedere a Walder se ti passa il numero della Weasley? Credo che un giro nella Sezione Proibita potrebbe darti una calmata».
Scorpius trovò destabilizzante non riuscire a fronteggiare l’indiscrezione del compagno di Casa, come se il segreto di cui si faceva custode fosse troppo grave per essere contenuto, e minacciasse di sgorgare ad ogni sua titubanza. L’insistenza di Alan, tuttavia, pungolava oltre il suo solito senso dell’indecenza e aveva l’aria di tradire qualche premura o curiosità di troppo.
Decise, quindi, di fornire al ragazzo la risposta che tanto aspettava «Di ragazza Weasley me ne basta una».
Trovò agghiacciante il secondo che seguì quell’affermazione e l’impressione, così viva, che ogni membro di quel lugubre bagno avrebbe volentieri sollevato la bacchetta per schiantarlo, seduta stante.
  «Quanto siete ridicoli» intervenne Kate, liquidandoli rapidamente con l’atteggiamento di chi attenta alla propria salute nel perpetrare in quel luogo ancora a lungo. «Non c’è poi così tanto mistero, Scorpius» lo guardò come se il suo intervento l’avesse sottratta a mansioni ben più urgenti che stare lì rintanati, nel bagno delle ragazze. «I Corvonero fanno la corte da tempo alla Sezione Proibita, credono di essere i soli capaci di accedere ai manoscritti oscuri o in generale alla conoscenza dell’universo» commentò sarcastica. «Se Walder ha deciso di cedere le competenze, ne sono solo sollevata, così l’anno prossimo potremmo evitare le rogne dell’idiota di turno che cerca di sottrarre libri per giocare al Mago Oscuro. Avete sentito dell’ultimo furto? La McGranitt è furiosa e Walder ne pagherà le conseguenze»
  «Se Walder non vuole problemi, l’episodio del furto lo convincerà ulteriormente del fatto che non siamo capaci di gestire la Sezione Proibita. Non credo proprio che la cessione di questa competenza sia la scelta più vantaggiosa per noi» rifletté Albus cupo.
  «Perché mai?»
Scorpius si decise ad allontanarsi dalla vasca e a percorrere le mattonelle di maioliche anticate fino alla porta. «L’unica competenza che ci resterà sarà Pozioni, quindi tanto varrà ritirarci subito perché, a quel punto, non ci sarà nulla che impedirà la nomina di Ser Nott a Caposcuola Serpeverde per il prossimo anno». Aveva ormai trovato la risposta che cercava e quel concilio poteva dirsi sciolto, pertanto aprì la porta del bagno e vide stagliarsi ben distinta a due palmi dal suo volto la figura immobile di Vincent Nott.
  «Stavo proprio per bussare». 
 
 
 
- § -
 
 
 

  «Quella donna è una grandissima…»
Qualcuno sbatté la porta del ritratto alle proprie spalle con un po’ troppa veemenza e nessuno seppe con certezza quale giudizio avesse James Potter riguardo la donna in questione. Il ragazzo del quinto anno appena rientrato nella Sala Comune sembrava condividere lo stesso disappunto del Capitano.
  «Niente gita ad Hogsmeade» dichiarò infatti. Un boato generale accolse quella notizia con altrettanti coloriti epiteti che andarono ad aggiungersi alle considerazioni di James Potter.
Il ragazzo contemplava le proprie dita intrecciate sul basso tavolino principale, meditando a fondo. «Non credo abbia l’autorità per farlo» disse dopo un’attenta analisi.
Diverse teste annuirono persuase da quella constatazione, cui il lume del giovane e florido Capitano aveva dato ragione. Ci furono persino esclamazioni di assenso dagli angoli più remoti della stanza e qualche vagito di ammirazione, che poco aveva a che fare con le capacità dialettiche del ragazzo. Tra questi non fu difficile scorgere i ricci ordinati di Eloise McDavis.
Rose emerse una mano dalle pagine consunte del testo di Trasfigurazione e la fece vagare alla cieca, tastando quelle che riconobbe come le gambe di Johanna, il suo petto modesto e qualche parte indistinta del suo viso. Proprio quando sembrava essersi arresa all’idea di abbandonare il discorso, che il professor Roberts stava portando avanti con innumerevoli acrobazie lessicali, l’amica le porse distrattamente la propria piuma spennacchiata, mettendo a tacere la mano molesta che continuava ad esplorare il suo corpo. Rose la ringraziò con un altro tenero buffetto sul gomito.
  «Credo proprio di sì, considerando che stiamo parlando della Preside della scuola» chiarì logicamente la ragazza, meritandosi un’occhiata penetrante di Melissa McDavis. Non sarebbe stato facile distinguere un ammiccamento da un ammonimento, tre le lunghe ciglia contornanti occhi color miele, eppure Johanna non si era mai posta il problema, ritenendo che nelle intenzioni della ragazza il linguaggio non verbale avesse più o meno sempre lo stesso squallido significato.
Fred Weasley, stravaccato sulla poltrona opposta, scosse la testa divertito dall’ingenuità di cui la Jordan si stava mostrando artefice, cosa che non sfuggì alla ragazza. Lei ricambiò l’ilarità del compagno di Casa con un per nulla celato sopracciglio perplesso, mentre Fred scuoteva la testa in cenni increduli di diniego, vagando con la mente a ricordi di malefatte impunite in tempi in cui il potere di decidere le sorti della Scuola era in mano agli studenti.
Johanna continuò ad osservare scettica i suoi movimenti del capo, individuando la colpa di quell’aria da vagabondo in piena crisi sensoriale, nella cartina che adesso il ragazzo portava alle labbra, dopo averla arrotolata con cura, e che dubitò all’istante avvolgesse del tabacco.
James Potter, ancora intento nel suo atto meditativo, non volle sentire ragione.
  «Ha blindato, e dico blindato, la Stanza delle Necessita, e Silente solo sa che significa per noi» disse, sotto il consenso generale dei presenti in Sala Comune. «Dico bene?» aggiunse più per naturalezza che per autentico coinvolgimento della massa, procurandosi un grandioso giubilo di assenzo e mani accorse ad applaudire.
Rose sobbalzò e andò a sbattere con la testa alla poltrona contro cui lei e Johanna erano poggiate, intente a completare il tema di Trasfigurazione la prima, e ad ascoltare annoiata la campagna elettorale del Capitano, la seconda. Dopo averci riflettuto, questa si unì meccanicamente all’applauso generale.
Rose riservò uno sguardo truce a quel comizio rumoroso e di ben poche speranze, e vagò contrariata sulla figura di Johanna, intenta in una pigra acclamazione, cercando di spiegarsi per l’ennesima volta cosa spingesse l’amica a seguire le parole del cugino, come fossero un mantra religioso, cui da tempo si ha giurato fedeltà senza possibilità di recesso. Corrucciò la fronte pensando con sospetto a un Voto Infrangibile.
Johanna si accorse di quella meditazione, scrollò le spalle e aggiunse incerta «Ha ragione sulla storia della Stanza delle Necessità».
Per la verità Rose non frequentava a quello scopo la Stanza, da più tempo di quanto le facesse onore ammettere. Aveva da sempre avuto una pessima capacità nello scegliere i ragazzi per cui perdere la testa, ed era quasi un anno che non si ritrovava con il cuore in brandelli e la solita promessa di non sottoporre più alla propria attenzione nessun individuo di sesso maschile, che non fosse il più possibile vicino al suo migliore amico e ragazzo ideale: Albus Severus Potter.
Scosse la testa indignata per quell’infelice scherzo della sorte e decise di tornare ad annotare riflessioni personali accanto alle spiegazioni del professore, con più ferocia di quanto si meritasse la lezione di Trasfigurazione da Inanimati ad Animati.
  «Ha posto professori come sentinelle a ogni allenamento di Quidditch» disse il Capitano, poi si voltò verso i compagni di Casa per accogliere lecite esclamazioni di indignazione. «Ha impedito ogni associazione studentesca fino ad ora organizzata» aggiunse, camminando per la stanza in direzione del Battitore della sua squadra, dalle cui mani sottrasse con un gesto impaziente la sigaretta consumata, gettandola tra le fiamme del caminetto. «E ha imposto il coprifuoco anche il venerdì sera, motivo per cui siamo qui costretti. Rose, per carità, smettila di studiare, è già tutto abbastanza penoso».
La ragazza sollevò uno sguardo paziente, il tempo di verificare di essere effettivamente l’unica disinteressata alle questioni trattate. Diversi occhi puntati su di lei tacevano qualche rimostranza per la sua insensibilità. Notò, con palese disappunto, che anche Johanna si era unita a quella lapidazione non verbale.
Per sua fortuna, un ragazzino dall’aria spaventata fece il suo rumoroso ingresso proprio in quel momento, catturando l’attenzione della giuria. Qualche sbuffo sdegnato per tutta quella mancanza di rispetto si sollevò nel silenzio pesante, mentre James Potter farfugliava qualcosa a proposito del non poter lavorare in quelle condizioni.
  «Rose Weasley?» tentò il ragazzino che avrebbe dovuto salvarla dalla gogna.
Gli occhi penetranti tornarono a incenerirla, finché Rose non avvertì realmente il calore della loro disapprovazione sfregolare il collo della camicia. Lì nascosta, dietro la poltrona, sbucò discretamente per scorgere il quadro della Signora Grassa, ancora in lenta chiusura, e la figura contrita del ragazzino, nel bel mezzo della stanza, guardarsi attorno con l’aria di chi si chiede se il Cappello Parlante avesse seguito un criterio affidabile il giorno del suo Smistamento.
Quando il malcapitato non diede segno di avere idea di chi lei fosse – nonostante le occhiate di letale accusa non lasciassero dubbi in merito – Rose sollevò una mano per rendersi palese e lui sembrò guardarla con grata venerazione.
  «C’è Scorpius Malfoy all’ingresso» rivelò come se questo lo assolvesse da ogni colpa.
Il calore non fu più solo un’impressione e Rose si trovò con il volto in fiamme.
  «Quindi?» chiese e l’indifferenza che avrebbe voluto ostentare si dissolse in un timido filo di voce.
Il ragazzino non si aspettava quel quesito e precipitò in un silenzio tormentato.
  «Non lo so, ha detto che questo sarebbe bastato»
Il brusio interdetto, in quel momento, sembrò sollevare una certa curiosità condivisa, e persino il borbottio del cugino fu riservato a constatare l’arroganza di certe persone che credono basti annunciarsi perché il mondo sia ai loro piedi. Il suo risentimento sulla questione fu talmente fervente, che nessuno si sarebbe sorpreso se fosse diventato il prossimo punto della discussione collettiva.
  «Bene, restasse pure lì fuori tutta la notte» rispose Rose, sperando di chiudere la questione.
Il ragazzino la guardò poco convinto, dubitando che quella fosse la decisione più saggia, non individuando, tuttavia, alcun motivo per cui la faccenda dovesse riguardarlo più del necessario. Persino l’eccitazione generale della folla sembrò non ritenere Rose una persona dotata di indiscussa lucidità, tanto che le arrivò distinta qualche esclamazione femminile in cui la parola “pazza” risuonava con una certa ridondanza. Eppure James Potter si dichiarò soddisfatto e pronto ad assolvere la cugina dalle colpe precedenti, pertanto riprese a parlare con un richiamo generale all’ordine.
Non senza difficoltà le persone smisero di guardarla, mentre Fred ancora le mandava con la bacchetta rose rosse dai petali laccati e così fastidiosamente lucidi che Rose non si sarebbe meravigliata se fossero stati duri come pietra. Provò a scacciarli con la mano ma, ogni volta che lei li toccava, questi mormoravano suadenti “Sono qui per te, Rose”.
Troppo distratta dall’idiozia del cugino, non si era accorta che anche Johanna aveva smesso di fingere di prestare ascolto a James Potter e la guardava con profondo interesse.
  «Ti è venuto a prendere, ma davvero?»
  «Non ho idea di cosa voglia» rispose sinceramente Rose. In realtà il timore che intendesse chiarire l’imbarazzante situazione con Kate l’aveva tormentata per tutto il giorno, nonostante continuasse a ripetersi che non fosse accaduto nulla di strano, non avendo lei nessuna autorità per potersi permettere scenate di gelosia.
Ne hai fatte di peggiori quando a stento vi parlavate.
Una fitta al petto di desiderio e nostalgia le fece male, ma la ignorò.
  «Portarti fuori per un appuntamento probabilmente. È pur sempre venerdì sera».
Rose la incenerì con lo sguardo. «C’è il coprifuoco» sbottò.
  «Ah, è per questo che si trova fuori dalla nostra Sala Comune» rispose sarcastica. «Perché ha a cuore il Regolamento scolastico».
A quel punto Rose sollevò sull’amica uno sguardo preoccupato. Proprio mentre nella sua testa si svolgeva un’attenta disamina per decidere quanto Scorpius Malfoy potesse essere considerato un Prefetto modello, il ritratto della Signora Grassa si mosse ancora e Tess Rivers si precipitò al suo interno.
  «Rose, Scorpius Malfoy ha giurato che toglierà 50 punti al prossimo Grifondoro in vista, se lo farai aspettare ancora» squittì al limite dell’eccitazione.
Mentre una prova inequivocabile metteva a tacere ogni quesito sulla moralità e il senso del dovere del ragazzo, il brusio di disappunto si tramutò in un vociare rabbioso dal tono cupo e distintamente maschile, mentre cori più leggeri si affiancavano all’entusiasmo di Tess.
Capelli lunghi e profumati presero forma accanto a lei, mentre due gambe flessuosamente piegate sgusciavano dalla gonna della divisa vecchia ormai di qualche anno. Melissa le mise una mano sul braccio per richiamare la sua attenzione e le sorrise complice.
  «Ti sei persa, Mel?» scattò Johanna.
Melissa la mise a tacere con un gesto sbrigativo del mento.
  «Scorpius Malfoy» scandì attentamente come se l’enfasi che gravava nell’aria non fosse sufficiente. «Finalmente» dichiarò e quasi Rose si aspettava che le stringesse la mano. «Non credevo fosse un tipo romantico».
Per la verità, in appostamenti notturni e minacce pubbliche, lei di romantico vedeva ben poco.
  «E per il resto se la cava bene come dicono?»
Nuovamente il senso di nostalgia le fece vibrare le gambe e per un solo istante fu tentata di andargli incontro e dimenticare tutte le buone ragioni per cui avercela con lui fosse sempre la cosa giusta.
  «Perché dovrebbe venire a dirlo a te?»
  «Andiamo, Johanna, non fare la fidanzata gelosa» esclamò la ragazza con la solita civetteria. Johanna si incupì senza una ragione apparente, lasciando Rose lì da sola a doversi occupare di quella vipera dalle gambe lunghe.
Fu James Potter a decidere che quella situazione fosse durata più del necessario, chiamando a raccolta, con un cenno d’intesa, il fidato compagno di una vita e qualche ragazzo dall’aspetto promettente, reclutato con un’improvvisazione degna solo della lealtà Grifondoro.
  «James, dove stai andando?» tentò intuitivamente Rose, scattando in piedi e decidendo che esporsi alla gogna pubblica fosse, a quel punto della tragedia, un atroce quanto inevitabile epilogo.
  «A dichiararmi come il prossimo Grifondoro in vista. Voglio proprio vedere quanti punti avrà il coraggio di togliermi» sbottò più sollevato all’idea di avere una buona ragione per affrontare Malfoy, che indignato dalla minaccia del ragazzo. «Con te facciamo i conti più tardi» disse, quando ormai la Signora Grassa li fissava contrita.
  «James, Fred, diamoci tutti una calmata».
Fu la tenue voce proveniente dal tavolo più isolato della Sala Comune, quello nascosto sotto le scale del dormitorio femminile, a parlare come se intorno a lui non stessa accadendo nulla capace di perturbare la placidità dei suoi programmi serali.
Louis Weasley aspettò di porre un punto di inchiostro fresco e deciso sulla sua pergamena, prima di sollevare il capo dai libri. «D’accordo?»
Per la verità, James Potter non appariva particolarmente persuaso da quel debole richiamo, e Fred Weasley, che si sarebbe stretto volentieri nelle spalle, ritornando vigile e ubbidiente al suo posto, convinto da tempo che l’arroganza di Scorpius Malfoy fosse un male tollerabile, dopo anni di cieca amicizia con James, rimase lì in attesa del cugino. Per questo Rose non comprese cosa convinse i due ragazzi a ricacciare i propri propositi cavallereschi, senza forme di proteste differenti dall’irrigidimento della mascella e da qualche nocca pallida in evidenza.
Guardò il cugino maggiore dal viso roseo e la voce suadente, chiedendosi fino a che punto la seduzione Delacour avesse presa sugli uomini della propria famiglia, e notò che lo stesso cipiglio languido adesso la fissava con insistenza.
  «Rose, forse è il caso di accompagnare il tuo cavaliere in un luogo più consono alla sua presenza»
Rose trovava irritante che il ragazzo provasse ad irretire anche lei. Che lo facesse, poi, comodamente seduto sulla poltrona più lontana, magari sfogliando distrattamente la sua agenda personale, era davvero al di là di ogni livello di strafottenza cui Scorpius Malfoy l’aveva preparata in tutto quel tempo.
  «C’è il coprifuoco» rispose logicamente, chiedendosi, a quel punto, se la questione importasse solo a lei, nonostante fosse l’argomento del giorno.
  «Faremo tutti un’eccezione» disse gentile. Probabilmente le avrebbe strizzato l’occhio, se non lo avesse da sempre ritenuto un gesto tremendamente volgare.
Ti ringrazio, Louis, per il tuo magnanimo lasciapassare.
Lily Potter spalancò il ritratto della povera Signora Grassa – che a quel punto emise un comprensibile gemito di risentimento, lamentando le vane ragioni per cui la pensione fosse un beneficio ancora negato ai quadri – e per poco non precipitò sul fratello.
  «James, sei davanti all’ingresso» lo ammonì apprensiva, poi individuò la cugina «Scorpius sembra davvero fuori di sé. Ha detto che sono l’unica persona, in questo Castello, per la quale avrebbe fatto un’eccezione. Non ho ben capito di cosa stesse parlando, ma mi è sembrato molto carino».
A quel punto della situazione, proteste generali, ormai rivolte solo a lei, si confusero con moniti di incoraggiamento, provenienti da qualche studente più coraggioso, a cui si aggiunsero consigli infallibili su come gestire un fidanzato possessivo.
Rose depose il libro di Trasfigurazione, sfilò tra insulti e acclamazioni, ignorò il Potter maggiore dal volto ormai livido e provò a convincere la Signora Grassa che avrebbe posto fine ai suoi tormenti.
 
Individuò la fonte di tutto quel trambusto in una figura longilinea e vestita di scuro nelle ombre della Torre, poggiata allo stipite di uno dei corridoi sospesi. I capelli biondi e il viso pallido avrebbero anche emanato bagliori luminosi, se il volto del ragazzo non fosse stato pericolosamente severo.
  «Mi cercavi?» chiese caustica.
Il ritratto alle sue spalle si chiuse in un fragoroso boato, che risuonò nel corridoio buio e profondo, lungo le pareti, risvegliando singulti di protesta negli altri quadri. La Signora Grassa attaccò con la sua litania, destinata a un debole sottofondo.
Per tutta risposta il ragazzo le puntò contro due occhi immobili.
  «Ti meriteresti quei famosi 50 punti in meno» disse rigido dopo un lungo silenzio.
  «Sono qui per questo» spiegò, allargando le braccia in un gesto di lieto invito. «Lo sanno tutti che saresti capace di farlo».
  «Togliere punti ad ogni Grifondoro che mi si presenta davanti con questo atteggiamento?». Scorpius riusciva a conservarsi nella stessa posizione per minuti interminabili, senza che il corpo si concedesse di accompagnare, in gesti, l’esasperazione crescente nel suo tono di voce. «Con piacere».
  «Accomodati» propose lei in un sorriso d’affetto.
Aveva capito da tempo quanto fosse facile ferirlo in quel modo, con la semplice dolcezza che lui pensava di non meritare e che gli veniva offerta come un pezzo di carne, proprio nei momenti in cui non faceva nulla per ottenerla. Per poi portargliela via sotto il naso.
  «Non è il tuo caso, Weasley».
Scorpius Malfoy le rivolgeva una sguardo vitreo, le braccia incrociate al petto sigillavano quel corpo di pietra solo apparentemente adagiato lungo il muro basso. I lineamenti gentili addolcivano le rughe di un viso contratto e tetro, ma solo ai suoi occhi che ben sapevano scrutarlo. Con poca difficoltà comprese come dovesse apparire agli altri: nervoso, gelido, pericoloso.
  «Non sono forse il tuo bersaglio preferito?».
Si fissarono per diversi secondi di silenziosa e dolorosa resistenza. Erano tempi eterni, durante i quali Scorpius pungolava quel velo di compostezza, che ogni tanto Rose si prendeva la briga di calare sulle proprie intenzioni, per fingere una parvenza di autocontrollo. Lui aspettava solo un’altra esplosione e lei faceva di tutto in suo potere per reprimerla.
Scorpius socchiuse gli occhi come guardingo, poi inclinò leggermente la testa di lato e sembrò pensieroso.
  «È una domanda difficile».
Lei si costrinse a guardare altrove, a non immaginarlo lì, fuori dalla propria Sala Comune, solo per lei.
  «Strano, considerando che sarebbe arduo stabilire cosa abbia perso di più oggi a causa tua, se i punti o la dignità» sbottò lei in risposta a quello sguardo che sperava di parlare senza dire troppo. «È davvero la relazione che ho sempre sognato».
Era consapevole del pensiero che aveva preso forma nella sua mente prima ancora di dargli voce, ma l’espressione di gelo, che si dipinse sul volto attonito del ragazzo, la costrinse a riesaminare con attenzione le battute di quell’atto, per assicurarsi di non averlo appena minacciato di morte. Avrebbe facilmente pensato, dal pallore crescente e da quella immobilità irreale, che la vittima di fronte a sé avesse perso ogni traccia di vita, se ad un certo punto non avesse mosso le labbra impercettibilmente, in vagiti senza voce, come alla ricerca di una via d’uscita.
  «Te ne devi andare» concluse Rose.
  «Cosa? Perché?»
Rose era già verso di lui e adesso lo spingeva lontano dal proprio corridoio. Lo aveva afferrato dal braccio, forse per avere la scusa di percuoterlo o di toccarlo ancora. Sapeva che le era concesso solo quello, e in parte ringraziava il suo pessimo interlocutore per quella indecisione che l’aveva spezzata in due. Lo ringraziava di avere il coraggio di essere sincero su quello che loro non avrebbero mai potuto condividere.
  «Non hai nessun motivo per stare qui» continuava a ripetersi, anche se un pensiero insistente le riscaldava il cuore. «Nonostante ci sia il coprifuoco e tu abbia violato tutte le regole per farti trovare fuori dalla Sala Comune di Grifondoro» concluse, perché il bisogno di dirlo ad alta voce le aveva dato il tormento da quando Johanna aveva pensato bene di indurla alla paranoia.
Avevano compiuto ancora qualche passo sotto le spinte di Rose, quando lui cercò di difendersi dal suo ennesimo attacco, questa volta trattenendo le risate.
  «Scherzi?» disse, schivando la presa della ragazza. «Ho la ronda notturna». Rose smise di spingerlo via e lo guardò confusa. «Ti sembro il tipo che rischierebbe una punizione in modo così stupido?».
Con lo sguardo perso sul volto di lui, divertito per quella insinuazione, Rose pensò che avrebbe potuto piangere da un momento all’altro. Gli diede le spalle e si passò una mano distratta sugli occhi asciutti per calmarsi, prima di allontanarsi da lì.
  «No, aspetta un attimo».
Scorpius Malfoy la superò e in un lampo le si parò davanti con un’espressione grave sul volto. La fissò per diversi secondi e si lasciò andare ad un sospiro.
  «Non sono qui per litigare» disse in un sussurro tenue.
  «Certo che no» dichiarò lei. «Sei qui per sfoggiare il tuo potere da Prefetto del cazzo durante la tua cazzo di ronda».
Lui inarcò entrambe le sopracciglia e stette qualche istante senza sapere cosa risponderle. Ancora.
  «Si può sapere che ho detto per meritare una reazione del genere?».
  «Hai detto che non sei qui per litigare. Bene, cosa vuoi?».
Scorpius rimase spiazzato e con non poca difficoltà si costrinse a fare ordine tra i suoi pensieri, per formulare una risposta convincente. «Parlarti di oggi,» aggiunse a fatica. «di Kate».
Con ritrovata lucidità Rose stabilì che il fondo era stato appena toccato.
  «Buonanotte, Malfoy».
Lo vide chiudere gli occhi e alzare la testa al cielo, prima di superarlo definitivamente per tornare dalla Signora Grassa, che, questa volta, la guardò comprensiva.
  «Rose …» lo sentì chiamare debolmente e apprezzò che non tentasse di fermarla.
  «Ce ne sono di migliori, mia cara» le borbottò con rimprovero la madre del dipinto, che con molta probabilità aveva preso in antipatia il ragazzo già dalle prime minacce rivolte ai suoi studenti. Prima che la donna la informasse chiaramente su quanto le sue scelte in fatto di uomini non giustificassero tutto il disturbo inflittole quella sera, il quadro fu costretto ad aprirsi, per lasciar passare Fred Weasley, i cui occhi erano attentamente coperti da una mano. Seguivano qualche ragazzo del sesto anno e James Potter.
  «Avete tutti i vestiti addosso?» si informò Fred prima di inciampare nell’architrave inferiore. «Non voglio che mi si blocchi la crescita».
  «Vedermi nudo potrebbe solo farti venire complessi di inferiorità» rispose con scherno Scorpius Malfoy, palesemente irritato da quella numerosa interruzione.
Melissa, che aveva varcato il ritratto per ultima, ridacchiò, probabilmente persuasa dalle parole del ragazzo. Scorpius la lanciò uno sguardo rapido ma curioso e lei lo ispezionò da cima a fondo con i suoi occhi inquisitori, per poi comunicare, in una smorfia compiaciuta, il suo verdetto finale.
Tutto quello squallido e silenzioso ammiccamento era avvenuto con talmente tanto esibizionismo, sotto gli occhi di tutti, che Rose provò vergogna per essersi intrattenuta in compagnia di Malfoy.
  «Tutto bene?» si informò James, guardando attentamente la cugina.
  «A quanto pare, voleva davvero solo una scusa per togliermi dei punti» spiegò Rose. «Sai, è di ronda stasera» aggiunse, non potendo fare a meno di guardare il diretto interessato.
  «Di questi tempi sembra essere motivo di reclusione ad Azkaban» rispose lui, restituendole un’occhiata tetra.
  «Sei fortunato che io sia la gemella sbagliata, Scorpius, o avrei trovato il modo di fartela pagare» chiarì Melissa.
Solo James Potter continuava a fissare duramente la cugina. «Torna dentro, Rose. C’è il coprifuoco» disse inutilmente, come se ripetere quella parola potesse dare l’impressione che qualcuno avesse mai preso seriamente la questione.
  «Voi dove state andando?» chiese Rose, infatti, trovando per un momento strana la presenza di Melissa tra loro. Quando pensò che avrebbe potuto trattarsi di un’orgia o di qualcosa del genere, si pentì di aver posto la domanda e varcò il ritratto.
  «Dove pensi di andare, giovanotto?».
Poi la Signora Grassa chiuse il passaggio.
 
Il suo rientro in Sala Comune era preannunciato come la più mesta delle sconfitte, ma ciò non valse la ragione delle sue compagne di Casa, le quali, senza un’apparente logica, la attorniano con i loro sguardi indiscreti, accompagnando qualche domanda ad un cenno d’intesa e in un attimo se le ritrovò intorno, come uno stormo in tempesta. Non le vedeva veramente e non capiva le loro parole, farcite di curiosità e di una letizia fuori luogo. Vagava alla ricerca dell’unica persona sulla quale riversare la propria ira, nella melodia di una rincuorante filastrocca, che faceva pressappoco “te l’avevo detto”. Ma di Joa nessuna traccia, eppure la Sala Comune non le era mai sembrata tanto piccola e claustrofobica.
  «Spero tu ti sia fatta sentire» disse una matricola particolarmente vivace.
  «Rose, cara» una ragazza del settimo anno le fece cenno con la mano di avvicinarsi al divano, dove lei e il suo seguito scorrazzante confabulavano assorte. Quando si mosse, avvertì una presenza corposa seguirla nei movimenti, e capì di aver appena guadagnato il proprio corteo. «Lascia che ti dica una cosa molto importante, che forse ti sorprenderà: devi sapere che i ragazzi come Malfoy sono i più facili da gestire» si interruppe con fare enfatico.
  «Oh» riprese Rose, quando capì che avrebbe dovuto mostrarsi colpita. «Ma davvero?»
  «Certo» disse ridacchiando.
  «Ellen ha una lunga esperienza con tuo cugino James» confermò un’altra ragazza, alla quale spettava evidentemente il compito di illustrare le referenze dell’amica.
  «Ah sì?» disse, ma capì all’istante che a quella rivelazione non avrebbe dovuto manifestare meraviglia di alcun tipo. «Ma certo, me lo ricordo» mentì, chiedendosi dove sarebbe andata a finire la sicurezza di Ellen se avesse saputo di dover competere con Dominique.
  «Per un periodo siamo state praticamente parenti» chiarì subito Ellen, che non aveva gradito quell’inutile indugio.
Rose soffocò una risata con un colpo di tosse. «Ti ringrazio per la dritta, ma Malfoy non è il mio ragazzo».
Rimase delusa dalla generale impassibilità che seguì quell’importante dichiarazione. Le ragazze più grandi si scambiarono qualche sorriso divertito.
  «Lo sappiamo che non è il tuo ragazzo, ti ha sempre trattata di merda in questi anni» replicò la stessa matricola dall’aria impertinente.
Rose le lanciò un’occhiataccia, come a volerle ricordare che un tempo si rispettava una certa gerarchia prima di rivolgersi con tanta sfrontatezza a quelli degli ultimi anni. Soprattutto se tali libertà venivano poi impiegate per esprimere sconvenienti – quanto veritieri – pareri in fatto di pessimi fidanzati.
Quella era proprio la tipica questione alla quale non era in grado di pensare con lucidità, se prima non avesse sfogato un po’ di sana isteria da incontro con Malfoy su Johanna Jordan, artefice indiscussa di tutti i suoi mali. L’avrebbe ammonita di non riprovare, in nessun evento futuro, a immaginare Scorpius Malfoy in vesti diverse da quelle del solito, egoista Scorpius Hyperion Malfoy.
Lasciò a Ellen il compito di ricordare alla matricola incandescente che sarebbe arrivato un giorno in cui non l’avrebbe più pensata in quel modo. Quando raggiunse il Dormitorio e non trovò Johanna nemmeno nel suo letto, capì che Louis doveva aver concesso ben più di una violazione del coprifuoco quella sera.
Sentì dei colpi alla porta aperta. Tess Rivers la guardava con consapevolezza e Rose considerò, a quel punto, che seguirla fino al Dormitorio fosse un atteggiamento preoccupante persino per una come lei, che aveva tutta l’aria di essersi votata a renderle la vita particolarmente difficile.
Invece Tess parlò senza leziosità, ma seria in volto. «Non ti conviene aspettarla sveglia».
Allora Rose capì e la invitò ad entrare, chiudendo su di loro la porta di quella camera nuda.
 
 
 
 
 
 
NamibiaCamminare in punta di piedi sulla sabbia calda
 

 
Ho pensato che nessuna parola potesse valere quanto un capitolo lungo abbastanza per farmi perdonare.
Nel frattempo mi sono laureata, sono esaurita, ho ritrovato lucidità, sono esaurita nuovamente e ho pensato alla miglior medicina del mondo: un bel capitolo pronto da un vita che aspetta solo di essere levigato e infornato.

 
 
  
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