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Autore: Baudelaire    22/10/2021    2 recensioni
Rebecca Bonner sta per tornare ad Amtara, per il suo secondo anno.
Questa storia è la continuazione della mia precedente "La stella di Amtara".
Cuore di ghiaccio diCristina è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fu una notte orribile per Rebecca. Si agitò nel letto, sognando di essere sott’acqua, mentre Posimaar la trascinava a fondo, sempre di più…sempre di più… Tratteneva il fiato, ma il petto le faceva un male cane. Non avrebbe resistito a lungo. Cercò di dibattersi furiosamente, ma il Demone aumentò la sua presa. Non aveva scampo, ormai e le mancava il respiro. Aveva un disperato bisogno d’aria.
Aprì la bocca e inalò. I polmoni si riempirono d’acqua e, lentamente, perse conoscenza. Era così dolce il tepore della morte. Ora tutto era calmo e non sentiva più dolore.
Si svegliò di soprassalto, mettendosi a sedere sul letto e stringendo i denti per il dolore alla gamba, che aveva mosso d’istinto per tirarsi su. Respirava affannosamente e piccole gocce di sudore le imperlavano il viso.
Era stato solo un sogno, ma terribilmente realistico. Quello era ciò che sarebbe successo, se Garou non fosse venuto a salvarla.
Cercò di calmare il respiro e afferrò il bicchiere d’acqua che la Anderson le aveva lasciato sul comodino. Lo bevve tutto d’un fiato. L’infermeria era immersa nel silenzio. Doveva essere notte fonda. Si riadagiò sul cuscino e cercò di riaddormentarsi.
Quando si svegliò, era mattina inoltrata. Accanto a lei, il vassoio con la colazione. Evidentemente, la Anderson non aveva voluto svegliarla.
Lanciò un’occhiata all’invitante piatto di uova strapazzate e prosciutto, e al bicchiere di succo d’arancia, ma non aveva fame. Il sogno le aveva messo addosso un’inquietudine che non riusciva a scrollarsi di dosso, nemmeno dopo aver dormito.
Dov’era ora, Posimaar?
Voltò la mano destra e si guardò il polso. Aveva promesso alla Collins che non avrebbe usato il suo Potere e per il momento era riuscita a mantenere la promessa. Certo, lei e Brenda avevano ragione, non era stata una mossa azzeccata quella di allontanarsi da sola. La preside era in pena per lei e, ora più che mai, temeva per la sua incolumità, soprattutto ora che il Demone l’aveva attaccata apertamente ad Amtara. Non ne avevano parlato, ma Rebecca sapeva che anche la preside era convinta che si trattasse di lui.
La porta si aprì e Brenda e Barbara entrarono.
“Voi che ci fate qui?” – chiese, inarcando un sopracciglio.
“Anche noi siamo felici di vederti, Rebecca.” – rispose Barbara, con una punta di sarcasmo.
“Non dovreste essere a lezione?”
Non aveva idea di che ora fosse, ma sicuramente non era mattino presto.
“Abbiamo un’ora libera.” – rispose Barbara, sedendosi sul letto. “La Poliglotter non si sente molto bene e non c’è nessuno che la sostituisce.”
“E tu sei molto dispiaciuta, immagino.”
“Sono affranta, come puoi vedere.”
“Comunque siamo qui per un buon motivo.” – disse Brenda.
“E quale?”
“Non indovinerai mai!” – esclamò Barbara, ridacchiando.
“Spara.”
“Ieri sera, del tutto casualmente, siamo passate accanto alla porta della stanza di Morgana.” – disse Brenda.
“Del tutto casualmente?” – rimarcò Rebecca, con un sopracciglio inarcato.
“Beh… abbiamo sentito delle voci e ci siamo avvicinate.”
“In altre parole, avete origliato.”
“La vuoi sentire questa cosa, sì o no?” – sbottò Brenda, spazientita.
“D’accordo, d’accordo. Vai avanti.”
“Morgana stava parlando con Margaret, Viola e Alyssa.”
“E crediamo di non aver mai sentito nessuno così arrabbiato come lei!” – aggiunse Barbara.
“Morgana era arrabbiata?”
“No! Alyssa!”
Rebecca strabuzzò gli occhi. “Alyssa era arrabbiata? E con chi?”
“Con Morgana, naturalmente!” – rispose Barbara, ridacchiando.
“Stava dicendo che Morgana si è comportata malissimo con Rebecca Bonner.” – spiegò Brenda. “E che lei è viva solo grazie a Rebecca e alle gemelle Lansbury.”
“Davvero?” – mormorò Rebecca, incredula.
“E non è finita qui.” – aggiunse Barbara. “Morgana… Oh, che il diavolo se la porti! Morgana, quella sfacciata, ha avuto il coraggio di risponderle che anche se fosse morta non le sarebbe importato un accidenti!”
Rebecca la fissò. “Stai scherzando.”
“Assolutamente no.”
“Non può essere vero. Non può aver detto una cosa del genere. Alyssa è sua amica.”
“Oh, credimi! Qualunque cosa sia Alyssa per lei, di certo non è un’amica.”
“L’abbiamo sentito con le nostre orecchie, Rebecca.” – confermò Brenda. “Puoi crederci.”
“Ma…è una cosa orribile da dire! A chiunque!”
Brenda e Barbara si strinsero nelle spalle.
Non poteva credere che Morgana avesse detto una cosa del genere ad Alyssa, che era sempre stata dalla sua parte.
“Poi ne è nata una discussione senza fine.” – continuò Barbara. “Alyssa diceva che se non fosse stato per noi, lei sarebbe morta, mentre Morgana l’aveva abbandonata. Morgana ha risposto che non si era accorta che lei era caduta in acqua, altrimenti non se ne sarebbe certo andata, ma ormai Alyssa, dopo aver sentito le sue parole, non voleva più nemmeno starla a sentire.”
“Come darle torto?” – mormorò Rebecca.
“Margaret e Viola sono intervenute nella discussione, più che altro per calmare Alyssa, che era letteralmente fuori di sé. Dovevi sentirla, era una furia. Credo che le sue grida le abbiano sentite perfino gli Gnomi giù in cucina.”
“Poi che è successo?”
“Alyssa ha detto chiaro e tondo a Morgana che, per quanto la riguardava, la loro amicizia finiva lì.”
“Dici sul serio?”
“Altroché!”
“E Morgana come ha reagito?”
“Non ha fatto in tempo a dire niente. Alyssa ha aperto la porta e se n’è andata.”
Rebecca sgranò gli occhi. “E vi ha scoperto?” – domandò, con apprensione.
“No, ma c’è mancato un pelo. Siamo corse a nasconderci appena in tempo.”
Rebecca rifletteva su quello che aveva appena sentito. La reazione di Alyssa era più che normale, soprattutto dopo quello che Morgana aveva avuto il coraggio di dirle. Alyssa era in debito con loro e lo sapeva. E, forse per la prima volta, aveva capito di che pasta fosse fatta Morgana. A lei non importava di niente e di nessuno. L’unica persona al centro del suo universo era se stessa. Il suo mondo iniziava e finiva lì.
“E allora, che te ne pare di questo succoso racconto?” – le chiese Barbara, con un sorrisino divertito.
“La reazione di Alyssa mi sembra del tutto normale. Ma ancora non riesco a credere a quello che Morgana ha avuto il coraggio di dirle.”
“Quella è una vera arpia, credi a me.”
“Non le importa di niente e di nessuno se non di se stessa.” – disse Brenda. “Non è amica di quelle ragazze, le usa soltanto.”
“Sarebbe ora che anche Margaret e Viola aprissero gli occhi.” – commentò Barbara.
“A questo punto, credo che lo faranno presto.” – rispose Brenda.
“E a quel punto, l’unico suo riferimento qui ad Amtara sarà Clio.” – disse Rebecca.
“Bell’affare. Avere un fantasma per amico.” – ironizzò Barbara.
“Comunque, come ti senti oggi?” – le chiese Brenda.
Rebecca ripensò all’incubo di quella notte. Si sentiva uno straccio, ma decise di non farne parola con loro. Non aveva voglia di parlare ancora di Posimaar.
“La ferita là sotto comincia a pizzicare un po’.” – rispose.
“Credo sia un buon segno.” – disse Barbara. “Ho sentito dire che quando succede, significa che è in via di guarigione.”
“Davvero, dottoressa?” – la canzonò Rebecca.
“Davvero.” – rispose Barbara, facendole la linguaccia.
Rebecca sapeva che era euforica perché aveva appena saltato la materia che meno amava. E anche perché, Rebecca era pronta a scommetterci, Alyssa aveva finalmente dato il benservito a Morgana. Era solo questione di tempo, prima che lo facessero anche Margaret e Viola, sempre che non l’avessero già fatto.
“Come mai non hai mangiato?” – le chiese Barbara, guardando il vassoio intatto sul comodino.
“Non ho fame stamattina.”
“Ma devi mangiare, Rebecca. O non ti rimetterai.” – protestò Brenda.
“Me ne sto qui seduta tutto il giorno, senza fare niente. E’ un po’ difficile che mi venga fame.”
“Beh, devi sforzarti comunque.”
“Sei sicura di sentirti bene, oggi?” – le chiese Barbara, scrutandola con sospetto.
“Sono solo stanca di stare qui dentro.” – rispose, evasiva.
Non aveva dormito per niente bene ed era sicura di avere una faccia spaventosa.
“Piuttosto, sapete chi è venuto a trovarmi ieri pomeriggio?” – disse in fretta, per cambiare discorso.
“Chi?”
“La Collins e Garou.”
“Insieme?” – domandò Barbara.
“Insieme.”
“La Collins ti avrà fatto il terzo grado.”
“Più o meno. Me l’aspettavo, comunque. Voleva sapere che ci facevo al fiume a quell’ora.”
“E tu cosa le hai risposto?” – chiese Brenda.
“La verità. Che mi ero allontanata per cercare Morgana.”
“E lei?”
Rebecca sospirò. “E lei mi ha detto più o meno le stesse cose che mi hai detto tu.”
Brenda tacque, cercando di nascondere il suo compiacimento. Era lieta di sapere che la preside la pensava come lei.
“Lei hai detto che sei stata spinta in acqua?” – la incalzò Barbara.
“Sì. Credeva che fossi riuscita a vederlo, ma le ho detto di no. È rimasta anche sorpresa quando le ho raccontato che lui non è mai emerso dall’acqua, per tutto il tempo.”
“Come mai?”
“Beh, perché mi pare evidente che nessuno è in grado di trattenere il fiato tanto a lungo, senza morire annegato.”
“Quindi, secondo te, potrebbe trattarsi di Posimaar.”
“Sono sicura che anche la Collins lo pensa.”
Le gemelle tacquero, un po’ spaventate da quella constatazione.
“E lei che ha intenzione di fare, ora?” – domandò Brenda.
Rebecca alzò le spalle. “Ha rafforzato la sorveglianza. Ma nessuno di noi l’ha visto. Non sappiamo che aspetto abbia, né dove si sia cacciato. La Collins non crede se ne sia andato, secondo lei è solo maledettamente bravo a nascondersi.”
“Grandioso.” – mormorò Barbara. “Ora sì che ci sentiamo tutti meglio.”
“Tu come stai?” – le chiese Brenda.
Rebecca la fissò. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Che si era appena svegliata da un incubo? Che non riusciva più a dormire sonni tranquilli?
“Bene.” – rispose, evitando il suo sguardo.
Brenda la fissò, con aria scettica, ma non disse nulla.
“Che ti ha detto Garou?” – le domandò Barbara.
“Niente. Ha parlato la Collins, tutto il tempo. Poi, prima di uscire, lui mi ha stretto la mano. Non c’è stato bisogno di parole.”
Barbara e Brenda annuirono. Solo un anno prima, Rebecca aveva salvato la vita a Garou. Ora, lui si era sdebitato allo stesso modo. Erano pari. Se in principio Rebecca l’aveva detestato, ora un legame speciale li univa.
“E voi cosa ci fate qui?” – gridò la Anderson, comparendo all’improvviso e facendo sussultare Brenda e Barbara.
“Che accoglienza, stamattina, qui dentro.” – commentò Barbara a bassa voce.
Rebecca ridacchiò.
“Non avete lezione?” – chiese la Anderson, avvicinandosi al letto di Rebecca.
“Avevamo un’ora libera, infermiera Anderson.” – rispose Brenda. “Ma ora ce ne andiamo.”
“Ragazza mia, cos’è questa storia?” – esclamò la Anderson rivolta a Rebecca, indicando il vassoio. “Non hai mangiato niente.”
“Mangerò a pranzo.” – rispose Rebecca, che non aveva per niente fame.
La Anderson sbuffò. “Devi mangiare, o la ferita non guarirà più. Su, forza, andate, voi! L’orario di visite è finito!”
Brenda e Barbara fecero un cenno di saluto a Rebecca, che le guardò uscire, rammaricata. Avrebbe tanto voluto stare in loro compagnia ancora un po’. Invece, l’unica compagnia che le rimase fu quella della Anderson, che portò via il vassoio, blaterando che le avrebbe subito portato il pranzo e non se ne sarebbe andata da lì fin quando Rebecca non avrebbe finito di mangiare tutto, fino all’ultima portata.
 
 
 
 
 
 
   
 
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